mercoledì 29 giugno 2011

0 Major League (1989)

Major League appartiene di diritto alle belle e numerose commedie americane degli anni 80, quelle fatte bene, quelle che ti fanno trascorrere un’ora e mezza incollato allo schermo a seguire vicende al limite dell’impossibile. Il sogno americano che si realizza in modo imprevedibile: una squadra scalcagnata (i Cleveland Indians) che riescono a vincere lo scudetto nonostante nelle intenzioni della presidentessa del team ci fosse l’ultimo posto in classifica, in modo da smembrare la squadra e trasferirsi in quel di Miami.

La squadra è composta da vecchie glorie, tra cui un inconfondibile Tom Berenger che figura praticamente come protagonista assoluto, e nuove leve come Charlie Sheen, con quella sua assurda faccia da ragazzino strafottente e allo stesso tempo idiota. Viene raccontata in modo leggero la storia di tutti i componenti del team, sfigati per il mondo dello sport, ma profondamente convinti di avere ancora un pezzo di storia da scrivere prima di ritirarsi in buon ordine.

E’ un bel film, tanto è vero che non c’è bisogno di essere appassionati di baseball per capire e apprezzare lo spirito della storia, ben curata e con ottimi dialoghi. Molto anni 80 e perciò meritorio di lode a prescindere.

Voto: 7   

martedì 28 giugno 2011

0 Nati con la camicia (1983)

Quattordicesimo film con l’accoppiata Bud Spencer e Terence Hill, anche stavolta diretti da E. B. Clucher. Il film racconta le incredibili e sgangherate avventure di Rosco e Doug, un vagabondo e un ex detenuto che si conoscono per caso in un bar degli Stati Uniti e vengono poi scambiati per due agenti segreti della CIA, con tutte le conseguenze che si possono immaginare.

Tante gag e battute, tipiche del duo italiano più famoso al mondo. Certo per apprezzarlo fino in fondo bisogna essere dei veri estimatori delle gesta di Bud Spencer e Terence Hill, altrimenti risulta abbastanza pesante sorbirsi un’ora e mezzo di finte scazzottate e americanate in salsa spaghetti e mandolino.

Si apprezza da piccoli e infatti ricordo bene i numerosi pomeriggi trascorsi nel cinema dell’oratorio a sgranocchiare noccioline e Fonzies mentre ridevo come una pazza a vedere quei due pazzi scatenati con le facce da fumetto che le davano a tutti di santa ragione.

Per estimatori e nostalgici

 

lunedì 27 giugno 2011

0 Match Point (2005)

Chris (Jonathan Rhys – Meyers) è un ex tennista professionista che trova lavoro come maestro di tennis in un club prestigioso di Londra. Qui conosce il ricco Tom Hewett che gli presenta presto tutta la sua famiglia, compresa sua sorella Chloe, innamoratasi dal primo istante del giovane. Un giorno Chris conosce la fidanzata di Tom, Nola (Scarlett Johansson) un’aspirante attrice americana che gli fa perdere la testa. I due finiscono per andare a letto insieme ma mentre per Nola è stato solamente uno sbaglio per Chris al contrario l’episodio è stato illuminante per capire che non ama quella che nel frattempo è diventata sua moglie. Intanto Chris viene assunto dall’azienda del suocero e inizia ad assaporare la sua bella vita, nonostante il chiodo fisso di Nola. Casualmente i due si rincontrano tempo dopo che Nola e Tom si sono lasciati e iniziano una relazione clandestina. Lei rimane incinta e lui inizia a sentirsi in trappola tanto da meditare l’uccisione della donna pur di non rinunciare alla sua vita agiata.

Il film è diretto in modo magistrale da Woody Allen che ha saputo mettere in scena una piece quasi teatrale, con al centro un uomo dilaniato dai sensi di colpa e dalla paura di perdere tutto.

Già dall’inizio con quei fotogrammi che mostrano la pallina da tennis che rimbalza lentamente sulla rete senza dirci da che parte del campo cadrà, ecco già da quell’istante capiamo che il film ha un fine ben preciso, ossia spiegarci come la vita può dipendere spesso dalla fortuna: un incontro che ci apre le porte del successo, un matrimonio che cambia il nostro status sociale, incontrare la donna giusta nel momento sbagliato, un anello (unico indizio di un delitto) che invece di cadere nel fiume rimbalza sul muretto e rimane lì fino a quando lo trova qualcuno che senza saperlo salva il vero colpevole dal carcere.

Interessante il personaggio principale, Chris, interpretato in modo oserei dire perfetto da Jonathan Meyers (protagonista per diversi anni dello sceneggiato The Tudors). Rappresenta bene l’uomo che non si aspetta più niente dalla vita, insoddisfatto da se stesso ma incapace da solo di salire i gradini del successo e talmente insicuro ed egoista da non saper rinunciare ad una donna che non ama ma che gli porta tanti vantaggi nella vita. Lui in realtà non ama neppure Nola che incarna solo un desiderio sessuale, la trasgressione che una vita matrimoniale mediocre non gli può dare. Quando il sogno erotico diventa responsabilità (Nola rimane incinta) lui decide prima di mentire e poi di spazzare via il problema. La cosa tutto sommato curiosa e allo stesso tempo abbastanza normale è che lui si stufa di Nola quando lei è veramente innamorata di lui. Tipico atteggiamento dell’uomo verso l’amante. In Chris non c’è niente di positivo: è un mediocre nel lavoro, nel tennis, nella vita matrimoniale. E’ un parassita che al ristorante ordina un pollo arrosto mentre gli altri commensali ordinano caviale, consapevole che tanto anche a lui verrà servito del caviale (grazie ad una fidanzata ricca e insofferente alla sua “falsa” modestia).

La fine del film con Chris salvo dalle accuse di omicidio ma martoriato dai rimorsi di coscienza è esemplare: tutti alla fine paghiamo in un modo o nell’altro le nostre colpe.

giovedì 23 giugno 2011

0 007 La Spia che mi amava (1977)

Avventura tutta anni 70 per l’agente segreto britannico più famoso al mondo: James Bond alias 007. Stavolta a vestire i panni della spia inglese abbiamo Sir Roger Moore, interprete di diversi film tratti dai romanzi di Ian Fleming. Devo dire che Moore non è il mio 007 preferito per via di quell’aria da bassethound e la poca incisività, ma questo film è talmente ben fatto che anche lui risulta (quasi) totalmente nella parte. La Bond’s girl di turno è la bellissima Barbara Bach (nella vita moglie di Ringo Starr) che veste il ruolo della spia sovietica Agente Tripla X.

Il film ha delle location stupende: l’Egitto nella prima parte e la Sardegna nella seconda. Entrambe di grande impatto visivo e per me che sono sarda è stata una bella e divertente scoperta vedere com’era lo storico Hotel Cala di Volpe nell’anno della mia nascita.

La trama è quanto più bondiana possibile con la ricerca di un pericoloso pazzoide, l’armatore Stromberg che sta facendo scomparire i sottomarini russi e britannici e che vive in una stazione marina chiamata Atlantide. Il suo scagnozzo più pericoloso è Squalo, un uomo altissimo dotato di denti di ferro, con i quali uccide le sue vittime. James e la spia Tripla X uniscono le proprie forze per cercare di fermare il matto vivendo mille peripezie tra moto d’acqua, automobili sottomarine e treni in corsa.

Come nei più classici film di 007 la tensione e il ritmo sono ai massimi livelli, accompagnati dalle battute irresistibili di James Bond che ben si sposano con l’alta percentuale di ironia presente in tutta la mitica pellicola. Sicuramente stupenda la scena in cui 007 è inseguito sulle nevi austriache (ma in realtà in Svizzera) da tre agenti russi…oggi sarebbe stato meritevole della tecnologia 3D così come altre numerose scene.

Insomma un film da vedere e rivedere per chi l’avesse dimenticato.

Voto: 7,5      

mercoledì 22 giugno 2011

0 Dylan Dog 165–L’isola dei cani

Trama: David Balfour lavora in uno studio legale di Londra, ha disturbi del sonno e continua a vedere un certo Capitano Moore, un pirata dall’aria inquietante e minacciosa. Decide così di rivolgersi a Dylan, il quale scopre che in realtà tutti coloro che viaggiavano nella metropolitana presa da David hanno visto un veliero pirata. Inoltre l’abitazione di David si trova nel quartiere denominato “Isola dei cani”. Nel frattempo il giovane fa un sogno (o no?) più vivido degli altri che lo trascina in una realtà dominata dai pirati, nell’anno 1703. Presto lo raggiunge anche l’Indagatore dell’Incubo, rimasto a dormire a casa di David per capirci qualcosa di più…

Commento: l’albo è stupefacente e coinvolgente ai massimi livelli, con un soggetto originalissimo e ben realizzato anche nella parte tecnica. Il tema dei pirati è affascinante per chiunque credo e qui abbiamo un esempio lampante di come si possa ancora realizzare una buona trama dopo tanti numeri così così. Mi è molto piaciuta l’idea del collegamento tra Londra e una misteriosissima isola dei Caraibi abitata da uomini-cane. Bello anche l’accenno storico ai rapporti tra la pirateria e le banche che finanziavano anche azioni non proprio legali per avere in cambio degli introiti economici a lungo termine. E’ insomma un numero ben curato in ogni dettaglio, complesso quanto basta per intrigare anche il lettore più esigente e ben realizzato graficamente con una bella copertina poco rassicurante.

Voto: 8

martedì 21 giugno 2011

0 Skinhead (1992)


Melbourne, Australia. Un gruppo di nazi skin capeggiati da Hando (Russell Crowe) brutalizza la comunità vietnamita stabilitasi nella città, propugnando quelli che erano i valori cari ad Hitler, cioè la purezza della razza ariana e la necessità di ripulire l’umanità da tutto ciò che se ne discosta. Le cose precipitano quando una famiglia vietnamita sta per formalizzare l’acquisto del bar preferito del gruppo…a quel punto i vietnamiti, per vendicare le varie morti subite, decide di reagire in gruppo riuscendo in breve a uccidere la maggior parte del gruppo di nazi. Hando riesce a fuggire insieme ad alcuni dei suoi, tra cui il suo migliore amico Davey e la sua ragazza Gabe.

Non so cosa pensare di questo film. Sicuramente non è il mio genere e a dire il vero mi mette addosso tanta rabbia e allo stesso tempo un grande senso di impotenza. Il tema del razzismo è ancora così attuale che riesce difficile accettare che persino nel nostro Paese sia ancora un problema quotidiano, legato alla mancata integrazione tra culture diametralmente opposte. Questo film quindi racconta una storia di razzismo. Apre una finestra di 90 minuti su qualcosa che fa paura, sull’appartenenza ad un gruppo che odia lo straniero, la polizia, le regole, tutto, perfino se stesso. E’ un prodotto difficile da digerire dove oltre al razzismo entra dentro anche l’amore folle e malato, l’incesto, la vendetta e la paura di lasciare il gruppo per essere semplicemente un individuo.

Un film vecchio ma attuale, non per tutti.

Voto: ingiudicabile

domenica 19 giugno 2011

0 Robocop 2 (1990)

Come spesso accade ai sequel, anche qui ci troviamo davanti ad una bella ciofeca di film. Niente a che spartire con il capostipite, generalmente riconosciuto come cult movie a tutti gli effetti. Manca tutto in questo Robocop 2, la poesia, l’ironia, il ritmo.

La vicenda poi è abbastanza banale: è passato solo un anno dalla sua creazione e già il cyborg Robocop è considerato obsoleto, tanto da spingere i soliti capetti della OCP a sperimentare un nuovo robot che possa essere la soluzione definitiva alla delinquenza di Detroit. Viene allora progettato Robocop 2, che funziona grazie al sistema nervoso di uno spacciatore morto durante una sparatoria. Naturalmente le cose andranno storte e il “vecchio” Robocop Murphy (sempre più umano) dovrà mettercela tutta per sconfiggere il male e riportare la città al sicuro.

Dicevo più su che in realtà non funziona un bel niente, tranne qualche effetto speciale e nulla più. In questo film anzi si evidenzia sempre più la poca indistruttibilità di Murphy, fragile e dotato solo della classica pistola che estrae dalla coscia: praticamente un essere umano di metallo. Anche l’aspetto così importante riguardante la sua umanità sempre più evidente viene abbandonato proprio nel momento più cruciale, cioè quando la moglie lo riconosce e vorrebbe amarlo nonostante il suo aspetto così mutato.

Insomma un’occasione cercata ma sprecata.

Voto: 5

0 Lo sport dovrebbe essere di tutti

…ma se non paghi Sky o Mediaset Premium non puoi goderti nessuno sport. Questa è la legge che ci hanno imposto i grandi imprenditori da più di 10 anni a questa parte: o paghi o sei fuori. L’ultima notizia è che neppure la Coppa America, distribuita gratuitamente su You Tube da centinaia di Paesi al mondo, sarà trasmessa in Italia perché Sky ha posto il suo stramaledetto veto. Quindi segnale non raggiungibile per noi poveri italiani schiavi della tivù a pagamento. I Mondiali totalmente in chiaro sono solo un miraggio, il tennis è per pochi eletti e chissà per quanto tempo ancora ci lasceranno le Olimpiadi, il Motomondiale e lo sci. Temo poco…

Ma la cosa che più mi manda il cervello in palla è sapere che ci sono migliaia, se non milioni di persone che sono più che soddisfatte del loro abbonamento Sky, che importa se ogni mese ti vanno via quasi cento euro in pacchetti sport, cinema e ragazzi? L’importante è avere l’HD o godere delle incredibili esclusive sportive. E quelli che pagano il canone Rai e non hanno la possibilità di regalare mezzo stipendio a Murdoch o Silvio, stanno col deretano in terra, come poveri sfigati senza speranza.

Siamo noi che abbiamo dato potere a queste stronzate a pagamento, dimenticando la bellezza di seguire con tutta la famiglia i grandi eventi che vedevano protagonista l’Italia o di poter vedere i grandi assi del tennis sulla terra rossa del Foro Italico o del Roland Garros. Ora, se un italiano raggiunge inaspettatamente le fasi finali di un torneo, ti danno lo zuccherino della diretta in chiaro e tu povero scemo che ti inginocchi a baciare il pavimento per questo grande regalo.

Io sono tra gli abbonati scornati di Dahlia Tv, quelli che hanno buttato al cesso quasi 200 euro senza essere risarciti perché così va il mondo, accetta e paga altrimenti crepa. Io che seguivo le partite del mio Cagliari alla radio, avevo deciso per tre anni di seguito di dare fiducia alla 7 e il risultato è stato un calcio in culo e tanti saluti. Allora cosa resta da fare quando ti tolgono tutto, anche quello che ti spetta? Non chiedetelo a me, perché la risposta è a portata di click. Ti spingono a cercare le scorciatoie e a organizzarti in modo da non rinunciare del tutto a quello che dovrebbe essere di tutti, perché come già dicevo più su, noi gente onesta paghiamo il canone per un servizio che poi non ci viene offerto.

Il mondo del calcio italiano è ai livelli più bassi mai raggiunti in cent’anni di onorata carriera. E questo perché? Perché è un settore che gira grazie ai soldi, alle televisioni, agli sponsor, alle scommesse, a tutto ciò che è monetizzabile. Ciò significa che il calcio onesto e pulito non esiste più. Le famiglie stanno lontane dagli stadi e i balordi che ne occupano l’intera superficie (quando si parla di squadre titolate e di pochi settori quando parliamo di squadre modeste) sporcano ancora di più questo sport meraviglioso. Cosa dobbiamo fare ripeto?

Anacronistico pensare al comunismo televisivo di un tempo, non esiste più. Ora c’è il monopolio e il giro d’affari che agevolano solamente le classi privilegiate oppure quelle che soldi non ne hanno eppure si allacciano al segnale in modo non convenzionale. E’ tutto uno schifo ripeto. Ma chi sovvenziona questa m…a è complice dello schifo. Se nessuno pagasse le televisioni a pagamento queste primo o poi smetterebbero di esistere. Grazie a internet è possibile vivere in un mondo più libero e democratico….meditate gente, meditate…

sabato 18 giugno 2011

0 Robocop (1987)

1) Servire la salute pubblica

2) Proteggere gli innocenti

3) Difendere la legge

Queste sono le direttive primarie impiantate nei circuiti primari di Robocop, poliziotto androide frutto di un ambizioso progetto della multinazionale OCP a capo della polizia di Detroit. Siamo in un imprecisato futuro caratterizzato da una delinquenza sempre più globale che tiene in scacco la polizia della “vecchia Detroit”, tempio della malavita e cimitero di centinaia di poliziotti. Robocop non è altro che un androide costituito per metà da metallo e circuiti, e dall’altra metà da ciò che è rimasto del defunto agente Murphy, ucciso durante una sparatoria. Il robot, che inizialmente pare non avere memoria, inizia a manifestare i primi segni di coscienza col riaffiorare di tanti ricordi, sia dolorosi che felici. Questo scatena in Robocop/ Murphy la voglia di vendetta nei confronti di chi l’ha privato della sua famiglia e della sua entità di essere umano…

Robocop naturalmente è un film leggendario che ben si situa tra le numerosissime produzioni anni 80 che hanno per argomento principale il futuro fosco, città decadute e sotto assedio, il progresso scientifico e l’eroe buono che difende l’umanità dal male che la invade.

Il film è semplice, lineare, cinico e terribile nel descrivere la solitudine di un uomo che non è più uomo. Ricorda ma non sente praticamente niente a livello emotivo, una macchina con un volto umano che produce ricordi. Terribile no? In molti punti si ha la sensazione di essere in uno di quei classici telefilm americani tipo Chips, Miami Vice o A-Team vista soprattutto la poca qualità della fotografia e della recitazione, in effetti poco importante in film di questo genere, poi però ecco il coraggio da parte del regista di lasciare spazio a effetti scenici pazzeschi come mutilazioni causate da armi da fuoco potentissime, sangue un po’ ovunque e crudezza senza sconti.

Il film ovviamente merita.

Voto: 7 

venerdì 17 giugno 2011

0 Death Sentence (2007)

Death sentence è uno dei film più estremi che abbia mai visto. Nei primi dieci minuti sembra di assistere ad un film drammatico, tanto da portare lo spettatore più sensibile quasi al pianto ma poi improvvisamente capisci di essere totalmente all’interno di un thriller brutale, crudo, senza pietà.

Il film è tratto da un romanzo di Brian Garfield, l’autore del libro che ha ispirato “Il giustiziere della notte”, cult movie con protagonista il leggendario Charles Bronson in lotta contro chi gli ha stuprato la figlia e ucciso la moglie. Anche in Death Sentence si corre sul binario della vendetta personale, infatti seguiamo la storia di Nick Hume, vicepresidente di una multinazionale, provvisto di famiglia perfetta e sorrisi smaglianti, che si trova inaspettatamente ad affrontare un’intera banda di delinquenti dopo che questi gli hanno ucciso il figlio durante un rito di iniziazione. Nick all’inizio è propenso a seguire le vie regolari per ottenere giustizia ma quando capisce che l’assassino rischia solo un paio d’anni di galera, decide di fare da sé non capendo che in questo modo avrebbe aizzato contro se stesso e la sua famiglia il manipolo di violenti…cosa che puntualmente accade.

Il protagonista ha il volto di Kevin Bacon, un grandissimo Kevin Bacon che riesce a mostrare in modo direi perfetto la trasformazione che si opera in un uomo quando questi viene toccato negli affetti più cari e soprattutto quando capisce che lo Stato non lo può aiutare se non con degli inutili palliativi. All’inizio vediamo un uomo nel pieno della sua felicità, con una bella moglie innamorata, il figlio maggiore astro nascente nell’hockey e un altro figlio che dentro di sé cova una profonda invidia per l’amore che il padre prova per il fratello ma che sembra incapace di mostrare a lui. Tanti filmati girati nell’arco di anni ci fanno vedere l’armonia che aleggia come una nuvola rosa sulla famiglia e poi, poi la tragedia inaspettata e tremenda. E’ lì che si opera la prima mutazione che cambia un uomo in giacca e cravatta in un sicario maldestro ma letale. Uccide e fa finta di niente nonostante non riesca a sopportare il peso della coscienza, tanto da mostrarsi impaurito di fronte al mondo che sembra aver capito tutto…tutti infatti fissano la sua mano fasciata e il suo aspetto non più impeccabile ma imputano il tutto alla tragedia appena avvenuta. Poi però il branco reagisce e reagisce in modo tanto brutale da portare ad un’esecuzione in piena regola: entrano nella sua casa immacolata e sparano tre colpi di pistola, uno va a segno e gli altri due invece riaccendono la speranza….il figlio superstite è miracolosamente vivo e anche Nick lo è, ma questo non gli basta e la guerra continua stavolta in modo inesorabile, senza vie d’uscita: o uccide o muore.

Il finale è forse la parte meno incisiva del film, quella più deludente e strumentale. In una notte Nick diventa un killer professionista e uccide, uccide e uccide, per poi sedersi sul divano di casa con davanti le scene della sua vita felice che scorrono come lame di coltello sul suo cuore ferito ma forse finalmente in pace, la pace che solo la follia ti può dare.

Il film è straordinario. Coinvolge in modo totalizzante, non lascia respiro, è insomma un prodotto di altissima scuola, frutto della capacità del regista James Wan, regista del primo insuperabile Saw.

Voto: 8,5    

0 Dylan Dog 164–La donna urlante

Trama: Celia, una scultrice, sta realizzando un’orrenda e inquietante statua per la sua prima mostra. Il nome scelto per l’opera è la Donna Urlante ed andrà ad aggiungersi alle altre produzioni artistiche di Celia, tutte caratterizzate da un aspetto mostruoso e in grado di muoversi e reagire ad ogni contatto umano, attraverso un sistema meccanico di pulegge. Una notte però Celia viene aggredita dalla sua nuova creazione ed è qui che entra in scena Dylan, fidanzato della sua migliore amica Sandra. Intanto viene uccisa anche la modella che posava per Celia e che aveva litigato furiosamente con la scultrice e muore tragicamente anche il suo spasimante Philip. Vengono uccise anche la madre e la sorella di Celia. Chi sarà l’assassino?

Commento: un albo tutto sommato ben scritto e ben disegnato, un soggetto interessante e se vogliamo originale, manca però il sale. La vicenda per qualche aspetto ricorda Rose Madder di Stephen King, classico caso di donna maltrattata dal marito che decide di ricostruirsi una vita seguendo i propri talenti. La vicenda è più reale di quanto si pensi tanto da allontanarsi in modo sostanziale dal soprannaturale. Devo dire che mi ha molto colpito il finale, che mai avrei immaginato. Già per questo mi sento di valutare in modo positivo questo numero. Leggibile e buon ritmo.

Voto: 6,5

giovedì 16 giugno 2011

0 Norbit (2007)

Norbit (Eddie Murphy) è un orfano preso in giro da tutti fin dai primi anni di vita, malmenato per il suo aspetto e i modi da sfigato ottiene la considerazione e l’affetto solo di una persona, Kate, una ragazzina orfana che viene però presto adottata lasciando così il povero ragazzo da solo. Dopo qualche anno Norbit viene accalappiato da Rasputia Latimore una grassona che gli offre protezione ma che ben presto (insieme ai suoi mastodontici fratelli) diventa il suo peggior incubo. I due infatti convolano a nozze e Norbit finisce per essere il suo schiavo, maltrattato, deriso e tradito senza possibilità di cambiare la sua vita, fino a quando Kate torna in città…

Il film è l’ennesimo prodotto della seconda vita cinematografica di Murphy, quella becera, volgarotta, priva di contenuti ma ricca di gag in modo da divertire un pubblico giovane se non proprio giovanissimo. Eddie Murphy aveva un grande talento e anche un bell’aspetto, ma ha lasciato entrambi da parte dalla bellezza di circa vent’anni con il risultato di piacere ad un pubblico poco esigente e di risultare indigesto a chi l’ha molto amato ma che non accetta il percorso che ha deciso di seguire a partire dal Professore Matto.

Ma parliamo di Norbit. Come nei più celebri film di Murphy, il cast è composto per gran parte da lui stesso medesimo che attraverso lunghe ore in sala trucco si trasforma abilmente nel ristoratore cinese Wong e nell’enorme Rasputia oltre che nello sfigatissimo Norbit. Ecco, io ho trovato memorabile e degno di encomio il modo in cui ha indossato gli ingombranti panni di una donna afroamericana di 200 chili con la fissa per improbabili balli erotici, cerette inguinali e intere sedute dalla parrucchiera. E’ ovvio che ogni gesto è frutto di un attento studio di un certo tipo di donna, quella poco fine, schietta tanto da risultare maleducata, piena di sé e convinta di essere la donna più desiderabile del mondo nonostante sia inguardabile e faccia persino paura ai più. Io l’ho trovata spettacolare tanto da dimenticare che in realtà sotto tutto quel grasso ben portato (perché alla fine ti convinci che la vera donna è lei non la fragile e insipida Kate), sotto tutto questo insomma c’è in realtà un uomo. Sicuramente il film ha la capacità di fare almeno sorridere, a volte anche ridere apertamente. Si conferma una spanna sopra molti altri film di Murphy e regala una serata divertente e spensierata con un orecchio alle belle musiche che fanno da colonna sonora (tutte hit nelle classifiche di vendita e congeniali al soggetto del film, curato come spesso avviene dallo stesso Murphy).

Voto: 6,5       

mercoledì 15 giugno 2011

0 Una notte da leoni (2009)

Doug un bravo ragazzo in procinto di sposarsi, Phil (Bradley Cooper) un insegnante fighetto, Stu un dentista con una fidanzata tremenda e Alan il fratello della sposa con l’idiosincrasia per le mutande, sono quattro amici che decidono di trascorrere l’addio al nubilato a Las Vegas, senza sapere che da lì a poco inizieranno i loro guai. Infatti, all’insaputa di tutti, Alan compra del Rohypnol e lo scioglie nei bicchieri degli amici durante il brindisi che darà inizio alla serata con lo scopo di far divertire tutti senza troppe pippe mentali. Tre di loro si risvegliano il giorno dopo nella suite dell’albergo con una totale inconsapevolezza di ciò che è avvenuto la notte prima, ma con dei segni sul corpo inspiegabili: a Stu manca un dente, Alan ha un piercing all’ombelico e Phil il braccialetto che fanno indossare quando ti ricoverano in ospedale. Di Doug invece non c’è proprio traccia. Da questo momento in poi i tre decidono di trovare tutti gli indizi possibili affinché il loro amico possa arrivare in tempo al suo matrimonio…

La qui presente commedia ha avuto un gran successo di pubblico sia in Italia che all’estero, tanto da portare alla realizzazione di un seguito, uscito da poco nelle sale cinematografiche italiane.

Personalmente non l’ho trovato così eccezionale, sarà la mancanza di gag veramente esilaranti, sarà la tematica un po’ scontata dei pazzi addii al nubilato di matrice americana, sarà quel che sarà, a me ripeto non mi ha fatto ridere ma anzi in alcuni momenti ho avuto difficoltà a trattenere uno sbadiglio. Certo il ritmo non manca e ringraziamo iddio per le poche volgarità presenti nei 90 minuti di girato, anche se ovviamente qualcosa di un po’ becero è stata comunque inserita (vedi i continui riferimenti alla masturbazione, il cinese frocio, il preservativo usato come pallina di carta da lanciare agli amici, etc..).

Il cast è pressoché sconosciuto se non si considera la nuova stella di Hollywood Bradley Cooper, per me privo di vero talento ma con una faccia che evidentemente funziona. Mi ricorda il classico attore di serie b con la faccia da produzioni televisive e l’aspetto da bello ma stronzo. Qui recita esattamente questa parte perciò si può dire che il compitino l’ha svolto in modo impeccabile. Gli altri protagonisti sono alternativamente simpatici, stereotipati o non pervenuti (vedi Doug/ Justin Bartha).

La parte del film che ho preferito è quella dei minuti finali quando i quattro, alla fine del ricevimento di matrimonio, trovano la loro macchina fotografica digitale che finalmente ci mostra e mostra ai protagonisti cosa è veramente successo durante quella misteriosa notte. Bella anche la colonna sonora, ricca di brani conosciutissimi.

Voto: 6

martedì 14 giugno 2011

0 Doom (2005)

Non tutti sapranno che Doom è liberamente ispirato all’omonimo e celeberrimo (almeno per chi mastica il mondo videoludico) videogame pubblicato per la prima volta nel lontanissimo 1993 e approdato praticamente su qualsiasi piattaforma di gioco. Si tratta di uno sparatutto in prima persona che ha come scopo quello di impedire che gli alieni possano invadere la Terra.

Il film non si discosta più che tanto dalle linee generali e anzi nella parte finale abbiamo anche un vero e proprio omaggio al videogame quando la telecamera richiama proprio la classica visione in prima persona che mostra solo il braccio e la mano del protagonista che impugna l’arma ed è pronto a sparare verso qualunque cosa si aggiri negli angusti corridoi della base spaziale.

Inutile dire che si tratta di un film di fantascienza con il classico e graduale annientamento dei vari componenti della squadra speciale inviata su Marte per eliminare la presenza aliena e recuperare importanti informazioni custodite nei terminali del laboratorio spaziale. Il sangue e le scene splatter si susseguono in una girandola di squartamenti e scene adatte a chi ama questo genere di film (come appunto la sottoscritta). A prima vista si potrebbe trovare qualche affinità con l’immortale Alien, capostipite del genere ma al di là della sensazione di claustrofobia, non c’è niente che riporti questo film a quelle atmosfere di impotenza e angoscia.

Siamo infatti in un’epoca moderna dove si preferisce dare spazio agli effetti speciali, ai combattimenti alla Matrix e al super uomo piuttosto che all’essere umano che combatte una lotta impari con un essere alieno e letale. Qui, in effetti, gli alieni o meglio gli esseri umani infettati dal virus sono piuttosto fragilini, tanto da essere facilmente annientati con un colpo di pistola. Non è comunque un difetto talmente grande da non permettere di apprezzare come merita questa pellicola così coinvolgente. Certo il cast (come spesso capita in questo genere di pellicola) non è sicuramente memorabile ma svolge bene il suo ruolo. Molti riconosceranno The Rock, wrestler di fama mondiale nonchè Re Scorpione nell’omonimo film.

Un film che merita un posto tra i migliori nel sul genere e consigliatissimo a tutti gli appassionati.

Voto: 7

domenica 12 giugno 2011

0 88 Minuti (2007)

88 Minuti è un film veloce, ben recitato e tutto sommato nella media dei film thriller. Insomma direi niente di nuovo sotto il sole.

Jack Gramm, un Al Pacino spettinato e allucinato, è un docente di psicologia criminale che collabora con l’FBI. Nel 1997, cioè 10 anni prima degli eventi narrati, Jack aveva contribuito alla cattura e all’incarcerazione di John Forster, presunto assassino di una ragazza. Nel 2007 ecco però avvenire un nuovo omicidio del tutto simile al precedente. La cosa desta il sospetto delle autorità competenti che si trovano costrette a rinviare l’esecuzione di Forster, la cui colpevolezza sembra ora essere messa in dubbio dai nuovi avvenimenti. La vittima è una studentessa di Gramm. Quest’ultimo il giorno stesso della scoperta dell’omicidio viene chiamato al cellulare da uno sconosciuto che lo avverte che tra 88 minuti la sua vita finirà, rispolverando in questo modo un ricordo doloroso del criminologo e spingendolo a ritenere che il nuovo serial killer è una persona che lo conosce o che ha avuto accesso a delle informazioni più che riservate. Il cerchio sembra stringersi intorno a poche persone, ma il tempo per arrivare alla verità è poco…

E così tra mille telefonate al cellulare e una girandola di donne in qualche modo attratte dall’uomo, si finisce per essere catapultati in un film che non lascia il respiro e che come spesso accade in questo genere di film ti fa sospettare di chiunque, nonostante appaia abbastanza chiaro fin dall’inizio che il misterioso individuo non può che essere di genere femminile. La trama tutto sommato regge anche i duri colpi inflittile da qualche banalità di troppo: come il fidanzato geloso dell’insegnante maturo, la giovane assistente innamorata ma non corrisposta, la ex incazzata dura.

Il film non è nemmeno uscito nelle sale italiane ma direttamente in dvd come a volerne in qualche modo evitare l’eventuale flop. C’è di peggio nelle sale cinematografiche, anzi di molto peggio.

A me in ultima analisi è piaciuto quanto basta per farmi trascorrere un bel pomeriggio senza pensieri.

Voto: 6,5   

venerdì 10 giugno 2011

0 Al cuore si comanda (2003)

Deliziosa commedia italiana con protagonisti Claudia Gerini e Pierfrancesco Favino. Sembra strano ma sono passati ben 8 anni da quando questo film è uscito nelle nostre sale e a ben guardare, i volti dei due attori lo testimoniano, infatti entrambi sono esattamente quello che dovrebbero incarnare: 2 trentenni ancora senza le idee chiare.

Quello dei 30 anni è un tema che interessa gran parte delle commedie italiane, come se rappresentasse un vero e proprio spartiacque tra le cazzate che ti puoi ancora permettere quando la tua età ha ancora un 2 davanti e la lunga trafila delle responsabilità che si conclude ahimè solo con la dipartita da questo mondo. Il trentenne vive in una dimensione parallela, tra la voglia di essere ancora un adolescente (uomini) e il desiderio della stabilità sentimentale (donne). 

Qui abbiamo Lorenza, una 29enne appena lasciata dall’ennesimo fidanzato che stanca di essere sempre sola decide di cercarsi un accompagnatore, ossia Giulio un disoccupato con la mania della tromba e una bicicletta come unico mezzo di trasporto. All’inizio i due sembrano non prendersi, poi capiscono di provare qualcosa di più fino a che il solito equivoco finisce per separare le loro strade, fino allo scontato lieto fine.

Io non sono riuscita a trovare un difetto a questo film, l’ho trovato semplice, godibile, fresco e con una recitazione di ottimo livello, tanto è vero che abbiamo come protagonisti due tra i più apprezzati attori italiani. Inoltre è una commedia che fa ridere in più punti, segno che l’intento del regista era quello di raccontare una storia d’amore ma senza rinunciare ai sorrisi, di fatto quasi assenti nella filmografia del Bel Paese o frutto dei più aberranti film vanziniani.

Il cinema italiano non mi piace particolarmente, lo trovo lento, autocelebrativo, lagnoso, ma questo film merita di fatto di essere visto e lodato come esempio di prodotto ben fatto e senza boria.

Voto: 7,5

giovedì 9 giugno 2011

0 Il dubbio (2008)

Trama: siamo nel 1964 in una scuola cattolica del Bronx. Il parroco irlandese Flynn (Philip Seymour Hoffman) è molto amato da tutta la comunità di fedeli ma soprattutto dal 12enne afroamericano Donald Miller, un ragazzo solitario e poco amato dai compagni. La preside della scuola, Sorella Aloysius (Meryl Streep), rigida e severa verso qualunque tipo di atteggiamento per lei sconveniente, spinge la giovane insegnante Sorella James (Amy Adams) a osservare con attenzione il comportamento del prete, per lei sospetto, soprattutto dopo l’ultimo sermone dedicato al dubbio, segno secondo la suora di un vacillare dell’animo nel parroco. La ragazza, inizia ad essere anch’essa convinta di qualcosa di morboso che unisce Flynn e il giovane Donald e ne parla con la superiora. Quest’ultima convoca Flynn e cerca di spingerlo a confessare, ottenendo però solo silenzi e negazioni. Da questo momento in poi la sua missione diventa quella di far allontanare e sospendere il prete…

Commento: il film è meraviglioso nonostante alcune critiche sulla staticità dell’azione. Come si fa a non essere totalmente rapiti da ogni singolo fotogramma in cui appare una irriconoscibile (ma allo stesso tempo inconfondibile) Meryl Streep? Inutile dire che la pellicola è retta sapientemente dalla sua recitazione nonostante il lavoro le sia notevolmente facilitato dagli altrettanto bravi Seymour e Adams. Cosa dire di questo film? Difficile non trovarlo attuale e pieno di spunti interessanti. La pedofilia nel grembo della chiesa cattolica. Attenzione però perché in realtà l’intento del regista sembra essere quello di instillare il dubbio senza dare alcuna certezza, visto che nessuna confessione di colpevolezza trapela dalle labbra del parroco ma molti frammenti dell’intera storia sembrano raccontare un’altra verità: la madre di Donald che sembra rivelare l’omosessualità del figlio (picchiato dal padre proprio per questo motivo), l’allontanamento del parroco da tre diverse chiese, il suo modo così poco cristiano di vivere la quotidianità tra sigarette, birra e pesanti pettegolezzi con gli altri preti e infine la scena a cui assiste Aloysius mentre guarda dalla finestra, ossia un ragazzo che si libera con fastidio e paura dalla stretta del prete. Interessante poi la dicotomia tra la severità di Aloysius e la bonarietà (almeno apparente) di Flynn. Una detestata da tutti ma con valori molto forti e l’altro amatissimo eppure non proprio integerrimo. L’apparenza che porta ad avere paura e diffidenza di ciò che ci tiene lontani dal male e ad abbracciare senza remore ciò che invece porta verso il peccato e il male nelle sue forme più aberranti. Del resto, i vari episodi di cronaca dei nostri giorni ci descrivono spesso preti pedofili che fino al momento della verità erano molto amati dalla comunità, segno inequivocabile che spesso il diavolo ha il volto di un angelo o di chi ci ispira una fiducia incondizionata. In realtà poi il film può essere letto anche come l’innamoramento di un adolescente omosessuale verso un adulto che lo tratta con rispetto ma che non ricambia il suo sentimento, se non in termini di semplice affezione. Non è dato saperlo ma la conclusione del film, con la scoperta che Flynn è stato addirittura promosso dal vescovo che lo invia verso un’altra parrocchia un po’ fa pensare ai continui insabbiamenti da parte delle alte gerarchie ecclesiastiche, interessate maggiormente alla salvaguardia del buon nome della chiesa piuttosto che all’estirpazione del male, quello vero. Alla fine Aloysius piange, disperata per i continui dubbi che sembrano non trovare mai una risposta e ciò sembra quasi suggerire una terza chiave di lettura, ossia che il tutto sia stato generato dalla diffidenza e dal sospetto di una suora verso un suo superiore che non le ispira fiducia, piuttosto che da seri motivi di preoccupazione verso un ragazzo in difficoltà. Il titolo del film quindi appare più che appropriato.

Voto: 8,5      

mercoledì 8 giugno 2011

0 Adolescenti di oggi = lobotomizzati o maleducati?

Domenica sera, pizzeria Rosso Pomodoro.

Due tavoli più in là ecco il più classico degli esempi della NUOVA famiglia italiana.

Dimentichiamoci la pubblicità Mulino Bianco e osserviamo con attenzione.

Padre: 45 anni portati male, obeso, stempiatino, tenuta da villaggio vacanze, affiancato dalla colonna ionica dei nostri giorni, ossia pacchetto di sigarette, cellulare, accendino, il tutto impilato in ordine preciso dato dal gesto consuetudinario del fumatore che non rinuncia al vizio neppure quando esce in famiglia.

Madre: 45 anni portati più che male, capello mesciato biondo, anonima in tutto e con lo sguardo sempre rivolto verso “ l’aitante” marito, segno che la scopata coniugale del week end non è ancora fuori moda.

Figlio/a: per tutta la serata ho tentato di capire se si trattasse di un ragazzo, una ragazza o di un elfo. Una certezza ce l’abbiamo: era un Emo. Truccone sugli occhi, capelli sfilati corti di colore indefinito, ciuffone  sull’occhio e accessori di ogni genere sui polsi e sulle dita. Sguardo inquietante nella sua fissità. La cosa che aveva più vita nel suo angosciante aspetto erano le enormi e costose cuffie bianche piantate saldamente sulle orecchie come un prolungamento del corpo. Anzi, questo essere subumano adolescente (diamogli un’età di 15 anni) sembrava prendere vita solo all’arrivo di un sms sul cellulare all’ultima moda. Allora ecco un veloce ticchettare di quelle unghiette smaltate di nero e fucsia tra un panzerotto e un sorso di Coca. Questo fulgido esempio di come si sta a tavola è andato avanti per tutta la cena sotto lo sguardo assente dei genitori.

Non c’è stato il minimo accenno di rimprovero da parte dei due adulti, hanno continuato a chiacchierare tra di loro come se niente fosse, come se il frutto della loro scopata a Palma di Majorca fosse trasparente. Io me li immagino questi poveri cretini che pur di non avere rotture di cazzo comprano qualunque cosa e accettano qualunque cosa. Non hanno un dialogo con i figli, preferiscono riempirli di merdate all’ultima moda piuttosto che dire no, o dare un ceffone quando è meritato.

Questa scena mi ha molto colpito, anzi mi ha fatto inorridire perché ricordo che le poche volte che andavo in pizzeria con i miei ero entusiasta, non avevo il cellulare eppure ero felice. E se mai i miei mi avessero visto con un auricolare nelle orecchie mi avrebbero fulminato con uno sguardo.

Altri tempi.

Altra scena: ricevimento di nozze. Tavolo con 10 persone di età compresa tra i 13 e i 30 anni. C’erano esattamente 4 persone più o meno della stessa età, ebbene ognuna di loro si è chiusa nel silenzio rincoglionente del proprio cellulare ignorando bellamente il proprio vicino di posto. Comunicazione zero. Tutte sfingi con lo sguardo fisso e l’encefalogramma piatto.

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0 Passengers–Mistero ad alta quota (2008)

Trama: Claire, una giovane psicologa specializzata in traumi infantili, viene spinta dal suo mentore ad occuparsi di alcuni sopravvissuti ad un disastro aereo. Conosce Eric e se ne innamora, ma soprattutto inizia a capire che qualcosa di strano sembra avvolgere l’intera tragica situazione….

Commento: devo dire che la qui presente pellicola è simile ad un giro sulle montagne russe. Parte piano e poi ti costringe ad aggrapparti con forza alla sbarra di sicurezza per paura di volare via. E’ un film che parte con una buona trama: banale incidente che in realtà nasconde una realtà più inquietante fatta di compagnie aeree pronte a mettere a tacere (in modo non convenzionale) gli unici testimoni oculari del fattaccio, preoccupate all’idea di vedersi incriminate per gravi mancanze a livello di sicurezza aerea. Sembra perciò un film alquanto realistico e a suo modo anche interessante se non fosse per i numerosissimi punti morti in cui sperare in un tocco di vivacità è chiedere onestamente troppo. Questa tiritera va avanti per 3/4 del film poi improvvisamente, proprio quando la palpebra si fa pesante, le cose iniziano a precipitare e ad assumere un ritmo sincopato. Certo chi ha visto Il Sesto Senso sentirà un forte odore di plagio ma non potrà non apprezzare anche il modo in cui il regista ha portato lo spettatore su di un falso percorso per poi spiattellargli in pieno viso un colpo di scena davvero inaspettato. Non penso che molti siano arrivati in tempi brevi a capire il vero soggetto del film, nonostante i numerosissimi indizi disseminati un po’ ovunque. Le atmosfere un po’ fosche e quasi oniriche, la quasi totale assenza di presenze umane, le ombre di persone di cui raramente si vede il viso, un po’ tutto finisce per comporre un quadro di perfetta coerenza. Certo ripeto col senno di poi, proprio come il capolavoro con protagonista Bruce Willis. Immancabile quindi la manata sulla fronte a pochi minuti dalla fine, segno di frustrazione per non aver intuito la soluzione dell’arcano ma anche (dal mio punto di vista) vera gioia per aver avuto il piacere di essere stupita da un film di cui non avevo mai sentito parlare. Ultima considerazione: Anne Hathaway è brava, come non riconoscerglielo? Un’attrice che continua a stupirmi con la sua fragilità e intensità, in grado di dare un’anima ad un film mediocre se non fosse per il finale.

Voto: 6,5 

lunedì 6 giugno 2011

0 Distanze incolmabili

La vita è strana”….lo dissi (ma soprattutto lo pensai) molto tempo fa seduta sul gradino di un portone mentre aspettavo l’autobus delle 19, quello che mi avrebbe portato a casa dopo un pomeriggio estivo trascorso a scambiarsi insulti e parole poco carine con quella che era al tempo la mia ex migliore amica.

La vita è strana sì.

Lo capisco da questo strano maggio appena giunto a conclusione. Un maggio che mi ha offerto in offerta speciale un 2x3 di ritorni inaspettati e non tanto graditi.

1) La persona che mi ha chiuso la porta in faccia dopo avermi spremuto fuori tutto quello che poteva, quella che torna a farsi sentire a fasi alterne per le domande di rito inutili come una pisciata nella neve. La persona che tutti noi dovremmo tenere a distanza, riconoscibile dall’egocentrismo, l’opportunismo e la generica inutilità sulla crosta terrestre.

2) La migliore amica dell’adolescenza, quella delle prime cazzate che per carità saranno state anche divertenti ma non puoi non capire che trascorsi 15 anni di assoluto silenzio è un po’ assurdo pensare di ricreare una situazione anacronistica come un caffè in compagnia a parlare di com’è merdosa la tua vita. La mia vita non conterebbe molto perché questi individui hanno solo voglia di parlare di se stesse fino allo sfinimento per poi dirti allora ci sentiamo presto. E intanto tu ti maledici per aver perso 2 ore del tuo meraviglioso tempo per vedere due nuove rughe sul viso di una che continua a truccarsi e conciarsi come quando aveva 18 anni, pazienza per le vene varicose e le tette flosce.

3) La tizia che ritorna in auge dopo che ti ha rivisto ad un matrimonio. Pazienza se sono 3 anni che non ci sentiamo, pazienza se non ho voglia di stressarmi con le tue storie sbagliate con uomini a cui piallato gli attributi a colpi di telefonate e sms ossessivo compulsivi dopo una scopata e via. Non posso permettermi di ascoltare per ore gli effetti dello stress sulla salute del corpo e dello spirito.

Ho notato che le persone sono tremendamente noiose, soprattutto quando non sono soddisfatte della propria vita. Continuano a voltarsi indietro a pescare dal mazzo carte che avevano precedentemente scartato, tra cui quella con la tua faccia e allora via alle telefonate, ai messaggi sul cellulare e su facebook. Poi scompaiono di nuovo ma tu sai che riappariranno a cadenza annuale o semestrale perché l’erba cattiva purtroppo non muore mai.

Poi ovviamente la vita è strana anche per altri motivi tra i quali l’intolleranza reciproca fra parenti. Che poi non è intolleranza (almeno da parte mia), ma semplicemente distanza mentale. Una distanza incolmabile. Io non ho niente da dire a loro e con tutta probabilità loro non hanno niente da dire a me. Io sto serena anche se non riesco proprio a concepire la falsità di essere presente nei loro contatti facebook (certo non per mia iniziativa). Per carità non sto a giudicare su una cazzata simile, anche perché ormai sono più le persone che misurano il loro status sociale dal numero degli amici nella loro pagina di Facebook di quelli che alla quantità preferiscono la sostanza. Inutile dire che appartengo alla seconda categoria di persone, tanto è vero che sono asociale e me ne vanto.

 

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