venerdì 28 dicembre 2012

0 Il buio si avvicina (1987)–Kathryn Bigelow

Film anni Ottanta con tematica vampiresca anche se abbastanza lontana dai canoni ai quali ci ha abituati la stucchevole saga di Twilight. Il romanticismo è una componente presente in minima parte in questo vecchio film che punta tutto sul senso di tensione che suscita lo strano gruppo di succhiatori di sangue (che aborrono il cibo umano ma non disdegnano il tabacco) sempre in cerca di nuove vittime da uccidere nel modo più violento possibile ma anche con quel tocco di sapida ironia che rende i dialoghi tipicamente anni 80. Il film si lascia guardare anche se non conquista del tutto. Molto inquietanti i passaggi dal buio alla luce e viceversa che demarcano il confine tra i vivi e i non morti in un gioco suggestivo di colori e luci.

Da riscoprire.

VOTO 6,5

sabato 22 dicembre 2012

0 Brutti sporchi e cattivi (1976)–Ettore Scola

Trama: Giacinto vive in una baraccopoli alla periferia di Roma, conserva gelosamente un bel gruzzolo difendendolo dalla numerosa famiglia che vive insieme a lui in una catapecchia.

Ettore Scola è un grande regista che in questo caso supera se stesso con un film durissimo, penetrante e tagliente come un rasoio. La bruttezza dei personaggi è pari all’aspetto estetico del luogo in cui sono costretti a sopravvivere. Non hanno principi morali, sono attaccatissimi ai beni materiali e trascorrono la vita a odiarsi a vicenda.

Impietosa l’immagine di un’altra Roma, molto diversa da quella a cui ci ha abituati un certo tipo di cinema molto più glamour. Non si può parlare esattamente di neorealismo in quanto siamo fuori periodo storico e in ogni caso ampi spazi vengono lasciati anche ad una certa vena caricaturale che allontana la vicenda dalla realtà più vera.

Grandissimo Nino Manfredi, praticamente irriconoscibile. Una prova monumentale che difficilmente potrebbe essere replicata da attori del nostro tempo. Non da meno i suoi comprimari per la maggior parte esordienti assoluti.

La speranza in questo film non  è contemplata. Persino il finale con la ragazzina non ancora adolescente rimasta incinta (di qualche zio o parente) è un pugno nello stomaco che sembra voler dare la dimensione della ciclicità ad una vicenda e ad una società tristissima.

VOTO 8

martedì 18 dicembre 2012

0 Brucia, ragazzo brucia (1969)–Ferdinando di Leo

Trama: moglie insoddisfatta prova per la prima volta il piacere sessuale con un giovane bagnino don Giovanni. Il marito reagisce male e lei si toglie la vita.

In due frasi ho riassunto un film di 90 minuti. L’azione è poca, tutto è affidato ai dialoghi e alle immagini (che devono molto alla contemporanea Nouvelle Vague francese). Il regista sceglie di investigare un mondo sconosciuto e affrontare quello che all’epoca doveva ancora essere un argomento tabu: l’orgasmo femminile. Infatti al centro della storia, ambientata in una desolata località marina in provincia di Roma, c’è una donna sposata da diversi anni con un uomo piacente ma fin troppo dedito al lavoro. Il sesso tra loro è sempre stata un’abitudine, un automatismo senza significato se non quello di rispettare il vincolo coniugale. Lei nel frattempo conosce il giovane bagnino della spiaggia che non fatica molto a sedurla col risultato di renderla consapevole del suo corpo e della sua femminilità, messa in ombra dall’evidente egoismo del marito, interessato esclusivamente al proprio soddisfacimento. La donna vorrebbe provare le stesse sensazioni col marito e perciò gli rivela di averlo tradito col ragazzo ma che questo non è stato un male in quanto l’ha resa consapevole di poter provare piacere. Il marito rimane scioccato non tanto per il tradimento subito quanto per l’assoluta novità del piacere della donna per lui fonte di vizio e basta.

Questo è il quadro generale e a mio modo di vedere il film si presenta interessante e originale soprattutto perché raramente si affronta il sesso sotto un’ottica femminile. Certo si poteva fare qualcosa di più sia nella scelta degli ambienti che nella caratterizzazione dei personaggi che si presentano tutti molto stereotipati ma tutto sommato il giudizio è positivo.

VOTO 6,5

giovedì 13 dicembre 2012

0 Brivido (1986)–Stephen King

Trama: al passaggio di un meteorite le macchine e tutti i congegni elettronici iniziano a ribellarsi all’uomo. Alcune persone si rifugiano in una stazione di servizio…

Il film è vecchiotto e con un’ottima locandina che richiama la copertina di un tipico fumetto horror. Rappresenta anche l’unica incursione di Stephen King dietro la macchina da presa e c’è da scommettere che la cosa l’avrà reso sicuramente più felice di tutte le volte che le sue opere sono state adattate (da altri) al grande schermo. Il risultato è discreto per un esordiente assoluto ma abbastanza mediocre per lo spettatore abituato a qualcosa di meno banale. La storia è tratta molto liberamente da Camion un racconto presente in A volte ritornano (1978), una raccolta di racconti che ha dato vita a numerosi film con risultati alterni.

Qui siamo nel regno di King con l’arrivo repentino di qualcosa che stravolge il tran tran quotidiano della società americana facendola piombare in uno stato primitivo dove tutto ciò che conta è la sopravvivenza. L’elemento horror è presente solo negli attacchi delle macchine ma senza che questo susciti tremori o tensione. Più che altro si ride per alcune scene assolutamente surreali o per personaggi veramente fuori di testa e fastidiosi come mosche. Diciamo che il buon vecchio Stephen il terrore lo trasmette solo attraverso la pagina scritta ma per un suo cultore la visione di questo film è assolutamente d’obbligo.

VOTO 6

martedì 11 dicembre 2012

0 Il brigante Musolino (1950)–Mario Camerini

Trama: Giuseppe Musolino viene ingiustamente accusato di aver ucciso un suo concittadino e gli viene assegnata una pena di 21 anni. Riesce però a fuggire con l’intento di mettere in atto la sua vendetta contro chi lo ha tradito…

La storia mette al centro un personaggio realmente esistito ma la trama è assolutamente romanzata. Tutto il film gira inesorabilmente intorno ad Amedeo Nazzari, brigante romantico con forte accento sardo. Inevitabilmente si viene rapiti più dalla sua recitazione rude che dalla storia in se stessa che è debole debole. Com’era tipico dei film ambientati nel Mezzogiorno d’Italia anche in questo caso alcune sequenze e paesaggi ricordano i contemporanei western americani. Divertenti gli spari di fucile che non provocano ferite.

VOTO 6

lunedì 10 dicembre 2012

0 Il Natale ormai inizia sempre prima…

Siamo al 10 dicembre ma è come se fossimo in un’eterna Vigilia di Natale. Questa è la considerazione a cui sto giungendo in questi giorni che odorano di gelo e molto business. Tutti sappiamo che la parolina magica di questo 2012 è “crisi” e il mondo che ci circonda (rappresentato dai commercianti e dai media) agisce di conseguenza, utilizzandola come password per spingerci agli acquisti o a una finta allegria che sa tanto di Capodanno alla Fantozzi (trenino, spumante dozzinale e cotillon). Non so se sia una mia impressione ma se accendo la televisione vedo già da un paio di settimane il bombardamento degli spot natalizi mentre le varie trasmissioni decorano i freddi e asettici studi con finti alberi di Natale e luccichii ovunque. La situazione non cambia granché se decido di scendere in strada per prendere una boccata d’aria. Ecco infatti il proliferare di vetrine con lucine intermittenti comprate dal cinese poco lontano, ghirlande, boa dorati, tappetini stanchi di vivere che accolgono i piedi degli avventori con sbiaditi Buon Natale. Tutto questo è nuovo per me che sono da sempre stata abituata ad una certa sonnolenza da parte dei negozianti della mia città sempre restii a cedere alle lusinghe di una decorazione natalizia. Non penso si tratti di spirito natalizio ma solo di operazioni di strategia commerciale: illumini gli occhi del potenziale cliente con mezzi dozzinali ma che richiamano l’idea della più grande festa materialista del nostro calendario. Gli effetti non sembrano positivi e le saracinesche continuano inesorabilmente ad abbassarsi ma l’intenzione rimane nei sopravvissuti. La televisione da parte sua tenta la carta dei buoni sentimenti per creare una sorta di feedback con lo spettatore in fuga. A me suscita solo nausea. Amo il Natale sopra ogni cosa ma sentire già dall’8 dicembre le canzoni natalizie cantate dai bimbi non bimbi della Clerici mi provoca l’effetto di una dose doppia di Dolce Euchessina. Il troppo stroppia e così si giunge presto alla saturazione. Quest’anno poi che il caldo è andato avanti fino a novembre sembra quasi fantascienza buttare l’occhio al calendario affianco alla porta e accorgersi che l’anno sta per celebrare le proprie esequie. Ieri davo le ultime bracciate in un mare troppo pieno di bagnanti, oggi faccio lo slalom tra le bancarelle di orrendi mercatini di natale che rappresentano la parabola discendente del business natalizio. Sì perché ormai anche chi non ha la tradizione natalizia tipicamente nordica se la crea attraverso degli stand che vendono oggetti made in corea ma che fanno tanto Natale (a detta loro naturalmente). Tra poco poi inizieranno a spaccarmi i timpani e le palle con i petardi, scoppieranno mani, piedi, occhi ma la tradizione va rispettata dannazione. Non è forse questo che fa Natale e Capodanno le feste regine dell’anno? Un po’di casino e qualche morto ed è davvero Natale. Ricordo quando ero bambina e la gente aveva ancora una parvenza di umanità com’era magico avvicinarsi alla festa. C’era attesa e aspettativa, tutto aveva i suoi tempi e quando alla fine si arrivava al momento cruciale ti rendevi conto di quanto era stato breve. Ora è una maratona telethon e quando alla fine vedi che è arrivato il 7 di gennaio stappi una bottiglia e dici “grazie a Dio è finita anche quest’anno”.

sabato 8 dicembre 2012

0 Il brigante di Tacca del Lupo (1952)–Pietro Germi

Trama: 1863. Mezzogiorno d’Italia. All’indomani dell’Unità il fenomeno del “brigantaggio” si insinua tra i paesi del meridione opponendosi al nuovo governo con crimini selvaggi contro la stessa popolazione. Interviene una compagine dell’esercito italiano guidata dal capitano Giordani (Amedeo Nazzari)

Il film chiaramente è di matrice storica e analizza la cosiddetta questione meridionale da un punto di vista nuovo, seguendo le vicende degli scontri tra il nuovo esercito italiano (formato per lo più da giovani del centro nord) e i briganti, uomini del posto che non accettano il dominio piemontese sulle loro terre.

La storia racconta il dramma attraverso inquadrature intense su volti scolpiti nella roccia, donne dai lineamenti rozzi e uomini col classico baffo alla siciliana. Il senso dell’onore così radicato al sud viene elaborato attraverso la descrizione della vendetta di un marito nei confronti di un brigante colpevole di aver oltraggiato la giovane moglie (una sin troppo bella Cosetta Greco). Quindi nel grande avvenimento storico vengono percorse anche strade secondarie ma non meno intense, anche se eccessivamente legate ad uno stereotipo di valori meridionali portato all’eccesso.

La vicenda si muove sui binari del western con campi lunghi, agguati in zone selvagge e sparatoria finale con l’arrivo salvifico della cavalleria amica.

VOTO 6,5

giovedì 6 dicembre 2012

0 Un borghese piccolo piccolo (1977)–Mario Monicelli

Il film è tratto dal romanzo omonimo di Vincenzo Cerami ma lo stile e i contenuti tipici del grande Maestro del nostro cinema sono rintracciabili in ogni singola sequenza, in ogni dialogo e situazione. Monicelli è stato il grande narratore dell’Italia e degli italiani, quello che meglio di altri è stato capace di scavare dentro le grettezze del comune essere umano fino a creare dei veri e propri capolavori che tutti noi ci ricordiamo anche a distanza di decenni.

Questo film è duro e doloroso come un pugno alla bocca dello stomaco. L’elemento più sorprendente è sicuramente il cambio improvviso di registro stilistico che avviene nel momento di cesura rappresentato dalla morte del giovane Mario Vivaldi. Fino a quel momento infatti Monicelli cavalca la commedia dolce amara tipica dei suoi lavori con la descrizione di come Giovanni pur di assicurare un posto di lavoro a suo figlio è disposto persino a farsi massone con tutte le conseguenze del caso. Il film prosegue con l’arrivo del giorno del concorso statale. Bellissimo il racconto della mattinata in cui Giovanni accompagna suo figlio al concorso con quel sentimento di orgoglio misto ad aspettativa. Il cappuccino con cornetto al bar, i discorsi sulle donne, il viaggio in tram e poi lo sparo e il silenzio improvviso. Mario muore e il film si trasforma in tragedia. Sua madre si chiude in un una sorte di autismo cosciente, suo padre sembra prenderla meglio ma poi si scopre che in realtà sta solo covando vendetta. Tutto ciò che fa lo fa perché si rende conto che la sua vita non ha più senso senza suo figlio, unico vero compagno in una vita vuota e povera di soddisfazioni e allegria. Persino la tanto sospirata pensione non conta più, conta solo la vendetta. Quando anche sua moglie si arrende al dolore morendo nel suono di una sveglia senza più senso, Giovanni è ormai un altro uomo rispetto all’inizio del film.

Questo film è grandioso e grande merito ha ovviamente il grandissimo Alberto Sordi, chiamato a superare addirittura se stesso nell’interpretare un film profondamente drammatico. La sua è la classica maschera dell’italiano becero, ma anche dell’uomo comune con tutti i suoi difetti. La sua recitazione è magistrale ma certo non stupisce più di tanto. La storia cattura, fa sorridere e piangere a dirotto, spiazza e commuove. In una parola un CAPOLAVORO.

VOTO 10

mercoledì 5 dicembre 2012

0 Blacula (1972)–William Craine

Qualcuno potrebbe dire: “Che palle l’ennesima versione di Dracula!!!” ma io obietterei: “Aspetta, guardalo prima di giudicare perché potresti avere delle gran belle sorprese”.

Il film si apre nel 1780 in Transilvania nel castello del conte Dracula (qui in versione vecchione razzista), ad un grande tavolo troviamo il conte stesso in compagnia di due ospiti provenienti dall’Africa. Si tratta di Mamuwalde e della sua bella moglie Luva, giunti fino alle remote lande balcaniche per perorare la causa anti schiavista. Fermiamoci un attimo. Non è già qualcosa di assolutamente gagliardo? A chi mai poteva venire in mente di creare un’assurdità simile? Io dico ad un genio ma andiamo avanti. Dracula inizia a fare delle avances alla giovane donna condendo il tutto da una bella dose di frasi razziste che ovviamente provocano la reazione di Mamuwalde. Questi però viene prontamente messo all’angolo dai canini del vecchio vampiro che decide di fare dell’uomo un’altra creatura non morta che prenderà il nome di Blacula, condannato da una maledizione a vivere in un’eterna solitudine. Passano tanti anni, direi addirittura secoli ed ecco che una coppia gay (altro colpo di genio) decide di acquistare il castello di Dracula e di portare in America tutto l’arredamento della antica magione, compresa la bara dove riposa Blacula. I due chiaramente risvegliano dal sonno eterno il vampiro che inizia da quel momento a zompettare per la città fino a quando incontra quasi per caso una ragazza identica alla sua defunta moglie. Nella fase di riconquista Blacula crea altri suoi simili che iniziano a creare un bel po’ di scompiglio tra gli abitanti del posto. Non aggiungo di più perché toglierei la sorpresa a chi si accingesse a vedere questo piccolo ma prezioso cult movie.

Il film è un mix di luoghi comuni (paletto nel cuore, crocifisso, luce del sole) e novità (cast quasi totalmente afro americano, Dracula nero, musiche anni Settanta) che si fondono creando qualcosa di particolarmente piacevole. Non mi sono dispiaciuti neanche i semplici ma efficaci effetti speciali così come il trucco dei non morti. Molto belle poi le sequenze di pura tensione come per esempio l’incursione al cimitero o l’assalto all’obitorio. La scena finale poi l’ho trovata particolarmente drammatica e intensa con quel suicidio dettato dalla consapevolezza di essere rimasto veramente e definitivamente solo. Certo è un film un bel po’ ingenuo e altamente inverosimile ma ha il merito di intrattenere lo spettatore con una buona trama e tanta azione.

VOTO 7

lunedì 3 dicembre 2012

0 Alla scoperta di Babbo Natale (1984)

Quando questo anime è stato trasmesso per la prima volta in Italia andavo ancora alle elementari e da vera appassionata di Babbo Natale non mi sembrava vero che qualche mente geniale avesse pensato di dedicare addirittura un intero cartone animato al vecchio con la barbona bianca e la veste rossa. Quando lo vidi per la prima volta però rimasi molto molto delusa perché la storia non mi aveva appassionato per niente e ora che di anni ne ho 35 beh devo dire che la sensazione è stata la medesima di tanti anni fa. Fortuna che la serie è composta da soli 23 episodi altrimenti giuro avrei mollato a metà e tanti saluti.

Dunque, la trama non è neppure orrenda perché come nella migliore tradizione si parla del luogo dove vive Babbo Natale cioè la Lapponia. Qui in uno dei tanti boschi vive Babbo Natale con sua moglie circondati dalle casette dove vivono i “Balbalock” (se ho capito bene) che sarebbero gli gnomi che aiutano il vecchietto a realizzare i regali da consegnare il 25 dicembre ai bambini di tutto il mondo. Quindi abbiamo il falegname, il giocattolaio, il vetraio, il fabbro, l’allevatore di renne e così via. Chiaramente non manca il gruppo di bambini in cui i piccoli spettatori dovrebbero immedesimarsi: Elisa, Spillo, Mandolina, Hans e via dicendo. Ecco, diciamo che fino all’episodio numero 12 la storia fila liscia come l’olio ma i problemi arrivano dopo. Fino a quell’episodio la storia infatti parla di come tutto il villaggio si organizza per rispettare i tempi di consegna e infatti nella puntata fatidica abbiamo la consegna dei regali. Ma dopo? Che senso ha un cartone animato con questo titolo se poi la storia va scemando a meno della metà della serie? Praticamente si arriva a primavera senza che si parli più di Natale ma solo dei segreti della foresta.

Insomma questo cartone animato è una bufala e non lo annovero tra i migliori ma anzi tra quello meno riusciti degli anni 80. Peccato!

0 Black cat (1981)–Lucio Fulci

Trama: in un piccolo borgo inglese si succedono molte morti, misteriose e improvvise. Una fotografa americana inizia a indagare e scopre che uno psicanalista del posto è interessato al mondo dell’aldilà e al controllo della mente. Con lui vive uno strano gatto nero….

Questo non è sicuramente un film memorabile anzi diciamo che è proprio pesantissimo e lento. Gli unici momenti in cui ho fatto un balzo sulla sedia sono stati quelli dei miagolii infernali del gatto. Ma molto è dipeso dall’altezza del volume, un po’ troppo alta. Fulci è stato un gran regista, soprattutto un grande sperimentatore nel campo dei film di genere ma in questo caso ha un po’ toppato. Il racconto di E.A.Poe da cui è stato tratto il soggetto del film è troppo inflazionato e forse non è stato reso con la dovuta cura.

Non ho capito poi che c’entrasse la registrazione delle voci dei defunti con il resto del film. In ogni caso c’è di molto meglio in giro, soprattutto se si fa un salto verso gli anni 70, decennio che ha regalato molti bei prodotti interessanti sia dello stesso Fulci che di Dario Argento.

VOTO 5

sabato 1 dicembre 2012

0 Il bestione (1974)–Sergio Corbucci

Trama: il lumbard Sandro Colautti e il siciliano Nino Patrovita sono due camionisti che lavorano insieme per la stessa azienda trasportando merci dall’alta Italia ai paesi stranieri. Inizialmente si detestano ma poco a poco finiscono per stringere una solida amicizia..

Questo film per me è stata una felicissima sorpresa perché è come sfogliare un album di fotografie degli anni 70 con tutto ciò che ha fatto di quel decennio un’epoca di crisi economica ma anche di speranza per il futuro. Si parla di tanti argomenti interessanti in un’ora e mezzo di comicità, amarezza e cruda realtà. Si parte con la scorreggia del Colautti, alle visite mediche per certificare l’idoneità a svolgere ancora il mestiere di camionista (con il triste prepensionamento di un collega ultra cinquantenne che finisce per suicidarsi), si parla del sesso promiscuo e veloce con le cameriere delle tipiche trattorie per camionisti lungo chissà quale autostrada, si parla degli scioperi dei lavoratori e delle colpe dei sindacati e si condivide per un po’ la vita di una categoria di lavoratori che svolge un mestiere ricco di difficoltà e solitudine.

A mano a mano che vedo film degli anni 70 sento sempre più una fortissima ammirazione per il cinema di quegli anni che offre un panorama vastissimo di prodotti di qualità. Questo è un caso lampante di ciò che dico ma la stessa sensazione me l’aveva regalata un meraviglioso film con Nino Manfredi (Pane e Cioccolata, 1973) che parla anch’esso degli italiani all’estero, della difficoltà di comunicazione ma anche del senso di inferiorità ma anche di orgoglio nazionale che apparteneva e per molti versi ancora appartiene a noi italiani. In questo film si calca molto la mano sul fascino latino che nei fatti non sempre si realizzava nel concreto, risultando essere soltanto un pensiero utopistico ma anche triviale nella mente dell’italiano alle prese con le straniere (a volte disponibili ma molto più spesso inorridite e direi schifate dalle avances del siculo Nino).

Cosa dire poi del fantasmagorico e strabiliante Giancarlo Giannini? Credibile sia nei panni dell’idiota che in quelli dell’uomo con alti principi morali. La sua recitazione è qualcosa che non si può spiegare si può solo rimanere senza parole e goderne appieno.

VOTO 9 

venerdì 30 novembre 2012

0 X–Factor 2012. Pagelle Semifinale

PRIMA MANCHE

Davide “100000 parole d’amore”: sono molto felice di poter dire che questo ragazzo finalmente è riuscito a sbloccarsi. La cosa più sorprendente è stato vederlo sgambettare come un cantante navigatissimo su e giù dal palco. Bellissimo anche il GRAZIE scritto su un foglietto indirizzato alla Ventura (ovviamente si spera che il gesto fosse naturale e non frutto di dinamiche interne). E la canzone? A me è piaciuta tanto sarà che per me Pezzali è uno dei migliori parolieri italiani ma davvero il pezzo è immediatissimo e perfetto per il timbro di Davide. VOTO 7,5

Ics “L’autostima di prima mattina”: il brano è difficilissimo perché ha un andamento altalenante, sempre a metà strada tra l’hip hop e l’elettronico. Sono sicura che alla radio sarà un successo ma anche in versione live fa la sua sporca figura. Belli gli inserimenti di frasi cantate da Morgan, bello il testo, strana la base e grandissimo Ics. Da riascoltare per apprezzarne tutte le sfumature. VOTO 7

Cixi “Non sono l’unica”: Bungaro è uno che scrive sempre canzoni orecchiabili e infatti anche in questo caso l’obiettivo è stato raggiunto. Non è un brano da scossone emotivo, non fa venire il brividino ma è in linea con gli altri inediti di quest’anno che saranno tutti dei successi da primi posti in classifica. Il brano è semplice e adatto ad una ragazza dell’età di Cixi. L’unica cosa che non mi è piaciuta è il modo in cui Cixi si mangia le parole rendendo il testo indecifrabile ma grazie al cielo qualcuno lì in regia ha avuto l’idea genialissima di fornirci il testo in sovraimpressione. VOTO 6,5

Daniele “Un giorno in più”: il brano è il più debole tra i cinque e forse anche il più banale anche se ho trovato molto commovente che Daniele l’abbia cantato pensando al nonno che non c’è più. Lui comunque ci mette la sua solita carica che a parer mio è sempre meno intensa e più finta rispetto a quando viene chiamato al ballottaggio dove offre sempre prove più che discrete. Sarò crudele ma per me la sua uscita dal programma è giusta. Gli manca quel qualcosa in più che fa di un cantante un talento vero. VOTO 6

Chiara “Due respiri”: dopo un’attesa spasmodica ecco che conosciamo finalmente il brano scritto da Eros per Chiara. L’elemento chiave secondo me è il seguente: il brano si evolve via via che si susseguono le strofe. E’ un continuo crescendo che diventa emozione vera grazie alla meravigliosa voce di Chiara. Il testo non è da premio Oscar ma la melodia è strepitosa così come ho trovato le strofe più intense rispetto al ritornello che però diventa magico proprio sul finire del brano. Bello lo special così come è tipico dello stile di Ramazzotti. VOTO 8

SECONDA MANCHE

Davide “In un giorno qualunque”: esecuzione un po’ stonacchiata in alcune parti ma complessivamente sufficiente. Non è il suo genere e si sente. VOTO 6

Chiara “L’amore è tutto qui”: magia incantesimo poesia. Non conoscevo il brano ma già al primo ascolto mi ha conquistato. Sempre dieci spanne sopra tutto ciò che è apparso nei vari talent da dieci anni a questa parte. VOTO 8

Ics “Invisible Man”: brano immortale dei Queen. Ics lo porta a casa con un’esibizione sontuosa, divertente, elegante e anche in questo caso mi va di utilizzare il termine magica. VOTO 7,5

Cixi “The message”. ennesimo brano da pre-disco per Cixi. E’ il suo genere e lo interpreta con autorevolezza ma come dice Mika non riesce a trasportare lo spettatore in un’altra dimensione. E’ brava ma anche lei è sprovvista di talento vero e ha una tecnica abbastanza approssimativa. VOTO 6

giovedì 29 novembre 2012

0 La bestia nel cuore (2005)–Cristina Comencini

Trama: Sabina è una giovane doppiatrice che vive in maniera distaccata la morte di entrambi i genitori, persone di cui ricorda molto poco. Una notte un terribile incubo la fa precipitare improvvisamente in un passato dimenticato ed è allora che decide di partire per l’America per confidarsi con suo fratello Daniele…

Mi sono trovata davanti ad un grande film, diretto con intelligenza e sentimento e interpretato da straordinari attori. Non è facile trovare un film italiano che ti tenga incollato allo schermo fino all’ultimo istante e invece questo film riesce ad ammaliare e coinvolgere, ad essere credibile pur con qualche limite. Infatti, a parer mio, i punti forti del film sono i rapporti reali, l’amore, l’amicizia, la famiglia. La parte migliore è quella riguardante la storia inverosimile ma allo stesso tempo molto plausibile tra Emilia (Stefania Rocca) e Maria (una superlativa Angela Finocchiaro). La prima, cieca dai vent’anni è da sempre innamorata di Sabina che però non ricambia il suo amore. Però grazie a quest’ultima conosce l’esuberante Maria, una donna di mezza età tradita dal marito che trova in Emilia una nuova speranza pur faticando ad accettare fino in fondo la sua attrazione per una donna. Il tema è stato sviluppato con una leggerezza tale che credo non disturbi persino l’omofobo più accanito. E’ il racconto di una storia d’amore tra due donne che hanno perso la fiducia nella gente. L’amore spinge a cambiare le prospettive di una vita, toglie le sovrastrutture mentali e porta ad accettare anche ciò che si detestava (Emilia accetta il vizio del fumo di Maria e Maria inizia ad affezionarsi al cane di Emilia, proprio lei che aveva paura dei cani). Tutto il resto del film è un po’ meno coinvolgente, molto calligrafico e lezioso, con una regia troppo interessata a fondere la realtà con i fantasmi della mente e dei ricordi, rendendo un po’ pesante la visione. Ho trovato bella anche se un po’ fredda la descrizione del viaggio di Sabina in America, mentre il tradimento di Franco (Alessio Boni) è davvero poco originale. Poco credibile il viaggio in treno di Sabina e un po’ troppo ottimistico il lieto fine tra Sabina e Franco.

Insomma per tirare le somme il film mantiene promesse che riesce a mantenere solo nei suoi aspetti più marginali. Il nucleo della storia è un po’ troppo pesante e freddo anche se il tema trattato è drammatico e purtroppo fin troppo reale.

VOTO 7

mercoledì 28 novembre 2012

0 Il bello, il brutto e il cretino (1967)–Giovanni Grimaldi

Trama: Franco e Ciccio sono due banditi scalcinati che girano il Texas cercando di fregare i vari sceriffi del luogo con risultati spesso disastrosi. La loro fortuna sembra girare quando gli viene rivelato da un soldato morente il luogo in cui sono sepolti 200000 dollari…

Ennesima parodia di un film di successo che però non fa divertire più di tanto a parte qualche bella uscita del sempre mitico Franco, protagonista delle parti più riuscite di questo film sempliciotto e lentissimo.

Il genere western a cui si ispira viene fedelmente riprodotto sia nella location che nelle scelte stilistiche come per esempio l’uso di primissimi piani e il campo lungo. Poi immancabile il saloon, i giocatori d’azzardo, la prostituta del bordello e sullo sfondo la guerra tra nordisti e sudisti.

Non è granché.

VOTO 5

martedì 27 novembre 2012

0 I barbieri di Sicilia (1967)–Marcello Ciorciolini

Trama: seconda guerra mondiale. La Sicilia è in mano alle truppe tedesche che terrorizzano la popolazione. Ciccio e Franco sono rispettivamente un coiffeur e un barbiere considerati da tutti i cretini del paese ma grazie ad una serie di circostanze diventano degli eroi della patria favorendo l’arrivo degli Alleati.

Che carino questo film! Devo dire che la parte più divertente è quella iniziale dove i due mostrano la loro assoluta incapacità di svolgere come si deve il proprio mestiere (leggendario il taglio di mezzo baffo da parte di Franco) ma a dire il vero tutto il film è uno dei più riusciti della mitica accoppiata sicula.

La Sicilia e i siciliani vengono come al solito ritratti con l’utilizzo di tutta una gamma di luoghi comuni che però visto il periodo in cui si ambienta la storia risultano plausibili: coppole, lupare, donne accompagnate da parenti donne e inavvicinabili dagli uomini a meno di trovarsi in luoghi pubblici, zie con i baffi, fuitine e matrimoni riparatori. Su tutto il senso dell’onore che per i meridionali di allora era principio inviolabile del microcosmo del paese, del quartiere e soprattutto della famiglia.

Le gag dei due mattatori sono a volte irresistibili così come le espressioni da fumetto di Franco. La parte più debole del film sta invece nella storia del giovane ufficiale americano che si imbosca tra gli abitanti del paese.

VOTO 6,5

domenica 25 novembre 2012

0 Scusate il ritardo (1983)–Massimo Troisi

Trama: Napoli. Vincenzo è un trentenne che vive ancora in famiglia, disoccupato e impacciato. La sua vita monotona si divide tra l’invidia per il fratello maggiore, i pianti del migliore amico Tonino e l’incontro con la bella Anna, ex compagna di scuola di sua sorella..

Si tratta del secondo film diretto e interpretato dal giovane Massimo Troisi stavolta nei panni di un giovane disoccupato che trascorre le giornate in canottiera, annoiato, senza prospettive ma nonostante questo incapace di pensare alla costruzione di una sua indipendenza personale. Vive con la madre e con la famiglia della sorella in una grande casa napoletana che in ogni inquadratura dà una sensazione di solidità e tradizione. Vincenzo è un ragazzo apparentemente superficiale, poco propenso ad arrovellarsi in riflessioni e soprattutto molto concreto nel suo modo di approcciarsi ai problemi, soprattutto sentimentali. Inizia una relazione con Anna (interpretata da una giovanissima Giuliana De Sio) senza farsi troppe domande, vivendola in modo istintivo, senza troppo coinvolgimento emotivo e così finisce per non accorgersi che sta perdendo la donna in quanto lei si sente poco amata, poco apprezzata, stanca di aspettare che dalla bocca di Vincenzo esca fuori un complimento o una frase da innamorato. Quando lei lo lascia, lui non sa spiegarsi il motivo proprio perché i due hanno un modo differente di approcciarsi ai sentimenti e così pur soffrendo non cede alla voglia di risentirla. Solo alla fine i due riescono a parlarsi ma è troppo tardi in quanto Anna sta decidendo di ritornare a Perugia, la città in cui lavorava. Il finale rimane comunque aperto in quanto la scena viene bruscamente tagliata dai titoli di coda.

In questo film sono presenti tante tematiche, quali l’amore, l’amicizia, la famiglia, la disoccupazione ma anche le tradizioni di un tempo. Si struttura in modo semplice e lineare lasciando ampio spazio alla recitazione e soprattutto ai dialoghi tra Lello Arena che interpreta Tonino e lo stesso Troisi. Sono dei veri e propri sketch che trasportano lo spettatore in una dimensione teatrale piuttosto che cinematografica senza che questo crei una sensazione di straniamento nello spettatore.

Personalmente non ho mai amato tantissimo Troisi perché penso che una recitazione che si basa unicamente sul dialetto napoletano crei incomunicabilità e difficoltà nell’apprezzare totalmente il film. Insomma si perde tanto ed è un peccato. Credo però che Troisi avesse una dote tutta speciale nell’impersonare i protagonisti dei suoi film e soprattutto nel comunicare attraverso la mimica facciale e corporea piuttosto che con il linguaggio. In ogni caso il film è proprio bello e racconta Napoli attraverso dei modelli non convenzionali come il funerale iniziale (momento di incontro tra parenti e conoscenti), la benedizione del parroco, i rapporti famigliari. Solo questo meriterebbe la visione immediata del film.

VOTO 7,5 

  

giovedì 22 novembre 2012

0 Le Iene–Quentin Tarantino (1992)

Trama: cinque uomini (Mr Brown, Mr Gold, Mr White, Mr Pink, Mr Blue) mettono in atto una rapina ad una gioielleria che però viene interrotta dall’arrivo della polizia. I cinque iniziano a sospettare che uno di loro sia un poliziotto sotto mentite spoglie…

Non finirò mai di ringraziare il mio professore di Storia del Cinema per avermi fatto scoprire Quentin Tarantino. I suoi film sono dei capolavori di recitazione, tecnica e impatto visivo. Durante le lunghissime sequenze si rimane folgorati da dialoghi veri, crudi, divertenti, a volte paradossali e conditi di bestemmie e parolacce.

Le Iene all’epoca (1992) fu vietato ai minori di 18 anni e adesso sembra davvero un divieto ridicolo perché ormai ci siamo abituati ad assistere alla violenza più cruda e non esclusivamente di finzione (basti pensare alle esecuzioni in diretta di Saddam o Gheddafi) ma anche i film sono molto cambiati e puntano tantissimo sull’aspetto visivo lanciandosi (anche a sproposito) nello splatter, ormai inflazionatissimo in tutti i film con contenuti thriller, horror o noir.

Qui la scena incriminata è quella della tortura ai danni del malcapitato poliziotto per mano del pazzoide Mr Gold che arriva a mozzargli un orecchio e a inondarlo di benzina. Tutto questo però è solo suggerito non è mostrato apertamente ed è questo che rende il film grandioso e spettacolare. Noi sentiamo quello che sentono i personaggi, siamo fisicamente presenti ma impossibilitati a intervenire, atterriti ma anche incuriositi e desiderosi di vedere come andranno le cose.

La storia poi come è nello stile di Tarantino è un gioco di scatole cinesi, con salti temporali in avanti e indietro in modo da portare lo spettatore a ricostruire l’intero ordito solo nelle battute finali. Geniale anche il fatto di non mostrare mai l’evento principale ossia la rapina alla gioielleria, preferendo soffermarsi solo su ciò che ha preceduto e seguito il casus belli.

Fantastica la colonna sonora (altro fiore all’occhiello dei film di Tarantino) che fa da contrappunto alle scene madri ma che è percepita sia dallo spettatore che dai protagonisti, veri patiti della musica anni 70 trasmessa da una radio del posto. Il sangue scorre copiosamente e non mancano le sparatorie.

Gli attori che da soli meritano la visione del film sono Harvey Keitel, l’unica iena con un barlume di anima, e Tim Roth, fragile e potente allo stesso tempo.

VOTO 10    

martedì 20 novembre 2012

1 Recensione 22/11/1963–Stephen King

Nonostante il titolo richiami un fatto storico di portata mondiale, ossia l’assassinio di JFK, la storia ha un respiro molto più ampio e ci porta ad affrontare un viaggio avvincente nel passato in compagnia del protagonista del romanzo, un giovane insegnante di nome Jake Epping. Quest’uomo, in cui sarà facilissimo immedesimarsi, non è altri che un onesto professore di provincia, deluso dalla vita e sensibile nei confronti delle persone che vengono trattate con crudeltà dalla gente. Proprio questa sua capacità di condividere il dolore altrui e il desiderio di cambiare ciò che va male, lo porta ad essere un candidato ideale per tornare indietro nel tempo e compiere qualcosa di straordinario: salvare la vita del presidente Kennedy ucciso da un pazzo nella città di Dallas. Questa apparentemente assurda proposta gli viene fatta dal proprietario di un fast food, Al Templeton. Questi ha casualmente scoperto un passaggio spazio temporale nel suo locale e ne ha già usufruito parecchie volte per compiere azioni importanti e non, ma non è riuscito a salvare il presidente, suo obiettivo primario. Una terribile malattia lo spinge a chiedere aiuto al giovane Jake, in quanto ormai a lui restano solo pochi giorni di vita. Jake accetta praticamente subito ma ciò che lo spinge non è tanto il desiderio di salvare Kennedy quanto la possibilità di cambiare in meglio la vita del bidello dalla sua scuola che da bambino era rimasto gravemente ferito in seguito alla strage della sua famiglia nella notte di Halloween. Jake parte senza voltarsi indietro anche perché non c’è niente che lo trattenga nel 2011 e così approda in un istante nel 1958 e inizia la sua lunga avventura che lo tratterrà nel passato per diversi anni.

Il tema del viaggio nel tempo è già di per se stesso appassionante ma se poi lo si unisce alla possibilità di cambiare il futuro allora ecco che diventa praticamente impossibile staccarsi da questo bellissimo romanzo che dimostra come Stephen King abbia ancora molti assi nella manica. Difficile infatti non appassionarsi alle vicende di Jake/George, ai suoi dubbi, alla sua ostinazione nel voler cambiare il destino anche a costo di rischiare la vita. E’ un uomo come tutti noi e infatti a un certo punto l’obiettivo principale della sua missione ossia il salvataggio di Kennedy sembra diventare sempre più pesante e fastidioso rispetto alla vita serena e felice che sta iniziando a vivere nel passato grazie alla conoscenza di nuovi amici ma soprattutto in seguito alla sua relazione con la bella e goffa bibliotecaria Sadie. Jake è diviso tra la promessa da mantenere ad Al e la consapevolezza che potrebbe perdere tutto se decide di portare a compimento l’obiettivo che l’ha portato indietro nel tempo. Ciò che teme è la reazione del passato ai cambiamenti forzati messi in atto da lui stesso, creatura del futuro. Il passato così come ci viene ripetuto spesso nel romanzo è di per se stesso “inflessibile”, cioè  non vuole essere cambiato e questo fa sì che sia molto difficile apportare anche il minimo cambiamento in ciò che deve succedere. Più è importante il cambiamento più la reazione del passato sarà violenta. Questo chiaramente porta a tutta una serie di situazioni di tensione che non sempre si risolvono nel modo migliore ed è anche per questo che Jake è costretto a tornare indietro nel suo tempo, per cambiare ancora una volta le carte in tavola e riportare allo stato originario ciò che lui stesso ha cambiato.

Il romanzo ci insegna un dato fondamentale: ciò che ci sembra sbagliato o terribile in realtà ha un suo senso ed è per questo che deve rimanere tale. Se noi potessimo agire sul passato probabilmente apporteremmo dei cambiamenti nocivi nel futuro, persino peggiori di come ci sembrano nel presente, anche se siamo guidati dai migliori sentimenti. E’ il cosiddetto “effetto farfalla” di cui Stephen ci offre un esempio piuttosto catastrofico ma molto credibile. La decisione finale di Jake di tornare definitivamente nel suo tempo abbandonando l’utopia del cambiamento è la scelta più amara possibile ma anche quella più razionale e meno egoistica. In questo modo infatti niente potrà sconvolgere il futuro anche se allo stesso tempo lui perderà per sempre l’amore della sua vita, un amore che si concretizza nelle pagine finali dove Sadie (ormai ottantenne) e Jake si rincontrano nel presente pur non essendosi mai incontrati, un paradosso spazio temporale che però spalanca una finestra su ciò che chiamiamo “amore scritto nel destino”. Sadie sente di conoscere Jake pur non avendolo mai incontrato. Perché? Riflettendoci si arriva alla conclusione che in realtà esistono molti mondi paralleli che lasciano tracce indelebili in chi si è innamorato davvero ma che si è perso nelle stringhe del tempo e dello spazio. Ho trovato tutto questo di una poesia unica così come è nello stile inconfondibile del grande scrittore americano.

Forse l’idea più riuscita è stata la creazione di un fil rouge che unisce la vicenda dell’uomo a quella del grande evento storico, la quotidianità con la storia. Il pretesto dell’assassinio più celebre del secolo scorso ha dato come risultato un romanzo inaspettato e perfetto in ogni sua parte con un’attenzione puntuale sulla ricostruzione di un’epoca lontana sia da un punto di vista sociale che per quel che riguarda il costume, la musica, l’abbigliamento, il linguaggio e molto altro.

Rimane un unico interrogativo: come mai la porta spazio temporale si apriva proprio nel 1958? Non lo sapremo mai.

VOTO 10

domenica 18 novembre 2012

0 Slevin–Patto criminale (2006)

Il film si apre su una sala d’attesa di un aeroporto. Un ragazzo si siede su su una delle seggiole blu per riposarsi prima del volo. Quando riapre gli occhi trova al suo fianco un uomo in sedia a rotelle che inizia a raccontargli una strana storia che si chiude con l’omicidio di un’intera famiglia. Un secondo dopo anche la sua vita finisce, bruscamente ma inesorabilmente. E’ l’inizio di tutto quello che seguirà da questo punto in avanti.

Come spesso accade il film è costruito in modo tale da richiamare continuamente il passato e il presente in bruschi flash back che servono a capire le motivazioni che guidano le azioni del protagonista (un interessante e inquietante Josh Hartnett). Questo unito ad un uso dei dialoghi incalzante e a un cast di livello (direi ottimo Bruce Willis) rende il film appetibile anche se a dire il vero ci mette un bel po’ a ingranare sul serio e solo sul finale si apprezza la costruzione di tutto il mosaico.

Se si è abbastanza svegli non è difficile intuire ciò che si nasconde dietro tutta la storia, bisogna stare attenti ai dettagli soprattutto nella parte iniziale, quella che mostra un flash back degli anni 70 perché di fatto è la sequenza che svela tutti i retroscena della storia. Non direi che questo film è originale in quanto ricorda almeno un’altra decina di thriller sulla doppia identità e soprattutto sul concetto di vendetta, un piatto che a volte si serve non freddo addirittura ghiacciato (come in questo caso).

La regia ricorda (ma non vorrei fare paragoni troppo azzardati) Quentin Tarantino, sia per quel che ricorda il montaggio che i dialoghi che soprattutto per il mix tra ironia e scene violentissime. Ovviamente manca quel fascino perverso che riveste i personaggi del grande regista, in quanto in questo caso è abbastanza deludente il passaggio a dir poco fulmineo tra l’insicurezza del protagonista alla sua mutazione in una creatura senza rimorsi né incertezze. C’è stata davvero poca ricerca in questo senso ma tutto sommato si è consapevoli di non trovarsi davanti al film del secolo ma ad un semplice esempio di thriller dell’ultim’ora con velleità da grande.

VOTO 6   

venerdì 16 novembre 2012

1 X-Factor 2012. Pagelle Quinta Puntata

Yendri “Thigtrope”: esce dopo essere stata salvata più volte dalla gente a casa. A mio modo di vedere la sua esibizione è stata cool così come le sue ultime performance (tranne chiaramente la prima). In questo caso si è cimentata (bene) anche in una coreografia per niente facile. Per me rimane una ragazza con potenzialità a livello internazionale più che nazionale. Insomma uscita dalla trasmissione dovrebbe cantare in inglese e probabilmente affidarsi ad una casa discografica che la faccia continuare nella direzione dell’r n b. VOTO 6,5

Daniele “Skyfall”: il suo crollo nelle quotazioni popolari nasce non tanto da un look sbagliato quanto dalle scelte scellerate di Simona Ventura. Per l’occasione tira fuori dal cilindro una canzone già epocale che può essere cantata esclusivamente da una gran voce, cioè quella di Adele. La bestemmia raggiunge l’apice quando si mescolano in un intruglio rivoltante le basi di Skyfall con un pezzo dei Queen. Davvero troppo. Arrivato al ballottaggio offre per la seconda volta una grande esibizione con il pezzo celeberrimo (e forse un po’ scontato) degli Aerosmith. Questa è la sua strada ma evidentemente la Ventura non ci vuol sentire e così per la prossima puntata ci anticipa una cover dei Planet Funk…VOTO 5

Ics “Iodio”: nuovo look che lo avvicina sempre di più ad un probabilissimo futuro nel mondo dell’hip hop italiano. Sa scrivere, sa cantare, sa ballare, è ironico e divertente. Piace a tutti e arriva con merito al giro di boa. VOTO 7

Freres Chaos “Enjoy the silence”: i fratelli antipatici cantano alla loro maniera un brano storico dei Depeche Mode e lo fanno con la solita aria eterea e inavvicinabile (nonostante lei sembri sempre un po’ Romina Power nei tempi d’oro di Felicità). A me non dicono niente ma siccome detesto vedere un giudice senza concorrenti faccio sempre un po’ di tifo per loro. Li trovo abbastanza banali nella loro strenua ricerca dell’incomunicabilità. VOTO 5,5

Cixi “Hai delle isole negli occhi”: partiamo dal fatto che si tratta di uno dei brani più brutti di Tiziano Ferro. Detto questo, non stupisce che la ragazza la canti maluccio perché in realtà è riproducibile solo dal suo autore originario. Un bel passo indietro rispetto alla puntata precedente. VOTO 5

Davide “Can’t say no”: è scoppiata la mia bomba personale nel senso che stavolta per la prima volta il povero Davide mi è piaciuto molto. Oddio si muove come un ciocco di legno ma il suo timbro si intonava perfettamente col brano di stasera che tra l’altro non era per niente facile. Anche l’inglese è migliorato. Insomma è la sua serata. VOTO 6,5

Nice “Starlight”: quando è uscita per volere popolare mi sono trovata a esultare impunemente. Il pallone gonfiato e urlante se ne torna a casa con le pive nel sacco. Non ho altro da aggiungere. VOTO 4

Chiara “I was made for loving you”: che dire? Anche stavolta applausi a scena aperta. Può cantare davvero tutto dalla lista per la spesa ai brani dello Zecchino d’oro. Fenomenale ma per favore riportiamola al biondo originario e via quella frangia. Perfetta. VOTO 8   

giovedì 15 novembre 2012

0 Ufo Robot Goldrake

A volte si cresce con il mito di cartoni animati che in realtà neanche ricordiamo di aver visto. Il mio esempio personale è Goldrake, il robottone con le corna gialle e l’aspetto scintillante. Tra le schiere di robot nipponici degli anni 70/80 era a prescindere il mio preferito ma non sapevo dire perché. Suppongo che fosse soprattutto legato al fatto che qualcuno, forse i miei genitori o i miei nonni, mi avevano regalato un giocattolo con le sue fattezze e si sa come sono i bambini: si affezionano a tutto ciò che li accompagna nei lunghi pomeriggi passati a casa tra il panino delle 16 e 30 e l’ora di mettersi a tavola. Non ricordavo di aver seguito le lunghe gesta di Actarus/Goldrake (74 puntate) ma lo amavo.

A distanza di tanti tanti anni ho visto per intero la serie e mi sono sentita finalmente consapevole del perché questo personaggio sia entrato di fatto nell’immaginario collettivo della mia generazione e di quella precedente alla mia: l’anime porta avanti dei valori molto importanti come quello dell’amicizia, del rispetto della natura e degli animali, dell’odio verso la guerra. Tutto quello insomma che dovrebbe far parte del bagaglio educativo di ogni ragazzino o bambino. Noi degli anni 70 siamo cresciuti con questi valori perché ce li hanno insegnati sia i cartoni animati che i nostri genitori. I primi però con una potenza più incisiva data dalla visione di storie semplici ma edificanti con un uso magistrale dei colori e soprattutto con un doppiaggio da paura. Le voci dei vari Rigel, Actarus, Venusia, Alcor, Maria sono talmente caratterizzanti che al primo ascolto non puoi non associarle ai vari personaggi, anche a distanza di tanti anni. La erre moscia di Mizar è così prepotente che la puoi odiare o amare ma è talmente particolare che ti si scolpisce dentro. Ecco io penso, pur non essendo una sociologa o un’educatrice, che ciò che tiene più viva l’attenzione dei bambini siano le voci e il modo di raccontare, cosa che si è del tutto persa nel corso degli anni tranne in alcuni casi eclatanti come i Simpson che comunque non si rivolgono ad un pubblico under ma ad una fascia di spettatori molto più ampia. C’è stato in generale uno scadimento nel doppiaggio che chiaramente si sposa bene con la scelta ridicola da parte dei vari direttori di rete di affossare i vecchi anime (considerati troppo violenti) per lasciar spazio a prodotti francamente di fascia bassissima, rivolti ad un pubblico di dementi o di bambini di 2 anni.

Tutto questo per dire che la potenza di questo cartone animato stava anche nelle voci e nella ripetizione delle stesse battute. Chi non ricorda per esempio il modo con cui venivano chiamate le armi prima di sganciarle o metterle in azione : ALABARDA SPAZIALEEE!!! DOPPIO MAGLIO PERFORANTE!!! Tutto questo rimane anche a distanza di anni. Questa si chiama magia ed è bello poter far conoscere questi prodotti intramontabili anche alle nuove generazioni tramite l’immediatezza di YouTube. Forse un giorno toglieranno anche questa possibilità ma allora ci sarebbe davvero da prendere l’alabarda spaziale e far volare un po’ di teste.

 

0 Perché quelle strane gocce di sangue sul corpo di Jennifer? (1972)

Trama: in un grande condominio della capitale avviene tutta una serie di omicidi di belle e giovani donne. Chi sarà l’assassino?

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Roma. Quartiere anonimo, a prima vista periferico. Una donna entra in una cabina telefonica e dopo una breve e apparentemente normale telefonata entra in un anonimo condominio più simile ad un ufficio che ad un’abitazione. La gente entra ed esce dall’ascensore finché la ragazza rimane da sola col suo destino, materializzatosi nei panni di un serial killer che dopo averle piantato un coltello nel cuore si dilegua nel nulla. E’ il primo di una serie di omicidi che coinvolgono via via donne sempre più belle e discinte, libertine e aperte alla vita e alle esperienze che il mondo può offrire. La polizia brancola nel buio mentre le morti e le aggressioni continuano a concentrarsi nei dintorni del condominio e soprattutto al ventesimo piano di quest’ultimo, abitato dalla bella Jennifer una modella col volto della procace Edwige Fenech, da una strana vecchia e dal figlio sfigurato, e da un padre e sua figlia.

Tutto questo intreccio vive a volte di incongruenze e di scelte stilistiche abbastanza ingenue ma coinvolge e si fa apprezzare come uno dei migliori esempi di thriller all’italiana. La cifra rimane sempre quella del sexy noir com’è tipico degli anni 70 ma in realtà si avverte anche uno studio profondo nella creazione della trama e del suo svolgimento, tanto da avvicinare questo film alle migliori creazioni di Dario Argento. A dire la verità alcune inquadrature, soprattutto una (Jennifer che scappa lungo un corridoio nel seminterrato dove ci sono le caldaie), mi hanno ricordato alcuni grandi film horror statunitensi appartenenti però al decennio successivo. Immancabili poi le zoomate avanti e indietro e gli intensi primi piani sia sui volti che sugli oggetti che nell’idea del regista volevano con tutta probabilità creare il classico effetto panico/tensione sullo spettatore.

Ogni volta che mi imbatto in film di questo periodo e soprattutto di questo genere (ora così lontano dall’attuale produzione italiana) mi si stringe il cuore. Il motivo è semplice: a distanza di 40 anni se ne apprezza l’originalità e la potenza espressiva. Si aveva il coraggio di cimentarsi in imprese titaniche come fronteggiare la corazzata cinematografica americana col risultato che le sale dei cinema erano piene cosa che ora sembra un vero e proprio miraggio. Non siamo davanti ad un film d’autore e certo anche allora la critica era stroncante nei confronti di opere del genere ma questo quanto conta e quanto ha contato ai fini degli incassi? Niente e infatti proprio grazie all’esistenza di film di questo tenore possiamo annoverare nella nostra tradizione cinematografica cult movie di questo tipo che regalano momenti di nostalgia, divertimento e tensione.

VOTO 7   

martedì 13 novembre 2012

0 Yuppies (1986)

Trama: quattro amici, tutti professionalmente affermati, trascorrono le loro giornate tra donne facili e avventure di una notte, tra ristoranti fuori porta per non farsi scoprire dalle mogli e localini alla moda…

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Siamo nel pieno degli anni 80 in una Milano da bere che trasmette in ogni fotogramma l’idea di benessere e vita da nababbi. Questo film visto in un’epoca di crisi economica come quella che stiamo vivendo sembra quasi fantascienza piuttosto che una classica commedia all’italiana. I simboli di quel periodo sono rappresentati da personaggi quali Gianni Agnelli che per i quattro protagonisti (un notaio, un venditore di macchine, un dentista e un pubblicitario) è un vero e proprio modello sempre presente nelle loro vite e nel loro stile (vedi l’orologio sul polsino della camicia). Poi ci sono le immancabili e odiose pellicce indossate da ogni donna che compare nel film e per fortuna almeno questo moda è pressoché scomparsa, il che non può che farmi piacere. Poi i primi cordless, scatoloni giganti e grigi che all’epoca erano in possesso solo di gente ricca e facoltosa. Immancabile anche Cortina, meta preferita dei film dei Vanzina e luogo tipico dell’alta borghesia italiana. Tutto questo ma soprattutto la bellissima colonna sonora rappresenta un pezzo di anni 80 che suscita nostalgia in chi quest’epoca l’ha vissuta e apprezzata e quindi mi sento di consigliare questo film a tutti gli appassionati di quel decennio.

Per il resto posso dire che a me il film è piaciuto molto per molti motivi. Credo che i fratelli Vanzina, in quel periodo (che per loro ha rappresentato una vera miniera d’oro) fossero piuttosto ispirati e capaci di realizzare prodotti che a distanza di anni si fanno ancora apprezzare dai cultori del genere ma anche da chi tutto sommato preferisce film culturalmente più elevati. Le storie ci sono e seppure cadono spesso nei luoghi comuni più beceri, riescono spesso a far davvero sorridere e a volte anche a far proprio ridere di gusto. La volgarità se c’è è piuttosto leggera e non fastidiosa, elemento non da poco quando si parla di questo tipo di commedia che dagli anni 90 in poi ha creato solo spazzatura.

Immancabili poi i tormentoni di tutti i personaggi che pescano sia da Drive in (Ezio Greggio e Vastano) ma anche dal repertorio decennale di alcuni attori quali Boldi e Calà. Tutti sono in forma e capaci di offrire gag piuttosto gustose e divertenti nella loro semplicità. Io poi ho un’ammirazione smodata per il grande caratterista Guido Nicheli (purtroppo scomparso di recente), capace di interpretare il classico riccone milanese senza suscitare antipatia o fastidio. Le donne invece sono da dimenticare in tutta fretta e mi riferisco a Corinne Clery e Federica Moro (questa addirittura doppiata come era comune in quel periodo) che recitano in modo abbastanza piatto e monocorde.

VOTO 6,5 

venerdì 9 novembre 2012

0 X-Factor 2012–Pagelle Quarta Puntata

Romina: canta un pezzo storico ma lo fa utilizzando la prima persona, scelta che a mio parere snatura e rovina totalmente il brano. L’intonazione non è delle migliori. La sua eliminazione dimostra quello che disse Morgan “se canta quello che vuole cantare viene sicuramente eliminata”. Voto: 5,5

Ics: canta uno di quei brani che hanno fatto la storia della discomusic anni 80. Nessun problema col tedesco e inserto in italiano veramente in palla. Il suo modo di ballare stupisce sempre più così come il suo stare sul palco: veramente eccezionale. Voto: 7,5

Chiara: fantastica donna che impreziosisce un brano leggendario degli Europe. La rilettura in chiave tangueira è qualcosa di assolutamente strepitoso che meriterebbe un ingresso immediato tra i brani scaricabili da Itunes. La sua voce non sbaglia una nota e continua inesorabilmente a far sognare. Unica nota negativa il new look che la rende del tutto simile a Sarah Ferguson. Peccato perché quell’aria da bionda nel paese delle meraviglie la rendeva ancora più speciale. Voto: 8

Davide: canta Giorgia e la rovina. Oltre agli evidenti deficit tecnici dimostra ancora una volta di essere un blocco di marmo poggiato sul palco. Una pietra ha più espressività. Voto: 4

Daniele: il look Freddy Mercury lo rende simile ad un quattordicenne. La sua esibizione non ha inciso granché tanto che finisce al ballottaggio meritando comunque di rimanere in gara ma solo per la discreta performance che offre nelle fasi concitate della possibile eliminazione. Il suo repertorio è un altro, chissà se la Ventura ha recepito il messaggio. Voto: 5,5

Freres Chaos: ok che il brano era sconosciuto ma nonostante questo la loro esibizione è veramente raffinata aiutata anche da una buona messa in scena che in certi casi salva da pericolose cadute. I due sono sempre molto gelidi e pochissimo pop, forse non arriveranno alle battute finali ma già il fatto che siano ancora qui dimostra che a casa il genere alternativo non dispiace. Voto: 7

Donatella: vengono eliminate ingiustamente perché ritengo come Arisa che potessero diventare qualcuno nel mondo della pop music italiana e internazionale. Sono talmente pop, fresche, dance e con un’immagine fortissima che stupisce vedere come a casa si preferisca ancora una volta il vecchio ad una ventata di aria nuova. Peccato. Voto:7

Yendri: nella sua manche aveva cantato bene e non meritava il ballottaggio ma in ogni caso nella lotta con le Donatella doveva uscire. Il suo modo di cantare è internazionale ma anche fortemente convenzionale. Ecco perché non penso avrà vita lunga all’interno di un programma in cui stanno venendo fuori elementi di forte rottura col passato. Voto: 6

Cixi: la ragazza è stata capace di emozionarmi. Sarà quel semplice gesto di togliersi gli occhiali all’inizio dell’esibizione o il racconto della sua adolescenza difficile ma stavolta lascia il segno. La sua esecuzione non è perfetta ma proprio per questo sembra ancora più sofferta e bella. Voto: 7

Nice: mi ripeto per l’ennesima volta, non mi piace. Non ha niente di particolare, è assolutamente piatta e con una voce che non è neppure in grado di controllare efficacemente. Voto: 5,5

 

0 Tokyo godfathers (2003)

Non sono un’esperta di lungometraggi giapponesi e in effetti questo è il primo film che mi capita di vedere. In realtà ciò che mi ha sempre tenuto un po’ lontana da questo genere è stata la paura dei tempi morti, dei grandi silenzi e in generale di tutto quell’apparato di tecnica raffinata (e perciò elitaria) del mondo cinematografico nipponico. Fortunatamente questa volta mi sono lasciata trasportare dall’istinto e grazie a ciò ho potuto ammirare un gran bel film dal sapore magico.

L’autore di questo bel lavoro è il maestro Satoshi Kon scomparso prematuramente ma molto amato dai suoi numerosi ammiratori. La storia si svolge in quel meraviglioso periodo dell’anno che va da Natale a Capodanno e vede come protagonisti tre simpatici antieroi rappresentati da Hana, un travestito dal cuore nobilissimo e dalle espressioni facciali assurde e indimenticabili, Gin, un alcolizzato di mezza età che per colpa del gioco ha perso casa lavoro e famiglia e infine la giovane Miyuki, scappata da casa. I tre vivono alla giornata fino a quando trovano per caso una culla con una neonata dentro e proprio nella Santa Notte. Hana se ne innamora perdutamente e non accetta di portarla alla polizia ma convinta dai due amici decide di mettersi alla ricerca dei suoi genitori. Ecco così che inizia un bellissimo viaggio notturno nella fantastica città di Tokyo tra le sue mille luci e i suoi quartieri caratterizzati da un connubio tutto speciale tra antico e moderno.

Il viaggio è lungo una settimana e lascia dentro i suoi protagonisti sensazioni nuove e strane. Tutti in un modo o nell’altro incontrano il loro destino finendo per risolvere i propri problemi grazie all’intervento della Provvidenza o semplicemente per caso. Conoscono persone nuove o rincontrano parenti e amici che pensavano di non rivedere più.

Per me è stata un’esperienza molto positiva nel mondo dell’animazione giapponese soprattutto perché ho molto apprezzato la scelta da parte dell’autore di sposare la sensazione di magia e casualità che accompagna i protagonisti con una forte dose di realismo (vedi per esempio la sparatoria, l’allattamento della neonata, la descrizione del degrado sociale, i dialoghi e tanto altro ancora).

VOTO 7

sabato 3 novembre 2012

2 X-Factor 2012. Pagelle Terza Puntata

Romina: l’inizio è veramente da brividi. Brividi di disgusto si intende. Fortunatamente ci viene svelato che si è trattata di una scelta del tutto volontaria e suicida da parte di Miss Pignattara 2000. Rimane in gara immeritatamente soprattutto le pessime prove offerte anche durante la sfida del ballottaggio. VOTO 4,5

Chiara: è talmente brava che stavolta la sua esibizione passa sotto silenzio. Nessuno si aspetta che sbagli e così è davvero come quei ragazzi che sono geneticamente secchioni e vengono trascurati a vantaggio dei meno bravi. A noi a casa invece il brivido di piacere rispunta sempre e anche in questo caso (con un brano celeberrimo riarrangiato tanto da renderlo quasi irriconoscibile) l’applauso scatta spontaneo. VOTO 8

ICS: stavolta era alle prese con il rock pesante e riesce anche questa sera a portare a casa il risultato. E’ bravo, umile, creativo..cosa chiedere di più? Gli inserti rap sono ancora poco intelligibili ma certo la metrica, il fiato e i 4/4 a volte non aiutano. VOTO 6,5

NICE: odiava la canzone giudicandola da balera dall’alto del suo trono del nulla più completo e così combina un vero e proprio disastro. Per favore urge al più presto un bel bagno di umiltà!!! Antipatica odiosa capricciosa e viziata perfetta per la parte di Iriza in Candy Candy. VOTO 3

CIXI: per la prima volta mi ha convinto. Ha fatto una buona performance e per fortuna non ha stravolto il brano originale. Dovrebbe cantare solo in inglese e tenersi lontana dagli esperimenti cixiani. Da correggere il pessimo vizio (italiano) di parlare di se stessa in terza persona. VOTO 6,5

YENDRI: cresce di serata in serata. Continuo a pensare che abbia tanto stile e un timbro veramente internazionale. La migliore della sua categoria anche dal punto di vista semplicemente umano. VOTO 7

FRERES CHAOS: l’esperimento movimento e rinnovamento è riuscito. Sono usciti dalla criogenesi e hanno finalmente mostrato i loro vent’anni. Molto sciolti e coinvolgenti. VOTO 7

DONATELLA: piacevoli a livello estetico, musicalmente inesistenti: le carriere si costruiscono anche così. Nonostante ciò l’esibizione di stasera mi è piaciuta. VOTO 6,5

DANIELE: le sue probabilità di mostrare che ha talento si sono ormai ridotte al lumicino nel senso che è la terza esibizione che stecca. Ha evidenti limiti vocali, non ha qualità tecniche e non riesce mai a entrare nei brani che canta. Non basta fare l’espressione truce per mostrare personalità. VOTO 4,5

ALESSANDRO: il migliore della sua categoria finisce per essere eliminato. Potenza dell’ignoranza e della poca lungimiranza della Ventura che pecca del fatto di non averlo fatto entrare nel programma da subito. Inoltre non si può assegnare alla prima prova un brano sconosciuto ai più e assolutamente piatto. VOTO 6

DAVIDE: rovina clamorosamente il bel pezzo delle Vibrazioni. Lo trasforma in un brano da karaoke e non gliene se ne può fare una colpa. Continua a fare delle variazioni disarmoniche e a cantare in modo dilettantesco. E’ intonato ma senza personalità. VOTO 5,5

   

  

giovedì 1 novembre 2012

0 Harley Davidson & the Marlboro Man (1991)

Alla fine dei 90 minuti del film posso dire “mi sono divertita”. Niente di più niente di meno. Non siamo davanti ad un capolavoro ma ad un onesto film che mette in mostra due tra gli attori che in quell’epoca facevano stragi di cuori: Micky Rourke e Don Johnson. Entrambi ancora di bell’aspetto e con la tempra di due giovani trentenni in sella a Harley Davidson impolverate e fracassone.

La trama non è chiarissima: Harley e Marlboro sono due amici di vecchia data che decidono di mettere a segno un colpo da due milioni e mezzo di dollari per continuare a pagare l’affitto del locale in cui sono cresciuti e hanno bevuto e fumato le loro prime sigarette. L’obiettivo non viene raggiunto in quanto il camion porta valori che decidono di assaltare in realtà è carico di una nuova droga la Cristal qualcosa. Quando scoprono che il malloppo consiste in sostanza fluorescente si scatena contro di loro una violenta rappresaglia da parte degli spacciatori che intendevano vendere la Cristal. Così i due scappano per la California per mezzo di aerei e treni fino a decidere di tornare a Los Angeles per uccidere i loro nemici colpevoli di aver fatto fuori i loro migliori amici.

Tutto questo casino si risolve in tante battute e in momenti melodrammatici che c’entrano poco col contesto e quelle che sembrano le intenzioni iniziali del regista sempre indeciso se puntare sul mondo misterioso e affascinante dei bikers o sulle gag tra i due scanzonati protagonisti. Mickey Rourke viene mixato e shakerato in modo da essere a metà tra il duro e l’idiota e Don Johnson è anche lui una sorta di antieroe scalcagnato ma efficace.

Alcune scene sono però abbastanza memorabili come quella del tuffo in piscina da un’altezza di un centinaio di metri. Roba da nulla per due duri come Harley e Marlboro ma impossibile (credo) nella realtà…e forse per questo emozionante per me che soffro di vertigini praticamente da sempre.

VOTO 6,5 

venerdì 26 ottobre 2012

2 X–Factor 6. Pagelle Seconda Puntata

La puntata è stata leggermente più viva di quella precedente anche se continuo a sostenere che le maratone di tre ore e rotti non sono sopportabili dai comuni esseri umani.

Come al solito:

LODI:

- Morgan. Sempre ironico, spiazzante, lucido e intelligente.

- Luca Tomassini. Ha salvato il deretano alla maggior parte dei concorrenti di stasera. Messe in scena da urlo. Plausi.

 

CRITICHE:

- Scelta delle canzoni (non tutte per fortuna)

- Il termine “credibile” nei commenti dei giudici

- I brani a cappella dei candidati all’eliminazione

 

CHIARASomewhere over the rainbow”: pelle d’oca su tutto il corpo. Il termine fenomenale o perfezione assoluta non renderebbe comunque giustizia ad una ragazza che ogni volta che apre bocca riesce a far sorridere e allo stesso tempo a far emozionare. In questo caso non c’è stato l’aiutino della scenografia o dei costumi. Il merito è tutto della pulizia vocale di questa stanga di donna che è riuscita a interpretare con stile e personalità uno dei brani più belli e celebri della storia della musica mondiale (il commento della Ventura sul fatto che si trattasse di una canzone del 1939 come se fosse un peccato mortale è davvero da censura…ma soprassediamo). VOTO 10

ICSWhite lines”: è ufficiale, amo questo stranissimo esemplare di essere umano. Mi piace il suo modo di muoversi (leggiadro come una libellula) che è tutto il contrario di ciò che ti aspetteresti da uno con gli occhiali a fondo di bottiglia, il codino unto e l’espressione da bradipo. E non è tutto, ha un senso del ritmo che fa paura. Il brano era uno dei pezzi leggenda del rap americano e lui lo porta a casa con simpatia e impegno. Continuo a perdere metà delle parole dei suoi strani testi ma il ragazzo ha tempo e si farà. Ha anche un timbro particolarmente interessante (ovviamente nel campo del rap e non in generale). VOTO 6,5

ROMINAThe voice”: cantare canta bene, ha un look sicuramente d’impatto e la messa in scena era particolarmente buona. Rimane la sensazione (mia personale) che continui ad avere dei momenti di defaillance durante l’esibizione come se a tratti non fosse del tutto convinta di quello che sta facendo. Inoltre nella fase del commento dei giudici è sempre troppo spaventata per una che ha alle spalle un Sanremo e una lunga gavetta a fianco di cantanti importanti. La trovo irrimediabilmente servizievole e poco conscia delle sue qualità vocali. Dovrebbe smettere i panni della miracolata e indossare quelli della guerriera. VOTO 6

AKME’Voglio vederti danzare”: non sono sbocciati e infatti vanno a casa prematuramente. Il brano era bellissimo e difficile ma sono convinta che la scelta non fosse sbagliata. Ciò che è mancata davvero è stata la convinzione da parte del gruppo stesso, troppo preoccupato di mettere in mostra anche il lato maschile della band invece di avvantaggiarsi delle grandi potenzialità vocali della ragazza. La parte iniziale, quasi parlata, è stata orrenda. L’assolo della giovine Rosa troppo pretenzioso. L’inciso andava liberato da quelle catene minimaliste e lasciato scorrere liberamente. Peccato. VOTO 5

DONATELLALamette”: brano fantasticamente trash e rockettaro come era tipico di Rettore (una con una voce inconfondibile e inimitabile). Il coefficiente di difficoltà era piuttosto basso ma le due gemelle hanno comunque preso a bastonate le sette note musicali lasciando intravedere solo un minimo di potenzialità nella sorella brunetta. Non sanno cantare e lo sappiamo tutti ma hanno davvero un’immagine fortissima che stranamente conquista anche chi (come me) le trova musicalmente pessime. Vanno avanti grazie ai magnifici costumi e alla rappresentazione scenica degna del miglior videoclip musicale anni 80. VOTO 5

FRERES CHAOSCrystalized”: ho come la forte sensazione che ci troviamo davanti ai redivivi Kymera che andarono parecchio avanti nella gara nonostante i loro evidenti limiti vocali. Li premiò l’aspetto volutamente ambiguo e lo stile decisamente etereo. In questa edizione si sta assistendo alla stessa scena ma con protagonisti diversi. Trovo che non siano dei fenomeni (nonostante il fratello maschio si autocelebri in continuazione) ma vanno avanti spinti dalla pruderie dello spettatore spaccato a metà tra il sospetto e l’interesse. Non dico di più perché siamo in un periodo in cui noi blogger rischiamo di vederci accusati di diffamazione in ogni istante e quindi meglio evitare persino ciò che vedrebbe anche un cieco (riguardatevi Mi sono innamorato di te dell’esibizione a cappella). VOTO 5

DANIELEMadness”: anche stavolta ascoltiamo uno dei brani presenti nella playlist della Ventura. Non era il brano adatto al timbro vocale di Daniele ed è un peccato perché continua a rimanere un talento nascosto grazie alle scelte dozzinali del suo giudice. Vorremmo sentire un bel brano rock uscire dall’ugola di questo ragazzo ma penso che rimarremmo al palo ancora per molto (così com’era accaduto l’anno scorso con Francesca, uscita solo alla distanza). Un’esibizione senza brividi. VOTO 5,5

DAVIDEIris”: il ragazzo non ha una brutta voce ma secondo me è evidente che non è nato per calcare un palcoscenico. E’ impacciato e come giustamente dice Morgan è monolitico, un pezzo di pietra che non si muove e non comunica. Canta e basta. Canta con limiti dati dall’inesperienza e così le variazioni che tenta di mettere in piedi finiscono per risultare fastidiose e inappropriate. VOTO 5,5

CIXITutto l’amore che ho”: Jovanotti non si tocca. Impossibile riprodurre i suoi brani che tra l’altro risultano credibili solo se cantati da lui. Cixizzarli è un peccato mortale se non proprio una bestemmia soprattutto se parliamo di una che sino a due settimane fa si esibiva da casa sua attraverso un canale di youtube. Questa ragazza non ha umiltà ed è supponente così come l’altra sua compagna di reparto. Meritava il ballottaggio. VOTO 4,5

NICE “Lonely boy”: bella voce ma le emozioni sono un’altra storia. Fredda, glaciale, poco empatica. La modestia poi sta proprio da tutt’altra parte rispetto a lei. VOTO 6

YENDRI Call me maybe”: all’inizio è un po’ svasata. Quasi non sembra cantare ma solo aprire la bocca senza emettere suono. Poi si sveglia e sentiamo per la prima volta la sua voce che è piacevole e molto in linea con ciò che era chiamata a cantare. Mi è piaciuta e dimostra di imparare dagli errori. Inoltre è molto umile e capisce che per continuare la sua avventura deve sudare due camice di più rispetto alle sue antipatiche compagne di reparto. Timbro internazionale degno del più classico r’n b’ americano. VOTO 6,5 

 

 

 

 

 

 

giovedì 25 ottobre 2012

0 Come d’incanto (2007)

Trama: Andalasia mondo delle fiabe. Giselle è una ragazza in cerca dell’amore del principe dei suoi sogni, Edward, ma la matrigna del giovane non può permettere che i due si sposino e così spedisce la giovane donna nel mondo reale facendola precipitare in un pozzo che sbuca a New York…

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Immaginate una bellissima torta ricoperta di panna montata e fragole. Esteticamente perfetta e il gusto? Buono, ottimo, ma solo se non ne fai indigestione perché allora diventa immediatamente stucchevole e nauseante.

Questo film è una di quelle pazzesche creazioni dolciarie americane che a prima vista ti sembrano il massimo ma che nella sostanza mancano di sapore o che al contrario sono troppo piene di ingredienti che le rendono pesantissime. Non si tratta di un brutto film, anzi. Una bambina lo troverà magnifico e magico, così come tutte quelle persone che amano il romanticismo e si beano di canzoni dolciastre e situazioni amorose. Per tutti gli altri sarà solo il classico film che mescola animazione a personaggi reali (di recente un esempio mediocre è stato offerto da I Puffi per esempio). Non rimane impresso se non per l’incredibile somiglianza tra i personaggi del cartone animato e gli attori su cui sono stati ricalcati (tutti con dei tratti effettivamente fiabeschi).

Molto carine poi tutte quelle gag che prendono in giro gli elementi tipici di alcune celebri fiabe disneyane, vedi per esempio il momento in cui Giselle per fare ordine nella casa di Robert canta e richiama tutti gli animali urbani (tutti evidentemente lontani dalla tradizione dei boschi delle fiabe: blatte, topi di fogna, piccioni). Molto brava poi la protagonista Amy Adams che ha studiato molto bene i movimenti e la gestualità di tutte le principesse dei cartoni animati e li ha riprodotti in modo pressoché perfetto.

Insomma il film è carino ma niente per cui strapparsi i capelli,

VOTO 6,5

sabato 20 ottobre 2012

0 5 bambole per la luna d’agosto (1970)

Trama: un gruppo di ricconi con mogli discinte decide di trascorrere qualche giorno in una villa situata in un’isola deserta. Non sanno che tra poco li raggiungerà la morte nelle vesti di un misterioso serial killer…

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Il film è diretto dal maestro del thriller Mario Bava che in seguito pare abbia dichiarato il suo odio proprio per questa inverosimile pellicola.

Penso che questo tipo di film abbia bisogno di un approccio rilassato e di larghe vedute da parte dello spettatore nel senso che chiaramente è meglio non farsi circuire dalla dicitura thriller affianco alla descrizione del film perché chiaramente si rimarrebbe parecchio delusi. Ormai siamo abituati ad un genere thriller che presenta un intreccio fortemente logico e ad incastro perfetto…per farla breve tutto ciò che capita all’interno della storia ha un suo senso preciso che seppur imperscrutabile all’inizio diventa chiarissimo sul finale. In questo caso tutte queste norme vengono meno per lasciar spazio ad una trama che presenta molte falle e che proprio per questo motivo spinge lo spettatore a perdere interesse dopo poche sequenze.

Ricordiamoci però in che anni siamo. Gli anni 70 sono quelli che vedono spopolare al cinema la commedia all’italiana fatta di seni al vento, belle forme e donne truccatissime e disponibili. Questi elementi trovano ampio spazio all’interno di 5 bambole per la luna d’agosto. Non mancano le allusioni sessuali, la donna oggetto ma anche la donna cacciatrice e persino la relazione lesbo (anche se quest’ultima è solo accennata in una sorta di via di mezzo tra l’idea di trasgressione e la paura della censura). In mezzo a tutto questo trova spazio tutta una serie di elementi gialli e horror come le uccisioni violente, il sangue e i corpi dei cadaveri appesi a ganci nella cella frigorifera proprio accanto ad un grosso quarto di bue. Siamo insomma nell’ambito del trash più puro ed è proprio questo che rende questo film un piccolo cult movie per gli appassionati della cinematografia italiana anni Settanta. I mezzi erano pochi, il cast è rappresentato da un gruppo di volti poco noti se escludiamo Edwige Fenech per una volta lontana dalla commedia sexy (eppure vicinissima proprio per gli elementi di cui sopra), nessuno spicca e tutti compiono azioni illogiche. In fondo è divertente e rappresenta un esperimento curioso e a suo modo autoironico perché davvero non si può credere che il creatore della sceneggiatura (Mario di Nardo)ritenesse razionale ciò che aveva scritto a meno che non fosse in preda ai fumi dell’alcol.

La regia insiste molto sui primissimi piani e sulle zoomate in avanti e indietro, scelta stilistica che genera solo un forte senso di nausea (siamo lontanissimi dalla suspense hitchcockiana). I raccordi sono anch’essi illogici così come il passaggio dal tramonto alla notte più fonda nello spazio di due inquadrature.

VOTO 5       

 

venerdì 19 ottobre 2012

2 X-Factor 6. Pagelle Prima puntata

La serata in generale è stata un po’ pesante e lenta con brani banalissimi.

Note di merito:

- il bravo Cattelan che però a volte assume un po’ il ruolo ingessato del caposcuola (come già capitò al Facchinetti junior)

- il ritrovato Morgan finalmente lucido e presente e con qualche lodevole stilettata alla Ventura

- alcune coreografie di Luca Tommassini

Note di demerito:

- l’ignoranza della Ventura che continua ad assegnare ai suoi toyboy le (brutte) canzoni presenti nella playlist del suo ipod e che esprime giudizi di merito da far accapponare le basette oltre che i peli delle braccia al povero spettatore

- l’eccessiva lunghezza della trasmissione

Passiamo alle pagelle della serata

ICS “Sex Machine”: il primo rapper a comparire sul palcoscenico di un talent show. Per la vecchia scuola dell’hip hop italiano sarebbe stato pari a un calcio nei denti ma ora che le regole dello showbiz sono cambiate diventa persino accettabile  vedere dimenarsi su questo palco lo strano essere dall’occhiale a fondo di bottiglia e l’espressione da vero nerd. Non sa cantare ma sa rappare anche se capire quello che dice diventa un’impresa eccezionale. Rivoluziona un brano immortale e si diverte da matti. Sarò pazza ma a me è piaciuto. VOTO 7

NICOLA “Io vivrò (senza te): agli home visit ha dimostrato di non essere un fenomeno ma per uno strano caso del destino eccolo comparire davanti ai nostri teleschermi. Notata la somiglianza (ma davvero?) con Battisti la Ventura da vera manager del nulla cosmico decide di imporgli un brano che nelle sue fantasie più recondite dovrebbe esaltarne le peculiarità vocali. Peccato che il tizio col riccio monoblocco manifesti un’assoluta incapacità vocale e interpretativa. Il brano di Battisti diventa la base per delle evoluzioni vocali che persino Giorgia sembra aver lasciato nel cassetto da circa dieci anni. Vecchio e sorpassato, non pervenuto nelle note basse e barocco in quelle alte. VOTO 4,5

CIXI “You’ve got the love”: approdata dai video di YouTube direttamente su un palco più grande della sua solita cameretta. Sembra nata per svolgere questo mestiere e già questo la rende antipatica. Non trasmette emozioni. Gelida nella sua algida perfezione. VOTO 6

AKME “My kind of love”: un gruppo vocale dove la voce femminile è oggettivamente regina incontrastata, accompagnata in modo intelligente e piacevole dai due maschietti più indietro. Il timbro della ragazza è di una bellezza struggente anche se il brano è così così. Rimandati alla prossima puntata con un coefficiente di difficoltà più elevato. VOTO 6,5

DANIELE “Strange world”: l’ex bimbo di Ti Lascio una Canzone è diventato un nano da giardino platinato. La timbrica è interessante ma ad uno con la voce che graffia non puoi assegnare un brano che gioca tutto sul falsetto dell’interprete originale. La voce si spezza continuamente ma povero figliolo non è certo colpa sua. Abbastanza disastroso (un po’ come quel bistrot negli occhi che è passato di moda da un beeel po’…ma chi glielo dice alla Mona?) VOTO 5

CHIARA “Purple rain”: la ragazza è quel che di meglio ci può offrire questa edizione di X-Factor. La sua personalità  stralunata, quel suo essere un pochino goffa e quella magnifica voce che si ritrova la rendono la punta di diamante della trasmissione. Ha uno stile personale e una naturalezza nel cantare che non ha davvero eguali. Il brano era estremamente difficile ma lei lo rende persino più bello dell’originale. VOTO 7,5

DONATELLA “Time bomb”: ok che sono oggettivamente carine e che i loro visi perfetti si sposano alla perfezione con la telecamera ma come si può pensare di trasformarle in cantanti? Sembrano quei gruppi finti degli anni 80, quelli che in seguito si scoprì che cantavano in playback perché avevano delle voci pietose ma un’immagine che spaccava. Loro cantano o se preferite smiagolano con le loro vocette da Paola e Chiara su una base che si alza per coprire più che è possibile le loro carenze vocali ma si arenano velocemente. Disastrose. VOTO 4

YENDRI “Per sempre”: ecco un’altra che non ci doveva essere ma misteriosamente c’è. Come mai? Sarà mica colpa dell’aspetto fisico? Saranno le qualità vocali (non pervenute)? Sarà quel che sarà eccola qui a imitare la Zilli senza essere la Zilli. Una pedissequa imitazione che lascia piuttosto indifferenti. Persino lei sembra chiedersi come cavolo è arrivata fino a lì e quello sguardo tristemente smarrito da cerbiatta sudamericana non ci rinfranca per niente. Scialba e piatta come i suoi capelli piastrati. VOTO 5

ROMINA “Duel”: riciclarsi fa quasi sempre bene soprattutto dopo che il tuo didietro sente ancora i dolori per il calcio in culo subito in seguito alla sterile partecipazione sanremese. Lei si affida alle abili mani di Morgan che ne vorrebbe fare una cantante elettropop e alle forbici del parrucchiere di Tomassini che la trasformano in una Ivana Spagna anni 80. I risultati della suddetta manipolazione sembrano mostrare falle. Lei ci crede poco (chissà forse le costerà fatica uscire dal loft e andare a comprare due pomodori con quel taglio di capelli) e si sente. La voce c’è ma è abbastanza evidente che la sua strada è molto più tradizionale di ciò che le tocca cantare. Rimandata. VOTO 6

DAVIDE “A chi mi dice”: non si sa per quale arcano motivo noi dovremmo sentirci attratte/i dalla faccia da Topo Gigio che ha tanto colpito l’ormone invecchiato ma sempre vigile della Ventura. Il “caldaia” ci offre come gentile omaggio una performance degna del miglior cantante da matrimoni. Il brano è melenso, bruttissimo e lui lo canta come un Albano della Brianza. Peggio di così c’è solo l’inferno. VOTO 4,5

FRERES CHAOS: i fratelli più ambigui della storia della televisione affrontano il loro primo step con una canzone che ha furoreggiato per tutta la primavera e lo fanno da veri professionisti. Le loro voci si sposano alla perfezione e il loro modo di cercarsi risulta da una parte repellente e dall’altra assolutamente affascinante. Formano un connubio stravagante ma stranamente perfetto. Mi sono piaciuti tantissimo. Psichedelici e raffinati. VOTO 7,5

NICE "L’ultima occasione”: la voce c’è, inutile stare qui a negarlo ma se si cerca la freschezza e l’originalità non ci siamo proprio. Ha fatto una cover perfetta dell’originale di Mina. Stessa timbrica, stessa potenza, stesso trucco e parrucco. Peccato che non siamo da Carlo Conti. Fredda e impersonale. VOTO 6

 

 

 

 

 

 

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