mercoledì 30 novembre 2011

0 Settimo cielo (2008)

Ho guardato questo film con sentimenti contrastanti.

Inizialmente sono quasi stata presa da conati di vomito a vedere tante scene di sesso tra anziani barbogi con battagli ingrigiti che sventolavano all’aria. Guardavo e volevo essere altrove. Non potevo credere che qualcuno si fosse preso la briga di spendere la cifra (considerevole) di un biglietto per vedere una nefandezza simile al cinema. La protagonista è una sarta in età ragguardevole che con la scusa di sistemare l’orlo di un pantalone ci dà dentro più volte col nonnetto di 76 anni, ma in realtà non disdegna neanche una sgroppatina col suo compagno di una vita, praticamente una stampella sfiatata.

La sensazione successiva alla nausea è stata la curiosità di vedere come andava a finire questo dramma teutonico. Fortunatamente il sesso tra anziani va scemando, se non consideriamo Inge la sarta che si trastulla in un solitario nella vasca di casa. Da quel momento inizia la tragedia. Il marito compagno, infatti, riceve la sgradita notizia che qualcun’altro si ingroppa la moglie e diciamo che non la prende tanto bene. Capiamo infatti che si suicida. Inge si dispera ma intanto non rinuncia al nuovo compagno di merende e così finisce la storia.

Il film è stato pure accolto positivamente dalla critica e questo spiega perché a me invece non è piaciuto proprio. Lo stile è quasi da pièce teatrale con pochi ambienti e dialoghi rarefatti, una telecamera spia le azioni dei protagonisti come un occhio indiscreto all’interno della casa mettendosi alle spalle degli attori o soffermandosi su primi piani silenziosi ma intensi. Roba da intenditori insomma.

VOTO 5

domenica 27 novembre 2011

0 A casa per Natale (1998)

Jake frequenta l’università della California insieme alla sua ragazza Allie (Jessica Biel). La cosa che più detesta è tornare a casa per Natale soprattutto da quando il padre ha risposato un’altra donna dopo la morte della madre di Jake. Quest’anno però suo padre gli ha promesso una Porsche se tornerà a casa entro le 18 del 24 dicembre…peccato che il viaggio verso New York sia parecchio lungo. Jake, però, la mattina della partenza si risveglia vestito da Babbo Natale in pieno deserto, senza un soldo in tasca e molto molto lontano da casa. A quel punto inizia per il ragazzo un lungo viaggio on the road dalla west alla east cost.

Che dire di questo film? Sicuramente non si tratta di una pietra miliare nella storia dei film di tematica natalizia e neppure nella storia delle commedie americane. Non si ride a meno di non avere 12 anni e uno scarso senso dell’umorismo. Sul finale poi diventa una caramella dolciastra e un tantino nauseante con tutto quel florilegio di buoni sentimenti che si concretizzano nella famigliola finalmente riunita dopo tanti anni.

Se ne può fare a meno volendo ma se proprio cercate un film per i pomeriggi di Natale, questo film si fa tutto sommato vedere.

VOTO 5,5

sabato 26 novembre 2011

0 Death Note

Ma quanto è bello questo strabiliante anime??? E dire che non lo conoscevo e senza saperlo un pomeriggio di due settimane fa ho scoperto una meravigliosa opera d’arte. E’ raro che si trovi di questi tempi un prodotto così ben fatto nella trama e nel comparto tecnico: grafica da urlo così come una colonna sonora fatta di brani heavy metal e musica gregoriana. E’ stata una graditissima sorpresa che a dire la verità è stata capace di mettermi un’angoscia addosso che non mi ha lasciato in pace fino all’ultimo ansiogeno fotogramma.

La storia ha come oggetto i quaderni della morte, ossia i Death Note, proprietà degli Shinigami (dei della morte) che però ogni tanto li perdono nel mondo con la conseguenza che spesso capitano tra le mani di esseri umani, incapaci di utilizzarli con criterio. E’ proprio quello che succede a Ryuk, un golosissimo mangiatore di mele non che shinigami, che perde il suo Death Note. Il quaderno infatti cade nel cortile di una scuola superiore giapponese e viene notato da Light, un ragazzo intelligente ma particolarmente chiuso e sfiduciato nei confronti della società. Questi, dopo aver capito di cosa si tratta inizia a provare la sua veridicità scrivendo il nome di un criminale sulle pagine intonse del quaderno. Infatti proprio nel risvolto di copertina sono presenti alcune istruzioni o regole che spiegano ciò che è lecito o illecito fare con il potere dato dalla proprietà del Death Note. Se si scrive il nome di una persona di cui si ha impresso anche il volto, questa morirà nel giro di 40 secondi per un arresto cardiaco, mentre se si vuole far sì che la persona in questione muoia in altri fantasiosi modi, bisogna scrivere dettagliatamente i particolari della morte entro un certo lasso di tempo. Light vede morire la persona che ha scelto e inizia a convincersi di avere nelle mani lo strumento per migliorare il mondo. Così uccide decine e poi centinaia di criminali nel buio della sua camera, con la sola compagnia di Ryuk e di un televisore sempre acceso sul notiziario locale. Ovviamente la cosa assume una risonanza mondiale e la polizia inizia a interessarsi al caso, chiedendo l’aiuto del più geniale investigatore del mondo, il misterioso L. Questi, dai pochi indizi a disposizione, riesce a capire che l’assassino dev’essere qualcuno che ha accesso alle informazioni della polizia e che ha un limitato periodo di tempo per dedicarsi alle uccisioni. Da qui consegue che si tratta di un parente di uno degli agenti e probabilmente uno studente. I suoi sospetti ricadono quasi immediatamente su Light e da qui inizia la competizione silenziosa tra L e Light, il primo che vuole a tutti costi smascherarlo e il secondo che cerca di sviare le indagini attraverso stratagemmi sempre più elaborati..

Devo dire che la serie è perfetta ma sicuramente perde tantissimo quando uno dei personaggi principali ci lascia anticipatamente, rovinando un po’ la prosecuzione della storia  che a mio parere risulta un po’ più fredda e meno magnetica. Inizialmente infatti c’è un’atmosfera quasi intimista dove è facile immedesimarsi in questo ragazzo che trova un oggetto magico da cui viene totalmente rapito. Inizialmente probabilmente non c’è neanche un grande ideale che lo guida ma semplicemente la curiosità e l’esaltazione di fare qualcosa di grande e pericoloso nel chiuso della sua stanza, senza che la famiglia possa minimamente sospettare qualcosa. Quando poi le maglie si stringono sempre più intorno a lui, invece di rinunciare decide di portare avanti la sua follia, immaginando un mondo senza più nessuno che lo ostacoli.

E’ molto riduttivo parlare di un’opera come questa in poche frasi, bisognerebbe vederlo e assaporarlo come un buon rosso da meditazione.

VOTO 10  

0 Renegade un osso troppo duro (1987)

Luke (Terence Hill) attraversa l’America con la sua Jeep e il cavallo Joe Brown. Un giorno, il suo amico Moose rinchiuso ingiustamente in carcere gli affida il figlio adolescente Matt (Ross Hill), in modo che possa accompagnarlo fino al terreno che ha vinto al gioco. Luke non sembra molto entusiasta soprattutto per il carattere ribelle del ragazzo, inizialmente ostile alla sua presenza. Piano piano però lungo le strade polverose d’America riusciranno a creare una bella amicizia.

Il film è una pellicola senza pretese ma anche molto godibile se non si dà molto peso ai tanti luoghi comuni sulla società americana disseminati per tutti i 90 minuti. Diciamo che è la classica commedia alla Terence Hill senza Bud Spencer sostituito dal figlio dello stesso Hill, tragicamente scomparso pochi anni dopo le riprese del film. Ecco, penso che sia un film che trova il suo lato migliore nell’amore che traspare dagli occhi di Terence Hill mentre guarda un figlio che non sa che perderà tra non molto. Certo, a parte il lato drammatico della cosa, c’è da dire che il ragazzo non prometteva tanto a livello recitativo. L’ho trovato molto statico e impacciato, quasi costretto a fare qualcosa che non gli apparteneva. Ci sono molti ragazzini, persino bambini, che alla loro prima esperienza come attori si mostrano subito dei veri fenomeni, questo non è il caso del povero Ross.

In ogni caso ci pensa il padre a risollevare le sorti del film con le classiche scazzottate e le gag che si ripetono per tutta la durata del film. La trama è molto lineare con qualche spruzzata di Walker Texas Rangers, comunità Amish, centauri barbuti e sceriffi obesi. Un filmetto per ragazzini anni 80.

VOTO 6-- 

venerdì 25 novembre 2011

0 X Factor 5. Pagelle Seconda Puntata

Claudio – The Dog Days are over: sembra sempre più l’orsetto del cuore dell’edizione di quest’anno. Un buono con la voce roca. I gesti coreografici suggeriti da Tommassini non mi convincono, sembra una marionetta mossa da fili invisibili. Non si possono snaturare troppo le persone o finisci per creare delle caricature senza futuro al di là del talent show. L’interpretazione comunque è buona, ma non memorabile. VOTO 6,5

Jessica – Il messaggio: un altro pezzo del passato per questa strana ragazza. Stavolta si cimenta in un brano di Alice che sinceramente non conoscevo. Diciamo che la sua dote più evidente è l’interpretazione, sempre sofferta e sopra le righe. Sembrerebbe molto più vecchia della sua età, sia per il trucco troppo pesante (da correggere quanto prima) che per la presenza scenica da donna matura. La voce è particolare, a volte calante, a volte sorprendentemente potente e intonata. Mi ricorda un modo di cantare molto Castrocaro, artigianale, grezzo. Comunque se sgrossata di tanti difetti può arrivare in alto perché portatrice sana di originalità e follia. VOTO 6

Davide – Jealous Guy: stavolta canta abbastanza bene anche se secondo me non ha futuro come artista, troppo simile a un fenomeno da baraccone piuttosto che ad un aspirante cantante. La timbrica sarebbe anche interessante ma non controlla bene la voce risultando in alcuni punti parecchio calante. Senza infamia e senza lode. VOTO 6

Le 5 – Single Ladies: le sopravvissute (in modo immeritato) della prima puntata tentano di cambiare il repertorio con un pezzo di Beyoncé. Come far cantare Lady Gaga a Orietta Berti. Modernizzate per l’occasione, vanno anche bene negli assoli per poi finire a terra con le parti armoniche. Poco talento, fuori contesto. VOTO 4,5

Francesca – La guerra è finita: per me è la più talentuosa del gruppo under donne ma inspiegabilmente è la meno coccolata dalla Ventura. L’hanno accusata di essere goffa come se questo avesse importanza ai fini di una futura carriera da cantante. Il pezzo dei Baustelle certo non è un regalo ma un tentativo sottile di farla cadere visto che non premia le belle voci come quella di Francesca. E’ un testo da interpretare più che da cantare. Qualche imprecisione qua e là. VOTO 6

Vincenzo – Ritornerai: l’avevo accusato di assomigliare a Lauzi nel modo di cantare ed ecco che questa volta giusto per non sbagliare gli viene assegnato giustappunto uno dei suoi brani. Sembra un modo di Morgan di far cacciare via i suoi mediocri cantanti. Anche stavolta un arrangiamento in chiave moderna che però non toglie la sensazione palese che questo hobbit è il figlio segreto del fu Bruno. Una cover senza sugo. VOTO 5

I Moderni – I gotta feeling: se qualcuno aveva il dubbio che si rifacessero a qualcuno, stavolta il dubbio diventa una certezza assodata. I cloni brutti dei Black Eyed Peace. La donna continua ad essere stonatissima, inascoltabile. Belle le armonizzazioni e la base. Stavolta se la caverebbero bene se non fosse per la parte femminile. VOTO 6,5

Valerio – Don’t let me be misunderstood: che ricordi revival questo pezzo. Penso che questo ragazzo non solo sia estremamente timido e insicuro ma anche poco sveglio in generale. Un pesciolino in mezzo agli squali dello show biz. Non ha una bella voce originale, non ha un timbro interessante, sembra non crederci fino in fondo e questo si riflette totalmente nelle sue esibizioni, troppo simili a caffè allungato. VOTO 5,5

Le Cafe Margot – Ssh!: brano molto bello per il gruppo con il nome più decente della categoria di Elio. Molto sul pezzo, intonatissime e gustosamente teatrali. Liberatesi della timbrica alla Zilli, trionfano tra tutti i loro colleghi di X Factor 5. Eccezionali, mature per un disco e per un buon successo se supportate da un agente discografico che le lasci esattamente come sono. VOTO 10

Nicole – La differenza tra me e te: pezzo recentissimo per la più classic tra i partecipanti a questa edizione. Partiamo col dire che la versione originale non mi piace mentre questa versione femminile com’è? Parte iniziale parlata bruttina (non a tempo), parte cantata più che calante. Pessima esibizione. La ragazza lodata alla prima uscita a questo giro va strigliata a dovere visto che offre senza ombra di dubbio la performance peggiore della serata. VOTO 4

 

 

 

   

lunedì 21 novembre 2011

0 Il maratoneta (1976)

Anni 70. New York. Babe è un universitario ebreo con la passione della maratona. Un giorno però la sua vita tranquilla e ordinaria viene scombussolata dalla morte del fratello ucciso dai sicari di un reduce nazista. Da questo momento in poi la vita del ragazzo viene stravolta totalmente da una serie di situazioni tremende in cui viene suo malgrado a trovarsi. La certezza che si fa lentamente e tragicamente strada dentro di lui è che non si può fidare più di nessuno, né della sua ragazza né della polizia.

Film eccezionale sotto ogni punto di vista. Viene difficile anche incasellarlo totalmente nel genere drammatico perché in realtà ha un tratto marcatamente thriller, basti pensare all’ansia che instilla nello spettatore già dalle prime placide sequenze. Un ragazzo con un grosso trauma familiare alle spalle che distrattamente vive la vita quotidiana, perso in una tesi capace secondo lui di riscattare la morte del padre. Non sa molto della vita, vive in un monolocale disordinato e trascorre le sue giornate a correre e sperare di migliorare il suo tempo per la grande maratona della Big Apple. Poi succede qualcosa. Si innamora della donna sbagliata e ritrova solo per poche ore un fratello che in realtà non conosceva neppure. Finisce torturato da un dentista nazista e riesce a scappare proprio grazie alla sua corsa, uccide per non essere ucciso e si vendica in modo analogo a come hanno fatto con lui i suoi aguzzini.

Le emozioni che suscitano film come questi sono difficili da spiegare, bisognerebbe spendere due ore della propria vita per assaporare in prima persona ogni fotogramma e ogni battuta del film. Hoffman è giovane e maturo allo stesso tempo, perfetto per un ruolo controverso come questo. Offre una meravigliosa prova così come il temibile e irriconoscibile Olivier.

Bellissimo

VOTO 9,5

domenica 20 novembre 2011

0 Topolino e la magia del Natale (1999)

Per molti anni sotto l’albero di Natale non mancavo mai di trovare un home video di sapore natalizio targato Disney e se la memoria non mi inganna “Topolino e la magia del Natale” è stata l’ultima videocassetta che ho ricevuto. Ricordo che era tradizione nella mia famiglia riunirsi in salone per guardare tutti insieme il nuovo cartone animato subito dopo il pranzo di Natale. Che fantastici ricordi!

Certo questo cartone animato non è il massimo sulla piazza. Innanzitutto i disegni sono dozzinali e appartengono ad un periodo molto recente rispetto alla grande scuola Disney degli anni 30 40 50. Si tratta di tre episodi con protagonisti tutti i personaggi più noti della grande famiglia Disney:

1) il primo episodio (a mio parere il più godibile) vede protagonisti Qui, Quo e Qua che rivivono continuamente il giorno di Natale fino a che capiscono che la magia del 25 dicembre sta proprio nel fatto che si tratta di un giorno unico e giustamente atteso;

2) il secondo episodio parla di quella cosa atroce che capita ad ogni bambino del mondo, il momento crudele in cui qualcuno ti rivela che Babbo Natale non esiste. I protagonisti sono Pippo e il figlio Max. Scopriranno dopo una lunga notte insonne che invece il buon omone con la barba bianca esiste eccome;

3) il terzo episodio parla di Minnie e Topolino che pur in ristrettezze economiche vogliono comunque farsi un bel regalo di Natale reciproco. Alla fine ci riusciranno ma capiranno che la cosa più importante è il pensiero piuttosto che il regalo in se stesso.

Insomma parliamo di buoni sentimenti e tanta retorica, una serie di luoghi comuni che a un bambino non interessano più di tanto. Sembra più che altro l’invenzione di un adulto che soffre perché non sente più dentro di sé lo spirito del Natale e cerca con un triplice espediente di cavare fuori dal suo animo ormai sopito la magia del titolo del cartone animato. Ricordo che già allora non mi era piaciuto e mi aveva messo una gran tristezza, avrei preferito un cartone animato più divertente e meno melodrammatico. In ogni caso in giro c’è  qualcosa di meglio per chi desidera vivere un po’ di magia natalizia in piena regola, un titolo a caso Polar Express, meraviglia per gli occhi e per l’animo.

VOTO 5

venerdì 18 novembre 2011

2 X–Factor 5. Pagelle Prima Puntata

Nicole – And I’m telling you I’m not going: look meno da suorina che nella fase dei provini. La voce la trovo abbastanza antiquata, roba da vecchi fans della Houston, Carey e di tutte quelle ugole gorgheggianti che furoreggiano negli Stati Uniti e che qua in Italia son passate di moda dai tempi della Giorgia di E poi. Emoziona la vecchia nonna e delle orecchie non avvezze a timbriche più originali. Scolastica ma indubbiamente intonata. Voto: 6,5

Café Margot – 50 mila: al primo ascolto risultavano essere il gruppo vocale più promettente della scalcagnata combriccola dell’Elio, ma domandina…PERCHE’ SCOPIAZZARE NINA ZILLI???? Detesto le imitazioni di chi già imita qualcun’altro. La giudico come un’offesa alla musica e alla creatività. Che dire? Certo non le puoi accusare di essere stonate ma di certo non sono da lodare. Voto: 5

Claudio – My Immortal: il mio preferito durante i provini ma non si può chiedere ad una persona di cantare questo genere di pezzi a meno che non lo vuoi far fuori da subito. Inglese pessimo. Esecuzione bella anche se troppo ricalcata sull’originale. Originale comunque l’interpretazione maschile su toni bassi di un pezzo che nell’originale tocca note irraggiungibili. Bravo. Voto: 6,5

Vincenzo – Azzurro: lo gnomo da giardino con la barba da cantante confidenziale. Odio la sua barba, il cappellino e il modo di cantare alla Lauzi. L’arrangiamento lo aiuta in modo plateale e la furbizia di Morgan Morgano è quasi penosa. A me non ha colpito per niente, anche l’intonazione mancava. Voto: 5

Francesca – Someone like you: l’asso nella manica numero due per quell’ignorantona della Mona, anche se sicuramente più interessante di Nicole. Timbrica originale, belle variazioni. Leggero graffiato che sporca in modo gradevole l’esecuzione. Già matura per un disco. La migliore fino a questo momento. Voto: 7

Rahma – Street life: canzone straordinaria, sciccosissima e cantata veramente bene. Non pensavo visto che avevo trovato questa ragazza molto deludente e un tantino sopravvalutata. Certo ci sono numerose imprecisioni ma il compito non era facilissimo. Voto: 6,5

Valerio – Misfit: che faccia da sfigato signore e signor, perché anche se gli avete messo i capelli indietro non cambia niente sempre un soggettone rimane. Una delle scelte più banali di tutta la storia di Morgan a X – Factor. Stonato e timbrica che fa il verso ai cantanti degli anni 80. Bah…non memorabile. Mi è piaciuta solo la canzone. Voto: 5

I Moderni – Un’overdose d’amore: il cambio nome è proprio una cosa orripilante. Elio ma che combini??? Comprereste mai il cd di un gruppo chiamato I Moderni? Io no. Anche questi arrivano comunque in ritardo di minimo 15 anni. Un modo di cantare che suona come una cacofonia di voci che svolgono malissimo il loro compito. La voce femminile è pessima. Esecuzione brutta. Voto: 4,5

Antonella – What else is there?: la uoma di questa edizione, a prima vista passata avanti solo per l’aspetto non convenzionale che per ragioni di merito. Viene molto femminilizzata in occasione della prima serata e canta pure bene. Bell’impatto con la telecamera, ha un look molto internazionale e una timbrica gradevole. Brava. Voto: 7,5

Jessica – Caffè nero bollente: la folle di X Factor 5 porta sul palco il pezzo cantato ai provini. Certo è inquietante ma perlomeno è una scelta meno convenzionale delle altre sue compagne di squadra. A parer mio spacca di brutto. E’ talmente diversa da tutti gli altri che capisci subito che andrà molto avanti perché non a tutti piacciono le voci perfette. C’è da dire che nella sua esuberanza è anche parecchio intonata. Una sorpresa. Voto: 7,5

Davide – My Way: a me non sembra molto normale. Ha una faccia raccolta in 4 centimetri cubici. E’ la scelta di Morgan che ho capito meno perché non ha mai cantato veramente bene. Interpreta molto ma canta maluccio. Gli viene cucito addosso un arrangiamento da gay pride che è l’unica cosa che sembra funzionare. Voto: 5

Le 5 – Birdland: ennesima scelta sballata di Elio e ennesimo nome orrendo scelto da Elio. Non abbiamo ancora capito che i gruppi vocali vanno bene giusto per i programmi di Paolo Limiti? Noiose noiosissime, andrebbero bene per un coro gospel in qualche chiesa ma non in una trasmissione commerciale come questa. Banali. Voto: 5

 

 

        

giovedì 17 novembre 2011

0 Io e Marilyn (2009)

 

Mamma mia che film sconclusionato! Per me è stata un po’ la conferma che Pieraccioni è troppo sopravvalutato come regista. Continuo a dargli il merito di aver creato dal nulla quella bellissima commedia che è “Il Ciclone” ma sinceramente è troppo poco per considerare le sue opere come capolavori.

Il film parte anche bene tutto sommato, con alcune scene che fanno veramente ridere e sfregarsi le mani pregustando il resto della portata ma poi improvvisamente tutto si sgonfia insieme all’attenzione dello spettatore più smaliziato. Cosa c’entra Marilyn Monroe con la storia di un povero disgraziato disperato perché ha perso la moglie circense, innamoratasi ormai del capo circo napoletano? Non c’è pathos ma non c’è nemmeno una costruzione dell’intreccio che sia stata veramente pensata e realizzata a dovere. Tutto sommato sarebbe stato meglio giocarsi tutto con l’uomo che parla da solo piuttosto che infilarci in mezzo una storia che si regge su un castello di plastilina.

Devo dire che i primi dieci minuti sono fatti molto bene. Si respira tutta l’aria meravigliosa delle commedie toscane, con la classica compagnia di amici e un’atmosfera famigliare. Ecco, in questo Pieraccioni è un vero maestro, ed è su questa strada che dovrebbe continuare il suo percorso lasciando perdere idee senza costrutto che rendono i suoi lavori poco appetibili per chi non è un suo accanito ammiratore.

La recitazione è su di un livello superiore per quel che riguarda Rocco Papaleo e non mi è dispiaciuto neppure Ceccherini, tutto il resto del cast sembra essere stato preso in blocco da qualche film di Vanzina o di Parenti, in primis Biagio Izzo seguito a ruota dalla pessima prova offerta da Barbara Tabita, per non parlare di Marilyn Suzie Kennedy.

VOTO 4,5 

martedì 15 novembre 2011

0 Il più grande spettacolo dopo il week end

Lunedì 14 Novembre 2011 è avvenuto un miracolo. Sono riuscita dopo tempo immemorabile a vedere fino a oltre la mezzanotte un programma televisivo…e senza sforzo, senza pinze che mi tenessero sollevate le palpebre, senza dosi industriali di caffè Lavazza. Solo con la gradevolezza di un programma proveniente da un altro lontanissimo pianeta. GRAZIE FIORELLO!!

Non so se qualcuno ha in mente la scena del film Ratatouille, quella in cui il critico gastronomico assaggia la pietanza preparata dal topino e rivive in un istante i ricordi belli dell’infanzia. Ecco per me la sensazione è stata la stessa. Ho come fatto un salto indietro di 20 anni e mi sono ritrovata in quella magica atmosfera dei grandi varietà del passato: Fantastico e Carramba per esempio . Ho provato quel piacere dimenticato di aspettare quel determinato giorno della settimana per accomodarti sul divano di casa, schiacciare 1 sul telecomando e goderti 3 ore di diretta fatta con tutti i crismi.

Ho riso tutta la sera, in particolar modo sui classici racconti di vita vissuta di Fiorello e sulla sua magnifica caricatura di Morgan Morgano. I resoconti della sua vita da padre di una diciottenne erano talmente realistici che ho rivisto mio padre che mi veniva a prendere fuori dalla discoteca con addosso mezzo pigiama e la palpebra pesante. E’ stato esilarante e nostalgico. Un regalo inaspettato da uno che non conosci ma per cui sarà un piacere e un onore aprire la porta di casa per altre tre settimane, sicuramente gradevoli e capaci di svecchiare la televisione odierna. Sì la vera magia di questo programma è il fatto che tutto sommato è un prodotto che strizza l’occhio alla televisione di un tempo ma allo stesso modo ti fa capire senza volerlo veramente che la televisione che ci propinano da qualche anno a questa parte ha snaturato la società, lobotomizzandola e togliendole il piacere della risata, del sorriso, della sorpresa dell’ospite che non ti aspetti, dell’attesa della fine della pubblicità per assaporare il resto del menu.

Sarebbe bello se questo programma potesse essere un modello per tanti altri progetti futuri, soprattutto in Rai visto che Merdaset è senza speranza. Abbiamo bisogno di aria pulita, basta talk show e opinionisti.

Grande Fiore!!!

giovedì 10 novembre 2011

0 D’Artagnan e i moschettieri del re (1987)

Ecco l’ennesimo esempio di cartone animato che ho praticamente ignorato quando ero piccola e che ha finito per conquistarmi ora che di anni ne ho 34. Forse è proprio questa la magia di certi anime, riescono a catturarti in fasi diverse della vita e per motivazioni diverse.

Questo serie è composta da ben 52 episodi che prendono ispirazione dal capolavoro di Dumas e che raccontano le vicende di D’Artagnan un ragazzo di Guascogna che sognava di diventare moschettiere alla corte del re di Francia. Si tratta di un cartone animato che segue un filo logico perciò ogni puntata è legata strettamente a quella precedente, dando così ampio respiro alla trama. I nuclei principali della storia sono essenzialmente due: la collana della regina e maschera di ferro. Sicuramente a me è piaciuta molto di più la seconda parte della storia, avventurosa, commovente e rivelatrice, oltre ad essere una vera gioia per gli occhi.

I personaggi sono meravigliosi ma la mia preferita è sicuramente l’affascinante Milady, un personaggio totalmente inedito che fa una tragica fine espiando così i peccati commessi durante la sua misteriosa vita.

Bellissimo e consigliatissimo

VOTO 8

mercoledì 9 novembre 2011

0 Quelle due (1961)

E’ un film assolutamente spiazzante soprattutto considerata l’epoca in cui è stato girato. Una storia di omosessualità latente che coinvolge una donna e siamo solo negli anni 60!!! Devo dire che il film è molto bello e delicato, regala una recitazione da paura e soprattutto il regista non sembra mostrare nessun timore nell’affrontare una tematica così difficile. Cazzo è difficile ai nostri tempi, figuriamoci 50 anni fa.

La storia si svolge in una sorta di collegio per ragazzine ricche gestito da due giovani donne: Martha (Shirley MacLine) e Karen (Audrey Hepburn). Tutto sembra procedere bene e in armonia ma l’atmosfera si sfalda appena compare sulla scena il fidanzato di Karen, il medico Joe. Martha infatti non lo sopporta (e tutti noi saremmo pronti a giurare che si tratti di un atteggiamento da innamorata gelosa) e lo tratta con sufficienza e malanimo, in particolar modo quando scopre che i due hanno deciso di sposarsi. Purtroppo allo scoppio d’ira che segue fa da pubblico non richiesto un manipolo di ragazzine che non perde tempo e lo va a rivelare alla peggiore di loro, una ragazzina viziata che ingigantendo le cose sentite fa arrivare tutto alle orecchie della nonna che non perde tempo e ritira la nipote dalla scuola, così come tutti gli altri genitori. Karen e Martha perdono tutto, ma quest’ultima però trova dentro di sé la consapevolezza di ciò che prova realmente per l’amica e arriva a ciò proprio spinta dalle accuse della gente. Lei infatti non aveva mai saputo dare un nome a ciò che provava per Karen nonostante l’amore per lei fosse doloroso e sempre più pressante.

Le due sono ormai allontanate e disprezzate dalla società, marchiate a fuoco dai pregiudizi della gente nonostante in realtà tra di loro non sia mai avvenuto niente. Karen decide di lasciare Joe perché vede in lui il seme del dubbio nonostante sia follemente innamorato di lei. A questo punto Matha decide di aprirsi con l’amica e di rivelarle tutto ciò che ha sempre provato per lei. La confessione però avrà una conseguenza tragica..

VOTO 7,5 Pollice in su

sabato 5 novembre 2011

0 Terre desolate–Stephen King (1991)

Terre desolate è il terzo episodio della serie La Torre Nera ed è un signor romanzo. Certo, un romanzo complesso, intricato, assolutamente incomprensibile per chi non ha seguito il lento e graduale percorso che ha portato alla formazione del Ka-tet composto da Roland di Gilead, Susannah Dean, Eddie Dean, Jake e Oy. Insomma il libro può essere apprezzato solo da chi si è avventurato nello strano mondo del pistolero almeno a partire dal precedente episodio intitolato La Chiamata dei Tre. Se questa conditio sine qua non viene rispettata, allora si è davvero pronti per il lungo viaggio alla ricerca della fantomatica Torre Nera, chiodo fisso di Roland ultimo pistolero in un mondo che è andato avanti, degradandosi, corrompendosi e mostrando un volto sottostante fatto di cimeli del passato, interpretabili come resti di una civiltà del tutto simile alla nostra.

Nel libro precedente tre porte poste lungo una spiaggia popolata da aramostre avevano permesso a Roland di trasportare nel suo mondo  il tossicodipendente Eddie e  Susannah una ragazza di colore (schizofrenica) costretta su una sedia a rotelle. Entrambi infatti erano funzionali e necessari al pistolero per la sua ricerca della Torre Nera. I due ragazzi newyorkesi venivano da due decenni diversi, Eddie dagli anni 80 e Susannah dagli anni 60. Manca però ancora un personaggio perché il viaggio possa veramente avere inizio, e questi non è altri che Jake, un ragazzino di New York che ha già bazzicato questa strana realtà parallela ma che vive la strana situazione di sdoppiamento data dal fatto di essere morto nel mondo di Roland ma di essere vivo nel suo. Questa follia potrà finire solo nel momento in cui Jake farà ritorno nel Medio Mondo, evento che avviene proprio in Terre Desolate.

L’elemento realmente affascinante di questa serie (andata via via rovinandosi dal quinto episodio in poi) è proprio questo strano collegamento tra il mondo di Roland e la Terra che si manifesta copioso a mano a mano che i tre personaggi provenienti dal nostro pianeta si fondono sempre più col tessuto connettivo del Medio Mondo. Mentre nel secondo episodio i cosiddetti terrestri continuano a stupirsi delle stranezze del mondo del pistolero, in questo libro sembrano ormai aver preso confidenza sia con la desolazione che li circonda sia con il fatto di diventare essi stessi pistoleri e perciò consapevoli di una missione da svolgere, una missione di cui però loro sono solo strumenti e non protagonisti. La ricerca è qualcosa che li affascina ma che non capiscono del tutto, la accettano così come hanno ormai metabolizzato il fatto di non poter mai più tornare indietro alla loro vita precedente. Ormai amano quello strano posto e ricordano con pochi sprazzi di nostalgia la vita nella Grande Mela, pronti a tutto per accompagnare Roland fino alla fine del Vettore. Il viaggio si mostra subito lungo e periglioso e i tre affrontano continui ostacoli guidati solo dal pensiero di andare avanti, succeda quel che succeda.

Il romanzo a differenza del precedente ha parecchie corrispondenze tra i due mondi, alcune davvero fondamentali nella prosecuzione della storia: la Rosa in particolar modo, una rosa che è l’elemento chiave di tutta la serie e che qui viene solo presentata ma di cui si percepisce la grande potenza pur essendo apparentemente solo un semplice fiore in un campo abbandonato di New York. Sono tutti elementi che devono essere tenuti in grande considerazione da chi vuole continuare a leggere la storia perché diventeranno maledettamente complicati nei libri successivi, molto più macchinosi e meno immediati di questo romanzo.

Ciò che colpisce è la grandezza di King nel narrare con semplicità e scorrevolezza un’accozzaglia di assurdità ma che hanno alla fine una logica stringente. Come non capire infatti che la città di Lud non è altro che una New York in un’era post bellica? O che il Medio Mondo potrebbe essere la Terra tra milioni di anni? La serie della Torre Nera nei suoi episodi iniziali, ma soprattutto in questo romanzo, è un’ipotesi su come potrebbe diventare il nostro pianeta dopo una guerra nucleare. Questo ovviamente è il mio parere ma è anche una chiave di lettura tra le mille che si possono trovare. E’ questo il bello di questa fantastica avventura: un intreccio complesso e una ricchezza di simboli strabiliante. C’è tutto: l’ironia, la violenza, l’avventura, la superstizione, la speranza, la rassegnazione. Non manca niente. Non riesco a trovargli un difetto. Mentre La chiamata dei tre era un libro che cercava ancora il contatto con la realtà del nostro mondo, questo invece molla l’ancora e punta verso la follia ed è impossibile non farsi travolgere da questo fiume in piena.

Un gioiello che aveva un grave difetto: un finale in media res. Terribile per chi leggeva il romanzo nella sua prima edizione e doveva aspettare un ipotetico libro futuro (è il mio caso) ma ormai superato dai lettori dell’ultima ora che possono contare su tutta la serie al completo.

VOTO 10

venerdì 4 novembre 2011

0 Buon Natale Pinocchio (2002)

Siamo davanti ad un mediometraggio di 45 minuti circa incentrato sul burattino di legno più famoso al mondo, Pinocchio. Il Pinocchio protagonista è quello nipponico dell’anime Le Avventure di Pinocchio, celeberrimo per chi come me è stato bambino negli anni 80.

La storia è tragica e lacrimevole oltre che abbastanza sconclusionata. I tempi narrativi sono fantasiosi: una notte di Natale praticamente lunga un anno viste le peripezie capitate al povero bambino di legno, costretto a farsi una bella sfacchinata fin su alla montagna dove si trovano le magiche erbe capaci di guarire tutti i bambini malati dello strano paese in cui è capitato insieme al babbo Geppetto, al Gatto e la Volpe (misteriosamente diventati buoni), a Tina (la sorella immaginaria visto che nel libro di Collodi non esiste) e l’immancabile Topo (inventato di sana pianta anche lui ma presente anche nell’anime).

Tutti piangono. Perché hanno fame, perché sono su una sedia a rotelle, perché i gendarmi gli vogliono bruciare le bambole, insomma per mille motivi diversi e stralunati. Il cartone animato come dicevo è assurdo e abbastanza lento, fumoso, melodrammatico e buonista (alla fine la fatina come un Gesù bambino in tulle gli concede di diventare un bambino vero) dove i simboli cristiani sono utilizzati un po’ come capita…vedi per esempio i crocifissi appesi all’albero di Natale e il reverendo più simile ad un pope o a un sacerdote che a un prete.

Come film d’animazione natalizio è molto debole e poco adatto ad un pubblico che si vuole divertire o semplicemente star sereno. Angosciante e tutto sommato inutile.

VOTO 4,5

martedì 1 novembre 2011

0 Giuro che ti amo (1986)

Ogni volta che mi imbatto in un film di Nino D’Angelo ritorno come d’incanto ai primi anni 90 quando Rete 4 non faceva che replicare i suoi musicarelli nelle lunghe serate d’estate. Per me sono sempre stati momenti di divertimento puro perché è sempre stato davvero impossibile prenderli sul serio. Rappresentano però dei veri cult movie che chissà magari ai loro tempi facevano anche dei buoni incassi al botteghino. In fondo negli anni 80 Nino D’Angelo era davvero molto popolare e apprezzato anche al di là della Campania.

Nei film di D’Angelo (in questo caso anche regista, nientemeno) c’è uno schema che si ripete continuamente. Innanzitutto il protagonista si chiama sempre e solo Nino (giusto per non confondere le acque) ed è sempre un poveraccio che sbarca il lunario nei modi più miserrimi. In Giuro che ti amo per esempio fa il pescatore di Procida. Inoltre è sempre un rubacuori nonostante il suo aspetto tutto fuorché piacente con quell’improbabile caschetto biondo e l’altezza di un muretto a secco. Ma il suo interesse è sempre rivolto alla bionda Roberta Olivieri, compagna di gran parte dei suoi film, la cui verve è pari a quella di un mitile. Nei film poi non manca mai il dramma di sottofondo alla storia d’amore, spesso contrastata ma sempre destinata al più classico degli happy end. Non manca mai neppure la serata in discoteca in cui è possibile ammirare i look più orrendi dell’epoca, influenzati senz’altro dalla moda del momento ma anche da quel kitch partenopeo che non guasta mai.

Sono film sempliciotti che vengono oltre modo appesantiti ma anche resi più ridicoli dalla colonna sonora rappresentata ovviamente dalle canzoni di Nino che fanno da coronamento ai momenti cruciali della storia.

Parlando in maniera specifica di questo film in particolare, si può affermare tranquillamente che risponde in toto alle componenti principali dei canovacci dei vari film di D’Angelo, con la grossa novità del discorso sulla camorra che a onor del vero è il punto focale della storia nonostante il titolo sentimentale. Da segnalare la presenza di un giovanissimo Marco Vivio, diventato in seguito un bravo doppiatore e di Bombolo che recita il suo ultimo film prima della tragica morte avvenuta l’anno dopo.

In ogni caso il film non è tra i migliori di Nino e neppure tra i più divertenti.

VOTO 4,5

0 Ritorno dal Paradiso (2001)

Parliamoci chiaro: non stiamo parlando di un film epocale ma semplicemente della più classica commedia americana sulle sorti dell’essere umano dopo la dipartita. Quanti film a stelle e strisce ci hanno raccontato il ritorno dal regno dei cieli di anime destinate a compiere qualche bella impresa sulla Terra? Una miriade e non tutti con risultati apprezzabili. Talvolta zuccherosi talvolta irriverenti talvolta dozzinali.

Questo “Down to Earth” è un film che prova a far ridere senza riuscirci veramente. Il protagonista è Lance, giovane di colore con la mania del cabaret che muore schiacciato da un camion mentre sta guardando una bella ragazza. Gli angeli si rendono conto di aver commesso un errore e decidono di farlo ritornare sulla Terra dapprima in un corpo temporaneo (un ricchissimo uomo bianco dal cuore di pietra e il portafogli pieno) e poi in via definitiva nei panni di un altro afro americano.

Tutto questo sa di vecchio e di già visto mille volte. Niente migliora la situazione tanto meno l’attore che veste i panni di Lance, Chris Rock, un emulo di Eddie Murphy ma con poche carte da giocare. Insomma se nonostante tutto volete vedere l’ennesima puntata del morto che ritorna, questo film aggiungerà poco o niente alla vostra cineteca mentale. Tutt’al più un’ora e mezzo di dialoghi banalissimi e situazioni che anticiperete col pensiero senza bisogno di essere chiaroveggenti.

Inutile e noiosetto

VOTO 5 Pollice in giù

 

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