lunedì 26 dicembre 2011

4 X–Factor 5. Pagelle Sesta Puntata

Antonella – The world in not enough: per me una delle esibizioni migliori della prima manche. Bella prova in particolar modo sulle parti alte. Verso la fine ha sfiorato più volte una bella steccata ma si è ripresa con la solita sicurezza. Molto molto bene…peccato per quell’orrendo tatuaggio sul bicipite che smonta un po’ il personaggio quasi etereo che sta venendo fuori dopo sei settimane di limatura radicale. VOTO 8

Francesca – The house of the rising sun: finalmente un percorso che ha un senso. Uno schiaffo per chi ha etichettato questa ragazza come un nerd senza futuro nel mondo della musica. La sua timbrica è talmente internazionale che ci si domanda perché ci sia ancora una gara per decretare un vincitore. Sarò fanatica ma per me questa ragazzina di appena 16 anni ha delle potenzialità che non ha nessun altro ad X Factor 5 e meriterebbe la vittoria. Senza ombra di dubbio. VOTO 8,5

Moderni – Diamonds are a girl’s best friend: nessuno lo ricorda ma in realtà durante i provini I Moderni non erano divertenti, non creavano le solite scenette stile Aqua. Ciò sta a significare che sono stati modellati e rimodellati per dargli un’identità che non è la loro. Per carità, la cosa sembra funzionare visto che vanno avanti anche a questo giro. La prima esibizione è tutto sommato dignitosa con un inserto di Cara Ti Amo del loro mentore e una bella steccata finale. Mah, sufficienti. VOTO 6

Jessica – Un anno d’amore: devo dire che riascoltata in cuffia l’esibizione ne guadagna e parecchio. Al primo ascolto infatti mi sembrava che ci fossero state parecchie imperfezioni e invece l’intonazione è perfetta così come l’intenzione. Come direbbe Elio, Jessica è stata credibilissima. Forse una prova difficile se non impossibile ma portata a casa con il solito stile Jessica, interpretazione  a 360 gradi e teatralità a piene mani. VOTO 6,5

Vincenzo – Suspicious mind: Morgan gli costruisce assurdamente una strada lastricata di brani in inglese che secondo me sono lontani mille miglia dal mondo cantautorale di questo gnomo genovese. Il timbro un po’ confidenziale sembra aiutarlo ma in realtà mancano i polmoni, la pronuncia e in generale il carisma. Esibizione così così, forse troppo alta scuola per il pubblico giustamente pop della trasmissione. VOTO 6

Nicole – Cry me a river: rossetto da vecchia batt..a che non c’entra un cavolo con una ragazzina per giunta timida. A parte questo piccolo ma fastidioso dettaglio, l’esibizione è vibrante, di gran classe, perfetta in un piccolo jazz club anni ‘30. La cosa migliore vista finora nelle tante performance un po’ banali di Nicole. La ragazza ha uno stile e una timbrica adatta a brani classici ma chissà se la Mona lo accetterà o vorrà farne una Lady Gaga con il vestito da badessa. VOTO 8,5

Nicole – Ain’t nobody: brano poco conosciuto tranne a quelli della generazione anni ‘80. Cantato maluccio. Si continua sulla strada danzereccia voluta dalla Mona ma secondo me non gradita alla ragazza che dopo un’esibizione elegante e perfetta, deve indossare nuovamente i panni della cantante che balla per giunta con una forte tracheite. Male male male, ma solo Arisa ha il coraggio di notarlo. Forse a volte Nicole gradirebbe delle critiche ma nessuno osa farle, chissà mai perché, forse hanno paura di frantumare la sua aura di cristallo di Boemia. Le auguro di trovare un autore che le cucia addosso un brano classico o il suo futuro nel mondo della musica non sarà molto lungo. VOTO 5

Jessica – We don’t need another hero: mitica colonna sonora di Mad Max. Assolutamente proibitivo soprattutto se non supportato da una grande voce. Jessica non è fatta per brani che necessitano di un’enorme estensione vocale, ma per pezzi che si possono interpretare, su cui si può giocare. Il brano della Turner è per grandi voci e Jessica ne esce con le ossa frantumate. Poverina ma non è colpa sua. VOTO 4,5

Moderni – Don’t go breaking my heart: un altro pezzo giocoso per il gruppo meno credibile della storia di questo programma. Cercano di starci dentro con le faccette e le mossette ma le voci falliscono di molti metri il bersaglio. La voce femminile continua ad essere la nota dolente dell’intera situazione, stonata, calante, crescente, un vero disastro amici vicini e lontani. VOTO 4,5

Francesca – You shook me all night long: stasera è la sua sera e si vede, ma soprattutto si sente. Ci mette tutto quello che ha ma si capisce che sta utilizzando solo il 20% delle sue potenzialità ed è già una Ferrari che sfreccia per rettilinei deserti visto che i suoi compagni d’avventura stanno ancora ai blocchi di partenza. Il rock è la sua strada e ha solo 16 anni. VOTO 9

Antonella – Disincanto: sarò l’unica insieme ad Arisa ma io la canzone di Mango la conosco. Ciò nonostante penso che i brani di Mango siano adatti solo alla sua particolarissima voce, capace di giravolte allucinanti sulla scala musicale e in grado di creare atmosfere di un altro pianeta. Antonella la canta in modo abbastanza banale tranne verso la fine, dove ci regala delle variazioni spettacolari. VOTO 6,5

        

venerdì 23 dicembre 2011

2 Mucchio d’ossa (1998)

Mucchio d’ossa è un romanzo di ampio respiro che generalmente viene considerato come la prima opera di King apprezzata dalla critica. Questo è un dettaglio di nessuna importanza per un vero appassionato dell’opera omnia del Genio del Maine che sicuramente annovera questo particolare romanzo tra i fiori all’occhiello della propria libreria dell’orrore. Non è una storia di terrore ma d’amore, di segreti e di fantasmi, sicuramente tre ingredienti appetibili per una fascia ampia di lettori che una volta letta la prima pagina non potranno fare altro che continuare la corsa fino all’ultima pagina, col fiato corto e un po’ di occhi lucidi.

Il romanzo ha al suo centro Mike Noonan, uno scrittore  (cosa abbastanza comune nei libri di King) che in un giorno afoso perde la sua adorata moglie Jo, colpita da un infarto mentre usciva da un negozio. Mike smette di scrivere ma soprattutto smette di vivere, incapace di superare il lutto e di riaprirsi al mondo. La notte viene perseguitato da incubi che riguardano la sua villa nel Maine e così, impaurito ma anche incuriosito, decide di tornare al TR per affrontare i suoi timori e con la speranza di ritrovare la sua vena creativa. Una volta arrivato capisce che la casa ha qualcosa che non va, infatti cominciano a manifestarsi episodi sovrannaturali che gli fanno pensare che lì con lui sia presente Jo ma ben presto capisce che in realtà la villa è infestata da presenze a lui ostili. La cosa lo spaventa ma gli dà anche modo di comunicare con la moglie defunta che cerca in ogni modo di fargli capire che intorno alla piccola comunità di villaggio (apparentemente ospitale) c’è un aura malvagia che racchiude un terribile segreto, tenuto tale per 100 anni e trasmesso di padre in figlio come un tacito e tragico patto. Mike capisce che Jo prima di morire (e all’insaputa del marito) era venuta a conoscenza di una storia del passato che l’aveva fatta fuggire e mai più ritornare in quei luoghi prima tanto amati e poi improvvisamente temuti. Nel frattempo Mike conosce Mattie, una ragazza del luogo rimasta anche lei vedova dopo la morte accidentale del giovane marito. Mattie ha una bambina che si chiama Kyra che si affeziona subito a Mike e i tre sembrano aver ritrovato la felicità persa da tempo. Purtroppo nessuno in paese sembra accettare la situazione, soprattutto Max Devore il nonno della piccola che trascina la nuora in tribunale per ottenere la custodia della bambina. Mike a quel punto interviene a difesa delle due e riesce a spuntarla grazie ad un giovane avvocato newyorchese e all’improvvisa morte del vecchio. Le cose però non migliorano se non all’apparenza, infatti la tragedia è alle porte…

Il romanzo come dicevo più su è coinvolgente oltre ogni possibile immaginazione sia perché supportato da una narrazione eccezionale sia perché la storia si svela poco a poco mantenendo sempre alto il senso di attesa e la curiosità di veder svelati i vari segreti disseminati in più parti del romanzo. Si cammina mano nella mano con Mike, con i peli dritti per il suono della campanella di Bunter o per quelli del friggiferogo che continuano a creare messaggi con le calamite, messaggi che solo in parte vengono compresi dallo scrittore. Persino l’improvvisa vena creativa che lo spinge a riutilizzare la vecchia IBM non è altro che un piccolo aiuto della moglie per arrivare alla soluzione. Mike non ci arriva subito perché è un essere umano, è uno di noi. Uno che si spaventa ma che allo stesso tempo ha una curiosità tale che rimane saldamente ancorato ad una casa infestata e pericolosa. Ama la moglie e la moglie ama lui, tanto da proteggerlo come può dal Male che lo vorrebbe portare a compiere un gesto efferato. Jo cerca di fargli sentire la sua presenza nel modo classico dei fantasmi, con spostamenti di oggetti o con l’audio del televisore che improvvisamente si alza, o col suono della campanella dell’alce impagliato che per Mike e Jo era la premessa al fare l’amore. Tutto è amore e morte, ma soprattutto amore. L’amore di una moglie morta prematuramente verso un marito che non riesce a vivere senza di lei, l’amore di una madre verso un figlio barbaramente ucciso che si esplica in una tremenda maledizione secolare, l’amore di una giovane madre per il suo piccolo soldatino.

Ci si può solo commuovere a leggere questo bellissimo romanzo che è anche una storia di fantasmi. Però a differenza di Shining che viaggia più o meno sullo stesso binario, c’è più sentimento e speranza. Il lettore riesce senza problemi a immedesimarsi in Mike, cosa impossibile con Jack Torrance, un uomo violento e con i semi della follia già germogliati prima del suo ingresso nell’Overlook Hotel. Lì c’era la volontà di paralizzare dalla paura il lettore, qui c’è il desiderio più umano di fargli vivere un’avventura con una rete elastica sotto. Nessun pericolo di non dormire più per notti intere ma solo sano desiderio di vedere come va a finire, anzi anche con un certo dispiacere di arrivare all’ultima pagina.

Da un punto di vista tecnico tutto funziona perfettamente, il finale è funzionale alla storia e non lascia l’amaro in bocca così come spesso accade nei romanzi kinghiani. Nessun ragno o creatura ridicola. Tutto è perfetto. Abbiamo un finale sovrannaturale e uno reale, giusto per non dispiacere nessuno. Un romanzo che rimane nel cuore.

VOTO 10   

lunedì 19 dicembre 2011

1 La rivincita di Natale (2004)

I seguiti dei film belli difficilmente eguagliano i loro precursori, neanche se lasci intatto il cast. Questo film ne è un esempio lampante. Premetto che ho visto le due pellicole (“Regalo di Natale” e “La rivincita di Natale”) una via l’altra. La prima nel pomeriggio e la seconda in serata, curiosa di vedere come erano cambiate le vite dei protagonisti e desiderosa di immergermi per la seconda volta nell’atmosfera quasi thriller di una chilometrica partita a poker. La delusione è stata immediata. Spiego i motivi cercando di essere chiara e obiettiva.

La trama scricchiola parecchio. Nel primo film Franco partecipa alla partita perché aveva un bisogno assoluto di liquidi, Lele per pubblicare un libro, Ugo perché senza lavoro, Stefano per accontentare gli amici e l’avvocato Santelia per dare la stoccata finale a Franco. Tutti avevano più o meno dei validi motivi, mentre in questo seguito scopriamo che Franco è diventato uno degli uomini più ricchi della Lombardia, Lele e Ugo sono due disperati in combutta con il re dei bari e Santelia vive serenamente la sua vita in quel di Lamezia. Il film però punta tutto sulla rivincita che sembra rodere da anni Franco, ancora incapace di digerire la sconfitta di una notte di Natale di quasi vent’anni prima. Parte allora per Bologna con la scusa di andare a trovare Lele (finto malato di tumore) ma con l’intenzione di ricreare la situazione dell’86, cosa che riesce a fare. Ma in tutto questo, la partita viene circoscritta agli ultimi 30 minuti di girato, con il risultato che il pathos non riesce a crearsi così come l’acme che prelude al colpo di scena (in realtà telefonato).

Il film non rende l’atmosfera emozionale e coinvolgente presente nel primo film dove il tutto si svolge nell’arco di una notte, dove con pochi accenni vengono tratteggiate le personalità dei protagonisti: Lele il critico cinematografico di film di serie b che non riceve dal giornale in cui lavora neanche il panettone con lo spumante, Ugo che fa il venditore in televisione, Stefano il raffinato che si scoprirà essere gay, Franco che ha sposato una donna che non ama e che continua a ricordare il suo primo amore e infine Santelia che mangia solo patate lesse scondite e bollenti e che ha un debole per le donne. Era bellissimo il racconto realistico di 5 uomini senza una vita che tentano di cambiare la propria grigia esistenza con una partita a poker giocata nella notte in cui si dovrebbe stare con le proprie famiglie. C’erano le portate già cucinate comprate in una rosticceria che venivano consumate nella mezzora di pausa tra una mano e l’altra, la governante che prima di andar via doveva fare l’albero di Natale, gli auguri alla mezzanotte, c’erano le confidenze e i ricordi, le telefonate al fisso con la rotella per comporre i numeri, c’erano le lire e delle poste in gioco accettabili fino all’ultima mano dove iniziavano le puntate vertiginose. Insomma era un modo per accompagnare per mano lo spettatore da dettagli gustosi e funzionali anche al periodo in cui si svolge il film fino all’apice, facendolo accomodare in una sedia nella stessa stanza in cui si svolgeva la partita.

Nel sequel tutto questo si è perso, in realtà non sembrerebbe neppure Natale. Il contorno poi subissa il nucleo del film, rendendo il tutto poco immediato e alquanto indigesto. A molti però questo film è piaciuto e mi chiedo perché. In fondo anche il cast sembra stanco e con poco smalto. Abatantuono non è in palla e Haber fa Haber. Carlo delle Piane cerca di fare qualcosa in più ma anche il suo fare misterioso è scomparso, sostituito da una strana e paradossale solidarietà con un uomo che ha ridotto sul lastrico e che ha trascorso gli ultimi vent’anni a odiarlo.

Molto deludente.

VOTO 5   

0 Regalo di Natale (1986)

Vigilia di Natale. Bologna. Lele, Ugo, Stefano e Franco, quattro amici di lunga data che non si vedono da anni decidono di organizzare una partita a poker coinvolgendo anche un ricco ed eccentrico avvocato, anche lui maniaco del gioco e classico pollo da spennare.

Ugo organizza la serata dicendo a Lele e Stefano che vuole approfittarne per ricucire i rapporti con Franco, visto che i due non si parlano da quando Ugo si è portato a letto quella che all’epoca era la moglie dell’amico. E’ proprio lui a trovare il misterioso avvocato e a convincerlo a partecipare al torneo, sfruttando la sua sua passione per le carte e il suo desiderio di imparare i trucchi del gioco da Franco, il più bravo tra di loro. Franco dopo un attimo di esitazione accetta, soprattutto perché in crisi con la sua attività lavorativa.

I cinque si riuniscono in una villa di proprietà di una conoscente assente per le ferie e iniziano la partita stabilendo che si concluderà entro le 4 e 30 del mattino. Inizialmente Franco vince a ripetizione, complice la sfortuna dell’avvocato, poi proprio quando si sta arrivando alla fine della serata succede l’imprevedibile….

Questo film di Pupi Avati è eccezionale, intramontabile. Il cast è di altissimo livello, con un Carlo delle Piane credibilissimo nella parte del falso perdente e un Diego Abatantuono ai suoi massimi livelli. Non da meno Alessandro Haber, nella classica parte dell’uomo un po’ sfigato ma buono.

Certamente è un film che fa venire il nervoso, soprattutto quando si svela il terribile trabocchetto finale e il conseguente colpo di scena, quest’ultimo amaro ma da Oscar.

La sensazione che si ricava è di una notte lunghissima, fatta di fumo di mille sigarette e di bicchieri con un fondo di whiskey. Una notte in cui l’amicizia è in realtà tradimento e dove i ricordi, quelli brutti e quelli belli, si mescolano insieme in un caleidoscopio di emozioni e nostalgia per una vita felice ormai sfumata. Non trovo nessun difetto a questo capolavoro, meritevole di un posto d’onore tra i film più belli della storia del cinema italiano.

VOTO 10

1 X–Factor 5. Pagelle Quinta Puntata

Jessica – Sally: il brano era decisamente difficile, anche un po’ inflazionato da troppe cover al femminile ma si intuiva già dalle prove che la funambolica Jessica l’avrebbe fatto suo. Come Marco Carta, soprattutto agli esordi, non riesce a scalzare l’accento sardo dal fraseggio (e lo dice una sarda), ma ovviamente è un difetto che si può eliminare col tempo. L’esibizione è molto suggestiva e drammatica, con un uso dei toni alti molto bello. Non ci sono stati difetti di intonazione ma l’ho preferita in altri brani. VOTO 7

I Moderni – Fuck You: io continuo a chiedermi con insistenza e perplessità cosa ci stiano a fare in un talent show visto che non hanno talento, hanno gravi problemi di intonazione e hanno in odio i microfoni. Dopo due settimane, la donna del gruppo torna a steccare alla grande coinvolgendo nella tragedia il resto della band. Il brano era orrendo e l’intenzione finto aggressiva non è stato apprezzata da nessuno se non da parte di qualcuno a casa che gli ha fatto un bel regalo di Natale anticipato. VOTO 4,5

Valerio – Un bimbo sul leone: il brano era sconosciuto, fatto apposta per farlo andare al ballottaggio finale. Non è mai stato amato dal suo giudice perché troppo lontano da quell’ermetismo che è usato come moneta di scambio tra maestro e discepolo. Il ragazzo invece ha potenzialità enormi avendo una voce bella e potente e una gran voglia di mettersi in gioco. Il brano aveva una percentuale altissima di parti basse (marchio di fabbrica di Celentano), vera bestia nera di Valerio che però se l’è cavata benissimo. C’è stato qualche problema di intonazione nel passaggio dalle parti basse a quelle alte, ma mi è piaciuto tanto il carattere. Nel ballottaggio sceglie Labyrinth che canta piuttosto male ed esce al primo turno dimostrando o di non avere molti parenti a casa o di non piacere al pubblico. VOTO: 7

Antonella – Missing: sapevo che prima o poi le sarebbe stato assegnato questo brano perché le si cuce addosso in maniera pazzesca. La sua strada per me è quella del brit pop perché con tutta probabilità avrebbe grande successo anche al di fuori dei confini italiani. Stasera canta con la solita raffinatezza e con molta precisione. Dovrebbe crederci ancora di più magari sporcando un po’ le sue esibizioni. Comunque brava. VOTO 7,5

Francesca – Confusa e felice: un altro tentativo della Ventura di buttare fuori la più talentuosa di tutto il gruppo. Ma come si fa ad assegnare un brano della Consoli a chiunque che non sia la Consoli? E’ un delitto e castigo praticamente. Francesca che ormai ha capito che le sue rimostranze producono effetti tragici su se stessa, decide di tacere e cantare, tanto c’è la Mona matrigna che regala la caramellina del concerto dei Red Hot per indorare l’amarissima pillola. Come al solito comunque l’esibizione è sontuosa e piena di carattere, particolarmente riuscita nella parte più rockettara. VOTO 8

Vincenzo – Time: non ci credo ancora ma è il sopravvissuto dei tre in ballottaggio. Si salva quello che non ha alcun interesse al pop commerciale, che poi è il fine ultimo di trasmissioni come questa. L’ho trovato profondamente ingiusto ma era chiaro che non potevano lasciare Morgan senza concorrenti, probabilmente per contratto o per tacito accordo. L’esibizione era orrenda con tremendi problemi di fiato e intonazione. VOTO 4,5

Nicole – Io non lascio traccia: il trucco della Ventura con questa antiquata ragazza sta nel farla andare avanti assegnandole solo brani che sono in classifica. Un asso nella manica di uno squallore inaudito. Nicole avrebbe voglia di cantare solo Celine Dion, Mariah Carey o Whitney Houston, ma questo non avverrà mai perché la Mona sa benissimo che uscirebbe al primo giro. Ma se uno vuole cantare una certa cosa perché lo devi indirizzare verso altre destinazioni? Comunque il brano era difficilissimo e non è stato cantato bene. Non basta avere il vocione per interpretare un brano dei Negramaro. VOTO 5

Claudio – Una poesia anche per te: purtroppo per lui offre le cose migliori solo in fase di ballottaggio quando ormai è troppo tardi. L’esibizione di stasera è stata francamente imbarazzante con stonature continue e una performance che non mi ha convinto per niente. La sua uscita è responsabilità in primis di Arisa e poi del gioco sporchissimo della Ventura a cui non piace Vincenzo ma ancor meno Arisa. VOTO 4,5  

lunedì 12 dicembre 2011

2 Gli anni spezzati (1981)

Un film terribile, crudo, ricco di amarezza nei confronti del tremendo eccidio di soldati australiani che avvenne a Gallipoli nel corso della Prima Guerra Mondiale.

I protagonisti sono due ragazzi che nel tempo libero si cimentano nelle corse di atletica nei loro piccoli paesi provincia. Un giorno, invogliati dai titoli dei quotidiani che inneggiano al reclutamento di nuovi soldati che aiutino l’esercito inglese nella battaglia contro i Turchi, decidono di arruolarsi, chi con una convinzione profondamente radicata dentro di sé, chi per non abbandonare gli amici, chi per semplice spirito d’avventura.

Così se nei primi momenti sembra tutto un grande gioco divertente, un momento dopo la morte o il ferimento dei propri compagni trasforma tutto in un incubo dove non sopravvive nessuno.

Mel Gibson, giovanissimo e scapestrato, è già un attore promettente, capace di passare da ruoli leggeri a ruoli tremendamente drammatici, come in questo caso.

Un film sul passaggio dalla spensieratezza della gioventù all’età adulta. Da vedere assolutamente.

VOTO 8

venerdì 9 dicembre 2011

0 Ciao piccola stella….non ti dimenticherò mai

Oggi è un giorno brutto….oggi sei andata via…a piccoli passi verso il cielo. In tutti questi mesi ho cercato di non pensare a quello che stavi passando, a quel male che uccide i sogni, le speranze, la luce. All’inizio ho sperato, pregato, pianto, poi in tutti noi poveri miseri esseri umani arriva quella cosa bruttissima che si chiama rassegnazione. E’ quello il momento in cui si spegne anche l’ultima luce e inizi a convincerti che la cosa migliore sarebbe una morte veloce, un piccolo ma deciso soffio su quella fiamma così debole.

Ma sono egoista, così come chi vuole talmente bene che non riesce a immaginare le proprie giornate senza la certezza di saperti lì, a pochi passi, ancora viva, ancora qui presente, sempre più stanca ma presente.

Undici anni fa una parte di me è morta e non è vero che le ferite si rimarginano perché in realtà i dolori, quelli grandi, rimangono dentro di noi, pronti a riaprirsi come ferite purulente. E il dolore è sempre lo stesso, forse anche più forte. Ho ripensato a quando la tragedia mi ha toccato da vicino e non ero pronta, perché pronte non si è mai quando una malattia ti porta via qualcuno che ami più di te stessa.

All’improvviso ecco che lo spettro della tragedia ritorna, anche questa volta senza preavviso…ed è come precipitare di nuovo in un buco nero. Stavolta la persona più toccata da questa orrenda cosa non sono io (nonostante il mio dolore sia lancinante) ma la donna incredibile che ti ha cresciuto, amato e che ha trovato in te quella compagna di vita che ha reso meno solitarie le sue giornate. Vi ho conosciuto ormai quasi dieci anni fa ed è stato amore a prima vista. Amore, proprio io che ho la cordialità di un mazzo di rovi..ma a volte i miracoli accadono e così siete state le uniche due persone in questo palazzo di stronzi con cui mi faceva piacere trattenermi a parlare. Tu con quel manto nero morbidissimo e lo sguardo dolce come il miele e lei, la tua compagna di vita, con quegli occhi sempre un po’ tristi ma cordiali. Tu e lei per me eravate una famiglia piccolissima ma felice, un’isola di pura bellezza in un oceano di letame. Per me, che sono così timida da sembrare stronza, era meraviglioso incontrarvi felici nelle vostre passeggiate domenicali e sognavo che questa magia vi accompagnasse per sempre.

La solitudine è una cosa orribile, lo so perché ho vissuto 3/4 della mia vita a guardare il mondo attraverso i vetri di casa mia o nello schermo di un televisore. Ho sempre saputo, guardando la tua padrona, che si trattava di una donna con ferite così profonde dentro da rimbalzare fuori e segnare in modo indelebile il suo viso senza un’età precisa. Proprio per questo era stupendo vedere come un sorriso apriva il suo volto ogni volta che guardava in basso verso quei tuoi occhietti così rotondi. Quello era amore, anzi è amore, un amore che non finisce mai neanche quando nel nostro mondo di plastica si spengono le luci…perché i sentimenti forti, i legami autentici rimangono saldi anche quando la morte cerca di spazzarli via. Io lo so che tu continuerai a starle vicina perché sai che ha bisogno di te, perché sai che in questo momento vorrebbe solo raggiungerti e continuare il vostro percorso insieme. Sei lì anche se lei non ti può vedere, ma sente senz’altro la tua presenza e questo le darà un grande conforto e un grande dolore insieme. Lo so perché è stato così anche per me quando Sheila è andata via lasciandomi un vuoto dentro che niente è mai riuscito a colmare.

L’ultimo ricordo che ho di te è stato il tuo ultimo saluto pochi giorni fa, quando sei entrata per la prima volta in casa mia e hai potuto finalmente toglierti la curiosità di vedere il mio grande terrazzo. Ti ho potuto accarezzare e salutarti senza sapere che era l’ultima volta che lo avrei fatto.

Mi manchi un sacco, sto piangendo in modo incontrollabile e ancora non so se sia per ciò che ti è successo o per il pensiero di sapere esattamente cosa sta provando in questo momento chi è rimasto senza di te. Vorrei fare qualunque cosa ma non c’è niente che io possa fare se non sperare che sia forte abbastanza da superare questo brutto momento.

Dicono che adesso sei in un posto meraviglioso, io ne sono sicura. Adesso non stai più male, sei in pace e probabilmente sei felice come quando mi vedevi e scodinzolavi.

Ti voglio bene Nanà, non ti dimenticherò mai…

1 X–Factor 5. Pagelle Quarta Puntata

CAFE MARGOT – SONO SENZA PAURA: sembra incredibile che siano state eliminate visto che per quanto mi riguarda erano tra i cavalli di razza di questa edizione. Ecco cosa succede ad assegnare un brano bruttino e per di più semi sconosciuto. Tra l’altro c’era tutto quello che serviva: una bella scenografia e un’interpretazione convincente. Ma le voci dov’erano? Loro non hanno responsabilità, la mannaia la farei cadere su Elio o sull’autore del brano. Peccato. VOTO 5

FRANCESCA – HIGHER GROUND: finalmente un brano nelle corde di Francesca, il diamante grezzo delle under. Spettacolo!!!! Io l’ho trovata innanzitutto bellissima, per niente goffa e veramente sicura di sé. Sembrava in tutto è per tutto una professionista e questo dimostra che finora le scelte musicali della Mona sono state penalizzanti e inspiegabili. Non era un capriccio della ragazza, ma semplicemente lo sfogo di chi giustamente sa di non poter dare il meglio di sé in qualcosa che non fa parte del suo stile. Basta con l’idea stupida che tutti debbano saper cantare tutto. Brava Francesca, intonata, perfetta e rock. VOTO 10

CLAUDIO – MI SEI SCOPPIATO DENTRO IL CUORE: apprezzabilissima la scelta di non volgere al femminile il testo della canzone…è ora di finirla con questi stratagemmi da benpensanti. Un brano, giustamente, va rispettato nella sua matrice originaria. Per il resto penso che Claudio abbia una voce da brani in inglese, ma è giusto che anche lui ogni tanto venga accontentato. Secondo me non è consapevole delle sue potenzialità che sono enormi e questa esecuzione lo dimostra. Bello l’arrangiamento. Devo dire che la sensazione è che Claudio senta tantissimo questo brano. Non so perché ma mi ha ricordato tantissimo Tiziano Ferro. VOTO 7

JESSICA – FOLLE CITTA’: nelle prove mi ha stupito enormemente, vediamo come se la cava in diretta…Sembra una canzone cucita addosso a lei e per una volta do ragione alla Ventura quando in settimana ha detto che la canta meglio della sua interprete originaria cioè Loredana Bertè. Jessica per me offre la sua migliore performance dall’inizio del programma, canta benissimo senza imprecisioni, interpreta con la voce, col corpo, con lo sguardo un brano per niente facile dando la sensazione di aver trovato la sua personalissima quadratura del cerchio. Fantascienza pura. VOTO 9,5

VALERIO – CIGARETTES AND COFFEE: Valerio questa settimana mi ha sorpreso per svariati motivi ma tralasciando quelli umani, passerò direttamente a quelli artistici. Mi è piaciuto il suo innamoramento istintivo e immediato per un brano che non conosceva e ancora di più la sua scelta (osteggiata dal suo vocal coach) di interpretarlo nella diretta di stasera. Vincente anche l’idea di Morgan (che in fondo in fondo di look sembra intendersene più di Tomassini) di farlo vestire da giovane e non da libro cuore come era stato pensato all’inizio dallo stylist coreografo. Divertente la scomparsa della pelliccia corporea di Valerio, evidentemente antiestetica per lo sguardo della telecamera. Allora, l’impressione è che la facesse meglio in prova e senza base. L’ho sentito troppo crescente nella parte iniziale e un po’ a fiato corto nell’inseguimento della base. Peccato. VOTO 6

ANTONELLA – MAD ABOUT YOU: ennesimo brano di classe per questi occhi di ghiaccio. Questa per me è la sua strada e penso che Arisa l’abbia capito dall’inizio di questa avventura. Cosa dire? Il brano lo canta perfettamente nella strofa iniziale e perde totalmente il controllo della voce nell’inciso. Per me l’altalena non è stata una grande idea. In ogni caso non è stata la sua miglior prova. VOTO 6

NICOLE – HEAVEN: la prima della classe alle prese con l’ennesimo brano dell’ultim’ora. Devo dire che la Folli e la Ventura devono aver visto qualcosa in questa ragazza, un percorso che all’inizio sarebbe stato impensabile. Sembra nata per cantare brani dance che le permettano anche di muoversi sul palco. Voce perfetta, bei movimenti. Sembrava un video musicale. Brava. VOTO 8

I MODERNI – BACK IT UP: è evidente che non hanno spiegato all’ultimo sulla destra che doveva muoversi anche lui e possibilmente a tempo con gli altri. Le voci assolutamente calanti e poco pochissime convinte. Per me troppo concentrati sulla coreografia e poco sulla musica e il canto. Diciamo non una buona performance, molto scarsi. Questo gruppo ha delle potenzialità che si perdono inevitabilmente con l’inserimento di una base sotto le loro voci. Il free style è meglio farlo su un palco di provincia piuttosto che su un palcoscenico televisivo. VOTO 5

         

mercoledì 7 dicembre 2011

2 I Puffi (2011)

Immagino che chi ha visto questo film al cinema abbia potuto ampiamente godere di un efficacissimo 3D che io posso solo immaginare avendo visto I Puffi in un semplice schermo televisivo.

Com’è questo ibrido? Perché di ibrido si tratta visto che abbiamo sia personaggi in carne e ossa che creature provenienti direttamente dal mondo dei computer. Certo sono lontanissimi i tempi affascinanti dei primi esperimenti di questa tecnica. Come non ricordare con nostalgia Chi ha incastrato Roger Rabbit o andando ancora più lontano Mary Poppins? La poesia ahimè è finita amici vicini e lontani.

Non ho apprezzato fino in fondo la scelta di abbandonare il mondo dei cartoni animati e far precipitare tramite un misterioso vortice le celeberrime creature alte due mele o poco più nel mondo degli esseri umani. Sarà che sono talmente affezionata all’anime e ai personaggini da collezione che mi sembra un delitto trasformare la bidimensionalità in una mostruosa ipertecnologica tridimensionalità da urlo. Inoltre se valutiamo bene la trama è proprio una gran merdata: puffi persi a New York, puffi che devono attendere la luna blu perché il passaggio si riapra e perché questo possa avvenire hanno bisogno di incantesimi puffosi contenuti udite udite in un vecchio libro dei fumetti di Peyo. In più nell’impresa sono aiutati da un’improbabile coppia di sposini che non sembra stupirsi più di tanto dell’esistenza degli ometti (più Puffetta) blu. Tutto finisce a tarallucci e vino e buon pro ci faccia. Dimenticavo, ovviamente non mancano Gargamella e Birba. Il primo è sostanzialmente una caricatura del vero Gargamella (per me non gli assomiglia per niente) e il secondo (scopro con sorpresa che trattasi di maschio) invece è formidabile: un gatto vero con espressioni impossibili, ovviamente frutto di qualche manipolazione informatica. Carina anche la scena in cui scopriamo perché al gatto manca un triangolino d’orecchio..

A me i visi dei Puffi non sono piaciuti per niente, sembrano dei mostri con occhi e nasi enormi, di bello e tradizionale sono rimaste solo le voci dei doppiatori originari. Il che non è poco. Diciamo che è un film bello da guardare ma poca cosa a livello di contenuti. Divertenti però alcune battute, come per esempio: Figlio di puffa o dove Puffo siamo. Un po’ sacrileghe ma divertenti.

VOTO 6,5

venerdì 2 dicembre 2011

0 X–Factor 5. Pagelle Terza Puntata

Antonella – Strict Machine: che forte questa ragazza, umanamente e artisticamente. Ha esordito nelle vesti di un omino con gli occhi chiari ed è diventata in poche settimane una donna con un certo fascino, una creatura androgina proveniente da un lontanissimo pianeta. Un po’ Sinead O’Connor, un po’ Natalie Imbruglia. La trovo sempre più internazionale e perciò esportabile all’estero, un cavallo di razza. Tecnicamente è pressoché perfetta anche se il pezzo (un tantino mediocre) non le ha permesso di esprimersi al meglio e soprattutto il tacco alto l’ha messa in seria difficoltà. VOTO 7

Davide – Never Be Alone: ha una gran voglia di sperimentare ed è un dolcissimo ragazzo. Stavolta, grazie anche ad un microfono che distorce la voce (idea grandiosa), offre un’esibizione di grande impatto, presentandosi sul palco con un nuovo taglio di capelli più fashion e in un groviglio di ballerini. Bellissimo l’arrangiamento anni 80 e in generale tutto il pacchetto messo in piedi da Tomassini, Morgan e Davide. Pelle d’oca. VOTO 9,5

Nicole – Born this way: nel filmato precedente all’esibizione scopriamo con un ohhhhhhhhh di meraviglia che l’idolo di Nicole è Giorgia. Ma dai?? Non l’avrei mai detto. Ok, lo ammetto, a me la timbrica di questa ragazza mi pialla gli zebedei. E’ vecchio vecchio vecchissimo. Perfino Giorgia ha cambiato un po’ il suo stile. La performance di stasera però mi ha convinto maggiormente rispetto alla puntata scorsa. Innanzitutto era intonata e poi è riuscita a stare sul palco in modo convincente, mostrando di avere anche una certa dimestichezza col ballo. VOTO 6,5

Café Margot – Crying at the discoteque: canzone portata al successo negli anni 90 dagli Alcazar, niente di che a livello dance e piuttosto monotona. Avrei preferito se Elio avesse continuato il percorso qualitativo e originale intrapreso la settimana scorsa. E poi: non togliete mai più gli occhialoni all’urlatrice del duo. Siete matti?? E’ come togliere la coperta a Linus. Niente, stasera le ho trovate molli molli come una pallina di Didò. Peccato. VOTO 5,5

Vincenzo – Miss you: prima di tutto questo non è un brano dance, secondo Vincenzo proprio non si può vedere. E’ un uomo senza collo. Ma c’è di peggio: è un tipo piuttosto antipatico e pieno di sé. Ha una timbrica che spremi spremi non può portare a niente, se non a imitare Lauzi o i cantautori della scuola genovese. E’ un personaggio piuttosto che una persona: cappello in testa, barba lunga, abiti sdruciti. Nella performance di stasera si concede anche delle libertà da uomo navigato, come la pacca sul sedere di una ballerina abbastanza disgustata. Non so, il suo modo di cantare è sempre ugualmente noioso e ripetitivo. Non mi piace. VOTO 5

Jessica – Slave to the rhythm: la ragazza ama le sfide e stasera si cimenta con un pezzo raffinato e difficile di Grace Jones. Mi è piaciuto tanto scoprire che sa pure suonare la chitarra, cosa non comune per una donna in generale e per una ragazza di quell’età in particolare. Ha anche un grande cuore, cosa che non guasta mai. Sul palco ci sta come a casa sua, è un vero animale da palcoscenico e anche se l’inglese non è dei migliori riesce comunque a portare la pagnotta a casa con un’interpretazione credibilissima. VOTO 7

Valerio – The Look of love: pezzone anni 80 per il più timido e insicuro di questa edizione. Ragazzi mi ha veramente stupito tantissimo. Ha ballato veramente bene, cosa poco importante in realtà ma fondamentale per sciogliersi un po’, ma soprattutto si è divertito e ha cantato sempre con un gran sorriso stampato in faccia, sintomo di una sicurezza che lentamente sta iniziando a far sua. La sua timbrica risulta perfetta per il genere anni 80. Promosso a pieni voti. VOTO 9,5

Moderni – Judas: un altro pezzo di Lady Gaga…che palle ma non c’era niente di diverso a livello dance?? Stasera mi ricordano gli Aqua e non è un complimento. Mmh mi dispiace ma la sensazione copia di mille riassunti non mi garba tanto. VOTO 5

Francesca – Tainted Love: povera Francesca, in piena rotta di collisione con la terribile Mona nazionalpopolare. Anche a sto giro le piazza un brano monocorde sapendo bene che non si adatta alle enormi qualità vocali della ragazza. Più un accanimento che una cura all’insicurezza di Francesca. Bello comunque il gioco dei microfoni. L’esecuzione è discreta nonostante sia come far andare una Ferrari in un rettilineo di città con mille semafori rossi. VOTO 6

Claudio – If I ever feel better:  Claudione alle prese con l’odiato inglese e con fraseggi davvero complessi. Ha una timbrica eccezionale, immagino cosa potrebbe fare con un brano dei Metallica. Tranne qualche incertezza nelle fasi iniziali, canta veramente bene, offrendo anche un bello spettacolo su e giù dal palco. Bravo, VOTO 7          

 

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