venerdì 3 luglio 2009

0 Candy Candy


Ecco una bella immagine, tratta dal celebre manga opera di Yumiko Igarashi ispiratasi al romanzo omonimo della scrittrice Kyoko Mizuki. Siamo nel lontanissimo 1975 ed io non c'ero ancora ma il fenomeno Candy era già esploso con grande gioia e tripudio di tutte le ragazzine nipponiche del tempo.
L'Occidente doveva aspettare ancora qualche anno per vedere nelle proprie case le avventure dell'orfanella più famosa del mondo degli Anime. 115 episodi che raccontano la vita di Candy, dal suo abbandono davanti alla Casa di Pony, orfanotrofio gestito dalle mitiche Miss Pony (ogni volta che la vedevo mi ricordava la mia prof di scienze e matematica delle medie) e Suor Maria (antipatica, ansiogena e solo una volta priva della calotta monastica che celava un taglio di capelli discutibile), all'età adulta come crocerossina durante la Prima Guerra Mondiale.
La prima volta andò in onda in Giappone dal 1976 al 1979. A partire dall'1980 fu trasmesso anche in Italia. Tre anni che hanno segnato l'inizio di un mito intramontabile, visto che la serie è stata più volte replicata dalle reti italiane riuscendo a coinvolgere più generazioni di bambine e rimanendo sino a questo momento l'anime a tematiche romantiche (shojo) più leggendario della storia della televisione. Neppure Georgie è riuscita a scalzare il primato.
Candy, la ragazzina battagliera, generosa, buona ma anche capace di farsi rispettare da chiunque grazie alla sua incredibile personalità. Forte e fragile allo stesso tempo. Molte ragazzine avrebbero voluto essere come lei o forse si riconoscevano in pieno in questa bionda forza della natura e proprio per questo ne erano entusiaste.
Povera Candy quante ne ha dovuto subire: il voltafaccia della sua ancestrale amica Annie (che si vergognava delle sue origini umili perchè adottata da una ricca famiglia borghese), ai dispetti di Iriza e Neal (i diabolici fratelli Legan), alla morte del suo primo grande amore Anthony (sei più bella quando ridi che quando piangi), all'espulsione dal collegio sino ai mille e più ostacoli che incontra durante tutta la sua giovane vita, in un'escalation di tragedie e scene teatrali.
Tutti finiscono per innamorarsi di Candy, dai fratelli Andrew allo stesso Neal, ma lei sceglierà Terence, il ragazzo misterioso e scorbutico che riesce a farle battere di nuovo il cuore dopo la prematura morte del povero Anthony, sbalzato da cavallo durante una battuta di caccia alla volpe (vedete perchè è meglio piantarla con la caccia?).
Ci sono tanti episodi che rimangono impressi nella memoria e se ci penso bene, credo che quelli che ricordo meglio siano quelli più inquietanti. Tipo quando, per colpa di uno stupido scherzo di Iriza e Neal, Candy si perde all'ultimo piano del palazzo degli Andrew e si trova a percorrere un lungo e oscuro corridoio fiancheggiato da una serie di antiche armature. O tipo quando Candy ed Anthony decidono di concedersi una giornata di libertà dai rigidi divieti della zia per mangiare un hot dog e andare alle giostre per poi ritrovarsi davanti ad una cartomante che rivela la morte imminente del ragazzo. Però! niente male per un cartone animato.
Impossibile riassumere la trama, complicata come quella di una soap opera.
Molti che hanno seguito Candy nell'infanzia si chiedono spesso come sia andato a finire questo lunghissimo feulleton a matita. Qui di seguito cerco di riassumere l'episodio conclusivo...se non siete interessati o vi state per accingere alla visione del cartone animato su dvd saltate le ultime righe.
SPOILER: Terence decide di rinunciare per sempre a Candy per tornare da Susanna nonostante sia ancora innamorato della sua Lentiggini. Viene annullato il matrimonio tra Neal e Candy (organizzato a insaputa di quest'ultima) grazie allo zio William (il misterioso benefattore di Candy)...chi si cela dietro questo nome? Rullo di tamburi... ALBERT che altri non è che il suo grande amico da sempre ma anche (secondo colpo di scena) il Principe della Collina (che lei identificava nel povero Anthony).
P.s.: menzione particolare per la mitica sigla dei Rocking Horse, messa da parte per ragioni puramente speculative. La sigla infatti fu rifatta negli anni 90 da Cristina D'Avena con risultati, a mio parere, pessimi.

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