venerdì 26 ottobre 2012

2 X–Factor 6. Pagelle Seconda Puntata

La puntata è stata leggermente più viva di quella precedente anche se continuo a sostenere che le maratone di tre ore e rotti non sono sopportabili dai comuni esseri umani.

Come al solito:

LODI:

- Morgan. Sempre ironico, spiazzante, lucido e intelligente.

- Luca Tomassini. Ha salvato il deretano alla maggior parte dei concorrenti di stasera. Messe in scena da urlo. Plausi.

 

CRITICHE:

- Scelta delle canzoni (non tutte per fortuna)

- Il termine “credibile” nei commenti dei giudici

- I brani a cappella dei candidati all’eliminazione

 

CHIARASomewhere over the rainbow”: pelle d’oca su tutto il corpo. Il termine fenomenale o perfezione assoluta non renderebbe comunque giustizia ad una ragazza che ogni volta che apre bocca riesce a far sorridere e allo stesso tempo a far emozionare. In questo caso non c’è stato l’aiutino della scenografia o dei costumi. Il merito è tutto della pulizia vocale di questa stanga di donna che è riuscita a interpretare con stile e personalità uno dei brani più belli e celebri della storia della musica mondiale (il commento della Ventura sul fatto che si trattasse di una canzone del 1939 come se fosse un peccato mortale è davvero da censura…ma soprassediamo). VOTO 10

ICSWhite lines”: è ufficiale, amo questo stranissimo esemplare di essere umano. Mi piace il suo modo di muoversi (leggiadro come una libellula) che è tutto il contrario di ciò che ti aspetteresti da uno con gli occhiali a fondo di bottiglia, il codino unto e l’espressione da bradipo. E non è tutto, ha un senso del ritmo che fa paura. Il brano era uno dei pezzi leggenda del rap americano e lui lo porta a casa con simpatia e impegno. Continuo a perdere metà delle parole dei suoi strani testi ma il ragazzo ha tempo e si farà. Ha anche un timbro particolarmente interessante (ovviamente nel campo del rap e non in generale). VOTO 6,5

ROMINAThe voice”: cantare canta bene, ha un look sicuramente d’impatto e la messa in scena era particolarmente buona. Rimane la sensazione (mia personale) che continui ad avere dei momenti di defaillance durante l’esibizione come se a tratti non fosse del tutto convinta di quello che sta facendo. Inoltre nella fase del commento dei giudici è sempre troppo spaventata per una che ha alle spalle un Sanremo e una lunga gavetta a fianco di cantanti importanti. La trovo irrimediabilmente servizievole e poco conscia delle sue qualità vocali. Dovrebbe smettere i panni della miracolata e indossare quelli della guerriera. VOTO 6

AKME’Voglio vederti danzare”: non sono sbocciati e infatti vanno a casa prematuramente. Il brano era bellissimo e difficile ma sono convinta che la scelta non fosse sbagliata. Ciò che è mancata davvero è stata la convinzione da parte del gruppo stesso, troppo preoccupato di mettere in mostra anche il lato maschile della band invece di avvantaggiarsi delle grandi potenzialità vocali della ragazza. La parte iniziale, quasi parlata, è stata orrenda. L’assolo della giovine Rosa troppo pretenzioso. L’inciso andava liberato da quelle catene minimaliste e lasciato scorrere liberamente. Peccato. VOTO 5

DONATELLALamette”: brano fantasticamente trash e rockettaro come era tipico di Rettore (una con una voce inconfondibile e inimitabile). Il coefficiente di difficoltà era piuttosto basso ma le due gemelle hanno comunque preso a bastonate le sette note musicali lasciando intravedere solo un minimo di potenzialità nella sorella brunetta. Non sanno cantare e lo sappiamo tutti ma hanno davvero un’immagine fortissima che stranamente conquista anche chi (come me) le trova musicalmente pessime. Vanno avanti grazie ai magnifici costumi e alla rappresentazione scenica degna del miglior videoclip musicale anni 80. VOTO 5

FRERES CHAOSCrystalized”: ho come la forte sensazione che ci troviamo davanti ai redivivi Kymera che andarono parecchio avanti nella gara nonostante i loro evidenti limiti vocali. Li premiò l’aspetto volutamente ambiguo e lo stile decisamente etereo. In questa edizione si sta assistendo alla stessa scena ma con protagonisti diversi. Trovo che non siano dei fenomeni (nonostante il fratello maschio si autocelebri in continuazione) ma vanno avanti spinti dalla pruderie dello spettatore spaccato a metà tra il sospetto e l’interesse. Non dico di più perché siamo in un periodo in cui noi blogger rischiamo di vederci accusati di diffamazione in ogni istante e quindi meglio evitare persino ciò che vedrebbe anche un cieco (riguardatevi Mi sono innamorato di te dell’esibizione a cappella). VOTO 5

DANIELEMadness”: anche stavolta ascoltiamo uno dei brani presenti nella playlist della Ventura. Non era il brano adatto al timbro vocale di Daniele ed è un peccato perché continua a rimanere un talento nascosto grazie alle scelte dozzinali del suo giudice. Vorremmo sentire un bel brano rock uscire dall’ugola di questo ragazzo ma penso che rimarremmo al palo ancora per molto (così com’era accaduto l’anno scorso con Francesca, uscita solo alla distanza). Un’esibizione senza brividi. VOTO 5,5

DAVIDEIris”: il ragazzo non ha una brutta voce ma secondo me è evidente che non è nato per calcare un palcoscenico. E’ impacciato e come giustamente dice Morgan è monolitico, un pezzo di pietra che non si muove e non comunica. Canta e basta. Canta con limiti dati dall’inesperienza e così le variazioni che tenta di mettere in piedi finiscono per risultare fastidiose e inappropriate. VOTO 5,5

CIXITutto l’amore che ho”: Jovanotti non si tocca. Impossibile riprodurre i suoi brani che tra l’altro risultano credibili solo se cantati da lui. Cixizzarli è un peccato mortale se non proprio una bestemmia soprattutto se parliamo di una che sino a due settimane fa si esibiva da casa sua attraverso un canale di youtube. Questa ragazza non ha umiltà ed è supponente così come l’altra sua compagna di reparto. Meritava il ballottaggio. VOTO 4,5

NICE “Lonely boy”: bella voce ma le emozioni sono un’altra storia. Fredda, glaciale, poco empatica. La modestia poi sta proprio da tutt’altra parte rispetto a lei. VOTO 6

YENDRI Call me maybe”: all’inizio è un po’ svasata. Quasi non sembra cantare ma solo aprire la bocca senza emettere suono. Poi si sveglia e sentiamo per la prima volta la sua voce che è piacevole e molto in linea con ciò che era chiamata a cantare. Mi è piaciuta e dimostra di imparare dagli errori. Inoltre è molto umile e capisce che per continuare la sua avventura deve sudare due camice di più rispetto alle sue antipatiche compagne di reparto. Timbro internazionale degno del più classico r’n b’ americano. VOTO 6,5 

 

 

 

 

 

 

giovedì 25 ottobre 2012

0 Come d’incanto (2007)

Trama: Andalasia mondo delle fiabe. Giselle è una ragazza in cerca dell’amore del principe dei suoi sogni, Edward, ma la matrigna del giovane non può permettere che i due si sposino e così spedisce la giovane donna nel mondo reale facendola precipitare in un pozzo che sbuca a New York…

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Immaginate una bellissima torta ricoperta di panna montata e fragole. Esteticamente perfetta e il gusto? Buono, ottimo, ma solo se non ne fai indigestione perché allora diventa immediatamente stucchevole e nauseante.

Questo film è una di quelle pazzesche creazioni dolciarie americane che a prima vista ti sembrano il massimo ma che nella sostanza mancano di sapore o che al contrario sono troppo piene di ingredienti che le rendono pesantissime. Non si tratta di un brutto film, anzi. Una bambina lo troverà magnifico e magico, così come tutte quelle persone che amano il romanticismo e si beano di canzoni dolciastre e situazioni amorose. Per tutti gli altri sarà solo il classico film che mescola animazione a personaggi reali (di recente un esempio mediocre è stato offerto da I Puffi per esempio). Non rimane impresso se non per l’incredibile somiglianza tra i personaggi del cartone animato e gli attori su cui sono stati ricalcati (tutti con dei tratti effettivamente fiabeschi).

Molto carine poi tutte quelle gag che prendono in giro gli elementi tipici di alcune celebri fiabe disneyane, vedi per esempio il momento in cui Giselle per fare ordine nella casa di Robert canta e richiama tutti gli animali urbani (tutti evidentemente lontani dalla tradizione dei boschi delle fiabe: blatte, topi di fogna, piccioni). Molto brava poi la protagonista Amy Adams che ha studiato molto bene i movimenti e la gestualità di tutte le principesse dei cartoni animati e li ha riprodotti in modo pressoché perfetto.

Insomma il film è carino ma niente per cui strapparsi i capelli,

VOTO 6,5

sabato 20 ottobre 2012

0 5 bambole per la luna d’agosto (1970)

Trama: un gruppo di ricconi con mogli discinte decide di trascorrere qualche giorno in una villa situata in un’isola deserta. Non sanno che tra poco li raggiungerà la morte nelle vesti di un misterioso serial killer…

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Il film è diretto dal maestro del thriller Mario Bava che in seguito pare abbia dichiarato il suo odio proprio per questa inverosimile pellicola.

Penso che questo tipo di film abbia bisogno di un approccio rilassato e di larghe vedute da parte dello spettatore nel senso che chiaramente è meglio non farsi circuire dalla dicitura thriller affianco alla descrizione del film perché chiaramente si rimarrebbe parecchio delusi. Ormai siamo abituati ad un genere thriller che presenta un intreccio fortemente logico e ad incastro perfetto…per farla breve tutto ciò che capita all’interno della storia ha un suo senso preciso che seppur imperscrutabile all’inizio diventa chiarissimo sul finale. In questo caso tutte queste norme vengono meno per lasciar spazio ad una trama che presenta molte falle e che proprio per questo motivo spinge lo spettatore a perdere interesse dopo poche sequenze.

Ricordiamoci però in che anni siamo. Gli anni 70 sono quelli che vedono spopolare al cinema la commedia all’italiana fatta di seni al vento, belle forme e donne truccatissime e disponibili. Questi elementi trovano ampio spazio all’interno di 5 bambole per la luna d’agosto. Non mancano le allusioni sessuali, la donna oggetto ma anche la donna cacciatrice e persino la relazione lesbo (anche se quest’ultima è solo accennata in una sorta di via di mezzo tra l’idea di trasgressione e la paura della censura). In mezzo a tutto questo trova spazio tutta una serie di elementi gialli e horror come le uccisioni violente, il sangue e i corpi dei cadaveri appesi a ganci nella cella frigorifera proprio accanto ad un grosso quarto di bue. Siamo insomma nell’ambito del trash più puro ed è proprio questo che rende questo film un piccolo cult movie per gli appassionati della cinematografia italiana anni Settanta. I mezzi erano pochi, il cast è rappresentato da un gruppo di volti poco noti se escludiamo Edwige Fenech per una volta lontana dalla commedia sexy (eppure vicinissima proprio per gli elementi di cui sopra), nessuno spicca e tutti compiono azioni illogiche. In fondo è divertente e rappresenta un esperimento curioso e a suo modo autoironico perché davvero non si può credere che il creatore della sceneggiatura (Mario di Nardo)ritenesse razionale ciò che aveva scritto a meno che non fosse in preda ai fumi dell’alcol.

La regia insiste molto sui primissimi piani e sulle zoomate in avanti e indietro, scelta stilistica che genera solo un forte senso di nausea (siamo lontanissimi dalla suspense hitchcockiana). I raccordi sono anch’essi illogici così come il passaggio dal tramonto alla notte più fonda nello spazio di due inquadrature.

VOTO 5       

 

venerdì 19 ottobre 2012

2 X-Factor 6. Pagelle Prima puntata

La serata in generale è stata un po’ pesante e lenta con brani banalissimi.

Note di merito:

- il bravo Cattelan che però a volte assume un po’ il ruolo ingessato del caposcuola (come già capitò al Facchinetti junior)

- il ritrovato Morgan finalmente lucido e presente e con qualche lodevole stilettata alla Ventura

- alcune coreografie di Luca Tommassini

Note di demerito:

- l’ignoranza della Ventura che continua ad assegnare ai suoi toyboy le (brutte) canzoni presenti nella playlist del suo ipod e che esprime giudizi di merito da far accapponare le basette oltre che i peli delle braccia al povero spettatore

- l’eccessiva lunghezza della trasmissione

Passiamo alle pagelle della serata

ICS “Sex Machine”: il primo rapper a comparire sul palcoscenico di un talent show. Per la vecchia scuola dell’hip hop italiano sarebbe stato pari a un calcio nei denti ma ora che le regole dello showbiz sono cambiate diventa persino accettabile  vedere dimenarsi su questo palco lo strano essere dall’occhiale a fondo di bottiglia e l’espressione da vero nerd. Non sa cantare ma sa rappare anche se capire quello che dice diventa un’impresa eccezionale. Rivoluziona un brano immortale e si diverte da matti. Sarò pazza ma a me è piaciuto. VOTO 7

NICOLA “Io vivrò (senza te): agli home visit ha dimostrato di non essere un fenomeno ma per uno strano caso del destino eccolo comparire davanti ai nostri teleschermi. Notata la somiglianza (ma davvero?) con Battisti la Ventura da vera manager del nulla cosmico decide di imporgli un brano che nelle sue fantasie più recondite dovrebbe esaltarne le peculiarità vocali. Peccato che il tizio col riccio monoblocco manifesti un’assoluta incapacità vocale e interpretativa. Il brano di Battisti diventa la base per delle evoluzioni vocali che persino Giorgia sembra aver lasciato nel cassetto da circa dieci anni. Vecchio e sorpassato, non pervenuto nelle note basse e barocco in quelle alte. VOTO 4,5

CIXI “You’ve got the love”: approdata dai video di YouTube direttamente su un palco più grande della sua solita cameretta. Sembra nata per svolgere questo mestiere e già questo la rende antipatica. Non trasmette emozioni. Gelida nella sua algida perfezione. VOTO 6

AKME “My kind of love”: un gruppo vocale dove la voce femminile è oggettivamente regina incontrastata, accompagnata in modo intelligente e piacevole dai due maschietti più indietro. Il timbro della ragazza è di una bellezza struggente anche se il brano è così così. Rimandati alla prossima puntata con un coefficiente di difficoltà più elevato. VOTO 6,5

DANIELE “Strange world”: l’ex bimbo di Ti Lascio una Canzone è diventato un nano da giardino platinato. La timbrica è interessante ma ad uno con la voce che graffia non puoi assegnare un brano che gioca tutto sul falsetto dell’interprete originale. La voce si spezza continuamente ma povero figliolo non è certo colpa sua. Abbastanza disastroso (un po’ come quel bistrot negli occhi che è passato di moda da un beeel po’…ma chi glielo dice alla Mona?) VOTO 5

CHIARA “Purple rain”: la ragazza è quel che di meglio ci può offrire questa edizione di X-Factor. La sua personalità  stralunata, quel suo essere un pochino goffa e quella magnifica voce che si ritrova la rendono la punta di diamante della trasmissione. Ha uno stile personale e una naturalezza nel cantare che non ha davvero eguali. Il brano era estremamente difficile ma lei lo rende persino più bello dell’originale. VOTO 7,5

DONATELLA “Time bomb”: ok che sono oggettivamente carine e che i loro visi perfetti si sposano alla perfezione con la telecamera ma come si può pensare di trasformarle in cantanti? Sembrano quei gruppi finti degli anni 80, quelli che in seguito si scoprì che cantavano in playback perché avevano delle voci pietose ma un’immagine che spaccava. Loro cantano o se preferite smiagolano con le loro vocette da Paola e Chiara su una base che si alza per coprire più che è possibile le loro carenze vocali ma si arenano velocemente. Disastrose. VOTO 4

YENDRI “Per sempre”: ecco un’altra che non ci doveva essere ma misteriosamente c’è. Come mai? Sarà mica colpa dell’aspetto fisico? Saranno le qualità vocali (non pervenute)? Sarà quel che sarà eccola qui a imitare la Zilli senza essere la Zilli. Una pedissequa imitazione che lascia piuttosto indifferenti. Persino lei sembra chiedersi come cavolo è arrivata fino a lì e quello sguardo tristemente smarrito da cerbiatta sudamericana non ci rinfranca per niente. Scialba e piatta come i suoi capelli piastrati. VOTO 5

ROMINA “Duel”: riciclarsi fa quasi sempre bene soprattutto dopo che il tuo didietro sente ancora i dolori per il calcio in culo subito in seguito alla sterile partecipazione sanremese. Lei si affida alle abili mani di Morgan che ne vorrebbe fare una cantante elettropop e alle forbici del parrucchiere di Tomassini che la trasformano in una Ivana Spagna anni 80. I risultati della suddetta manipolazione sembrano mostrare falle. Lei ci crede poco (chissà forse le costerà fatica uscire dal loft e andare a comprare due pomodori con quel taglio di capelli) e si sente. La voce c’è ma è abbastanza evidente che la sua strada è molto più tradizionale di ciò che le tocca cantare. Rimandata. VOTO 6

DAVIDE “A chi mi dice”: non si sa per quale arcano motivo noi dovremmo sentirci attratte/i dalla faccia da Topo Gigio che ha tanto colpito l’ormone invecchiato ma sempre vigile della Ventura. Il “caldaia” ci offre come gentile omaggio una performance degna del miglior cantante da matrimoni. Il brano è melenso, bruttissimo e lui lo canta come un Albano della Brianza. Peggio di così c’è solo l’inferno. VOTO 4,5

FRERES CHAOS: i fratelli più ambigui della storia della televisione affrontano il loro primo step con una canzone che ha furoreggiato per tutta la primavera e lo fanno da veri professionisti. Le loro voci si sposano alla perfezione e il loro modo di cercarsi risulta da una parte repellente e dall’altra assolutamente affascinante. Formano un connubio stravagante ma stranamente perfetto. Mi sono piaciuti tantissimo. Psichedelici e raffinati. VOTO 7,5

NICE "L’ultima occasione”: la voce c’è, inutile stare qui a negarlo ma se si cerca la freschezza e l’originalità non ci siamo proprio. Ha fatto una cover perfetta dell’originale di Mina. Stessa timbrica, stessa potenza, stesso trucco e parrucco. Peccato che non siamo da Carlo Conti. Fredda e impersonale. VOTO 6

 

 

 

 

 

mercoledì 17 ottobre 2012

0 30 minutes or less (2011)

Trama: Nick, un giovane pizza boy, viene costretto a rapinare una banca da due uomini sfaccendati che hanno bisogno di 100000 dollari per assoldare un killer che uccida il padre di uno dei due in modo da incassare la copiosa eredità. Nick dovrà impegnarsi visto che gli restano solo 10 ore prima che la bomba che ha addosso venga fatta esplodere….

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Film prodotto dal grande Ben Stiller, attore capace di interpretare commedie divertenti e spassose a differenza di questa che lascia abbastanza indifferenti. La trama è anche carina ma tutto sommato il succo del film rimane quello di sparare battute dozzinali o espressioni più che volgari, tutte incentrate su rapporti orali e organi sessuali in continua agitazione.

In America prevale tanto la commedia sboccata che in realtà a volte produce buoni frutti, alcuni rimasti negli annali del cinema della risata facile ma in questo caso si è voluto esagerare a discapito di una maggiore attenzione per la caratterizzazione dei personaggi. Alcuni interpreti spiccano sugli altri come per esempio il simpatico Aziz Ansari, che interpreta Chet il migliore amico di Nick, capace di buone battute e gag quasi esilaranti.

Il finale del film è giustamente ritmato con continui colpi di scena in ogni caso non proprio originali ma adeguati ad un pomeriggio senza pensieri.

VOTO 6 

lunedì 15 ottobre 2012

0 21 Jump Street (2012)

Trama: 2005. Jenko (Channing Tatum) è uno dei ragazzi più popolari della scuola mentre Schmidt (Jonah Hill) è il classico nerd rifiutato da tutti. Sette anni dopo i due si ritrovano a far parte della stessa squadra di polizia e per il loro aspetto giovanile vengono scelti per una missione di copertura in un liceo dove devono sventare un traffico di droga.

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Ricordo ancora i tardi pomeriggi a guardare emozionata le imprese mirabolanti degli agenti della 21 Jump Street. A dire la verità la mia passione nasceva soprattutto dalla presenza del già mitico e affascinante Johnny Depp che all’epoca era solo un ragazzino imberbe e che proprio in questo film appare in pochi minuti nello stesso ruolo della serie che l’ha reso famoso in tutto il mondo.

Il mio interesse per il film non era divorante proprio perché innamorata della serie ed essendo una vera e propria purista non amo tantissimo i remake o le riproposizioni di qualcosa che era già perfetto nel suo aspetto originale. Ma mi sono dovuta ricredere dopo pochi minuti in quanto 21 Jump Street è davvero un film grandioso che mette in scena due attori in questo caso straordinari. Tatum è sempre più bravo nonostante il suo aspetto possa a prima vista far dubitare delle sue capacità istrioniche. Qui anzi si prende parecchio in giro capendo che anche solo a distanza di sette anni il mondo dei giovani è cambiato parecchio e così il suo essere muscoloso e di bell’aspetto può interessare solo alle insegnanti e ai professori di educazione fisica. Ciò che conta nel nuovo decennio sono altre cose tipo l’interesse per la natura, i computer, facebook, persino la chimica e le scienze, insomma tutto ciò che fino a dieci anni prima era sconosciuto o ritenuto materia per sfigati. Quando lui e Schmidt (interpretato da un esilarante e fortissimo Jonah Hill) si ritrovano di nuovo tra i liceali è quest’ultimo che riesce a farsi strada e a diventare popolare. Le mode non contano più, non è più possibile dividere il microcosmo scolastico tra popolari e nerd perché i confini si sono fatti via via più sfumati e in fondo ognuno può essere quello che è senza timore di essere preso di mira da qualcuno.

Già queste premesse mettono l’acquolina in bocca ma se poi le vediamo realizzarsi in innumerevoli gag che fanno veramente morire dalle risate beh il gioco è fatto! C’è tutto quello che serve a catturare l’attenzione dei più giovani ma anche degli over 30 che non possono non apprezzare questo genere di commedia action che in qualche modo ricorda quei film anni 80 che andavano in onda su Italia uno praticamente un secolo fa. I problemi adolescenziali, le feste alcoliche, i riti di passaggio, i doppi sensi che hanno sempre al centro i genitali maschili, tutto quello che a prima vista appare patetico e un po’ monotono diventa improvvisamente divertentissimo perché il regista ha saputo mixare in modo estremamente intelligente tutti questi elementi estremizzandoli e rendendoli ridicoli.

Dico solo una cosa: se non l’avete ancora visto fatelo quanto prima perché ne vale davvero la pena.

VOTO 8

domenica 14 ottobre 2012

0 2013–La fortezza (1993)

Trama: anno 2013, il governo vieta alle coppie di avere più di un figlio, pena la reclusione in un carcere di massima sicurezza e la sottrazione del bambino (destinato ad una sorta di reset cerebrale) in quanto l’aborto è severamente proibito. John e Karen vengono scoperti mentre tentano di fuggire oltre il confine americano e finiscono nella Fortezza, un carcere sotterraneo da cui è apparentemente impossibile scappare..

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 Nel 1993 l’anno 2013 era effettivamente lontano soprattutto per via di quel misterioso due davanti che avrebbe portato l’uomo a varcare il confine del millennio per approdare a qualcosa di assolutamente sconosciuto. Ora sappiamo che seppure il mondo sta andando effettivamente a puttane tra scandali politici e una società sempre più degradata siamo fortunatamente ancora lontani da regimi dittatoriali simili a quello descritto nel qui presente film.

Come spesso accade nei film di fantascienza degli anni 80 e 90 come base della trama abbiamo sempre un futuro distopico dalle tinte fosche che costringe la società a piegarsi a leggi assurde che limitano profondamente le libertà personali costringendo gli uomini a piegarsi al tiranno per poter sopravvivere. Ma sappiamo anche che i registi e gli sceneggiatori dell’epoca hanno sempre puntato su un cosiddetto deus ex machina, il superuomo che con la sola forza di volontà e un forte senso della giustizia riesce a riportare la situazione in equilibrio, sconfiggendo il male con stratagemmi degni del miglior Ulisse. In questo caso il nostro uomo eroe è John Brennick interpretato dall’allora fulgida stella del firmamento fantascientifico Christopher Lambert. Egli, innamoratissimo e eroico, riesce a sopravvivere alle peggiori torture per fuggire dal carcere e salvare la moglie Karen, interpretata dalla solita biondazza americana di cui giustamente si sono perse le tracce nel corso degli anni. La trama è veramente coinvolgente e sviluppata in modo intelligente almeno finché il tutto prende la china dell’improbabile. Non si capisce infatti come sia possibile che la grande evasione che in realtà dovrebbe essere il nocciolo di tutto il film sia ridotta a dieci minuti scarsi che vanno via veloci al ritmo di una morte ogni trenta secondi. Inutile poi dire che il finale è troppo melenso e decisamente scadente. Nonostante ciò Fortress è un discreto film di fantascienza che ha i suoi colpi migliori nella prima metà del suo svolgimento quando vediamo come i prigionieri vengano tenuti sotto stretto controllo tramite dei trucchetti tanto ingegnosi quanto tremendi (vedi la capsula che viene fatta ingerire a forza e che si impianta nello stomaco dei malcapitati). Poca attenzione invece per le spiegazioni riguardo questa epoca così oscura, solo pochi accenni che servono a giustificare l’intero plot.

VOTO 7

mercoledì 10 ottobre 2012

0 13–Se perdi…muori (2010)

Trama: Sam ha bisogno di tanti soldi per pagare il ricovero e l’operazione chirurgica al padre così decide di partecipare ad un gioco che mette in palio la vita e un sacco di denaro per chi riesce a sopravvivere…

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Devo dire che a un quarto del film ho pensato che si trattasse di una produzione francese visto che il ritmo e certe scelte stilistiche sono tipiche degli action movie d’oltralpe. La sensazione si è trasformata in una quasi certezza quando ho scoperto che si tratta effettivamente di un remake hollywoodiano di 13 Tzameti, film francese diretto dallo stesso regista Gela Babluani.

La trama è coinvolgente ai massimi livelli in quanto non si può proprio restare indifferenti davanti ad un gioco così crudele e allo stesso tempo di vitale importanza sia per chi vi partecipa sia per coloro che scommettono sulla sorte dei concorrenti. Sam inizia come un emergente ma ben presto entra nella dinamica della sfida ossia della lotta per la sopravvivenza, quindi seppure all’inizio si trova a dover fare i conti con la sua coscienza che gli impone di non uccidere un altro essere umano, molto presto capisce che tutto quello che conta è vivere e guadagnare il denaro necessario per dare una speranza alla sua adorata famiglia. Non è un superuomo e infatti la sua non è altro che fortuna ma soprattutto il fatto che sia totalmente ingenuo si sposa perfettamente col finale a dire il vero abbastanza sorprendente. La morte del protagonista non figura di certo in quasi nessun film statunitense ma lascia in bocca quel sapore di reale che impreziosisce ancora di più un film più che discreto.

Il cast è di livello seppure alcuni attori sembrano davvero interpretare dei camei piuttosto che della parti fondamentali ai fini della trama, penso soprattutto a Mickey Rourke che riveste in modo sempre preciso e convincente il ruolo di ex galeotto trucido e tatuato. Non mi è dispiaciuto così come ho gradito l’algido britannico Vince Ferro, niente muscoli e nessun atteggiamento da macho. La parte del timido e insicuro elettricista l’ha interpretata alla grande.

Il film è ben ritmato e molto molto veloce tanto da non lasciare spazio a nessun tipo di riflessione.

VOTO 7   

lunedì 8 ottobre 2012

0 Perimetro di paura (2008)

Trama: Marnie deve scontare un anno di arresti domiciliari per l’uccisione del marito Mike un ex poliziotto violento. Le viene così assegnato un braccialetto che le impedirà di potersi allontanare dal perimetro della casa. I problemi iniziano quando il fantasma di Mike ritorna per vendicarsi della moglie colpevole di averlo assassinato…

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Il film è davvero molto carino e visivamente di grande impatto con un uso sapiente di effetti speciali che contribuiscono a rendere davvero poco confortevole e rassicurante la vecchia casa dove vive Marnie reclusa dentro il peggior incubo che un essere umano possa immaginare. La sua è una sfida che gioca su più livelli: la difesa contro gli attacchi sovrannaturali di un marito incazzato nero e la grande solitudine che la vede costretta a elemosinare l’amicizia di un garzone di un vicino negozio (per lei comunque lontano mille miglia). Cerca di ricominciare la sua vita, interrotta da lunghi anni di reclusione in carcere, ma i vicini che prima le erano amici la scansano e la sua unica sorella la disprezza perché la ritiene colpevole della morte della loro madre, indebitatasi per pagare gli avvocati di Marnie.

Il film all’inizio si sviluppa soprattutto sul binario legato a questo senso di estraneità e lontananza dal mondo, conseguente alla presenza del bracciale che pone veramente tanti limiti alla libertà di una persona che per giunta vive da sola e che può contare esclusivamente sull’uso del telefono come tramite tra lei e il mondo esterno. Questo elemento si sposa evidentemente con la presenza del fantasma all’interno della casa che riesce a farle concretamente del male, tralasciando i classici giochetti visivi e sonori tipici dello spirito maligno e vendicativo. Mike la vuole uccidere e Marnie ha troppa voglia di vivere ecco perché decide di aumentare le sue conoscenze in campo spiritistico prendendo in prestito un libro dalla biblioteca pubblica (grazie all’aiuto di qualcuno ovviamente). Peccato che si riveli fondamentalmente inutile!

La paura c’è? Beh a essere onesti no. C’è forse un minimo di tensione che finisce per stemperarsi con le troppe incongruenze e scelte narrative abbastanza ridicole che vengono messe in atto durante gli 88 minuti di film (tra le tante il ritrovamento di denaro sporco sotto le assi di legno del pavimento della camera da letto o il rifiuto del prete di benedire la casa oltre ovviamente agli stratagemmi messi in pratica da Marnie per scacciare il fastidioso Mike). Il tutto però stranamente mi ha conquistato e catturato perché scorre via nella maniera giusta cioè senza tempi morti o fastidiosi dialoghi. Si parla poco e si agisce tanto, cosicché si riesce a perdonare la presenza ultra scontata del gatto e dell’incendio finale.

VOTO 7 

lunedì 1 ottobre 2012

0 Dylan Dog 172–Memorie dal sottosuolo

Trama: un uomo di nome Darren bussa alla porta di Dylan Dog e racconta una storia riguardante i Pennycoat, una strana comunità che viveva in un villaggio non lontano da Londra. Questa microsocietà era ligia a precise regole che anni prima l’avevano portata alla decisione di seppellire viva Hezel, una donna giudicata colpevole di aver ucciso il marito. Darren , l’uomo che riporta queste informazioni a Dylan, era l’amante di Hezel che per disperazione si era messo a scavare nella tomba appena coperta di terra per cercare di salvare la sua amata. Ci riesce ma insieme a lei risorge dal mondo delle tenebre anche il defunto marito di lei, mettendo in fuga il giovane che da allora è alla strenua ricerca di Hezel. Dylan, impietosito dal dolore di Darren e allo stesso tempo incuriosito da tutta la faccenda, decide di mettersi in viaggio con Groucho alla ricerca di ulteriori informazioni sulla scomparsa di tutti i Pennycoat, apparentemente uccisi dal marito di Hezel. In realtà ci sono ancora dei superstiti dell’antica famiglia ma vengono fatti fuori nel modo più cruento possibile. L’elemento che sembra unirli è il settore lavorativo in quanto tutti loro lavoravano in campo mortuario, compresa l’unica superstite una certa Henna, truccatrice di morti. Dylan riesce piano piano a far emergere particolari molto inquietanti che confluiscono nella scoperta che in realtà Darren non è altri che un componente della famiglia Pennycoat…

Commento: questo albo è straordinario, perfetto da ogni punto di vista e soprattutto per niente banale. Seppure molte volte nella ormai lunga storia di questa pubblicazione è stato toccato il tema della comunità di villaggio che nasconde arcani segreti, qui abbiamo un punto di vista nettamente diverso che rende la storia puntuale, precisa e molto coinvolgente. Non è possibile capire appieno la storia se non la si legge fino all’ultima pagina, non si possono fare pronostici o previsioni o elaborare tesi che riescono a dispiegare e svolgere la matassa sapientemente creata da quel genio di Paola Barbato (talento naturale a quanto vedo). Tutto ha una spiegazione ma bisogna avere la pazienza di aspettare che i vari pezzi di puzzle vadano al loro posto attraverso affascinanti quanto crudi flashback. La storia dei Pennycoat è bella ma niente a che vedere con la complessità del personaggio Hezel-Donna che in fin dei conti porta questo albo a vette di vera perfezione. A me è sembrato di leggere un romanzo piuttosto che un fumetto e quando si provano tali piacevoli sensazioni si capisce come il mondo dei comics possa avere una vita lunga e florida. Complimenti alla Barbato!

VOTO: 10

 

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