sabato 26 dicembre 2009

0 Arbegas (1983). Natale tra metallo e poppe

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Che cazzo c’entra Arbegas con Natale? beh abbastanza, visto che sto trascorrendo i pomeriggi a seguire questa serie sul mitico Tubo, Dio e Salvatore dei nostri giorni e dei nostri truzzissimi ricordi. In realtà Arbegas non l’avevo mai sentito nominare e infatti scopro grazie alla sempre lodata Wikipedia che si tratta di un anime andato in onda in reti locali alla fine degli anni 80. La serie è composta da 45 episodi, la maggioranza dei quali è una cazzulata pazzesca. I nostri 3 eroi sono Daisaku, Tetsuya e Mizuki, studenti di una scuola specializzata in ingegneria robotica ma che non disdegna anche l’allenamento sportivo (tennis, calcio e judo). I tre hanno progettato 3 robot che vincono il premio come migliori strumenti nella lotta contro gli alieni Derinjer sempre pronti a sferrare attacchi alla Terra. I robot sono Alfa, Beta e Gamma (nero, blu e rosso) e possono combinarsi per attaccare con più efficacia (visto anche che presi singolarmente sono delle vere e proprie ciofeche). La combinazione più viulenta è il Dio Elettrico Arbegas che riesce sempre a risolvere le situazioni più spinose, anche se bisogna ammettere che spesso chi toglie le castagne dal fuoco è Gorirobot, progettato e guidato dal grosso e grasso Goro, un compagno di scuola dei tre innamorato pazzo di Mizuki. Se la parte robotica è alquanto dozzinale e monotona, lo stesso non si può dire nella parti più salaci del cartone animato, soprattutto quando riguardano la professoressa obesa, tettona e sessualmente maiala all’eterna ricerca di attenzioni maschili. Veramente divertente e molto nipponico, così come tutte le inquadrature delle mutandine delle varie ragazze che appaiono lungo la serie. I Giap hanno veramente la fissa per certe cose e anche qui non disdegnano una bella ravanata nelle perversioni sessuali dei loro conterranei. A loro faranno godere, a noi ci regalano una bella risata..senza censure grazie a Dio. Sicuramente si tratta di un anime che non avrebbe uno straccio di possibilità di figurare nelle reti italiane, sia per le succitate caratteristiche sia per la violenza che trasuda dalla lotta tra Bene e Male. Niente sangue ma la morte è presente nei vari attacchi terroristici dei Derinjer e spesso sono presenti parole come Maledetto e Bastardo, cosa assolutamente inaudita e inaudibile per il Moige. Perciò…Per me è una stronzata ovviamente. Se siamo cresciuti dritti è proprio grazie a questi cartoni animati che ci offrivano stralci di verità in mezzo a contenuti fantasiosi. C’erano valori e principi morali che ci portiamo ancora dietro noi degli anni 70, cosa che difficilmente potrebbe recepire il ragazzino deviato da facebook internet e cellulare. Insomma questo cartone animato non è certo tra le pietre miliari nell’enorme panorama di anime tradotto in lingua italica, però si fa apprezzare per piccole cose e anche perchè da molti è considerato uno dei primi esempi di cartone in salsa robotica. Il mio voto non va oltre una sufficienza risicata.  

giovedì 24 dicembre 2009

2 Vigilia di Natale 2009

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E’ Vigilia anche quest’anno. 365 giorni ad aspettare questo momento per poi arrivare alle 21.25 del 24 dicembre con lo stomaco già pieno e un rutto mal trattenuto tra le labbra. Eh sì ho già finito di cenare. Ogni anno a casa mia siamo sempre di meno: questa volta io e i miei abbiamo composto la Trilogia dell’Antinatale. Pigiama, pantofola, piatti semplici e poco numerosi e tanta troppa voglia di tornare ognuno al proprio loculo quotidiano. Alla veneranda età di 32 anni ho capito e assimilato un concetto importante: lo Spirito del Natale finisce nel momento stesso in cui le persone che ti circondano fanno diventare una festa un’abitudine sempre più priva di senso. Sono anni che mi rimbocco le maniche per mantenere in vita una tradizione a cui devo i giorni più belli della mia infanzia. Stavolta avevo le batterie ultra scariche e in tutta sincerità è la prima volta che mi capita di pensare : “Cazzo Non vedo l’ora che sia il 27”. Ho osservato tutto, dal Comune di Cagliari che ha deciso di non spendere il becco di un quattrino per le luminarie, al privato cittadino che piuttosto che spostare due scatoloni decide di non fare l’albero, ai negozi vuoti di gente, all’assoluta assenza di film di tema zuccherosamente natalizi in tv. Tutta Italia dice No al Natale. Io non faccio parte di questo sistema, ho sempre adorato questo periodo dell’anno, non ho mai sopportato chi detestava queste 2 settimane di buoni sentimenti e abbuffate. Poi è capitato quello che immagino capiti un po’ a tutti: all’improvviso e senza preavviso lo spirito del natale è sparito. Ho provato a recuperarlo ma penso che sia qualcosa che una volta che è andato via, non ritorna più. Dentro ho solo questa enorme nostalgia di momenti che mi hanno accompagnato per tanto tempo: l’attesa per i regali, la gioia nel vedere la famiglia riunita, lo splendore della tavola, mia nonna che cucinava prelibatezze insieme a quella che allora era la mia zia preferita, le palpebre sempre più pesanti verso le 23 e che magicamente si spalancavano nel corso della notte per l’eccitazione dell’apertura regali del 25 mattina, la mattina a casa di mia nonna con altri regali da scartare e tanti auguri da fare, le interminabili partite pomeridiane a Monopoli, le Tombolate, gli scontri a fuoco a Risiko, tutta quella frutta secca che ti faceva ruttare per due giorni di seguito, gli sms che continuavano ad arrivare per tutto il 24 e il 25, il film di Disney al cinema e tutto ma proprio tutto quello che ora non c’è più. Penso che le cose che più di tutte hanno distrutto il mio concetto di Natale sia stata la morte dei miei nonni e la consapevolezza che i legami di sangue si spezzano come niente una volta che il patriarca di famiglia passa a miglior vita. Ricordo grandi tavolate di parenti, tutti con quella ipocrisia tipica di chi tutto sommato può fare a meno di te per il resto dell’anno. Questi sono stati i Natali successivi a quelli buoni, li classificherei come un tentativo mal riuscito di creare atmosfere natalizie che non ci appartenevano. Sono durati pochissimo, ma ricordo bene il mio disagio e le domande inopportune di zie e cugini che non mi conoscevano affatto e che sicuramente non avevano una grande stima di quella ragazzina che amava troppo il nero e che parlava poco, pochissimo. Nonostante ciò anche allora era Natale. Certo, un Natale a mezzo servizio ma sempre Natale. Dopo quelle pantagrueliche cene andavo in terrazzo a fumare di nascosto dai parenti e nel freddo della notte ero comunque felice. Gli anni hanno cambiato parecchio le carte in tavola. Ci sono stati gli anni del cellulare con la casella messaggi intasata e anni come questo che è già tanto sperare in un sms di auguri da parte di quei pochi che hanno ancora il mio numero in rubrica. Non me la prendo, in fondo in fondo non è questo che ha rovinato una festa così ingombrante. Io sono una persona serena, soddisfatta e con molti progetti, non sono l’eterna depressa con una lametta sempre a un millimetro dal polso. La mia vita non si interrompe il 25 dicembre, direi che anzi riprende con più energia dal 26 di dicembre. L’amarezza è un sentimento con cui si impara a convivere con il passare degli anni, soprattutto quando si riesce a relegarlo ad un solo giorno all’anno. E’ un prezzo da pagare sicuramente accettabile. La vita cambia o meglio, sono le persone che hai intorno che iniziano a mutare e a menartela perchè sei ancorato a tradizioni del passato che sono adatte solo a chi ancora non ha la licenza media. Mia sorella ancora mi prende per il culo perchè da bambina avevo detto che avevo visto il profilo di Babbo Natale dietro la tenda. Avevo grande fantasia e capacità di sognare ma quella notte sono sicura di quel che avevo visto. Chissà magari è proprio per questo che mi è rimasta la fissa per il Natale e questa grande nostalgia di un tempo ormai lontano ma che potrebbe essere a portata di mano se la gente la smettesse di dire Ormai è Tardi passami il telecomando che vedo cosa c’è sul 5.

Buon Natale a tutti, a chi mi conosce, a chi sto sul cazzo, a chi ho lasciato qualcosa e soprattutto a chi come me, nonostante tutto, continua a Credere… 

martedì 22 dicembre 2009

2 Facebook e le rivelazioni di cui puoi fare a meno

 

C’è qualcosa di poetico nello scoprire matrimoni, figli, grandi svolte nella vita (altrui) grazie ad una sbirciata in un profilo aperto di facebook? forse sarò l’unica al mondo ma a me facebook mi fa sentire vecchia o perlomeno mi fa percepire in modo più violento il passare degli anni. Almeno prima mi potevo permettere di immaginare volti del passato cambiati ma sempre riconoscibili, ora invece mi appaiono davanti allo schermo teste calve o rughe profonde. Tutti hanno fatto carriera, non ce n’è uno che scrive nel profilo NON FACCIO UN CAZZO. Tutti laureati in università di prestigio, qualcuno è di sinistra (in modo ipocritamente borghese ahimè), molti sono Berlusconiani o ancora peggio della Fiamma Tricolore. A tutti vorrei lasciare un commento non tanto carino, giusto una strisciata di merda su porcellana pulita, ma poi dico: che cazzo mi frega se questo è un coglione fascista o se quella è diventata Barbie ciuccia sto cazzo?

Sia sempre lodato il basso profilo

 

sabato 19 dicembre 2009

0 Anna dai Capelli Rossi

 

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Anna dai Capelli Rossi è un Anime trasmesso per la prima volta in Giappone nel 1979 e giunto in Italia nel 1980 (Rai Uno e Rai Due). E’ composto da 50 episodi di una ventina di minuti ciascuno. E’ un adattamento dell’omonimo romanzo della scrittrice canadese Lucy Maud Montgomery.

Trama: ci troviamo nella metà del XIX secolo. Marilla e Mattew sono due fratelli in età che vivono ad Avonlea, un piccolo paesino del Canada dove conducono una vita semplice e solitaria nella Casa dal Tetto Verde. Da qualche tempo hanno deciso di adottare un bambino maschio in modo che possa aiutare nel lavoro dei campi l’anziano Mattew. Quest’ultimo si reca infatti alla stazione per andare a prenderlo. Qui però trova una bambina dai capelli rossi e dai grandi occhi verdi che sta aspettando proprio lui. Si tratta di Anna Shirley, un’orfana di 11 anni che è stata affidata per errore proprio ai Cuthbert. Mattew decide di portarla a casa per poi decidere che cosa fare insieme alla sorella. Anna durante il cammino non fa che parlare e parlare manifestando una grande ammirazione per i magnifici paesaggi che le si dipanano davanti e soprattutto un enorme felicità all’idea di poter vivere in quei luoghi. Una volta a casa, Marilla manifesta tutto il suo malumore per la sorpresa poco gradita: cosa può farsene di una ragazzina con la testa fra le nuvole? loro avevano bisogno di un maschio! Anna inizia a disperarsi perchè non vuole tornare in quel brutto e triste orfanotrofio o peggio ancora finire nell’ennesima famiglia con tanti figli e poco amore per lei. Marilla consente comunque a farla dormire a casa loro almeno per quella notte e poi l’indomani lei e la bambina si recano in paese per cercare di sbrogliare la matassa con colei che aveva proceduto alla richiesta di adozione da parte dei Cuthbert. Qui Marilla, capendo che il futuro di Anna sta per essere consegnato nelle mani di una donna senza cuore, decide di riportarla a casa e di prendersi cura di lei. Da qui inizia la storia di Anna, bambina ricca di fantasia, pasticciona, con la mania per le maniche a sbuffo e con un enorme cuore. Ben presto fa amicizia con Diana Berry, una bambina della sua età che abita poco distante dalla casa dal tetto verde. Diventerà la sua amica del cuore. Marilla inizialmente è molto severa con Anna, la rimprovera spesso per i guai che combina e per i suoi continui monologhi, conditi spesso dal riso o dal pianto più melodrammatico. Anna poi inizia ad andare a scuola e a socializzare con altri coetanei. Anche qui, inizialmente incontra delle difficoltà nella comprensione di diverse materie ma presto comincia a manifestare una grande propensione per gli studi che la faranno diventare la migliore della classe insieme al suo eterno rivale Gilbert (colpevole di averla presa in giro per i capelli rossi e da Anna mai perdonato sino all’ultimo episodio della serie). Intanto gli anni passano e i due fratelli Cuthbert sono sempre più legati alla non più piccola Anna. Arrivano infatti i 15 anni e tutto cambia in lei, dall’aspetto fisico sempre più da donna sino al suo carattere. Anna non è più quella bimba tutta chiacchiere e fantasia a briglia sciolta…è diventata seria, posata e taciturna. L’unico obiettivo che le riempie l’animo è l’ingresso in Accademia per cui studia duramente, arrivando a trascurare tutto il resto. Riesce ad essere ammessa e deve in questo modo allontanarsi per un anno dal suo paesino e dagli amati e ormai anziani Marilla e Mattew. L’anno trascorre tra gli studi sempre più duri e i continui attacchi al cuore di Mattew, i frequenti mal di testa di Marilla e l’adolescenza che sembra andare via come un battito d’ali. Gli esami finali premiano Anna con l’ulteriore possibilità di frequentare l’università con una borsa di studio. L’entusiasmo è tanto ma c’è anche la forte consapevolezza che per ben 4 anni dovrà stare lontana dal Tetto Verde e da tutto ciò che rappresenta. L’estate comunque la potrà trascorrere ad Avonlea per vivere gli ultimi 3 mesi con i suoi amati Marilla, Mattew e Diana. Inizia però la tragedia: la banca dove i Cuthbert tengono i risparmi di una vita fallisce e questo provoca l’ultimo fatale infarto al dolce e paterno Mattew. Il dolore è lancinante sia per la sorella sia per Anna, da sempre legatissima a quell’uomo così affettuoso ed in tutto simile ad un padre. Le cose però si mettono ulteriormente male quando Marilla, dopo una visita medica da uno specialista, viene a conoscenza del suo grave problema agli occhi che in pochi mesi potrebbe portarla alla totale cecità rendendola invalida sino alla fine dei suoi giorni. L’unica cosa che può salvarla è rinunciare al cucito e alla lettura, per lei le uniche due fonti di piacere. Inoltre, non potendo più occuparsi dei terreni e della casa è ormai decisa  a vendere le sue proprietà. Anna però ha deciso: rimarrà ad Avonlea e farà la maestra, rinunciando alla borsa di studio senza rimpianti ma con la serenità di aiutare la sua cara Marilla e di vivere per sempre nei luoghi da lei tanto amati.

Commento: di Anna dai capelli rossi conoscevo solo la sigla e qualche spezzone di puntata che mi capitava a tiro facendo zapping quando ero molto piccola. Cambiavo sempre canale perchè anche solo pochi istanti mi mettevano tristezza e non riuscivo proprio a capire cosa ci potesse trovare mia sorella più grande in quei pochi dialoghi e nelle espressioni sofferte di quei personaggi. Poi, un mese fa, un po’ senza pensieri e girando per Youtube scopro che esiste la serie completa. Decido di provare a vederla. Sin dalla prima puntata ne rimango assolutamente rapita, tanto da riuscire a vedere 50 puntate nel giro di 3 settimane. I disegni sono perfetti e realistici, niente a che vedere con le porcate che trasmettono ora. La caratterizzazione dei personaggi idem. La storia appassionante e piena di colpi di scena che farebbero invidia ad un film con attori in carne ed ossa. Le ambientazioni così come l’aspetto socioculturale sono estremamente curate e attendibili (dall’assenza di corrente elettrica, al lavoro nei campi, alle differenze tra ceti, alla scuola frequentata da studenti di anni diversi, al ruolo della donna). Il personaggio di Anna poi subisce un vero e proprio stravolgimento, all’incirca a partire dalle ultime 12 puntate. Non piacerà a tutti quel cambiamento netto dalla logorrea simpatica e adorabile, al mutismo e all’espressione da Maria Crocifissa. Io non l’ho capito del tutto e sono stata contenta che almeno nelle ultime due puntate qualcosa si sia smosso in lei tanto da farla tornare quasi simile alla ragazzina di un tempo. Inutile dire che ci sono puntate che fanno sorridere, altre che fanno piangere a dirotto. Io ho capito che questo cartone animato (a differenza di Candy) è legato molto all’età in cui lo si vede. Una bambina troppo piccola (come ero io ai tempi) non lo può apprezzare in tutte le sue sfumature. Bisogna aver vissuto almeno l’adolescenza per poter capire e se vogliamo soffrire ricordando le stesse esperienze che vive la protagonista (il passaggio dall’infanzia all’adolescenza per esempio, o la consapevolezza che certe cose non tornano più nonostante sembrassero eterne). Che dire? considero questa serie una delle migliori mai viste. Semplice, breve, intensa e imperdibile.

Voto: 10       

lunedì 14 dicembre 2009

0 Recensione 17 Again Ritorno Al Liceo (2009)

 

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Trama: Mike è un 37enne che lavora in un’azienda farmaceutica, sta per divorziare e non è amato dai suoi due figli. L’inzio del film ci regala uno sprazzo della giovinezza di Mike, precisamente il momento in cui, fresco 17enne campione di basket del liceo e con la possibilità di entrare a far parte di una grande squadra, molla tutto per sposare la sua ragazza, Scarlet, rimasta incinta. Mike, ormai cresciuto, non fa che rinfacciare alla moglie il rimpianto per aver gettato via la più grande occasione della sua vita e il risultato di tutto ciò è la ferma decisione di Scarlet di tornare libera dopo 20 anni di continue discussioni. Mike, costretto a trasferirsi a casa del suo ricco e svitato amico Ned, esprime per l’ennesima volta il desiderio di avere un’altra chance nella vita e di poter quindi tornare ad avere 17 anni. Uno strano bidello ascolta le sue parole e decide di accontentarlo: Mike ritorna ad essere un adolescente con la ferma intenzione di rifarsi di una vita a metà. Nella scuola alla quale si iscrive trova i suoi due figli e capisce che entrambi hanno bisogno di lui: Alex è bravo al basket ma è troppo insicuro e vittima delle prepotenze dei bulli della scuola, mentre Maggie ha una relazione burrascosa con il teppista della scuola. Riuscirà piano piano ad aiutare entrambi, entrando così in contatto anche con la moglie che non lo riconosce pur intuendo che in lui c’è qualcosa di familiare. Dopo varie vicissitudini e goliardate adolescenziali Mike torna a giocare la partita della vita, quella in cui deve dimostrare all’osservatore di avere le carte in regola per sfondare nello sport, ma anche stavolta abbandona la partita per inseguire la moglie e dichiararle il suo amore. Proprio in quel momento ritornerà alle sue fattezze di 37enne.

Commento: il film è carino e stento a credere che queste siano le mie parole visto che mai mi sarei aspettata di vedere una pellicola con Zac Efron protagonista. Ho sempre detestato quella sua faccetta di gomma che spuntava da qualunque rivista e quando ho visto che Mike giovane era interpretato da sua maestà Mister Teen Idol, ho un po’ storto il naso. Mi sono però dovuta ricredere perchè non so se fosse per la qualità generale del film (sopra la media di un film di serie B) o per la trama piuttosto coinvolgente, ma sto ragazzo in fondo in fondo non è così malaccio. Certo chi deve avere sofferto alquanto dello strapotere di Efron dev’essere stato il maturo e ingrassato Matthew Perry (l’ex Chandler di Friends) che riveste proprio una particina, in quanto il suo ruolo è quello di Mike adulto. Una cornice che tutto sommato offre la parte più debole del film. Le cose migliori infatti sono tutte nella parte centrale, dal momento in cui Mike torna a scuola con un taglio di capelli fuori moda a quando diventa un idolo per le ragazzine. Efron è anche molto autoironico pur sapendo benissimo che nella realtà lui non sarà mai lo sfigatello della scuola ma il più popolare e perfettino, quello con la ragazza più carina e la macchina figa. Il film ha certo attinto a piene mani sia da Big che da Ritorno al Futuro parte Prima: dal primo per il passaggio di età anche se nel film di Hanks il protagonista sogna di crescere e dal secondo per il contatto con i genitori che ignorano che quel ragazzo sia il loro futuro figlio (mitico tutto il passaggio in cui la madre di Marty finisce per innamorarsi di lui). Ci sta tutto perchè in fondo è sempre più difficile trovare qualcosa di nuovo da raccontare a livello di classica commedia americana. Insomma un film tutto sommato discreto pur nei suoi passaggi troppo melensi o troppo scontati.

Voto: 7   

domenica 13 dicembre 2009

0 Recensione Il Mago di Oz

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Trama: Dorothy è una bambina che vive nell’arido Kansas in compagnia degli zii Enrico ed Emma e del suo adorato cagnolino Toto. Un giorno un potente tornado sradica la sua casa proprio mentre lei e Toto sono dentro ed ecco che viene trascinata per molte leghe in mezzo al cielo sino ad atterrare bruscamente in uno strano posto. Un urlo di dolore accompagna la caduta. Subito dopo arrivano a fare la sua conoscenza una dolce vecchietta che si scoprirà essere la Strega del Nord e una rappresentanza degli abitanti del luogo ossia i Munchkin, i piccoli ometti che hanno come colore nazionale il blu. Tutti si complimentano con la bambina per aver ucciso la perfida Strega dell’Est, schiacciata dalla rovinosa caduta della casa. Di lei rimangono solo le sue Scarpe d’Argento che ora sono di proprietà esclusiva di Dorothy che le indossa immediatamente ignorando il loro grande potere. Ora l’unico pensiero della bimba è il ritorno a casa ma la Strega Buona non può far niente per aiutarla se non consigliarle di rivolgersi al grande Mago di quel paese, ossia il Grande e Terribile Oz che vive proprio al centro del Regno. Il Paese è governato infatti da 4 Streghe legate ognuna ad un punto cardinale: due sono buone e due malvage ma ormai ne è rimasta solo una di questa specie, cioè la Strega dell’Ovest. Per affrontare il lungo viaggio, la Strega del Nord suggerisce alla bambina di seguire la strada di mattoni gialli che la porterà sino al cuore del regno e infine le stampa un bel bacio in mezzo alla fronte che la difenderà da ogni male. A questo punto Dorothy si avvia e nel suo viaggio incontra vari personaggi che la seguiranno nel suo viaggio ognuno per un motivo diverso: lo Spaventapasseri perchè vuole chiedere ad Oz un cervello, l’Uomo di Latta che desidera un cuore e infine il Leone Vigliacco che vorrebbe una buona dose di coraggio. Insieme affrontano e superano numerosi pericoli sia da soli che grazie all’aiuto di altri personaggi: la regina dei Topi, le Scimmie Alate, i vari abitanti del luogo. Infine giungono alla Città degli Smeraldi, dove vengono ricevuti dal grande OZ. Ognuno di loro però lo vede sotto una forma diversa: una Testa, una bella Dama, una Bestia, una Palla di Fuoco. Tutti però ricevono un rifiuto alla loro richiesta perchè Oz vuole qualcosa in cambio: uccidere anche la Strega dell’ovest. I 4 allora (5 compreso Toto) partono per affrontare la terribile impresa, da cui escono vincitori dopo una bella serie di incidenti. Dorothy riesce ad eliminare la malvagia strega gettandole un secchio d’acqua addosso. A questo punto ritornano da Oz e scoprono che in realtà si tratta di un semplice omino proveniente anch’esso come la bambina dalla Terra, più precisamente da Omaha. Egli è arrivato tramite un pallone aerostatico ed era stato accolto come un grande mago pur essendo un semplice essere umano, esperto in illusioni e trucchi meccanici. I 4 vogliono comunque avere ciò che desiderano nonostante Oz stesso gli dica che in fondo tutti loro (tranne Dorothy) hanno già quello che vorrebbero: lo Spaventapasseri che trova sempre le soluzioni più adatte, l’Uomo di Latta che non ha nemmeno il cuore di uccidere una formica, il Leone che è sempre il primo a gettarsi nella mischia. Oz allora fa dono a ciascuno di un simbolico cervello (spilli e aghi tra la paglia dello Spaventapasseri), di un cuore (di seta e infilato nel torace), di coraggio (un liquido alcolico che il Leone beve tutto d’un fiato). Per quel che riguarda Dorothy, Oz costruisce una nuova mongolfiera ma proprio all’ultimo la bambina non riesce a salirci sopra perchè nel frattempo Toto le è scappato di mano e lei naturalmente lo rincorre perdendo l’unica occasione per tornare a casa. L’unica soluzione è andare verso Sud dalla Strega Glenda. Accompagnata dai suoi amici, che nel frattempo sono diventati governatori dei vari regni, giunge dopo altre difficoltà al cospetto della bella Strega dai capelli rossi. Quest’ultima le rivela che sarebbe potuta tornare a casa molto tempo prima, cioè da quando ha indossato le magiche scarpe d’argento che hanno il potere di portare chiunque le indossi in un qualsiasi luogo egli desideri. Basta solo battere i tacchi 3 volte e pronunciare il nome del luogo. Dopo aver salutato tutti Dorothy e Toto riescono finalmente a fare ritorno nel Kansas dove riabbracciano la zia Emma e lo zio Enrico.

Commento: non c’è molto da dire se non che si tratta di uno di quei romanzi che ognuno di noi dovrebbe leggere almeno una volta nella vita. C’è magia, fantasia, buoni sentimenti, insegnamenti, valori importanti. Tutto racchiuso in quasi 300 pagine che vanno via veloci come il vento. Scorrevole e di facilissima lettura pur non risultando infantile come si potrebbe pensare. Diciamo che pur essendo stato scritto nello stesso periodo di Alice nel Paese delle Meraviglie (e assomigliandogli per qualche aspetto) è sicuramente più appetibile per stile narrativo. Infatti mentre il romanzo di Carrol è zeppo di doppi sensi, giochi di parole, significati nascosti e allusioni a personaggi del suo tempo, nonchè di risvolti sessuali, beh il Mago di Oz è invece la classica favola piana, lineare e con le caratteristiche proprie di un classico per ragazzi. Tutti noi abbiamo visto il film di Judy Garland e chi non lo avesse fatto corra subito a colmare la gravissima lacuna. Tutti o quasi l’abbiamo visto e ci siamo innamorati della sua colonna sonora, del passaggio improvviso dal bianco e nero del Kansas agli squillanti colori (uno dei primi esempi di pellicola in technicolor) del Regno di Oz. Io ho scoperto il libro dopo aver visto il film e devo dire che ne sono rimasta assolutamente stregata. Avevo 10 anni e oggi che ne ho 32 e che ho appena finito di rileggere questo piccolo e prezioso gioiello, dico che ci sono romanzi che rimangono inalterati nella loro freschezza e bellezza per tutta la vita e per generazioni a venire. Ricordo tra l’altro che sono arrivata all’edizione integrale dopo il classico passaggio ai libri cartonati, colorati e profumatissimi. Una poesia per gli occhi e realizzata anche divinamente. L’Edizione era Mursia e se vado ad aprire quel magico scrigno di ricordi sento solo un vaghissimo profumo di albicocca ma ricordo bene come l’ho consumato per anni e anni a furia di leggerlo e rileggerlo. Consiglio la lettura di questo meraviglioso libro a tutti e consiglio vivamente a tutti i genitori in linea di regalare questo piccolo romanzo ai propri figli per farli crescere con valori importanti e con la capacità eterna di sognare.

Voto: 10  

sabato 12 dicembre 2009

2 Recensione Christmas Carol (2009)

  

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Trama: Ebenezer Scrooge è un vecchio uomo d’affari dal cuore freddo e duro, un uomo che odia da sempre il Natale e l’atmosfera di festa che accompagna questo santo giorno. Il 24 dicembre dopo aver scacciato in malo modo suo nipote che per l’ennesima volta lo invitava a cena per festeggiare, dopo aver negato un obolo a due uomini che raccoglievano fondi per i poveri di Londra e dopo aver trattato in malo modo il suo aiutante Cratchit, chiude il suo ufficio e si avvia verso casa. Qui inizia a vedere il volto di Marley sul battente della porta e poi ne sente i passi lungo la scala. Infine gli appare interamente davanti mentre si è barricato nella sua gelida camera da letto. Marley trascina con sé lunghe e pesanti catene per il suo eterno e infernale viaggio. Spiega al terrorizzato Ebenezer che quelle catene se l’è forgiate da solo durante la sua vita da avaro e che quelle che attendono Scrooge sono molto ma molto più pesanti. L’unica via d’uscita per il vecchio è racchiusa nella visita di tre spiriti del Natale, uno per ogni notte. A questo punto si accomiata volando per i cieli di Londra, affollati di altre anime tormentate dai peccati commessi in vita. Scocca la prima ora ed ecco apparire il primo spirito, lo Spirito dei Natali Passati: una fiamma col volto di uomo. Egli porta Scrooge in luoghi e situazioni del passato: quando era bambino e stava sempre solo, quando era felice nel suo lavoro di praticante alle dipendenze di Fezziwig un uomo gentile e generoso, quando si innamora di una giovane donna e quando infine rinuncia all’amore per l’avidità verso il denaro. Una volta tornato in modo rocambolesco nella sua stanza, riceve la visita del secondo spirito, lo Spirito del Natale Presente: un gigante rubicondo, con una forte risata e seduto in cima ad ogni ben di Dio. Una volta attaccatosi ad un lembo del suo mantello di ermellino, inizia il viaggio per la città di Londra per sbirciare dentro le case di alcune sue conoscenze: ecco Fred il nipote a cui non perdona di essersi sposato, l’unico essere umano che ancora tenta di volergli bene nonostante il suo atteggiamento burbero. Sta festeggiando con un gruppo di amici e nel gioco dell’indovina chi è, descrive suo zio come un animale antipatico, cattivo e malevolo. Ecco ancora la povera casetta di Cratchit dove la moglie e i suoi numerosi figli preparano un povero desco mentre attendono l’arrivo dell’adorato marito e padre. Bob Cratchit è infatti uscito con il suo piccolo Tiny Tim, il suo bambino invalido, il figlio a cui si sente maggiormente legato perché il più indifeso. Invece di tacchino mangeranno un’oca, per quei tempi un rincalzo rispetto al classico arrosto delle feste. Scrooge torna nella sua stanza ma non prima di vedere cosa nasconde lo Spirito sotto le sue ricche vesti: sono due bambini dall’aspetto orrendo, sono i due figli degli Uomini, ossia l’Ignoranza e la Miseria, uno uan volta cresciuto diventerà un poco di buono rinchiuso nelle affollate carceri londinesi e l’altra una prostituta che finirà i suoi giorni in un manicomio. Sono le istituzioni in cui crede Scrooge, quelle che secondo lui dovrebbero occuparsi della povera gente, quelle in cui sarebbe meglio morissero per liberare il mondo della loro inutile presenza. Il Natale Presente muore appena scoccata la mezzanotte ed ecco arrivare il terzo spirito, lo Spirito dei Natali Futuri. Non ha un aspetto bonario, anzi è un’ombra nascosta da un nero mantello da cui fa uscire un singolo dito scheletrico per indicare cose terribili al vecchio ormai pentito dei suoi errori. Ecco un corpo coperto dal lenzuolo, ecco una lapide che rivela l’identità del defunto, un defunto che nessuno piange ma della cui morte tutti sembrano rallegrarsi. E’ Scrooge il morto e proprio quando sta precipitando dentro la buca di terra che conserverà i suoi resti in eterno, si sveglia nel suo letto. Scopre che è ancora vivo, che in realtà è trascorsa solo una notte e che ha la possibilità di redimersi e cambiare vita. La sua prima azione è comprare il più grosso tacchino di Londra per Cratchit e la sua famiglia, la seconda uscire di casa per respirare l’aria buona del 25 dicembre e sorridere e scherzare con la gente offrendo una grossa sovvenzione ai due uomini che la sera prima aveva scacciato, la terza presentarsi a casa del nipote per conoscere sua moglie e i suoi amici che dopo un primo momento di stupore capiscono che in realtà Scrooge è cambiato veramente e che è diventato il migliore degli uomini. Diventerà un secondo padre per Tiny Tim e vivrà altri Natali Felici.

Commento: esistono due tipologie di questo film, una canonica e l’altra in 3D. Casualmente ho visto, a caro prezzo, la seconda. Praticamente la visione avviene attraverso l’uso di occhiali particolari che offrono uno spettacolo, credetemi, imperdibile e unico. Inizierei proprio dal comparto tecnico e dico subito che la pellicola è uno spettacolo per gli occhi, tutto è reso in modo perfetto e realistico tanto che vi sembrerà di poter toccare i fiocchi di neve o il mento aguzzo di Ebenezer. Gli effetti speciali sono numerosissimi e impressionanti. Tutti gli spiriti e le anime dannate hanno esattamente l’aspetto che appartiene all’immaginario collettivo di ciascuno di noi, tanto da essere veramente inquietanti. A me per esempio mi ha molto colpito e spaventato lo spirito di Marley, soprattutto quando gli si stacca la mascella trattenuta a stento da una fascia intorno alla testa. Uguale ad un film horror. Grafica da paura insomma e teniamo conto che il film è stato realizzato riprendendo i vari attori durante una recitazione in carne e ossa, poi tutto è stato affidato ai maghi del pc che hanno trasformato Jim Carrey in un irriconoscibile e straordinariamente fedele Scrooge. Passando ai contenuti, dico subito che da fanatica di Dickens e da appassionata del Canto di Natale (da me letto almeno una ventina e più di volte) posso confermare che i dialoghi riprendono in modo fedelissimo quelli presenti nel racconto, compreso il linguaggio di fine 800. Questo potrebbe essere un grosso limite per i bambini che chiaramente potrebbero annoiarsi a sentire parlare un italiano vetusto e molto molto letterario, ma grazie alle immagini avranno comunque un buon ricordo del film. Devo comunque dire che secondo il mio modesto parere, questo non è un film adatto ad un pubblico giovanissimo: a parte i dialoghi, certe immagini sono parecchio forti e infine i bambini potrebbero non cogliere moltissime sfumature del film che solo un adulto potrebbe capire e apprezzare. Io penso che un film di animazione così rispettoso nei confronti dell’opera a cui si ispira sia qualcosa da lodare a prescindere, ci sono infatti pochissime libertà e sempre perfettamente in linea con lo spirito generale del libro. C’è molta serietà e anche molta ironia, utile per sdrammatizzare parecchie situazioni un po’ forti. Il clima dell’Inghilterra vittoriana è reso in modo magistrale, sia nelle ambientazioni, sia nella descrizione della società (povertà, giochi, negozi, banco dei pegni, cibo, abbigliamento). Insomma consiglio questo film a tutti e aggiungo che è una delle prime volte in cui spenderei di nuovo il prezzo del biglietto per poter godere ancora di un tale capolavoro.

Voto: 10    

venerdì 11 dicembre 2009

0 Mercatini di Natale in Germania e in Austria

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Ho deciso questo viaggio all’incirca 3 mesi fa, appena tornata da una catastrofica settimana a Sharm el Sheik. Volevo freddo, cibo buono e Natale a palla. Cosa c’era di meglio se non i Mercatini di Natale? Girovagando per Internet mi sono poi imbattuta in un interessante pacchetto di viaggio che comprendeva 5 giorni di abbuffate di mercatini da Monaco a Bolzano passando per Salisburgo e Innsbruck.

Detto fatto e finalmente il 5 dicembre è arrivato il momento di presentarsi all’aeroporto di Elmas per il check in e soprattutto per l’incontro con il gruppo. Diciamo che l’impatto è stato di quelli stile secchio d’acqua ghiacciata visto che l’età media si aggirava sui 65. Io ero la più piccolina e le mie sbuffate credo siano state percepite persino dalla tizia che mi ha dato la carta d’imbarco. Non ero felice ma del resto non sono mai stata quella con lo scopo di fare viaggi organizzati per socializzare. Ho l’animo da orso perciò zero problemi.

Dopo una veloce colazione al bar dell’aeroporto e le procedure di imbarco, eccomi seduta vicino al finestrino. Durante il volo, il personale a bordo ci ha offerto un sandwich e una bibita che si sono rivelati davvero ottimi pur nella loro semplicità. L’atterraggio poi è stato morbido e leggiadro come quello di una piuma, tanto che una signora si è domandata se fossimo ancora in volo e quello che vedevamo dal finestrino fosse una proiezione olografica di una strada, completa di mezzi di trasporto ed esseri umani. Il ritiro bagagli è stato veloce e anche la pausa pipì nei lindi bagni dell’aeroporto di Monaco (altro che le strisciate di materiale fecale su porcellana di color giallo orina che troviamo in Italia).

Tutti a questo punto siamo saliti sulla nostra corriera e abbiamo ritirato un omino italo tedesco che ci avrebbe fatto da guida dal pomeriggio alla sera. Con lui abbiamo visto, dal caldo del pullman, il quartiere olimpico, l’enorme sede della BMW, lo spiazzo dove si svolge l’OktoberFest e i vari palazzi che rendono Monaco una città veramente splendida. Questo primo parere positivo si è quintiplicato, ma che dico CENTUPLICATO, quando siamo finalmente scesi per fare una passeggiata a piedi nel cuore della città. Non avevo mai visto in vita mia una profusione tanto grande e straordinariamente magica di addobbi natalizi, dai più semplici ai più elaborati, tutti esteticamente eleganti ed evocativi (nessuna concessione alle grezzate all’italiana, della serie lucine intermittenti comprate dalla cinese sotto casa, boa di paillette o di fili dorati, argentati o rossi, babbi natali appesi e quant’altro). Tutto grandioso e splendido. Abbiamo poi visitato una delle birrerie Augustiner e lì è stato come entrare in un romanzo fantasy. Soffitto e pareti di legno, grosse tavole imbandite, camerieri in costume che trasportavano boccali di birra di ogni misura, orchestra tipica, calduccio confortevole e corone natalizie ovunque che sposavano il rosso e il verde in un connubio perfetto. Dopo di che abbiamo continuato il nostro giro, fino ad arrivare al grande albergo che aveva ospitato durante il suo tour a Monaco Michael Jackson. Il ricordo della grande star è una grossa statua tutta illuminata che ricorda le sue fattezze. Per molti sarà una cosa grossolana o alla Elvis Prestley, a me invece ha commosso e lasciato a bocca aperta.

Eccoci poi alla piazza principale, la Marienplatz e il suo Municipio. Qui la mia mascella è definitivamente caduta in terra. Mercatini ovunque. Luci, colori, profumi di cibo, incenso e vin brulè. Un grande albero illuminato che dominava tutta la scena, arricchita dai canti natalizi del coro affacciato dal municipio. A quel punto abbiamo avuto un po’ di tempo libero e siccome il mio stomaco reclamava, la mia prima meta è stata uno dei baracchini di panini con wurstel. Ottimo, anzi squisito! Un po’ più avanti non ho potuto credere ai miei occhi vedendo uno stand che vendeva frutta ricoperta interamente di cioccolato di ogni tipo. Pur non essendo un’amante della frutta non ho potuto resistere ad una mela al cioccolato al latte. Buonissima!! ho provato anche le mele candite, di cui potete vedere una foto qua in alto. Come non ricordare la Casa nella Prateria durante le fiere di paese? c’erano poi spiedini di fragole e uva, sempre rivestiti di squisito cioccolato. Il vin brulè non mi ha ispirato quindi non l’ho neppure assaggiato ma chi lo volesse fare sappia che lasciando un deposito di 2 o 3 euro potrà portarsi via la tazza, veramente bellissima. Devo dire invece che a livello di artigianato ho trovato cose più carine a Salisburgo, Innsbruck e Bolzano.

Giunte le 19 siamo arrivati in hotel e durante il tragitto non ho potuto fare a meno di notare la bella pista di pattinaggio sul ghiaccio. L’albergo era l’Intercity, che sta in Bayerstrasse. Praticamente la via che arriva dritta dritta al centro della città e che ospita la stazione. L’hotel è stato una delusione tranne che per la colazione, veramente abbondante e squisita (burro e marmellata fatti in casa, uova, bacon, frutta fresca, cereali, Yoghurt, spremute, affettati e formaggi oltre ad ogni tipo di pane). Per iniziare la camera era gelida e pur accendendo il termosifone, il bagno non aveva riscaldamento perciò potete solo immaginarvi cos’ha significato farsi la doccia, con l’aggravante di un getto d’acqua simile ad un contagocce e senza reale possibilità di miscelare la temperatura, costantemente bollente o gelida, anche senza toccare niente. Gli asciugamani pochi e piccoli. Insomma un disastro culminato nella mia congestione del giorno dopo che non mi ha permesso in alcun modo di toccare cibo nella birreria che ci ha ospitato la sera seguente. La cena del nostro primo giorno di permanenza è stata terribile. L’hotel infatti ha pensato al self service dove non c’era assolutamente niente di caratteristico, solo cucina internazionale e per giunta dozzinale: pasta fredda, melanzane inondate di aglio, pollo stanco di vivere, verdure appena uscite da qualche sacchetto industriale. L’unica cosa veramente buona è stata la birra. Devo dire che ho pasteggiato sempre con un bel boccale di birra e sono state tutte ottime sino ad arrivare in Italia dove ho bevuto una birra mediocre in un ristorante di Bolzano. Avrebbero perlomeno potuto servirci una Forst che non è male invece di una non ben precisata birra della città. Scadente.

Il giorno seguente è stato dedicato più che altro ai pasti in birreria (zuppe in tutti i modi, wurstel e crauti, stinco di maiale, dolci molto deludenti) e ai mercatini. Poi ci siamo messi in viaggio per Salisburgo, città molto romantica e anch’essa vestita a festa e zeppa di turisti. Le viette con le insegne battute in ferro e i mille negozi, la piazza dei mercatini, le carrozze e il ponte illuminato. Tutto bellissimo e caratteristico, soprattutto il ristorante Stieglkeller (dove abbiamo mangiato benissimo) con camerieri gentilissimi e sempre sorridenti. Inutile dire che nei mercatini ho comprato di tutto, in particolar modo oggettini lavorati a mano da appendere all’albero di Natale.

Innsbruck invece non mi ha colpito particolarmente se non per l’atmosfera un po’ fiabesca delle viuzze che erano adornate da personaggi delle favole, da Babbi Natale con organetto e dai bellissimi negozi, compreso Swarovski che ha il suo centro più importante proprio in questa zona. Apprezzabile la presenza di una toilette vista la temperatura esterna vicina allo zero, molto stimolante a livello orinario. Devo dire che questa città è alla fine un paesone dove la vita si spegne alle 20, difatti una volta in albergo (l’Alpinpark) le alternative sono andare a letto o andare a letto. La cosa non è molto piacevole considerato il fatto che si mangiava alle 20 spaccate. Il cibo era squallido, ricoperto di pepe e perciò immangiabile. La seconda sera idem con patate (per altro orrende). Tutto insipido e stopposo. Colazione da dimenticare per chi è attirato solo dai sapori dolci, visto che non ci sono croissant, nè paste dolci di alcun tipo. Molti affettati (buoni), un solo tipo di pane, burro e marmellata industriali, e camerieri disastrosi e non molto educati. Vista l’età penso si trattasse di ragazzi dell’alberghiero messi lì a fare pratica. Una di loro è riuscita a rovesciare un intero servizio di piatti la sera prima e una tazza di latte la mattina dopo, sempre nei nostri tavoli quasi fosse uno scotto essere italiani in visita in Austria. L’atteggiamento verso gli italiani è stato pessimo in Germania e in parte in Austria. Una volta in Italia tutto è tornato nella norma. Mai dimenticherò un bambino italiano (presumibilmente del nord Italia) che a Monaco al passaggio del nostro gruppo con un capofila con una bandiera con i 4 mori inizia a gridare “GUARDA PAPà I SARDI I SARDI!!!”. Mi sono sentita una via di mezzo tra un esemplare raro in via di estinzione, un animale da circo e un immagine vista solo sui libri che improvvisamente si materializza. Meglio ridere che incazzarsi dico io.

A parte tutto ciò, devo dire che è stato un viaggio molto ben organizzato da un tour operator che peraltro non conoscevo nemmeno per sentito dire (Syntagma viaggi con sede a Carbonia). Tutto è stato perfetto e ogni problema è stato risolto tempestivamente e con grande premura.

I Mercatini sono qualcosa di imperdibile e sono un’esperienza da vivere per poter capire veramente cosa vuol dire Natale.

venerdì 4 dicembre 2009

0 Recensione Rose Madder



Trama: Rose Daniel vive da 14 anni con suo marito Norman. Lei è casalinga, lui fa il poliziotto. Rose da 14 anni è maltrattata fisicamente e psicologicamente dal marito, marito da cui non riesce a scappare perchè troppo terrorizzata dal terrore di essere uccisa. Una mattina però a guardare una singola goccia del suo sangue sul cuscino, decide di andare via, stanca di una vita peggiore di un incubo. Prende la prima corriera per una città qualunque distante abbastanza dal suo paese e soprattutto dal suo terribile marito. Tutto le sembra nuovo e terrificante non essendosi mai allontanata dal perimetro di vita che le concedeva Norman. Fortunatamente nella nuova città entra in contatto con Peter Slowik, un uomo gentile che lavora in stazione che la indirizza ad un centro per il sostegno alle donne vittime di violenza domestica: le Figlie e Sorelle. A capo dell'associazione si trova Anna Stevenson, donna fredda ma sempre a disposizione delle donne che chiedono il suo aiuto. Rosie decide innanzitutto di riprendersi il suo cognome da nubile, cioè Mc Clandon lasciandosi simbolicamente alle spalle il suo atroce passato. Inizia dapprima a lavorare come donna delle pulizie in un albergo, così come capita a tutte le Figlie e Sorelle che non hanno particolari predisposizioni manuali o intellettuali. Una mattina, mentre passeggia per la città decide per un secondo passo verso la libertà: venderà ad un Banco dei Pegni l'anello di fidanzamento. Qui conosce Bill, il proprietario del negozio e scopre, senza veramente scoprirlo perchè in fondo l'ha sempre saputo, che l'anello è inutile chincaglieria e non il prezioso diamante che Norman le aveva sempre fatto credere. Mentre sta per uscire nota un quadro appoggiato ad una parete, si tratta del dipinto di un anonimo che rappresenta una donna vista di spalle in cima ad una collina che osserva un tempio diroccato più in basso. Rosie decide improvvisamente di comprarlo e di appenderlo subito alla parete del suo nuovo monolocale. Intanto la sua nuova vita procede sempre meglio visto che trova casualmente lavoro come lettrice di audiolibri e soprattutto inizia una relazione con Bill, un uomo totalmente diverso dal suo ex marito, dolce e premuroso. Una notte però viene risvegliata da uno strano rumore e scopre che si tratta di alcuni grilli spuntati fuori dallo strano quadro. Nel frattempo suo marito ormai è in piena caccia, infuriato più per il fatto di aver scoperto che la moglie ha rubato la sua carta di credito, che dalla fuga della donna. Ben presto riesce a risalire alla città in cui è fuggita e qui in una spirale di sangue riesce a recuperare informazioni utili su quella che è ancora sua moglie. Rintraccia l'indirizzo di casa e qui, invece di trovare la donna che ricordava, quella fragile come un uccellino, scopre che è diventata simile ad una guerriera. Come è stato possibile? Rosie è entrata in contatto con la terribile e misteriosa donna del quadro, Rose Madder, e dopo averla aiutata a recuperare la sua bambina, riceve la promessa che sarà ampiamente ricambiata quando sarà il momento giusto. In un finale rocambolesco vedremo Norman, Rosie e Bill entrare nel quadro per la resa dei conti finale.
Commento: si tratta di un romanzo che ha mille volti diversi così come mille chiavi di lettura. Inizia e per buona parte rimane la classica storia di violenza familiare: un marito violento e abbandonato che insegue la propria moglie per somministrarle il suo personale concetto di punizione. La donna che tenta di rifarsi una vita in un altro luogo ma che nel cuore continua ad avere il terrore che suo marito prima o poi la troverà, anche se andasse in capo al mondo. Diciamo che 3/4 di libro viaggiano su questo binario e viaggiano in modo piacevolissimo e appassionante. Pura realtà, descritta con un tatto che riesce assurdamente a far sentire ancora di più tutta la sofferenza sopportata in 14 lunghi anni da questa apparentemente fragilissima donna. Le tipologie di personaggi sono tagliate con l'accetta: uomo poliziotto violento, donna casalinga sottomessa. Andando avanti con la lettura, soprattutto con la comparsa del quadro, la storia cambia quasi radicalmente così come tutti i personaggi coinvolti. Scopriamo qualcosa di più rispetto a Norman, soprattutto grazie alla geniale idea di Stephen King di dedicare alcuni capitoli ai pensieri in prima persona dell'uomo. Riusciamo così a capire in parte come sia diventato un uomo così violento: sin da piccolo lui stesso era stato maltrattato da suo padre, maltrattato sessualmente. Da lì ha sviluppato sia un odio per gli omosessuali sia uno strano miscuglio di odio/paura per le donne. Il suo modo di parlare poi l'ho trovato estremamente gustoso, soprattutto nella creazione estemporanea di soprannomi per ogni personaggio che non gli va a genio. Io ho trovato Norman il personaggio realizzato meglio, quello che regge tutta la storia o che almeno le dà il sale che sarebbe totalmente assente se ci dovessimo soffermare solo sulla figura di Rosie. Lei sì che è poco credibile: inizialmente giustamente terrorizzata dalla sua stessa ombra, poi improvvisamente sicura di sè e aperta ad una relazione, anche sessuale, con un nuovo uomo. Una persona che è stata sodomizzata con il manico di una racchetta non potrebbe mai nello spazio di un battito di ciglia mettere di nuovo la sua vita nelle mani di un qualsiasi uomo. Persino il personaggio di Bill lascia perplessi: troppo dolce, troppo remissivo, troppo perfetto, troppo mammoletta. Non nascondo che io l'ho odiato profondamente, in quanto l'ho trovato totalmente inutile all'interno della storia, se non proprio di intralcio. L'elemento fantastico, direi americanicamente mitologico (e perciò ridicolo a prescindere) mi è piaciuto sino ad un certo punto, cioè sino al primo ingresso di Rosie all'interno del quadro. Sorvolo sul fatto di ribatezzare il Minotauro, Erinni. Questa, come ho detto prima è classica ignoranza americana, un po' come i classici filmoni di elemento mitologico che venivano girati negli anni 50/60, tipo Maciste contro Zorro per intenderci. Il secondo ingresso in massa nel quadro è quanto mai tirato per i capelli e poi francamente ci siamo stufati della banalità del mostro finale: ma perchè dev'essere sempre un ragno? A me piaceva immaginare Rose Madder senza volto per esempio, sarebbe stato senz'altro meglio di un ragno. Non mi ha convinto neanche il finale non finale, non mi ha convinto perchè dico in tutta sincerità non ho capito le ultime 10 pagine. Perchè Rosie ad un certo punto sembra manifestare la stessa violenza dell'ex marito? perchè per sconfiggere questi suoi istinti omicidi ha dovuto piantare i semi del melograno del quadro? perchè abbiamo dovuto scoprire, ma sai che sorpresa, che si sarebbe sposata con Bill, che avrebbero fatto una figlia, e che il nuovo marito si sarebbe trasformato nel classico pantofolaio che ti gira per casa?
A parte tutto questo, che comunque non è qualcosa di così atroce da far gettare via il libro, più che altro delude un tantino, a parte tutto questo dicevo, io dico che si tratta comunque di un romanzo da tenere nella propria libreria, se non altro perchè la storia di base è molto buona, avvincente e scritta come al solito da Dio.
Un'ultima curiosità: il personaggio di Cynthia sarà uno dei protagonisti di un romanzo successivo, cioè Desperation.
Voto: 7

giovedì 3 dicembre 2009

0 X-Factor. Pagelle Tredicesima puntata. Finale

Prima Manche

Giuliano Caruso: duetto con Lucio Dalla. La canzone è importante e per niente facile. Si vede chiaramente come il sassarese sia molto più rilassato ora che non c’è più lo spettro eliminazione, ma solo la corsa verso la vittoria finale. E mi dite poco? Lui lascia andare la voce forse per la prima volta ed è impossibile non apprezzare finalmente le sue straordinarie doti vocali. Devo dire che il duetto funziona a meraviglia e Giuliano non mostra inutili timori reverenziali rispetto a Dalla che d’altra parte gli lascia ampio spazio. L’unica cosa che manca veramente a Giuliano è l’espressività facciale, che per il momento ho potuto apprezzare solo durante la presentazione dell’inedito. Troppo timido o troppo arroccato nella sua spigolosità sarda? A me comunque non è dispiaciuto e se dovesse vincere forse tutto sommato non sarebbe un furto. Voto: 7,5

 

Yavanna Come Mai: duetto con Max Pezzali. Questa scelta non l’ho proprio capita, sia per la tipologia musicale sia come duetto. Il brano non è eccelso ma assolutamente nazional popolare, una roba adolescenziale che non si può proprio sentire se non attraverso il finto microfono del Canta Tu. Max finalmente si mostra in pubblico con qualche decina di chili di meno. Le Yavanna fanno la parte delle coriste, un po’ come redivive Paola e Chiara quando stavano ancora nel vivaio degli 883. L’esibizione è orripilante, veramente da mani nei capelli. Pezzali si prende tutta ma dico proprio tutta la scena mostrando secondo me poco rispetto per le ragazze in gara. Le responsabilità le buttiamo addosso alla Maionchi per la scelta del brano e a Gaudi per la costruzione del duetto, sbilanciatissimo a favore dell’artista già affermato. Voto 4,5.

Marco Oggi sono io: duetto con Alex Britti. Qui abbiamo un po’ un marchettone a favore di Britti che è in piena fase promozione disco, ma passiamo oltre. Il brano non lo vedo molto nelle corde di Marco, ma si sa lui è capace di indossare qualsiasi canzone e infatti. Infatti la canta quasi meglio di Alex Britti, diciamo che ne offre una versione marchesca perfettamente riuscita. I due si divertono a incrociare e fondere le proprie voci e regalano la migliore esibizione di questa prima parte della gara. Spettacolare e da incisione immediata. Una performance da applausi a scena aperta. Ecco come si costruisce un duetto che dia la giusta gloria al novizio e al professionista. Voto 9

Seconda Manche

Yavanna Zombie: arrangiamento identico all’originale. Per fortuna. Anita e Virginia perfette sin dalle battute iniziali, Letizia come al solito in affanno e a corto di fiato. Armonizzazioni senza sbavature. Mi è piaciuto soprattutto il fatto che abbiano capito perfettamente il significato del testo, mostrando emozione e intenzione lungo tutta la performance. Non è stato solo canto ma anche interpretazione. Complimenti a Tomassini per le coreografie e per tutto il companatico. Si sono sicuramente riprese una grossa rivincita dopo lo sfacelo inumano della prima manche. Brave. Voto 7,5.

Marco Amore Assurdo: mi piace molto Morgan, i suoi brani invece li trovo dodecafonici perciò inascoltabili. Le mie orecchie non sono abbastanza allenate in questo senso ma vedrò di ascoltarla senza pregiudizi. Il testo è un incredibile non sense, com’è nella natura compositiva di mastro Morgan. Però devo dire che Marco si trova più a suo agio su brani così assurdi piuttosto che nella pacchianata di inedito che gli è stato sgradevolmente offerto su un piatto di latta. La performance comunque è stata veramente convincente e corposa, piena di piccole e grandi cose, tutte positive. Voto 7 ma solo perchè il brano è proprio antimusicale.

Giuliano Bella Senz’Anima: brano composto dalla voce graffiata per eccellenza,  perciò adattissima alle corde vocali di Giuliano. Prima strofa troppo parlata e poco cantata, roba solo per Cocciante che riesce a drammatizzare anche la lista della spesa. Inciso arrabbiato nella voce e nell’espressione ingrugnita del suo volto. Si è scatenato tantissimo, facendo addirittura alzare in piedi la Mori, visibilmente emozionata. Personalmente non mi ha smosso niente dentro, ma non posso negare che se la sia giocata bene. Voto 7

TERZA MANCHE

Marco Dove si Vola: il brano è di Bungaro e ora capisco perchè non mi convinca del tutto. Troppo miele. Il grosso problema di questa canzone è che l’inciso è proprio brutto. Sicuramente al secondo ascolto il brano diventa più appetibile, altrettanto sicuramente in altre circostanze avrebbe trionfato sul palcoscenico di Sanremo. Mi è piaciuto sicuramente più della prima volta e chissà magari hanno fatto delle variazioni che hanno messo una toppa da qualche parte nella partitura ma è davvero un brano degno di un cavallo di razza come questo? non lo so ma il mio voto è 6,5.

Giuliano Ruvido: non c’è niente da fare ti prende dalla prima nota. Sarà pure una stronzata di canzone ma funziona in ogni sua parte. E poi perchè per una volta non ci prendiamo una pausa dal pezzo strappalacrime e iniziamo a fischiettare il ritornello di questo brano, melodicamente furbo ma perlomeno onesto? lui poi è assolutamente dentro il pezzo, gasato quanto basta e con la voce più che in palla. Inedito fortissimo. Voto 8

Yavanna Una Donna Migliore: ho aspettato una settimana di riascoltare il loro inedito perchè è quello più indecifrabile. In questo brano abbiamo esattamente la situazione inversa rispetto all’inedito di Marco: funziona solo l’inciso e la melodia mentre le strofe di intermezzo sono deboli e piatte. Se poi parliamo del testo è meglio non soffermarsi più di tanto perchè neanche in questo caso troviamo qualcosa di più della rima baciata e del cuore e dell’amore. Secondo me la prova del 9 si avrà solamente con il passaggio in radio. Continuo a rimanere in bilico tra un entusiasmo moderato e un gran punto di domanda in cima alla testa. Voto 7 perchè in un modo o nell’altro il pezzo si fa cantare.

Prime Eliminate le YAVANNA

QUARTA MANCHE

Giuliano Midley: grande voce, ormai canta benissimo qualunque cosa. Non sembra neanche impaurito dall’ultimo gradino che lo divide da un’improbabilissima vittoria, è semplicemente sereno e soddisfatto.

 

Marco Medley: lui sì che è impaurito, lui che ha la vittoria in tasca già dalla primissima puntata. Canta liscio come l’olio, prende sempre più confidenza con il pubblico e con il palco, suo habitat naturale. Solo una passerella in attesa del tappetino rosso di Sanremo.

 

A mio modesto parere in quest’ultima manche ha cantato meglio Giuliano ma forse in Italia abbiamo davvero bisogno di una ventata d’aria fresca. Io in Marco vedo una stella che può varcare i confini italiani.

IL VINCITORE è MARCO   

  

   

 

 

   

martedì 1 dicembre 2009

0 Recensione Un Natale Esplosivo (1989)

Trama: Clark Griswold vuole trascorrere un indimenticabile Natale in famiglia, il classico Natale anglosassone: grande abete, lucine disseminate sul tetto, renne posticce sul prato di casa e tutti i parenti per casa. Le sue intenzioni non sono esattamente condivise da sua moglie e dai suoi due figli che però lo assecondano sperando che le feste passino in gran fretta. Peccato che a un certo punto arrivino i genitori di Clark e i suoi suoceri, che non si sopportano a vicenda. Purtroppo però a pochi giorni dal 24 arriva anche suo cognato, un troglodita con una placca di plastica nel cranio e la finezza di uno scaricatore di porto. Infine anche la vecchia zia arteriosclerotica con il compagno col parrucchino. Le situazioni paradossali a questo punto non mancheranno.

Commento: il periodo ben si adatta alla visione di questa pellicola datata 1989. Se non sbaglio è quasi lo stesso anno di produzione di Mamma ho Perso l’aereo. Diamo una controllata…sì l’epopea di Maculay Culkin è datata 1990, quindi un anno dopo le tragicomiche avventure di Chevy Chase. Perchè faccio questa premessa? perchè si tratta di due commedie americane che hanno per piatto forte le gioie e i dolori del Natale. Gli Americani hanno un po’ la fissa da questo punto di vista e la cosa è stranissima perchè poi sono loro quelli più fracassoni e glassosi in materia di Christmas Day. Si tratta di auto ironia allo stato puro, è chiaro. Diciamo poi che si tratta di un filone che è stata abbandonato quasi totalmente dalle case di produzione americane, almeno a livello cinematografico. Dico la verità, è un peccato perchè si trattava di commedie divertenti e a volte, ma forse non esattamente in questo caso, spassose. Noi abbiamo il nostro ventennale Vacanze di Natale che però è già dal 1983 che ha lasciato arenare l’argomento natalizio per dedicarsi esclusivamente alle vaccate di grana grossissima. Un successo al botteghino ma contenuto proprio pochino e infatti tutti noi, o gran parte di noi, siamo rimasti ancorati allo splendido e imperdibile primo episodio dei primi anni 80. Tornando a questo film, devo dire che si tratta di un prodotto discreto se lo vogliamo inserire tra le pellicole da godersi al pomeriggio del 24, certo non è un film da prima serata. Si ride pochino, più che altro si sorride e badiamo bene fino a 20 minuti circa dalla fine del film, momento in cui si cambia binario e dal sorriso si passa alla melassa americana. Classicissimo lieto fine e tutti a casa contenti. Lo consiglio vivamente a chi ama particolarmente questa festa, magari non ai livelli di Clark ma quasi. Ecco devo dire che avrei sempre desiderato un genitore o un parente come il protagonista del film, uno che sa godersi la bellezza un po’ grossolana delle lucine intermittenti sull’albero e che volenti o nolenti ti ingloba in uno Spirito Natalizio che ti fa tornare bambino anche solo per lo spazio di una settimana.

Voto: 6,5

0 Scarpe nuove. Il dolore avanza

Perchè le Scarpe Nuove 9 volte su 10 sono dei fottuti strumenti di tortura?

Perchè ogni qualvolta decido di comprare un nuovo paio di scarpe finisco sempre per prendere il corrispettivo in podologia della VERGINE DI FERRO?

Ora, non sono neppure il classico esemplare femminile con il ticchio del Tacco Alto. L’ultima mia esperienza traumatica con un sandalo da Barbie principessa di sto cavolo, risale all’estate appena passata quando per chissà quale strano motivo ho voluto indossare un paio di scarpine dorate per fare il mio ingresso in un truzzissimo Casinò di Sharm. Entrata dentro ho acuto la sorpresa di vedere solo uomini con maglietta e bermuda hawaiano e donne con infradito da spiaggia.

Due ore dopo sono ritornata in camera arrancando sui gomiti, col piede nudo pulsante e con le scarpe in una mano. Da allora ho bandito le scarpe col tacco a meno di matrimoni, lauree, battesimi e serate di gala.

Io sono una da Scarpa da Tennis per 9 mesi e i restanti 3 con infradito a palla. Il mio piede ha un’idiosincrasia per tutti gli altri tipi di calzature.

Un tempo uscivo di testa per gli Anfibi. Negli anni 90 in piena epoca grunge, poi, eri una specie di essere anomalo se non li portavi. Anche con loro ho chiuso un matrimonio pluriennale.

Lì ha giocato un ruolo importante la classica bolla alla caviglia. Lì sono stata una deficiente di prima categoria perchè non credo che un essere umano con un minimo di materia grigia avrebbe messo l’anfibio in pieno luglio, in Spagna, e per farsi giusto giusto una mezza giornata di camminata scazzata in lungo e in largo per Barcellona.

Tornando a noi. Domenica ho ceduto alla richiesta pressante di una parte scazzata del mio cervello che mi spintonava per comprare una scarpa nuova per l’imminente viaggio in Germania e Austria. In tutto questo ha avuto un certo peso mia madre che con piglio nazista mi ha imposto una scarpa calda e antifreddo contro il Polo Nord di una nazione molto a Sud e molto a Nord di qualsiasi dei 2 poli. Dopo aver tentato inutilmente di farla ragionare, siamo arrivate ad un compromesso ragionevole, invece del Monboot, una scarpa più cittadina.

Eccomi a provare e riprovare scarpe di ogni tipologia, poi ho una visione celestiale. Un paio di scarpe nere, tipologia elfo di montagna ma con un Harley Davidson dietro la più vicina betulla. Le provo e dico WOW sono pantofole da città. Le compro e le metto il giorno dopo. Dopo 2 minuti ho capito l’andazzo: sfregamento continuo e regolare alla caviglia che tempo 2 giorni avrebbe generato uno di quei mostri gialli e pulsanti.

Oggi ho ritentato ma non ce l’ho fatta neanche 10 secondi netti.

Se qualcuno ha un rimedio si proponga.  

 

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