venerdì 30 novembre 2012

0 X–Factor 2012. Pagelle Semifinale

PRIMA MANCHE

Davide “100000 parole d’amore”: sono molto felice di poter dire che questo ragazzo finalmente è riuscito a sbloccarsi. La cosa più sorprendente è stato vederlo sgambettare come un cantante navigatissimo su e giù dal palco. Bellissimo anche il GRAZIE scritto su un foglietto indirizzato alla Ventura (ovviamente si spera che il gesto fosse naturale e non frutto di dinamiche interne). E la canzone? A me è piaciuta tanto sarà che per me Pezzali è uno dei migliori parolieri italiani ma davvero il pezzo è immediatissimo e perfetto per il timbro di Davide. VOTO 7,5

Ics “L’autostima di prima mattina”: il brano è difficilissimo perché ha un andamento altalenante, sempre a metà strada tra l’hip hop e l’elettronico. Sono sicura che alla radio sarà un successo ma anche in versione live fa la sua sporca figura. Belli gli inserimenti di frasi cantate da Morgan, bello il testo, strana la base e grandissimo Ics. Da riascoltare per apprezzarne tutte le sfumature. VOTO 7

Cixi “Non sono l’unica”: Bungaro è uno che scrive sempre canzoni orecchiabili e infatti anche in questo caso l’obiettivo è stato raggiunto. Non è un brano da scossone emotivo, non fa venire il brividino ma è in linea con gli altri inediti di quest’anno che saranno tutti dei successi da primi posti in classifica. Il brano è semplice e adatto ad una ragazza dell’età di Cixi. L’unica cosa che non mi è piaciuta è il modo in cui Cixi si mangia le parole rendendo il testo indecifrabile ma grazie al cielo qualcuno lì in regia ha avuto l’idea genialissima di fornirci il testo in sovraimpressione. VOTO 6,5

Daniele “Un giorno in più”: il brano è il più debole tra i cinque e forse anche il più banale anche se ho trovato molto commovente che Daniele l’abbia cantato pensando al nonno che non c’è più. Lui comunque ci mette la sua solita carica che a parer mio è sempre meno intensa e più finta rispetto a quando viene chiamato al ballottaggio dove offre sempre prove più che discrete. Sarò crudele ma per me la sua uscita dal programma è giusta. Gli manca quel qualcosa in più che fa di un cantante un talento vero. VOTO 6

Chiara “Due respiri”: dopo un’attesa spasmodica ecco che conosciamo finalmente il brano scritto da Eros per Chiara. L’elemento chiave secondo me è il seguente: il brano si evolve via via che si susseguono le strofe. E’ un continuo crescendo che diventa emozione vera grazie alla meravigliosa voce di Chiara. Il testo non è da premio Oscar ma la melodia è strepitosa così come ho trovato le strofe più intense rispetto al ritornello che però diventa magico proprio sul finire del brano. Bello lo special così come è tipico dello stile di Ramazzotti. VOTO 8

SECONDA MANCHE

Davide “In un giorno qualunque”: esecuzione un po’ stonacchiata in alcune parti ma complessivamente sufficiente. Non è il suo genere e si sente. VOTO 6

Chiara “L’amore è tutto qui”: magia incantesimo poesia. Non conoscevo il brano ma già al primo ascolto mi ha conquistato. Sempre dieci spanne sopra tutto ciò che è apparso nei vari talent da dieci anni a questa parte. VOTO 8

Ics “Invisible Man”: brano immortale dei Queen. Ics lo porta a casa con un’esibizione sontuosa, divertente, elegante e anche in questo caso mi va di utilizzare il termine magica. VOTO 7,5

Cixi “The message”. ennesimo brano da pre-disco per Cixi. E’ il suo genere e lo interpreta con autorevolezza ma come dice Mika non riesce a trasportare lo spettatore in un’altra dimensione. E’ brava ma anche lei è sprovvista di talento vero e ha una tecnica abbastanza approssimativa. VOTO 6

giovedì 29 novembre 2012

0 La bestia nel cuore (2005)–Cristina Comencini

Trama: Sabina è una giovane doppiatrice che vive in maniera distaccata la morte di entrambi i genitori, persone di cui ricorda molto poco. Una notte un terribile incubo la fa precipitare improvvisamente in un passato dimenticato ed è allora che decide di partire per l’America per confidarsi con suo fratello Daniele…

Mi sono trovata davanti ad un grande film, diretto con intelligenza e sentimento e interpretato da straordinari attori. Non è facile trovare un film italiano che ti tenga incollato allo schermo fino all’ultimo istante e invece questo film riesce ad ammaliare e coinvolgere, ad essere credibile pur con qualche limite. Infatti, a parer mio, i punti forti del film sono i rapporti reali, l’amore, l’amicizia, la famiglia. La parte migliore è quella riguardante la storia inverosimile ma allo stesso tempo molto plausibile tra Emilia (Stefania Rocca) e Maria (una superlativa Angela Finocchiaro). La prima, cieca dai vent’anni è da sempre innamorata di Sabina che però non ricambia il suo amore. Però grazie a quest’ultima conosce l’esuberante Maria, una donna di mezza età tradita dal marito che trova in Emilia una nuova speranza pur faticando ad accettare fino in fondo la sua attrazione per una donna. Il tema è stato sviluppato con una leggerezza tale che credo non disturbi persino l’omofobo più accanito. E’ il racconto di una storia d’amore tra due donne che hanno perso la fiducia nella gente. L’amore spinge a cambiare le prospettive di una vita, toglie le sovrastrutture mentali e porta ad accettare anche ciò che si detestava (Emilia accetta il vizio del fumo di Maria e Maria inizia ad affezionarsi al cane di Emilia, proprio lei che aveva paura dei cani). Tutto il resto del film è un po’ meno coinvolgente, molto calligrafico e lezioso, con una regia troppo interessata a fondere la realtà con i fantasmi della mente e dei ricordi, rendendo un po’ pesante la visione. Ho trovato bella anche se un po’ fredda la descrizione del viaggio di Sabina in America, mentre il tradimento di Franco (Alessio Boni) è davvero poco originale. Poco credibile il viaggio in treno di Sabina e un po’ troppo ottimistico il lieto fine tra Sabina e Franco.

Insomma per tirare le somme il film mantiene promesse che riesce a mantenere solo nei suoi aspetti più marginali. Il nucleo della storia è un po’ troppo pesante e freddo anche se il tema trattato è drammatico e purtroppo fin troppo reale.

VOTO 7

mercoledì 28 novembre 2012

0 Il bello, il brutto e il cretino (1967)–Giovanni Grimaldi

Trama: Franco e Ciccio sono due banditi scalcinati che girano il Texas cercando di fregare i vari sceriffi del luogo con risultati spesso disastrosi. La loro fortuna sembra girare quando gli viene rivelato da un soldato morente il luogo in cui sono sepolti 200000 dollari…

Ennesima parodia di un film di successo che però non fa divertire più di tanto a parte qualche bella uscita del sempre mitico Franco, protagonista delle parti più riuscite di questo film sempliciotto e lentissimo.

Il genere western a cui si ispira viene fedelmente riprodotto sia nella location che nelle scelte stilistiche come per esempio l’uso di primissimi piani e il campo lungo. Poi immancabile il saloon, i giocatori d’azzardo, la prostituta del bordello e sullo sfondo la guerra tra nordisti e sudisti.

Non è granché.

VOTO 5

martedì 27 novembre 2012

0 I barbieri di Sicilia (1967)–Marcello Ciorciolini

Trama: seconda guerra mondiale. La Sicilia è in mano alle truppe tedesche che terrorizzano la popolazione. Ciccio e Franco sono rispettivamente un coiffeur e un barbiere considerati da tutti i cretini del paese ma grazie ad una serie di circostanze diventano degli eroi della patria favorendo l’arrivo degli Alleati.

Che carino questo film! Devo dire che la parte più divertente è quella iniziale dove i due mostrano la loro assoluta incapacità di svolgere come si deve il proprio mestiere (leggendario il taglio di mezzo baffo da parte di Franco) ma a dire il vero tutto il film è uno dei più riusciti della mitica accoppiata sicula.

La Sicilia e i siciliani vengono come al solito ritratti con l’utilizzo di tutta una gamma di luoghi comuni che però visto il periodo in cui si ambienta la storia risultano plausibili: coppole, lupare, donne accompagnate da parenti donne e inavvicinabili dagli uomini a meno di trovarsi in luoghi pubblici, zie con i baffi, fuitine e matrimoni riparatori. Su tutto il senso dell’onore che per i meridionali di allora era principio inviolabile del microcosmo del paese, del quartiere e soprattutto della famiglia.

Le gag dei due mattatori sono a volte irresistibili così come le espressioni da fumetto di Franco. La parte più debole del film sta invece nella storia del giovane ufficiale americano che si imbosca tra gli abitanti del paese.

VOTO 6,5

domenica 25 novembre 2012

0 Scusate il ritardo (1983)–Massimo Troisi

Trama: Napoli. Vincenzo è un trentenne che vive ancora in famiglia, disoccupato e impacciato. La sua vita monotona si divide tra l’invidia per il fratello maggiore, i pianti del migliore amico Tonino e l’incontro con la bella Anna, ex compagna di scuola di sua sorella..

Si tratta del secondo film diretto e interpretato dal giovane Massimo Troisi stavolta nei panni di un giovane disoccupato che trascorre le giornate in canottiera, annoiato, senza prospettive ma nonostante questo incapace di pensare alla costruzione di una sua indipendenza personale. Vive con la madre e con la famiglia della sorella in una grande casa napoletana che in ogni inquadratura dà una sensazione di solidità e tradizione. Vincenzo è un ragazzo apparentemente superficiale, poco propenso ad arrovellarsi in riflessioni e soprattutto molto concreto nel suo modo di approcciarsi ai problemi, soprattutto sentimentali. Inizia una relazione con Anna (interpretata da una giovanissima Giuliana De Sio) senza farsi troppe domande, vivendola in modo istintivo, senza troppo coinvolgimento emotivo e così finisce per non accorgersi che sta perdendo la donna in quanto lei si sente poco amata, poco apprezzata, stanca di aspettare che dalla bocca di Vincenzo esca fuori un complimento o una frase da innamorato. Quando lei lo lascia, lui non sa spiegarsi il motivo proprio perché i due hanno un modo differente di approcciarsi ai sentimenti e così pur soffrendo non cede alla voglia di risentirla. Solo alla fine i due riescono a parlarsi ma è troppo tardi in quanto Anna sta decidendo di ritornare a Perugia, la città in cui lavorava. Il finale rimane comunque aperto in quanto la scena viene bruscamente tagliata dai titoli di coda.

In questo film sono presenti tante tematiche, quali l’amore, l’amicizia, la famiglia, la disoccupazione ma anche le tradizioni di un tempo. Si struttura in modo semplice e lineare lasciando ampio spazio alla recitazione e soprattutto ai dialoghi tra Lello Arena che interpreta Tonino e lo stesso Troisi. Sono dei veri e propri sketch che trasportano lo spettatore in una dimensione teatrale piuttosto che cinematografica senza che questo crei una sensazione di straniamento nello spettatore.

Personalmente non ho mai amato tantissimo Troisi perché penso che una recitazione che si basa unicamente sul dialetto napoletano crei incomunicabilità e difficoltà nell’apprezzare totalmente il film. Insomma si perde tanto ed è un peccato. Credo però che Troisi avesse una dote tutta speciale nell’impersonare i protagonisti dei suoi film e soprattutto nel comunicare attraverso la mimica facciale e corporea piuttosto che con il linguaggio. In ogni caso il film è proprio bello e racconta Napoli attraverso dei modelli non convenzionali come il funerale iniziale (momento di incontro tra parenti e conoscenti), la benedizione del parroco, i rapporti famigliari. Solo questo meriterebbe la visione immediata del film.

VOTO 7,5 

  

giovedì 22 novembre 2012

0 Le Iene–Quentin Tarantino (1992)

Trama: cinque uomini (Mr Brown, Mr Gold, Mr White, Mr Pink, Mr Blue) mettono in atto una rapina ad una gioielleria che però viene interrotta dall’arrivo della polizia. I cinque iniziano a sospettare che uno di loro sia un poliziotto sotto mentite spoglie…

Non finirò mai di ringraziare il mio professore di Storia del Cinema per avermi fatto scoprire Quentin Tarantino. I suoi film sono dei capolavori di recitazione, tecnica e impatto visivo. Durante le lunghissime sequenze si rimane folgorati da dialoghi veri, crudi, divertenti, a volte paradossali e conditi di bestemmie e parolacce.

Le Iene all’epoca (1992) fu vietato ai minori di 18 anni e adesso sembra davvero un divieto ridicolo perché ormai ci siamo abituati ad assistere alla violenza più cruda e non esclusivamente di finzione (basti pensare alle esecuzioni in diretta di Saddam o Gheddafi) ma anche i film sono molto cambiati e puntano tantissimo sull’aspetto visivo lanciandosi (anche a sproposito) nello splatter, ormai inflazionatissimo in tutti i film con contenuti thriller, horror o noir.

Qui la scena incriminata è quella della tortura ai danni del malcapitato poliziotto per mano del pazzoide Mr Gold che arriva a mozzargli un orecchio e a inondarlo di benzina. Tutto questo però è solo suggerito non è mostrato apertamente ed è questo che rende il film grandioso e spettacolare. Noi sentiamo quello che sentono i personaggi, siamo fisicamente presenti ma impossibilitati a intervenire, atterriti ma anche incuriositi e desiderosi di vedere come andranno le cose.

La storia poi come è nello stile di Tarantino è un gioco di scatole cinesi, con salti temporali in avanti e indietro in modo da portare lo spettatore a ricostruire l’intero ordito solo nelle battute finali. Geniale anche il fatto di non mostrare mai l’evento principale ossia la rapina alla gioielleria, preferendo soffermarsi solo su ciò che ha preceduto e seguito il casus belli.

Fantastica la colonna sonora (altro fiore all’occhiello dei film di Tarantino) che fa da contrappunto alle scene madri ma che è percepita sia dallo spettatore che dai protagonisti, veri patiti della musica anni 70 trasmessa da una radio del posto. Il sangue scorre copiosamente e non mancano le sparatorie.

Gli attori che da soli meritano la visione del film sono Harvey Keitel, l’unica iena con un barlume di anima, e Tim Roth, fragile e potente allo stesso tempo.

VOTO 10    

martedì 20 novembre 2012

1 Recensione 22/11/1963–Stephen King

Nonostante il titolo richiami un fatto storico di portata mondiale, ossia l’assassinio di JFK, la storia ha un respiro molto più ampio e ci porta ad affrontare un viaggio avvincente nel passato in compagnia del protagonista del romanzo, un giovane insegnante di nome Jake Epping. Quest’uomo, in cui sarà facilissimo immedesimarsi, non è altri che un onesto professore di provincia, deluso dalla vita e sensibile nei confronti delle persone che vengono trattate con crudeltà dalla gente. Proprio questa sua capacità di condividere il dolore altrui e il desiderio di cambiare ciò che va male, lo porta ad essere un candidato ideale per tornare indietro nel tempo e compiere qualcosa di straordinario: salvare la vita del presidente Kennedy ucciso da un pazzo nella città di Dallas. Questa apparentemente assurda proposta gli viene fatta dal proprietario di un fast food, Al Templeton. Questi ha casualmente scoperto un passaggio spazio temporale nel suo locale e ne ha già usufruito parecchie volte per compiere azioni importanti e non, ma non è riuscito a salvare il presidente, suo obiettivo primario. Una terribile malattia lo spinge a chiedere aiuto al giovane Jake, in quanto ormai a lui restano solo pochi giorni di vita. Jake accetta praticamente subito ma ciò che lo spinge non è tanto il desiderio di salvare Kennedy quanto la possibilità di cambiare in meglio la vita del bidello dalla sua scuola che da bambino era rimasto gravemente ferito in seguito alla strage della sua famiglia nella notte di Halloween. Jake parte senza voltarsi indietro anche perché non c’è niente che lo trattenga nel 2011 e così approda in un istante nel 1958 e inizia la sua lunga avventura che lo tratterrà nel passato per diversi anni.

Il tema del viaggio nel tempo è già di per se stesso appassionante ma se poi lo si unisce alla possibilità di cambiare il futuro allora ecco che diventa praticamente impossibile staccarsi da questo bellissimo romanzo che dimostra come Stephen King abbia ancora molti assi nella manica. Difficile infatti non appassionarsi alle vicende di Jake/George, ai suoi dubbi, alla sua ostinazione nel voler cambiare il destino anche a costo di rischiare la vita. E’ un uomo come tutti noi e infatti a un certo punto l’obiettivo principale della sua missione ossia il salvataggio di Kennedy sembra diventare sempre più pesante e fastidioso rispetto alla vita serena e felice che sta iniziando a vivere nel passato grazie alla conoscenza di nuovi amici ma soprattutto in seguito alla sua relazione con la bella e goffa bibliotecaria Sadie. Jake è diviso tra la promessa da mantenere ad Al e la consapevolezza che potrebbe perdere tutto se decide di portare a compimento l’obiettivo che l’ha portato indietro nel tempo. Ciò che teme è la reazione del passato ai cambiamenti forzati messi in atto da lui stesso, creatura del futuro. Il passato così come ci viene ripetuto spesso nel romanzo è di per se stesso “inflessibile”, cioè  non vuole essere cambiato e questo fa sì che sia molto difficile apportare anche il minimo cambiamento in ciò che deve succedere. Più è importante il cambiamento più la reazione del passato sarà violenta. Questo chiaramente porta a tutta una serie di situazioni di tensione che non sempre si risolvono nel modo migliore ed è anche per questo che Jake è costretto a tornare indietro nel suo tempo, per cambiare ancora una volta le carte in tavola e riportare allo stato originario ciò che lui stesso ha cambiato.

Il romanzo ci insegna un dato fondamentale: ciò che ci sembra sbagliato o terribile in realtà ha un suo senso ed è per questo che deve rimanere tale. Se noi potessimo agire sul passato probabilmente apporteremmo dei cambiamenti nocivi nel futuro, persino peggiori di come ci sembrano nel presente, anche se siamo guidati dai migliori sentimenti. E’ il cosiddetto “effetto farfalla” di cui Stephen ci offre un esempio piuttosto catastrofico ma molto credibile. La decisione finale di Jake di tornare definitivamente nel suo tempo abbandonando l’utopia del cambiamento è la scelta più amara possibile ma anche quella più razionale e meno egoistica. In questo modo infatti niente potrà sconvolgere il futuro anche se allo stesso tempo lui perderà per sempre l’amore della sua vita, un amore che si concretizza nelle pagine finali dove Sadie (ormai ottantenne) e Jake si rincontrano nel presente pur non essendosi mai incontrati, un paradosso spazio temporale che però spalanca una finestra su ciò che chiamiamo “amore scritto nel destino”. Sadie sente di conoscere Jake pur non avendolo mai incontrato. Perché? Riflettendoci si arriva alla conclusione che in realtà esistono molti mondi paralleli che lasciano tracce indelebili in chi si è innamorato davvero ma che si è perso nelle stringhe del tempo e dello spazio. Ho trovato tutto questo di una poesia unica così come è nello stile inconfondibile del grande scrittore americano.

Forse l’idea più riuscita è stata la creazione di un fil rouge che unisce la vicenda dell’uomo a quella del grande evento storico, la quotidianità con la storia. Il pretesto dell’assassinio più celebre del secolo scorso ha dato come risultato un romanzo inaspettato e perfetto in ogni sua parte con un’attenzione puntuale sulla ricostruzione di un’epoca lontana sia da un punto di vista sociale che per quel che riguarda il costume, la musica, l’abbigliamento, il linguaggio e molto altro.

Rimane un unico interrogativo: come mai la porta spazio temporale si apriva proprio nel 1958? Non lo sapremo mai.

VOTO 10

domenica 18 novembre 2012

0 Slevin–Patto criminale (2006)

Il film si apre su una sala d’attesa di un aeroporto. Un ragazzo si siede su su una delle seggiole blu per riposarsi prima del volo. Quando riapre gli occhi trova al suo fianco un uomo in sedia a rotelle che inizia a raccontargli una strana storia che si chiude con l’omicidio di un’intera famiglia. Un secondo dopo anche la sua vita finisce, bruscamente ma inesorabilmente. E’ l’inizio di tutto quello che seguirà da questo punto in avanti.

Come spesso accade il film è costruito in modo tale da richiamare continuamente il passato e il presente in bruschi flash back che servono a capire le motivazioni che guidano le azioni del protagonista (un interessante e inquietante Josh Hartnett). Questo unito ad un uso dei dialoghi incalzante e a un cast di livello (direi ottimo Bruce Willis) rende il film appetibile anche se a dire il vero ci mette un bel po’ a ingranare sul serio e solo sul finale si apprezza la costruzione di tutto il mosaico.

Se si è abbastanza svegli non è difficile intuire ciò che si nasconde dietro tutta la storia, bisogna stare attenti ai dettagli soprattutto nella parte iniziale, quella che mostra un flash back degli anni 70 perché di fatto è la sequenza che svela tutti i retroscena della storia. Non direi che questo film è originale in quanto ricorda almeno un’altra decina di thriller sulla doppia identità e soprattutto sul concetto di vendetta, un piatto che a volte si serve non freddo addirittura ghiacciato (come in questo caso).

La regia ricorda (ma non vorrei fare paragoni troppo azzardati) Quentin Tarantino, sia per quel che ricorda il montaggio che i dialoghi che soprattutto per il mix tra ironia e scene violentissime. Ovviamente manca quel fascino perverso che riveste i personaggi del grande regista, in quanto in questo caso è abbastanza deludente il passaggio a dir poco fulmineo tra l’insicurezza del protagonista alla sua mutazione in una creatura senza rimorsi né incertezze. C’è stata davvero poca ricerca in questo senso ma tutto sommato si è consapevoli di non trovarsi davanti al film del secolo ma ad un semplice esempio di thriller dell’ultim’ora con velleità da grande.

VOTO 6   

venerdì 16 novembre 2012

1 X-Factor 2012. Pagelle Quinta Puntata

Yendri “Thigtrope”: esce dopo essere stata salvata più volte dalla gente a casa. A mio modo di vedere la sua esibizione è stata cool così come le sue ultime performance (tranne chiaramente la prima). In questo caso si è cimentata (bene) anche in una coreografia per niente facile. Per me rimane una ragazza con potenzialità a livello internazionale più che nazionale. Insomma uscita dalla trasmissione dovrebbe cantare in inglese e probabilmente affidarsi ad una casa discografica che la faccia continuare nella direzione dell’r n b. VOTO 6,5

Daniele “Skyfall”: il suo crollo nelle quotazioni popolari nasce non tanto da un look sbagliato quanto dalle scelte scellerate di Simona Ventura. Per l’occasione tira fuori dal cilindro una canzone già epocale che può essere cantata esclusivamente da una gran voce, cioè quella di Adele. La bestemmia raggiunge l’apice quando si mescolano in un intruglio rivoltante le basi di Skyfall con un pezzo dei Queen. Davvero troppo. Arrivato al ballottaggio offre per la seconda volta una grande esibizione con il pezzo celeberrimo (e forse un po’ scontato) degli Aerosmith. Questa è la sua strada ma evidentemente la Ventura non ci vuol sentire e così per la prossima puntata ci anticipa una cover dei Planet Funk…VOTO 5

Ics “Iodio”: nuovo look che lo avvicina sempre di più ad un probabilissimo futuro nel mondo dell’hip hop italiano. Sa scrivere, sa cantare, sa ballare, è ironico e divertente. Piace a tutti e arriva con merito al giro di boa. VOTO 7

Freres Chaos “Enjoy the silence”: i fratelli antipatici cantano alla loro maniera un brano storico dei Depeche Mode e lo fanno con la solita aria eterea e inavvicinabile (nonostante lei sembri sempre un po’ Romina Power nei tempi d’oro di Felicità). A me non dicono niente ma siccome detesto vedere un giudice senza concorrenti faccio sempre un po’ di tifo per loro. Li trovo abbastanza banali nella loro strenua ricerca dell’incomunicabilità. VOTO 5,5

Cixi “Hai delle isole negli occhi”: partiamo dal fatto che si tratta di uno dei brani più brutti di Tiziano Ferro. Detto questo, non stupisce che la ragazza la canti maluccio perché in realtà è riproducibile solo dal suo autore originario. Un bel passo indietro rispetto alla puntata precedente. VOTO 5

Davide “Can’t say no”: è scoppiata la mia bomba personale nel senso che stavolta per la prima volta il povero Davide mi è piaciuto molto. Oddio si muove come un ciocco di legno ma il suo timbro si intonava perfettamente col brano di stasera che tra l’altro non era per niente facile. Anche l’inglese è migliorato. Insomma è la sua serata. VOTO 6,5

Nice “Starlight”: quando è uscita per volere popolare mi sono trovata a esultare impunemente. Il pallone gonfiato e urlante se ne torna a casa con le pive nel sacco. Non ho altro da aggiungere. VOTO 4

Chiara “I was made for loving you”: che dire? Anche stavolta applausi a scena aperta. Può cantare davvero tutto dalla lista per la spesa ai brani dello Zecchino d’oro. Fenomenale ma per favore riportiamola al biondo originario e via quella frangia. Perfetta. VOTO 8   

giovedì 15 novembre 2012

0 Ufo Robot Goldrake

A volte si cresce con il mito di cartoni animati che in realtà neanche ricordiamo di aver visto. Il mio esempio personale è Goldrake, il robottone con le corna gialle e l’aspetto scintillante. Tra le schiere di robot nipponici degli anni 70/80 era a prescindere il mio preferito ma non sapevo dire perché. Suppongo che fosse soprattutto legato al fatto che qualcuno, forse i miei genitori o i miei nonni, mi avevano regalato un giocattolo con le sue fattezze e si sa come sono i bambini: si affezionano a tutto ciò che li accompagna nei lunghi pomeriggi passati a casa tra il panino delle 16 e 30 e l’ora di mettersi a tavola. Non ricordavo di aver seguito le lunghe gesta di Actarus/Goldrake (74 puntate) ma lo amavo.

A distanza di tanti tanti anni ho visto per intero la serie e mi sono sentita finalmente consapevole del perché questo personaggio sia entrato di fatto nell’immaginario collettivo della mia generazione e di quella precedente alla mia: l’anime porta avanti dei valori molto importanti come quello dell’amicizia, del rispetto della natura e degli animali, dell’odio verso la guerra. Tutto quello insomma che dovrebbe far parte del bagaglio educativo di ogni ragazzino o bambino. Noi degli anni 70 siamo cresciuti con questi valori perché ce li hanno insegnati sia i cartoni animati che i nostri genitori. I primi però con una potenza più incisiva data dalla visione di storie semplici ma edificanti con un uso magistrale dei colori e soprattutto con un doppiaggio da paura. Le voci dei vari Rigel, Actarus, Venusia, Alcor, Maria sono talmente caratterizzanti che al primo ascolto non puoi non associarle ai vari personaggi, anche a distanza di tanti anni. La erre moscia di Mizar è così prepotente che la puoi odiare o amare ma è talmente particolare che ti si scolpisce dentro. Ecco io penso, pur non essendo una sociologa o un’educatrice, che ciò che tiene più viva l’attenzione dei bambini siano le voci e il modo di raccontare, cosa che si è del tutto persa nel corso degli anni tranne in alcuni casi eclatanti come i Simpson che comunque non si rivolgono ad un pubblico under ma ad una fascia di spettatori molto più ampia. C’è stato in generale uno scadimento nel doppiaggio che chiaramente si sposa bene con la scelta ridicola da parte dei vari direttori di rete di affossare i vecchi anime (considerati troppo violenti) per lasciar spazio a prodotti francamente di fascia bassissima, rivolti ad un pubblico di dementi o di bambini di 2 anni.

Tutto questo per dire che la potenza di questo cartone animato stava anche nelle voci e nella ripetizione delle stesse battute. Chi non ricorda per esempio il modo con cui venivano chiamate le armi prima di sganciarle o metterle in azione : ALABARDA SPAZIALEEE!!! DOPPIO MAGLIO PERFORANTE!!! Tutto questo rimane anche a distanza di anni. Questa si chiama magia ed è bello poter far conoscere questi prodotti intramontabili anche alle nuove generazioni tramite l’immediatezza di YouTube. Forse un giorno toglieranno anche questa possibilità ma allora ci sarebbe davvero da prendere l’alabarda spaziale e far volare un po’ di teste.

 

0 Perché quelle strane gocce di sangue sul corpo di Jennifer? (1972)

Trama: in un grande condominio della capitale avviene tutta una serie di omicidi di belle e giovani donne. Chi sarà l’assassino?

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Roma. Quartiere anonimo, a prima vista periferico. Una donna entra in una cabina telefonica e dopo una breve e apparentemente normale telefonata entra in un anonimo condominio più simile ad un ufficio che ad un’abitazione. La gente entra ed esce dall’ascensore finché la ragazza rimane da sola col suo destino, materializzatosi nei panni di un serial killer che dopo averle piantato un coltello nel cuore si dilegua nel nulla. E’ il primo di una serie di omicidi che coinvolgono via via donne sempre più belle e discinte, libertine e aperte alla vita e alle esperienze che il mondo può offrire. La polizia brancola nel buio mentre le morti e le aggressioni continuano a concentrarsi nei dintorni del condominio e soprattutto al ventesimo piano di quest’ultimo, abitato dalla bella Jennifer una modella col volto della procace Edwige Fenech, da una strana vecchia e dal figlio sfigurato, e da un padre e sua figlia.

Tutto questo intreccio vive a volte di incongruenze e di scelte stilistiche abbastanza ingenue ma coinvolge e si fa apprezzare come uno dei migliori esempi di thriller all’italiana. La cifra rimane sempre quella del sexy noir com’è tipico degli anni 70 ma in realtà si avverte anche uno studio profondo nella creazione della trama e del suo svolgimento, tanto da avvicinare questo film alle migliori creazioni di Dario Argento. A dire la verità alcune inquadrature, soprattutto una (Jennifer che scappa lungo un corridoio nel seminterrato dove ci sono le caldaie), mi hanno ricordato alcuni grandi film horror statunitensi appartenenti però al decennio successivo. Immancabili poi le zoomate avanti e indietro e gli intensi primi piani sia sui volti che sugli oggetti che nell’idea del regista volevano con tutta probabilità creare il classico effetto panico/tensione sullo spettatore.

Ogni volta che mi imbatto in film di questo periodo e soprattutto di questo genere (ora così lontano dall’attuale produzione italiana) mi si stringe il cuore. Il motivo è semplice: a distanza di 40 anni se ne apprezza l’originalità e la potenza espressiva. Si aveva il coraggio di cimentarsi in imprese titaniche come fronteggiare la corazzata cinematografica americana col risultato che le sale dei cinema erano piene cosa che ora sembra un vero e proprio miraggio. Non siamo davanti ad un film d’autore e certo anche allora la critica era stroncante nei confronti di opere del genere ma questo quanto conta e quanto ha contato ai fini degli incassi? Niente e infatti proprio grazie all’esistenza di film di questo tenore possiamo annoverare nella nostra tradizione cinematografica cult movie di questo tipo che regalano momenti di nostalgia, divertimento e tensione.

VOTO 7   

martedì 13 novembre 2012

0 Yuppies (1986)

Trama: quattro amici, tutti professionalmente affermati, trascorrono le loro giornate tra donne facili e avventure di una notte, tra ristoranti fuori porta per non farsi scoprire dalle mogli e localini alla moda…

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Siamo nel pieno degli anni 80 in una Milano da bere che trasmette in ogni fotogramma l’idea di benessere e vita da nababbi. Questo film visto in un’epoca di crisi economica come quella che stiamo vivendo sembra quasi fantascienza piuttosto che una classica commedia all’italiana. I simboli di quel periodo sono rappresentati da personaggi quali Gianni Agnelli che per i quattro protagonisti (un notaio, un venditore di macchine, un dentista e un pubblicitario) è un vero e proprio modello sempre presente nelle loro vite e nel loro stile (vedi l’orologio sul polsino della camicia). Poi ci sono le immancabili e odiose pellicce indossate da ogni donna che compare nel film e per fortuna almeno questo moda è pressoché scomparsa, il che non può che farmi piacere. Poi i primi cordless, scatoloni giganti e grigi che all’epoca erano in possesso solo di gente ricca e facoltosa. Immancabile anche Cortina, meta preferita dei film dei Vanzina e luogo tipico dell’alta borghesia italiana. Tutto questo ma soprattutto la bellissima colonna sonora rappresenta un pezzo di anni 80 che suscita nostalgia in chi quest’epoca l’ha vissuta e apprezzata e quindi mi sento di consigliare questo film a tutti gli appassionati di quel decennio.

Per il resto posso dire che a me il film è piaciuto molto per molti motivi. Credo che i fratelli Vanzina, in quel periodo (che per loro ha rappresentato una vera miniera d’oro) fossero piuttosto ispirati e capaci di realizzare prodotti che a distanza di anni si fanno ancora apprezzare dai cultori del genere ma anche da chi tutto sommato preferisce film culturalmente più elevati. Le storie ci sono e seppure cadono spesso nei luoghi comuni più beceri, riescono spesso a far davvero sorridere e a volte anche a far proprio ridere di gusto. La volgarità se c’è è piuttosto leggera e non fastidiosa, elemento non da poco quando si parla di questo tipo di commedia che dagli anni 90 in poi ha creato solo spazzatura.

Immancabili poi i tormentoni di tutti i personaggi che pescano sia da Drive in (Ezio Greggio e Vastano) ma anche dal repertorio decennale di alcuni attori quali Boldi e Calà. Tutti sono in forma e capaci di offrire gag piuttosto gustose e divertenti nella loro semplicità. Io poi ho un’ammirazione smodata per il grande caratterista Guido Nicheli (purtroppo scomparso di recente), capace di interpretare il classico riccone milanese senza suscitare antipatia o fastidio. Le donne invece sono da dimenticare in tutta fretta e mi riferisco a Corinne Clery e Federica Moro (questa addirittura doppiata come era comune in quel periodo) che recitano in modo abbastanza piatto e monocorde.

VOTO 6,5 

venerdì 9 novembre 2012

0 X-Factor 2012–Pagelle Quarta Puntata

Romina: canta un pezzo storico ma lo fa utilizzando la prima persona, scelta che a mio parere snatura e rovina totalmente il brano. L’intonazione non è delle migliori. La sua eliminazione dimostra quello che disse Morgan “se canta quello che vuole cantare viene sicuramente eliminata”. Voto: 5,5

Ics: canta uno di quei brani che hanno fatto la storia della discomusic anni 80. Nessun problema col tedesco e inserto in italiano veramente in palla. Il suo modo di ballare stupisce sempre più così come il suo stare sul palco: veramente eccezionale. Voto: 7,5

Chiara: fantastica donna che impreziosisce un brano leggendario degli Europe. La rilettura in chiave tangueira è qualcosa di assolutamente strepitoso che meriterebbe un ingresso immediato tra i brani scaricabili da Itunes. La sua voce non sbaglia una nota e continua inesorabilmente a far sognare. Unica nota negativa il new look che la rende del tutto simile a Sarah Ferguson. Peccato perché quell’aria da bionda nel paese delle meraviglie la rendeva ancora più speciale. Voto: 8

Davide: canta Giorgia e la rovina. Oltre agli evidenti deficit tecnici dimostra ancora una volta di essere un blocco di marmo poggiato sul palco. Una pietra ha più espressività. Voto: 4

Daniele: il look Freddy Mercury lo rende simile ad un quattordicenne. La sua esibizione non ha inciso granché tanto che finisce al ballottaggio meritando comunque di rimanere in gara ma solo per la discreta performance che offre nelle fasi concitate della possibile eliminazione. Il suo repertorio è un altro, chissà se la Ventura ha recepito il messaggio. Voto: 5,5

Freres Chaos: ok che il brano era sconosciuto ma nonostante questo la loro esibizione è veramente raffinata aiutata anche da una buona messa in scena che in certi casi salva da pericolose cadute. I due sono sempre molto gelidi e pochissimo pop, forse non arriveranno alle battute finali ma già il fatto che siano ancora qui dimostra che a casa il genere alternativo non dispiace. Voto: 7

Donatella: vengono eliminate ingiustamente perché ritengo come Arisa che potessero diventare qualcuno nel mondo della pop music italiana e internazionale. Sono talmente pop, fresche, dance e con un’immagine fortissima che stupisce vedere come a casa si preferisca ancora una volta il vecchio ad una ventata di aria nuova. Peccato. Voto:7

Yendri: nella sua manche aveva cantato bene e non meritava il ballottaggio ma in ogni caso nella lotta con le Donatella doveva uscire. Il suo modo di cantare è internazionale ma anche fortemente convenzionale. Ecco perché non penso avrà vita lunga all’interno di un programma in cui stanno venendo fuori elementi di forte rottura col passato. Voto: 6

Cixi: la ragazza è stata capace di emozionarmi. Sarà quel semplice gesto di togliersi gli occhiali all’inizio dell’esibizione o il racconto della sua adolescenza difficile ma stavolta lascia il segno. La sua esecuzione non è perfetta ma proprio per questo sembra ancora più sofferta e bella. Voto: 7

Nice: mi ripeto per l’ennesima volta, non mi piace. Non ha niente di particolare, è assolutamente piatta e con una voce che non è neppure in grado di controllare efficacemente. Voto: 5,5

 

0 Tokyo godfathers (2003)

Non sono un’esperta di lungometraggi giapponesi e in effetti questo è il primo film che mi capita di vedere. In realtà ciò che mi ha sempre tenuto un po’ lontana da questo genere è stata la paura dei tempi morti, dei grandi silenzi e in generale di tutto quell’apparato di tecnica raffinata (e perciò elitaria) del mondo cinematografico nipponico. Fortunatamente questa volta mi sono lasciata trasportare dall’istinto e grazie a ciò ho potuto ammirare un gran bel film dal sapore magico.

L’autore di questo bel lavoro è il maestro Satoshi Kon scomparso prematuramente ma molto amato dai suoi numerosi ammiratori. La storia si svolge in quel meraviglioso periodo dell’anno che va da Natale a Capodanno e vede come protagonisti tre simpatici antieroi rappresentati da Hana, un travestito dal cuore nobilissimo e dalle espressioni facciali assurde e indimenticabili, Gin, un alcolizzato di mezza età che per colpa del gioco ha perso casa lavoro e famiglia e infine la giovane Miyuki, scappata da casa. I tre vivono alla giornata fino a quando trovano per caso una culla con una neonata dentro e proprio nella Santa Notte. Hana se ne innamora perdutamente e non accetta di portarla alla polizia ma convinta dai due amici decide di mettersi alla ricerca dei suoi genitori. Ecco così che inizia un bellissimo viaggio notturno nella fantastica città di Tokyo tra le sue mille luci e i suoi quartieri caratterizzati da un connubio tutto speciale tra antico e moderno.

Il viaggio è lungo una settimana e lascia dentro i suoi protagonisti sensazioni nuove e strane. Tutti in un modo o nell’altro incontrano il loro destino finendo per risolvere i propri problemi grazie all’intervento della Provvidenza o semplicemente per caso. Conoscono persone nuove o rincontrano parenti e amici che pensavano di non rivedere più.

Per me è stata un’esperienza molto positiva nel mondo dell’animazione giapponese soprattutto perché ho molto apprezzato la scelta da parte dell’autore di sposare la sensazione di magia e casualità che accompagna i protagonisti con una forte dose di realismo (vedi per esempio la sparatoria, l’allattamento della neonata, la descrizione del degrado sociale, i dialoghi e tanto altro ancora).

VOTO 7

sabato 3 novembre 2012

2 X-Factor 2012. Pagelle Terza Puntata

Romina: l’inizio è veramente da brividi. Brividi di disgusto si intende. Fortunatamente ci viene svelato che si è trattata di una scelta del tutto volontaria e suicida da parte di Miss Pignattara 2000. Rimane in gara immeritatamente soprattutto le pessime prove offerte anche durante la sfida del ballottaggio. VOTO 4,5

Chiara: è talmente brava che stavolta la sua esibizione passa sotto silenzio. Nessuno si aspetta che sbagli e così è davvero come quei ragazzi che sono geneticamente secchioni e vengono trascurati a vantaggio dei meno bravi. A noi a casa invece il brivido di piacere rispunta sempre e anche in questo caso (con un brano celeberrimo riarrangiato tanto da renderlo quasi irriconoscibile) l’applauso scatta spontaneo. VOTO 8

ICS: stavolta era alle prese con il rock pesante e riesce anche questa sera a portare a casa il risultato. E’ bravo, umile, creativo..cosa chiedere di più? Gli inserti rap sono ancora poco intelligibili ma certo la metrica, il fiato e i 4/4 a volte non aiutano. VOTO 6,5

NICE: odiava la canzone giudicandola da balera dall’alto del suo trono del nulla più completo e così combina un vero e proprio disastro. Per favore urge al più presto un bel bagno di umiltà!!! Antipatica odiosa capricciosa e viziata perfetta per la parte di Iriza in Candy Candy. VOTO 3

CIXI: per la prima volta mi ha convinto. Ha fatto una buona performance e per fortuna non ha stravolto il brano originale. Dovrebbe cantare solo in inglese e tenersi lontana dagli esperimenti cixiani. Da correggere il pessimo vizio (italiano) di parlare di se stessa in terza persona. VOTO 6,5

YENDRI: cresce di serata in serata. Continuo a pensare che abbia tanto stile e un timbro veramente internazionale. La migliore della sua categoria anche dal punto di vista semplicemente umano. VOTO 7

FRERES CHAOS: l’esperimento movimento e rinnovamento è riuscito. Sono usciti dalla criogenesi e hanno finalmente mostrato i loro vent’anni. Molto sciolti e coinvolgenti. VOTO 7

DONATELLA: piacevoli a livello estetico, musicalmente inesistenti: le carriere si costruiscono anche così. Nonostante ciò l’esibizione di stasera mi è piaciuta. VOTO 6,5

DANIELE: le sue probabilità di mostrare che ha talento si sono ormai ridotte al lumicino nel senso che è la terza esibizione che stecca. Ha evidenti limiti vocali, non ha qualità tecniche e non riesce mai a entrare nei brani che canta. Non basta fare l’espressione truce per mostrare personalità. VOTO 4,5

ALESSANDRO: il migliore della sua categoria finisce per essere eliminato. Potenza dell’ignoranza e della poca lungimiranza della Ventura che pecca del fatto di non averlo fatto entrare nel programma da subito. Inoltre non si può assegnare alla prima prova un brano sconosciuto ai più e assolutamente piatto. VOTO 6

DAVIDE: rovina clamorosamente il bel pezzo delle Vibrazioni. Lo trasforma in un brano da karaoke e non gliene se ne può fare una colpa. Continua a fare delle variazioni disarmoniche e a cantare in modo dilettantesco. E’ intonato ma senza personalità. VOTO 5,5

   

  

giovedì 1 novembre 2012

0 Harley Davidson & the Marlboro Man (1991)

Alla fine dei 90 minuti del film posso dire “mi sono divertita”. Niente di più niente di meno. Non siamo davanti ad un capolavoro ma ad un onesto film che mette in mostra due tra gli attori che in quell’epoca facevano stragi di cuori: Micky Rourke e Don Johnson. Entrambi ancora di bell’aspetto e con la tempra di due giovani trentenni in sella a Harley Davidson impolverate e fracassone.

La trama non è chiarissima: Harley e Marlboro sono due amici di vecchia data che decidono di mettere a segno un colpo da due milioni e mezzo di dollari per continuare a pagare l’affitto del locale in cui sono cresciuti e hanno bevuto e fumato le loro prime sigarette. L’obiettivo non viene raggiunto in quanto il camion porta valori che decidono di assaltare in realtà è carico di una nuova droga la Cristal qualcosa. Quando scoprono che il malloppo consiste in sostanza fluorescente si scatena contro di loro una violenta rappresaglia da parte degli spacciatori che intendevano vendere la Cristal. Così i due scappano per la California per mezzo di aerei e treni fino a decidere di tornare a Los Angeles per uccidere i loro nemici colpevoli di aver fatto fuori i loro migliori amici.

Tutto questo casino si risolve in tante battute e in momenti melodrammatici che c’entrano poco col contesto e quelle che sembrano le intenzioni iniziali del regista sempre indeciso se puntare sul mondo misterioso e affascinante dei bikers o sulle gag tra i due scanzonati protagonisti. Mickey Rourke viene mixato e shakerato in modo da essere a metà tra il duro e l’idiota e Don Johnson è anche lui una sorta di antieroe scalcagnato ma efficace.

Alcune scene sono però abbastanza memorabili come quella del tuffo in piscina da un’altezza di un centinaio di metri. Roba da nulla per due duri come Harley e Marlboro ma impossibile (credo) nella realtà…e forse per questo emozionante per me che soffro di vertigini praticamente da sempre.

VOTO 6,5 

 

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