lunedì 31 ottobre 2011

0 Lezioni di cioccolato (2007)

In una domenica mattina uggiosa ho potuto perdermi in 90 minuti di semplicità, sorrisi e buona recitazione che rappresentano poi il quid di questa bella prova con protagonista assoluto Luca Argentero, nei panni di un geometra interessato all’immagine, al guadagno e al proprio benessere fino a quando non si vede costretto a indossare i panni “scomodi” di un immigrato egiziano per evitare una denuncia penale per mancanza di sicurezza nel suo cantiere edile.

Il film si potrebbe definire come una commedia leggera leggera, senza inutili volgarità e con battute a volte fulminanti. Non è un premio Oscar o un Leone d’oro ma è pur sempre un prodotto italiano ben fatto e che fa divertire una fascia di pubblico veramente ampia, dal bambino all’anziano passando ovviamente per il pubblico femminile che non può non apprezzare un Argentero in grande spolvero.

Dispiace sapere che ai botteghini la pellicola non ha fatto il botto soprattutto perché a me ha ricordato molto le più recenti commedie francesi che con eleganza e buoni dialoghi riescono davvero a sorpassare ormai di gran lunga il cinema americano, ottenendo anche un buon riscontro negli incassi. Sarà che ormai noi italiani ci siamo abituati alle put….e di Natale e non riusciamo più ad apprezzare ciò che di semplice e pulito ci offrono registi meno conosciuti ma con delle buone idee nel cassetto, sarà quel che sarà a me questo film è piaciuto tantissimo.

Lodevole e graditissimo anche il piccolo cameo di Rolando Ravello, davvero un mostro nella recitazione, capace di passare senza soluzione di continuità dalle parti comiche a quelle più drammatiche riuscendo benissimo in entrambe. Talento vero.

VOTO 7    

venerdì 21 ottobre 2011

1 X–Factor 5 Audizioni (Pagelle Prima puntata)

Alessandro Cattelan: finalmente un presentatore che conosce davvero la musica e i tempi televisivi. Ciao ciao Facchinetti non ci mancherai VOTO 8

Arisa: scelta strana e perciò forse fenomenale. Umile, forse un po’ sulle sue ma attenta a svolgere bene il compitino iniziale del si o del no. In rodaggio VOTO 6,5

Morgan: come giudicare Morgan? E’ sempre lo stesso, con un po’ d’acciacchi e i capelli verdi ma sempre lui. Nella fase iniziale risulta un po’ defilato ma pronto a far sentire il suo marchio da guastafeste e anche un po’ stronzo VOTO 6,5

Elio: meno rigido dell’anno scorso e più rilassato nei giudizi negativi, consapevole di non avere affianco Tatangelo e company. Antipatico. VOTO 5

Simona Ventura: si vede che la trasmissione le mancava e infatti è la più gasata dell’intero cast, non ancora del tutto consapevole che il palcoscenico non è quello del grande pubblico ma solo quello risicato degli abbonati sky VOTO 5  

Valerio: ragazzino imberbe e timidino (fastidiosamente spinto nella fossa dei leoni dalla mamma manager) ma dalla voce promettente. Acerbissimo ma con ampi margini di miglioramento. Grande entusiasmo da parte dei 4 giudici che un po’ troppo bonariamente regalano 4 si. VOTO 6,5

Giuseppe (Ilio): vecchio in tutto anche nell’entusiasmo da animatore turistico, ne possiamo fare a meno. Penoso 4 no secchi VOTO 1

Grazia: vetusta 42enne scappata da qualche sanatorio. 2 si 2 no VOTO 1

Francesco: chi chi chi ca…o ti ha mandato qui? VOTO 1

Free Chords: ancora i gruppi vocali? ma dai non se ne può più. Cantano una versione plagio di Rosso Relativo, comprese le stecche dal vivo di Tiziano Ferro. Il membro femminile è il tasto veramente dolente del gruppo. Inspiegabile entusiasmo dei giudici. 4 scontati SI VOTO 5

Jeremy: sotto effetto stono? Mah. Sicuramente ipercritico nei confronti dell’intero genere umano per avere solo 16 anni. Fa quasi paura, funereo. Scelta musicale complessa, matura, Redemption Song. Affascinante, intimista, mi ha colpito 4 si VOTO 8

Siria: mi fa pensare ad una delle accompagnatrici del nostro premier. Cavallona senza speranza. Voce tutta di gola, impersonale, sentita mille volte così come l’inflazionatissima Think. La penso esattamente come Morgan. Riesce a far infuriare la Ventura e non è bene. 2 si 2 no VOTO 4

Alessandra: grezza forte 4 no VOTO 1

Soyana: stonata ma molto però 4 no VOTO SOTTO ZERO

Tania: look androgino, voce già sentita da cui non si potrebbe trarre niente. Vuole fare il personaggione ma non si può passare solo per il look. 4 si immeritati VOTO 4

Just: poveracci questi Jalisse 2011. Eppure vanno avanti. 4 si VOTO 4

Walter: aspetto da muratore padano. Ci parla della crisi lavorativa e musicale con una padronanza del palco che fa infuriare Morgan che lo accusa di fascismo. La scena sa un po’ di finto ma facciamo finta di crederci…L’abbraccio finale di Morgan non l’ho capito. 4 no VOTO 1 per la figura barbina e meno 1000 per l’intonazione non pervenuta

Vincenzo: strano personaggio con gli occhiali da sole e la faccia da bamboccio con la barba. Voce sfiatata. Per me un cappellino alla moda e la barba da intellettuale non fanno un artista. 4 si. VOTO 4

Antonella: voce e look anni 90. 4 si VOTO 5

Michele: coreografo che vuole passare per rendere la figlia orgogliosa di lui..si è mai sentito qualcosa di così idiota al di fuori del GF. Schifo perenne ma inspiegabilmente va avanti 4 si. VOTO 3

Fiocco di neve: siamo alla Corrida? Nel tempo in cui non è occupata a fare il cristallo, vince concorsi letterari. Sembra una presa in giro e forse lo è ma avendo conosciuto nella vita reale molti matti travestiti da persone apparentemente normali, potrei credere che la ragazza non è consapevole di essere fuori di testa. 2 no 2 si VOTO 4

Ramona: dalla Transilvania con una parlantina a dir poco fastidiosa. Stonata. 4 no VOTO 0

Giulio Montagna: anche questo sembra che abbia sbagliato programma ma viene trattato meglio di altri suoi colleghi…sarà l’inventiva, la faccia tosta, l’originalità? A me ha comunicato tanto e ancora mi chiedo se ho bevuto. Dimostra di avere anche grande cultura musicale. 3 si 1 no (come al solito la Ventura non capisce na mazza) VOTO 7

Francesca: 16enne femmina che sceglie i Led Zeppelin. Potente. Fantastica. Mi è piaciuta assai. 4 si VOTO 8

Marco Negri: non è tanto giusto ma è quasi commovente nel ricordare la nonna che non c’è più. Depresso, deprimente, voce calante. Esprime il grigio dell’esistenza e nonostante ciò passa avanti. 3 si 1 no VOTO 4

Consuelo Lalla: la sorella cattiva. Voce come tante. Convinta di un talento che non ha. 2 si 2 no. VOTO 4

Marysol Lallai: la sorella buona. Tutti fanno finta di non sapere niente per creare il dramma in mondovisione. La voce la trovo interessante, esprime personalità. Un po’ troppo sopra le righe. Proposta imprevista di Morgan: formare un duo tra sorelle. Giudizio sospeso per entrambe. VOTO 6 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

0 Dylan Dog 169–Lo specchio dell’anima

Trama: la polizia di Londra è da sei anni alla ricerca di uno spietato serial killer, al quale sono imputati ben 27 omicidi efferati, l’ultimo dei quali ai danni del maggior sospettato, lo scrittore Withaker che nei suoi libri descriveva nei dettagli ciò che poi l’assassino realizzava nella realtà. Dylan per l’ennesima volta si trova suo malgrado in mezzo a questo strano mistero in quanto proprio Whitaker nel suo testamento aveva richiesto il suo aiuto per liberarsi del suo assassino e allo stesso tempo protagonista dei suoi romanzi. Per fare ciò l’indagatore dell’incubo deve vivere per un mese nella villa dello scrittore, immedesimandosi in quest’ultimo in modo da risultare un’invitante esca per il serial killer. Nel frattempo viene commesso un altro omicidio e Dylan scopre con sgomento di averlo previsto durante una delle sue tormentate notti solitarie, dettaglio che lo avvicina sempre più allo scrittore defunto. Col trascorrere dei giorni e delle settimane, Dylan sembra sempre più perdere contatto con la realtà e con la sua vita precedente, con grande preoccupazione di Groucho e Bloch…

Commento: in una parola NOIOSO, un albo capace di farti venir voglia di dormire. Fiumi di parole, complessità eccessiva e storia tutto sommato presa a prestito da più romanzi di Stephen King. L’elemento della doppia personalità o del gemello immaginario sono tutti elementi già utilizzati nel campo della letteratura e del fumetto. Poca originalità e ritmo assente. Un numero che non induce a saperne di più già dopo poche pagine. Unico elemento interessante, la follia di Dylan, ma pure questo lo ritroviamo in Shining, perciò anche ciò che c’è di buono viene seppellito dal plagio.

VOTO 5

mercoledì 12 ottobre 2011

0 Il papà di Giovanna (2008)

Trama: Bologna 1938. Michele Casali (Silvio Orlando) è un insegnante di disegno nella scuola superiore frequentata da sua figlia Giovanna (Alba Rohrwacher), una diciassettenne timida e con grandi problemi relazionali. Suo padre la adora, la protegge dalle delusioni, la cresce in un nido di cristallo nascondendo anche a se stesso il fatto che la figlia in realtà ha problemi mentali che lui non è in grado di risolvere. Nonostante ciò incoraggia un suo alunno a frequentare Giovanna raccomandandogli però di non farla soffrire. Nel frattempo la moglie di Michele, Delia (Francesca Neri), è la prima a non accettare la figlia, sicura che quest’ultima sia gelosa della sua bellezza (ormai quasi sfiorita) e gelosa lei stessa del rapporto simbiotico tra padre e figlia. Una sera Michele trova il suo rasoio pieno di sangue ma fa finta di niente. La tragedia è in atto, infatti a scuola si scopre il cadavere di una ragazza nello spogliatoio della palestra e dopo pochi interrogatori si risale alla stessa Giovanna, la quale confessa di aver ucciso l’amica perché quest’ultima aveva cercato di portarle via il ragazzo. Per la famiglia Casali inizia un periodo lungo e difficile, in quanto la maggior parte dei loro conoscenti finisce per scansarli e trattarli con disprezzo. Michele perde il lavoro. Giovanna nel frattempo viene dichiarata non imputabile perché malata di mente ma allo stesso tempo viene rinchiusa in un manicomio, lontano da Bologna. Solo Michele continua a starle vicino quotidianamente, coltivando il rapporto con l’adorata figlia attraverso alte sbarre che dividono il mondo dei normali da quello dei dichiarati folli. Giovanna chiede spesso quando verrà a trovarla la madre ma Delia non ha nessuna intenzione di andare da lei e inizia ad allontanarsi in via definitiva da una famiglia che non ha mai sentito sua. Intanto gli anni passano e Giovanna finalmente esce dall’ospedale psichiatrico. Michele è sempre al suo fianco e una delle prime sere di libertà la porta al cinematografo dove in modo del tutto casuale incrociano Delia al braccio di un altro uomo..

Commento: il ventennio fascista è la cornice di questa drammatica storia familiare, e così vediamo le lodi al Duce, gli articoli di giornale che sottolineano i momenti cruciali di quella triste epoca, le bombe che uccidono e infine i partigiani che fanno piazza pulita degli ultimi rimasugli del terrore. Tutto ciò è estremamente funzionale alla storia perché in questo modo vediamo come chi contasse veramente nella società del tempo fossero le famiglie legate politicamente al Duce, come la polizia avesse libero accesso laddove il comune cittadino trovava porte sbarrate, la tremenda vita dei malati di mente all’interno delle carceri e dei sanatori. Tutto ciò si traduce in viva emozione nello spettatore che assiste alle vicende del povero e onesto Michele, colpevole di trattare la figlia come il bene più prezioso della sua vita dopo aver preso amaramente atto dell’assoluta mancanza di amore da parte della moglie, non tanto segretamente innamorata del suo migliore amico. Delia è un personaggio negativo alla massima potenza, è la madre snaturata, la moglie che disprezza il marito, la donna che rimpiange la sua passata bellezza e che imputa le colpe della sua vita insoddisfacente a Michele, che in realtà la ama e la desidera con tutta l’anima. Delia sposa Michele per avere la sicurezza di uno stipendio e di una casa ma presto si pente perché vorrebbe accanto a se un uomo che la facesse sentire sempre bella e giovane, un uomo come Sergio (Ezio Greggio), il loro vicino di casa e amico da sempre. Michele e Giovanna sanno e vedono, tacciono a se stessi e agli altri e metabolizzano il dispiacere chi con l’amore verso una figlia, chi con l’uccisione di una ragazza che tanto ricorda la propria madre.

VOTO 7,5 Pollice in su     

martedì 11 ottobre 2011

4 Rivedere i Robinson e commuoversi…

Oggi, dopo due anni, ho finito di rivedere tutte le puntate dei Robinson e beh la sensazione è stata come di uno strappo doloroso al cuore, come un addio ad un amico d’infanzia che ti saluta per l’ultima volta con un po’ di grigio tra i capelli. Forse qualcuno può trovare questa reazione esagerata ma può trattarsi solo di chi non si è mai appassionato alle vicende di questa splendida famiglia americana. Solo noi ragazzini degli Anni ‘80 sappiamo che magia si creava ogni sera alle 19 quando lo schermo del televisore a tubo catodico ci trasportava nel salotto buono di questa famiglia borghese, composta da papà, mamma e cinque figli. Si rideva (e lo si fa anche a distanza di ben 19 anni dall’ultima stagione) e a volte ci si commuoveva, sapendo che l’indomani sarebbe seguita un’altra puntata ancora. Nel frattempo siamo cresciuti (così come i protagonisti della sit com) e ci siamo sicuramente appassionati ad altri telefilm ma nel cuore non abbiamo mai dimenticato Cliff, Claire, Sandra, Denise, Vanessa, Theo e Rudy e penso che non lo faremo mai.

Ho voluto rivedere tutte le puntate perché avevo bisogno di qualcosa di allegro e poco impegnativo ed è andata a finire che in questo lungo viaggio ho potuto accorgermi di tante cose che magari non avevo notato quando ero piccola e seguivo il telefilm in televisione. Con una visione di insieme come quella che ti permette internet, ti rendi conto di come ci fossero grandi differenze tra le varie stagioni che compongono la sit com. Per esempio la prima puntata della prima stagione è assolutamente differente da tutte le altre, quasi fosse un numero zero per saggiare il gradimento del pubblico a casa e infatti vediamo elementi che spariranno già nel secondo episodio: la casa dei Robinson si presenta molto modesta e buia e anche il linguaggio è molto rozzo ma realistico (non dimenticherò mai uno “stronzate” pronunciato da Cliff in un momento di rabbia) quasi il regista volesse parlare di una famiglia afroamericana inserita nel tessuto (poco elegante) di un quartiere qualunque della grande mela. Persino i figli erano solo quattro. Improvvisamente nella seconda puntata appare la quinta figlia (Sandra la maggiore) e anche la casa diventa molto più lussuosa e ampia, luminosa e confortevole. Nel corso delle stagioni poi avvengono cambiamenti molto più radicali che fanno un po’ scadere il prodotto, come per esempio la scomparsa o ricomparsa di Denise (per motivi di belligeranza con i produttori e per questioni morali, come la sua partecipazione a film dove appare in atteggiamenti “poco Robinson”). Denise per me è il personaggio che più di tutti movimentava in senso positivo la serie e infatti le prime due stagioni si confermano senza dubbio come le più riuscite e le più ricordate tra il pubblico di affezionati spettatori. Farla ricomparire col marito marinaio non è stata una grandissima idea, anzi l’ha spogliata del suo essere così incredibilmente scapestrata ma naturalissima nell’interpretazione di una giovane ribelle. Certo le prime stagioni sono quasi insuperabili perché hanno come preziosa caratteristica il fatto di avere dentro casa tutti i protagonisti della serie. Tutti vivono appassionatamente insieme e allora si può godere delle varie vicende che li vedono protagonisti: le litigate tra Rudy e Vanessa, gli innamoramenti di quest’ultima, Theo e il suo amico Scarafaggio, i fidanzati di Denise, la corte di Alvin a Sandra, le serate romantiche di Claire e Cliff. Inoltre nelle prime stagioni si fa spesso riferimento a temi alquanto spinosi che spariranno in via definitiva nella prosecuzione della serie, come per esempio la droga e le gravidanze indesiderate. Ecco già dalla terza serie tutto sembra sfaldarsi e l’opera di disfacimento continua inesorabile fino alla settima stagione con qualche puntata divertente ma molte altre assolutamente noiose. Inadeguato e tutto sommato inutile l’inserimento della Cugina Pam e poco incisivo quello di Olivia, comunque più simpatica e pungente della piccola Rudy.

L’ottava stagione è assolutamente un qualcosa a parte. Si torna per molti aspetti alla freschezza della prima grande serie ma si capisce anche che tutti hanno una gran voglia di finire questo lunghissimo percorso iniziato ben otto anni prima. La stagione è sostanzialmente dedicata a Theo e infatti le ultime due puntate sono incentrate sulla sua laurea in scienze dell’educazione ma non aspettatevi grandi fuochi artificiali, solo un flashback di Cliff e Theo nella prima stagione e gli ultimi trenta secondi che svelano che in realtà il salotto si affacciava su un grande proscenio pieno di gente e di operatori. Un po’ triste ma sicuramente originale. Sono abbastanza sicura di non aver mai visto l’ultima stagione prima di adesso e forse sono pure contente perché penso che non mi avrebbe fatto molto piacere vedere che in realtà era tutto finto, perfino quella bella grande casa di Manhattan.

I Robinson raccontano il tempo che passa e lo fanno attraverso loro stessi e i loro cambiamenti fisici (bambini o ragazzi che diventano adulti, adulti che diventano un po’ canuti, nascita di nuovi bambini) e lo fanno anche attraverso i vestiti con le mode che cambiano incontrollabilmente (colori sempre più fluo con l’approssimarsi degli anni ‘90 e abbandono delle improbabili tute o degli abiti con spalline di Claire). Non posso dimenticare poi la puntata dedicata a Stevie Wonder o i poster di Michael Jackson o di altri idoli del momento appesi alle pareti della camera di Denise o Vanessa. Tutto ha contribuito a raccontare un decennio con leggerezza ma anche con qualità.

Come al solito W GLI ANNI 80      

venerdì 7 ottobre 2011

0 Nel centro del mirino (1993)

Frank (Clint Eastwood) è un anziano agente dei servizi segreti americani che ha assistito alla morte del presidente Kennedy senza riuscire ad evitarne la morte. Questo fatto continua a tormentarlo durante il corso degli anni. Un giorno spunta all’orizzonte un uomo di nome Mitch Leary (John Malkovich) che ha come obiettivo l’uccisione dell’attuale presidente degli Stati Uniti. Frank viene così coinvolto nuovamente in un possibile attentato all’uomo più potente del mondo.

La pellicola seppur datata ha un forte impatto a livello di ritmo e coinvolgimento grazie soprattutto alla presenza di due mostri sacri come il sempre verde Eastwood e l’inquietante Malcovich, quest’ultimo detentore di un Oscar proprio per questa interpretazione.

Il film non ha punti morti ed è costruito a regola d’arte tanto da portare a poco a poco lo spettatore ad un’ansia crescente che ha il suo apice nel pirotecnico finale, molto anni 90, col classico eroe che si immola per una causa maggiore, redimendo se stesso da un senso di colpa che lo aveva portato a perdere tutto ciò che di più caro possedeva nella vita. Non c’è molto da aggiungere. Non ci sono simbolismi o lati oscuri: c’è il bene rappresentato dal vecchio agente di polizia e il male incarnato dal mefistofelico Leary. La presenza femminile di Rene Russo è davvero poca cosa: fredda, statica, per niente espressiva. Tutto sommato inutile ai fini dell’intreccio.

VOTO 6,5  Pollice in su 

0 Il truffacuori (2010)

Che commedia deliziosa! Diciamoci la verità, ormai è certo che i registi francesi negli ultimi anni stanno scavalcando di brutto i loro colleghi americani spesso più interessati ad esplorare le dinamiche  sessuali adolescenziali che a creare dei prodotti adatti ad un target anagrafico più stagionato…e con stagionato intendo 30/50 anni.

Torniamo a noi. I protagonisti sono tutti eccezionali anche se è inutile negare che la personalità e il fascino malandrino di Romain Durin e la sensualità di Vanessa Paradis spiccano su tutto il resto. Soprattutto Alex/ Romain è padrone della scena, riuscendo a conquistare il pubblico femminile con una parte che sembra essergli stata cucita addosso, dove si muove con destrezza e padronanza della scena. La signora Depp è invero un po’ algidina con quell’aria così distaccata ma a mano a mano che ci avviciniamo al gran finale si lascia andare (così come il personaggio che interpreta) rivelando (non a sorpresa) un enorme sex appeal anche solo attraverso un semplice bacio passionale.

La prima parte del film è a dir poco scoppiettante, tutta giocata sul magico trio di rovina fidanzamenti che regala ben più di una risata anche allo spettatore più serio. La seconda parte al contrario è maggiormente compassata, tutta rivolta a creare l’atmosfera giusta per il romantico innamoramento tra Alex e Juliette sullo sfondo di una bella Montecarlo.

Certo l’originalità si spegne dopo la prima mezzora di film per lasciare spazio al solito canovaccio utilizzato in ogni emisfero mondiale nella creazione di una commedia romantica: innamoramento, delusione per essere stata ingannata, ricongiungimento finale con dichiarazione d’amore eterno. La prima parte conquista, la seconda parte smorza l’entusiasmo ma nonostante tutto si lascia guardare.

Un film consigliato soprattutto alle donne che vivono da anni intrappolate in un rapporto stantio con un uomo palloso ma che nel loro intimo (e al telefono con le amiche) sognano un amore passionale.

VOTO 7 Pollice in su

mercoledì 5 ottobre 2011

0 Quando Alice ruppe lo specchio (1988)

Il film racconta la storia di Lester Person un vedovo che ha un gran debole per le scommesse e che non avendo i soldi per poterle mettere in pratica ha bisogno di procurarsi liquidi. Trovarsi un lavoro costa troppa fatica e perciò il nostro uomo protende per l’adescamento (tramite annunci per cuori solitari) di ricche vedove che hanno una gran fregola di fornicare allegramente. Le donne, tutte orrende, chi con i baffi e la barba, chi con il labbro leporino, chi con qualche altro difetto rivoltante, cadono nella trappola e finiscono tutte morte ammazzate. Lester infatti, oltre ad essere un fissato delle corse di cavalli, è anche un pazzo assassino, cannibale (succosa la scena iniziale in cui si cuoce una bella bistecca di coscia di donna mentre ascolta i risultati della corsa) e anche schizofrenico (sente la sua stessa voce contraffatta che come un novello grillo parlante lo ammonisce a stare più attento prima di essere scoperto dalla polizia). Lester non uccide perché è pazzo o per un movente logico ma per soddisfare la sua voglia di giocare d’azzardo.

Il regista, Lucio Fulci, confeziona un horror che vorrebbe strizzare l’occhio a Dario Argento ma ahimè ciò che ottiene è un misto tra una delle pellicole grottesche di Tinto Brass e un film comico con una base musicale e delle gag niente male che ne sottolineano la goliardia. Non ho capito quali fossero le intenzioni del regista. Già all’inizio la sensazione non è stata proprio positiva con quella telecamera traballante che segue i movimenti del protagonista e che ci introduce nella cantina dove riposa il corpo nudo di una delle sue vittime. Tentativo terribile di trasmettere tensione che si concretizza nello spettatore solo con una brutta sensazione di mal di mare. La sensazione in ogni caso è più di un certo dilettantismo tecnico piuttosto che di un effetto voluto. Mi ha persino stupito scoprire che la pellicola si collochi alla fine degli anni ottanta, in quanto lo stile ricorda tantissimo il thriller italiano a cavallo tra i ‘70 e gli ‘80. Certo l’idea di ambientare la storia negli Stati Uniti fa molto spaghetti western, Dario Argento e film con Bud Spencer e Terence Hill. Una fissa tutta italiana di cui mi sfugge il senso in quanto rende la pellicola ancora meno credibile di quello che già è.

Molte scene sono oltremodo ridicole: la seconda vittima che non si decide a ingerire la dose di sonnifero che Lester continua a versare nel bicchiere di champagne (in realtà un brutto spumante economico) e che nonostante mezza testa sfondata continua a scappare fino a che Lester non le infila la testa nel forno fino a farla liquefare (sarà un fenomeno possibile? ho i miei dubbi). Oppure il vagabondo che viene letteralmente spiaccicato sotto le ruote di una macchina ma che miracolosamente si salva tanto da rivelare l’identikit del suo aggressore. La vittima che morta soffocata da una frustino viene collocata sul sedile del passeggero e tenuta ferma dalla cintura di sicurezza ma che nonostante ciò continua a cadere a faccia in avanti (non ci ricorda forse Week end col morto???). Avrei da citare altri esempi ma mi limiterò a questi.

A volte capita di rivalutare a distanza di anni dei lavori che di primo acchito erano stati stroncati dalla critica ma in questo caso non c’è davvero niente da salvare. Diciamo che gli italiani non sono mai stati bravi a creare thriller memorabili nonostante ci abbiano provato a più riprese (e Fulci è uno dei registi che più si è cimentato nell’impresa) e nonostante molti ritengano Dario Argento un maestro nel suo genere. A mio modesto avviso Argento ha il merito di aver creato tensione con i pochi mezzi che aveva e che ha a disposizione ma rimane comunque molti gradini sotto i suoi contemporanei d’oltre oceano. Fulci è proprio bocciato senza appello, prende di qui e di là, mescola il tutto e crea un mix che non sa di niente, se non di fregatura.

Comunque se volete farvi due risate questo film fa per voi.

P.s.: mi sto ancora arrovellando sul senso del titolo ma non riesco a trovare una risposta  se non quella che anche questo è stato un tentativo di creare aspettativa laddove non c’è proprio niente. Insomma una citazione che stona come una risata in un film horror.

VOTO 4 Pollice in giù    

lunedì 3 ottobre 2011

0 Cuore (1981)

Quanti ricordi lontani mi accompagnano nel riguardare a distanza di quasi trent’anni questo anime che ha accompagnato i miei lunghi pomeriggi di scolara delle elementari, con un panino con burro e zucchero stretto nella mano e un rapimento completo nello sguardo.

La storia racconta due anni di scuola a Torino. Siamo nella seconda metà dell’800 italiano, ad una ventina d’anni dall’Unità d’Italia quando il nostro Paese vive nell’entusiasmo di una nuova configurazione storica e allo stesso tempo si caratterizza come un giovane Stato dai mille volti, rappresentati dai ragazzi che frequentano la scuola elementare Baretti. Qui troviamo il narratore della storia (liberamente ispirata ovviamente all’omonimo romanzo di De Amicis), Enrico Bottini figlio della media borghesia con un padre giornalista e una madre casalinga, De Rossi il primo della classe figlio di un medico, Garrone grande e grosso ma dall’animo buono e generoso sempre pronto ad aiutare i più deboli, e poi Rabucco il muratorino che riveste il ruolo del giullare della compagnia, Garoffi che ha un gran fiuto per gli affari, il povero Crossi e il perfido Franti. Una classe di ragazzi diversi per provenienza sociale ma molto solidali gli uni con gli altri, capaci di stupirsi per la dignità dei loro poveri compagni e incapaci di invidiare la ricchezza dei più fortunati, insomma un mondo apparentemente impossibile (almeno ai nostri giorni).

Certo già il romanzo di De Amicis aveva questa forte vena di buonismo di altri tempi, volto probabilmente a promuovere un’Unità politica che in realtà come la storia ci insegna era stata voluta soprattutto dalla classe politica e intellettuale più che dal popolo, in realtà ignaro di cosa ciò potesse significare. E’ evidente poi che la scelta di incentrare la storia su una scolaresca ha permesso allo scrittore di magnificare ancora di più questo spirito di nazionalismo che traspare in modo palese dalle pagine del suo libro (e di riflesso nell’anime) grazie soprattutto all’inserimento (molto strumentale) di racconti edificanti su ragazzini che in modo tragico e drammatico hanno tenuto alto il vessillo dell’Italia (anche a costo della vita), ed ecco allora la vedetta lombarda, la storia di Marco che cerca la mamma in sud America e il piccolo scrivano fiorentino.

Il cartone animato è abbastanza fedele al romanzo, anche se giustamente in 26 episodi non riesce a dare una visione integrale della storia, scegliendo qua e là cosa trasporre e cosa tralasciare. La ricostruzione di Torino è magnifica ed è forse ciò che mi ha colpito maggiormente in quanto ogni singolo elemento racconta un’epoca lontana, un Ottocento fatto di lampioni lungo le vie, di carrozze, appartamenti dagli alti soffitti e classi esclusivamente maschili. Il doppiaggio è azzeccato tranne in rari casi come per esempio le insopportabili voci di Nobis e di Nino Bottini. Per il resto i disegni sono magnifici così come la struggente colonna sonora. Impossibile poi non citare la bellissima sigla firmata dai Cavalieri del Re, maestri nel raccontare un cartone animato in musica e parole.

Un tuffo negli anni 80 che suscita a chi ha amato questo cartone più di una lacrima di commozione…   

domenica 2 ottobre 2011

0 Star Academy: le ragioni di un insuccesso

Giovedì 29 settembre ho seguito (quasi) per intero la prima puntata di Star Academy (che fatica ragazzi!) e nonostante i fuochi d’artificio promessi dal Facchinetti jr alla vigilia del programma, ciò che ne è risultato è stato un programma orrendo e assolutamente non paragonabile agli altri talent show italiani (un po’ ammuffiti e con gli acciacchi ma perlomeno con una logica interna che ne rende comunque sempre appetibile la visione). Le previsioni negative della diretta si sono poi rivelate ben fondate se si guardano i risultati auditel del day after: circa 1 milione e mezzo. Un risultato da cancellazione immediata.

Vediamo da vicino le ragioni di un insuccesso praticamente annunciato:

1) CONDUZIONE: sono anni che mi chiedo il motivo per il quale la Rai continua ad affidare programmi musicali (e non) a Francesco Facchinetti. Mi sembra abbastanza evidente che al pubblico a casa non risulti gradito e basterebbe leggere i numerosissimi commenti sulla rete per averne ulteriore conferma. Prova di ciò è il fatto non da poco che tutti i suoi programmi sono stati cancellati o hanno subito un rapido tracollo, non da ultimo la scorsa edizione di X-Factor. Non è simpatico ma anzi borioso e presuntuoso. Arrogante con i membri delle giurie (Morgan e adesso la Vanoni) e ripetitivo negli slogan che continua a ripetere in ogni segmento del suo programma. La sua conduzione non è fresca né tantomeno ritmata, sembra un giovane Baudo con la scopa nel sedere. Ringraziamo comunque il Signore che ci abbia risparmiato la lieta novella della nascita della sua primogenita frutto della sua orripilante (e furbissima) copulazione con la stagionata cavallona padrona di casa del Gf.

2) SISTEMA DI VOTAZIONE: qualcuno mi spieghi la logica e il senso di una votazione da 0 a 20. Facchinetti ha motivato la scelta col fatto che così si possono dare numerosi sfumature al proprio giudizio. Peccato che quest’ultimo risulti incomprensibile per noi a casa, per i giudici e soprattutto per i concorrenti. Immagino e voglio sperare che sia una di quelle correzioni che vedremo nella seconda puntata perché altrimenti non penso che avrò la forza di seguire un altro stillicidio come questo.

3) TUTOR NON PERVENUTI: a me è sembrato di aver sentito parlare solo Gianluca Grignani tra i 4 tutor presenti nel programma. Gli altri non venivano mai interpellati o semplicemente si limitavano ad annuire o a sbadigliare. Inoltre non si è capito per niente chi dei concorrenti fosse affidato a chi a meno di fare mente locale sull’esibizione iniziale di Syria, Ron, Grignani e Mietta accompagnati dai loro pupilli. Inoltre la loro posizione defilata l’ho trovata priva di senso e anche un po’ umiliante se vogliamo dirla tutta.

4) GIUDICI: promossa a pieni voti Ornella Vanoni, graffiante, combattiva e senza peli sulla lingua. Roy Paci troppo sconosciuto e inutilmente serioso, poco adatto ad un programma televisivo. Lorella Cuccarini sguaiata oltre ogni immaginazione (la sua voce si sentiva anche quando non era inquadrata, segno di una fastidiosissima voglia di protagonismo che in realtà non dovrebbe avere visto che inspiegabilmente le è stata affidata nuovamente pure Domenica In). Savino non fa ridere nessuno e con quella faccia da cugino sfigato non mi è mai risultato gradito. Insomma, solo due su quattro capiscono qualcosa di musica, gli altri due sono messi lì per fare massa e la fanno male, quasi come un blocco intestinale.

5) CONCORRENTI: scelti in modo misterioso visto che nessuno di noi ha potuto seguirne i provini e le vicende storiche. Ci vengono sbattuti in faccia senza un minimo di riguardo per le nostre orecchie e per il nostro sistema nervoso. Alcuni ci fanno sanguinare le orecchie, altri non arrivano alle nostre orecchie o per mancanza di ossigeno in quei polmoni sfiatati o a causa di un’orchestra che sovrasta le voci. Nessuno si esibisce da solo, tutti cantano in coppia o in triadi di modo che non riusciamo realmente a esprimere un giudizio su ciascuno di loro. Una massa di plastilina di vari colori che non riesci a comprendere e a separare in modo da capire chi è chi e che tipo di voce abbia. La certezza è comunque una: non abbiamo fenomeni ma dilettanti allo sbaraglio. Il tutto è un grande carnevale senza capo né coda, senza punti di riferimento e noiosissimo.

6) ASSENZA DI UN DAY TIME: che scelta incomprensibile! Bastava un rvm per risollevare le sorti di questo brutto programma e invece niente. L’unica concessione sono la Barzaghi e Battaglia, i simpatici del sabato. I capibanda del solito talk dove si commenta l’incommentabile e dove tutti in realtà non sanno che cazzo dire visto che nessuno di loro ha realmente seguito il programma per intero o è capace di distinguere gli uni dagli altri. Il programma del sabato è comunque migliore della puntata serale, e con questo ho detto tutto.

Insomma urgono rimedi immediati.

 

   

  

 

 

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