venerdì 28 dicembre 2012

0 Il buio si avvicina (1987)–Kathryn Bigelow

Film anni Ottanta con tematica vampiresca anche se abbastanza lontana dai canoni ai quali ci ha abituati la stucchevole saga di Twilight. Il romanticismo è una componente presente in minima parte in questo vecchio film che punta tutto sul senso di tensione che suscita lo strano gruppo di succhiatori di sangue (che aborrono il cibo umano ma non disdegnano il tabacco) sempre in cerca di nuove vittime da uccidere nel modo più violento possibile ma anche con quel tocco di sapida ironia che rende i dialoghi tipicamente anni 80. Il film si lascia guardare anche se non conquista del tutto. Molto inquietanti i passaggi dal buio alla luce e viceversa che demarcano il confine tra i vivi e i non morti in un gioco suggestivo di colori e luci.

Da riscoprire.

VOTO 6,5

sabato 22 dicembre 2012

0 Brutti sporchi e cattivi (1976)–Ettore Scola

Trama: Giacinto vive in una baraccopoli alla periferia di Roma, conserva gelosamente un bel gruzzolo difendendolo dalla numerosa famiglia che vive insieme a lui in una catapecchia.

Ettore Scola è un grande regista che in questo caso supera se stesso con un film durissimo, penetrante e tagliente come un rasoio. La bruttezza dei personaggi è pari all’aspetto estetico del luogo in cui sono costretti a sopravvivere. Non hanno principi morali, sono attaccatissimi ai beni materiali e trascorrono la vita a odiarsi a vicenda.

Impietosa l’immagine di un’altra Roma, molto diversa da quella a cui ci ha abituati un certo tipo di cinema molto più glamour. Non si può parlare esattamente di neorealismo in quanto siamo fuori periodo storico e in ogni caso ampi spazi vengono lasciati anche ad una certa vena caricaturale che allontana la vicenda dalla realtà più vera.

Grandissimo Nino Manfredi, praticamente irriconoscibile. Una prova monumentale che difficilmente potrebbe essere replicata da attori del nostro tempo. Non da meno i suoi comprimari per la maggior parte esordienti assoluti.

La speranza in questo film non  è contemplata. Persino il finale con la ragazzina non ancora adolescente rimasta incinta (di qualche zio o parente) è un pugno nello stomaco che sembra voler dare la dimensione della ciclicità ad una vicenda e ad una società tristissima.

VOTO 8

martedì 18 dicembre 2012

0 Brucia, ragazzo brucia (1969)–Ferdinando di Leo

Trama: moglie insoddisfatta prova per la prima volta il piacere sessuale con un giovane bagnino don Giovanni. Il marito reagisce male e lei si toglie la vita.

In due frasi ho riassunto un film di 90 minuti. L’azione è poca, tutto è affidato ai dialoghi e alle immagini (che devono molto alla contemporanea Nouvelle Vague francese). Il regista sceglie di investigare un mondo sconosciuto e affrontare quello che all’epoca doveva ancora essere un argomento tabu: l’orgasmo femminile. Infatti al centro della storia, ambientata in una desolata località marina in provincia di Roma, c’è una donna sposata da diversi anni con un uomo piacente ma fin troppo dedito al lavoro. Il sesso tra loro è sempre stata un’abitudine, un automatismo senza significato se non quello di rispettare il vincolo coniugale. Lei nel frattempo conosce il giovane bagnino della spiaggia che non fatica molto a sedurla col risultato di renderla consapevole del suo corpo e della sua femminilità, messa in ombra dall’evidente egoismo del marito, interessato esclusivamente al proprio soddisfacimento. La donna vorrebbe provare le stesse sensazioni col marito e perciò gli rivela di averlo tradito col ragazzo ma che questo non è stato un male in quanto l’ha resa consapevole di poter provare piacere. Il marito rimane scioccato non tanto per il tradimento subito quanto per l’assoluta novità del piacere della donna per lui fonte di vizio e basta.

Questo è il quadro generale e a mio modo di vedere il film si presenta interessante e originale soprattutto perché raramente si affronta il sesso sotto un’ottica femminile. Certo si poteva fare qualcosa di più sia nella scelta degli ambienti che nella caratterizzazione dei personaggi che si presentano tutti molto stereotipati ma tutto sommato il giudizio è positivo.

VOTO 6,5

giovedì 13 dicembre 2012

0 Brivido (1986)–Stephen King

Trama: al passaggio di un meteorite le macchine e tutti i congegni elettronici iniziano a ribellarsi all’uomo. Alcune persone si rifugiano in una stazione di servizio…

Il film è vecchiotto e con un’ottima locandina che richiama la copertina di un tipico fumetto horror. Rappresenta anche l’unica incursione di Stephen King dietro la macchina da presa e c’è da scommettere che la cosa l’avrà reso sicuramente più felice di tutte le volte che le sue opere sono state adattate (da altri) al grande schermo. Il risultato è discreto per un esordiente assoluto ma abbastanza mediocre per lo spettatore abituato a qualcosa di meno banale. La storia è tratta molto liberamente da Camion un racconto presente in A volte ritornano (1978), una raccolta di racconti che ha dato vita a numerosi film con risultati alterni.

Qui siamo nel regno di King con l’arrivo repentino di qualcosa che stravolge il tran tran quotidiano della società americana facendola piombare in uno stato primitivo dove tutto ciò che conta è la sopravvivenza. L’elemento horror è presente solo negli attacchi delle macchine ma senza che questo susciti tremori o tensione. Più che altro si ride per alcune scene assolutamente surreali o per personaggi veramente fuori di testa e fastidiosi come mosche. Diciamo che il buon vecchio Stephen il terrore lo trasmette solo attraverso la pagina scritta ma per un suo cultore la visione di questo film è assolutamente d’obbligo.

VOTO 6

martedì 11 dicembre 2012

0 Il brigante Musolino (1950)–Mario Camerini

Trama: Giuseppe Musolino viene ingiustamente accusato di aver ucciso un suo concittadino e gli viene assegnata una pena di 21 anni. Riesce però a fuggire con l’intento di mettere in atto la sua vendetta contro chi lo ha tradito…

La storia mette al centro un personaggio realmente esistito ma la trama è assolutamente romanzata. Tutto il film gira inesorabilmente intorno ad Amedeo Nazzari, brigante romantico con forte accento sardo. Inevitabilmente si viene rapiti più dalla sua recitazione rude che dalla storia in se stessa che è debole debole. Com’era tipico dei film ambientati nel Mezzogiorno d’Italia anche in questo caso alcune sequenze e paesaggi ricordano i contemporanei western americani. Divertenti gli spari di fucile che non provocano ferite.

VOTO 6

lunedì 10 dicembre 2012

0 Il Natale ormai inizia sempre prima…

Siamo al 10 dicembre ma è come se fossimo in un’eterna Vigilia di Natale. Questa è la considerazione a cui sto giungendo in questi giorni che odorano di gelo e molto business. Tutti sappiamo che la parolina magica di questo 2012 è “crisi” e il mondo che ci circonda (rappresentato dai commercianti e dai media) agisce di conseguenza, utilizzandola come password per spingerci agli acquisti o a una finta allegria che sa tanto di Capodanno alla Fantozzi (trenino, spumante dozzinale e cotillon). Non so se sia una mia impressione ma se accendo la televisione vedo già da un paio di settimane il bombardamento degli spot natalizi mentre le varie trasmissioni decorano i freddi e asettici studi con finti alberi di Natale e luccichii ovunque. La situazione non cambia granché se decido di scendere in strada per prendere una boccata d’aria. Ecco infatti il proliferare di vetrine con lucine intermittenti comprate dal cinese poco lontano, ghirlande, boa dorati, tappetini stanchi di vivere che accolgono i piedi degli avventori con sbiaditi Buon Natale. Tutto questo è nuovo per me che sono da sempre stata abituata ad una certa sonnolenza da parte dei negozianti della mia città sempre restii a cedere alle lusinghe di una decorazione natalizia. Non penso si tratti di spirito natalizio ma solo di operazioni di strategia commerciale: illumini gli occhi del potenziale cliente con mezzi dozzinali ma che richiamano l’idea della più grande festa materialista del nostro calendario. Gli effetti non sembrano positivi e le saracinesche continuano inesorabilmente ad abbassarsi ma l’intenzione rimane nei sopravvissuti. La televisione da parte sua tenta la carta dei buoni sentimenti per creare una sorta di feedback con lo spettatore in fuga. A me suscita solo nausea. Amo il Natale sopra ogni cosa ma sentire già dall’8 dicembre le canzoni natalizie cantate dai bimbi non bimbi della Clerici mi provoca l’effetto di una dose doppia di Dolce Euchessina. Il troppo stroppia e così si giunge presto alla saturazione. Quest’anno poi che il caldo è andato avanti fino a novembre sembra quasi fantascienza buttare l’occhio al calendario affianco alla porta e accorgersi che l’anno sta per celebrare le proprie esequie. Ieri davo le ultime bracciate in un mare troppo pieno di bagnanti, oggi faccio lo slalom tra le bancarelle di orrendi mercatini di natale che rappresentano la parabola discendente del business natalizio. Sì perché ormai anche chi non ha la tradizione natalizia tipicamente nordica se la crea attraverso degli stand che vendono oggetti made in corea ma che fanno tanto Natale (a detta loro naturalmente). Tra poco poi inizieranno a spaccarmi i timpani e le palle con i petardi, scoppieranno mani, piedi, occhi ma la tradizione va rispettata dannazione. Non è forse questo che fa Natale e Capodanno le feste regine dell’anno? Un po’di casino e qualche morto ed è davvero Natale. Ricordo quando ero bambina e la gente aveva ancora una parvenza di umanità com’era magico avvicinarsi alla festa. C’era attesa e aspettativa, tutto aveva i suoi tempi e quando alla fine si arrivava al momento cruciale ti rendevi conto di quanto era stato breve. Ora è una maratona telethon e quando alla fine vedi che è arrivato il 7 di gennaio stappi una bottiglia e dici “grazie a Dio è finita anche quest’anno”.

sabato 8 dicembre 2012

0 Il brigante di Tacca del Lupo (1952)–Pietro Germi

Trama: 1863. Mezzogiorno d’Italia. All’indomani dell’Unità il fenomeno del “brigantaggio” si insinua tra i paesi del meridione opponendosi al nuovo governo con crimini selvaggi contro la stessa popolazione. Interviene una compagine dell’esercito italiano guidata dal capitano Giordani (Amedeo Nazzari)

Il film chiaramente è di matrice storica e analizza la cosiddetta questione meridionale da un punto di vista nuovo, seguendo le vicende degli scontri tra il nuovo esercito italiano (formato per lo più da giovani del centro nord) e i briganti, uomini del posto che non accettano il dominio piemontese sulle loro terre.

La storia racconta il dramma attraverso inquadrature intense su volti scolpiti nella roccia, donne dai lineamenti rozzi e uomini col classico baffo alla siciliana. Il senso dell’onore così radicato al sud viene elaborato attraverso la descrizione della vendetta di un marito nei confronti di un brigante colpevole di aver oltraggiato la giovane moglie (una sin troppo bella Cosetta Greco). Quindi nel grande avvenimento storico vengono percorse anche strade secondarie ma non meno intense, anche se eccessivamente legate ad uno stereotipo di valori meridionali portato all’eccesso.

La vicenda si muove sui binari del western con campi lunghi, agguati in zone selvagge e sparatoria finale con l’arrivo salvifico della cavalleria amica.

VOTO 6,5

giovedì 6 dicembre 2012

0 Un borghese piccolo piccolo (1977)–Mario Monicelli

Il film è tratto dal romanzo omonimo di Vincenzo Cerami ma lo stile e i contenuti tipici del grande Maestro del nostro cinema sono rintracciabili in ogni singola sequenza, in ogni dialogo e situazione. Monicelli è stato il grande narratore dell’Italia e degli italiani, quello che meglio di altri è stato capace di scavare dentro le grettezze del comune essere umano fino a creare dei veri e propri capolavori che tutti noi ci ricordiamo anche a distanza di decenni.

Questo film è duro e doloroso come un pugno alla bocca dello stomaco. L’elemento più sorprendente è sicuramente il cambio improvviso di registro stilistico che avviene nel momento di cesura rappresentato dalla morte del giovane Mario Vivaldi. Fino a quel momento infatti Monicelli cavalca la commedia dolce amara tipica dei suoi lavori con la descrizione di come Giovanni pur di assicurare un posto di lavoro a suo figlio è disposto persino a farsi massone con tutte le conseguenze del caso. Il film prosegue con l’arrivo del giorno del concorso statale. Bellissimo il racconto della mattinata in cui Giovanni accompagna suo figlio al concorso con quel sentimento di orgoglio misto ad aspettativa. Il cappuccino con cornetto al bar, i discorsi sulle donne, il viaggio in tram e poi lo sparo e il silenzio improvviso. Mario muore e il film si trasforma in tragedia. Sua madre si chiude in un una sorte di autismo cosciente, suo padre sembra prenderla meglio ma poi si scopre che in realtà sta solo covando vendetta. Tutto ciò che fa lo fa perché si rende conto che la sua vita non ha più senso senza suo figlio, unico vero compagno in una vita vuota e povera di soddisfazioni e allegria. Persino la tanto sospirata pensione non conta più, conta solo la vendetta. Quando anche sua moglie si arrende al dolore morendo nel suono di una sveglia senza più senso, Giovanni è ormai un altro uomo rispetto all’inizio del film.

Questo film è grandioso e grande merito ha ovviamente il grandissimo Alberto Sordi, chiamato a superare addirittura se stesso nell’interpretare un film profondamente drammatico. La sua è la classica maschera dell’italiano becero, ma anche dell’uomo comune con tutti i suoi difetti. La sua recitazione è magistrale ma certo non stupisce più di tanto. La storia cattura, fa sorridere e piangere a dirotto, spiazza e commuove. In una parola un CAPOLAVORO.

VOTO 10

mercoledì 5 dicembre 2012

0 Blacula (1972)–William Craine

Qualcuno potrebbe dire: “Che palle l’ennesima versione di Dracula!!!” ma io obietterei: “Aspetta, guardalo prima di giudicare perché potresti avere delle gran belle sorprese”.

Il film si apre nel 1780 in Transilvania nel castello del conte Dracula (qui in versione vecchione razzista), ad un grande tavolo troviamo il conte stesso in compagnia di due ospiti provenienti dall’Africa. Si tratta di Mamuwalde e della sua bella moglie Luva, giunti fino alle remote lande balcaniche per perorare la causa anti schiavista. Fermiamoci un attimo. Non è già qualcosa di assolutamente gagliardo? A chi mai poteva venire in mente di creare un’assurdità simile? Io dico ad un genio ma andiamo avanti. Dracula inizia a fare delle avances alla giovane donna condendo il tutto da una bella dose di frasi razziste che ovviamente provocano la reazione di Mamuwalde. Questi però viene prontamente messo all’angolo dai canini del vecchio vampiro che decide di fare dell’uomo un’altra creatura non morta che prenderà il nome di Blacula, condannato da una maledizione a vivere in un’eterna solitudine. Passano tanti anni, direi addirittura secoli ed ecco che una coppia gay (altro colpo di genio) decide di acquistare il castello di Dracula e di portare in America tutto l’arredamento della antica magione, compresa la bara dove riposa Blacula. I due chiaramente risvegliano dal sonno eterno il vampiro che inizia da quel momento a zompettare per la città fino a quando incontra quasi per caso una ragazza identica alla sua defunta moglie. Nella fase di riconquista Blacula crea altri suoi simili che iniziano a creare un bel po’ di scompiglio tra gli abitanti del posto. Non aggiungo di più perché toglierei la sorpresa a chi si accingesse a vedere questo piccolo ma prezioso cult movie.

Il film è un mix di luoghi comuni (paletto nel cuore, crocifisso, luce del sole) e novità (cast quasi totalmente afro americano, Dracula nero, musiche anni Settanta) che si fondono creando qualcosa di particolarmente piacevole. Non mi sono dispiaciuti neanche i semplici ma efficaci effetti speciali così come il trucco dei non morti. Molto belle poi le sequenze di pura tensione come per esempio l’incursione al cimitero o l’assalto all’obitorio. La scena finale poi l’ho trovata particolarmente drammatica e intensa con quel suicidio dettato dalla consapevolezza di essere rimasto veramente e definitivamente solo. Certo è un film un bel po’ ingenuo e altamente inverosimile ma ha il merito di intrattenere lo spettatore con una buona trama e tanta azione.

VOTO 7

lunedì 3 dicembre 2012

0 Alla scoperta di Babbo Natale (1984)

Quando questo anime è stato trasmesso per la prima volta in Italia andavo ancora alle elementari e da vera appassionata di Babbo Natale non mi sembrava vero che qualche mente geniale avesse pensato di dedicare addirittura un intero cartone animato al vecchio con la barbona bianca e la veste rossa. Quando lo vidi per la prima volta però rimasi molto molto delusa perché la storia non mi aveva appassionato per niente e ora che di anni ne ho 35 beh devo dire che la sensazione è stata la medesima di tanti anni fa. Fortuna che la serie è composta da soli 23 episodi altrimenti giuro avrei mollato a metà e tanti saluti.

Dunque, la trama non è neppure orrenda perché come nella migliore tradizione si parla del luogo dove vive Babbo Natale cioè la Lapponia. Qui in uno dei tanti boschi vive Babbo Natale con sua moglie circondati dalle casette dove vivono i “Balbalock” (se ho capito bene) che sarebbero gli gnomi che aiutano il vecchietto a realizzare i regali da consegnare il 25 dicembre ai bambini di tutto il mondo. Quindi abbiamo il falegname, il giocattolaio, il vetraio, il fabbro, l’allevatore di renne e così via. Chiaramente non manca il gruppo di bambini in cui i piccoli spettatori dovrebbero immedesimarsi: Elisa, Spillo, Mandolina, Hans e via dicendo. Ecco, diciamo che fino all’episodio numero 12 la storia fila liscia come l’olio ma i problemi arrivano dopo. Fino a quell’episodio la storia infatti parla di come tutto il villaggio si organizza per rispettare i tempi di consegna e infatti nella puntata fatidica abbiamo la consegna dei regali. Ma dopo? Che senso ha un cartone animato con questo titolo se poi la storia va scemando a meno della metà della serie? Praticamente si arriva a primavera senza che si parli più di Natale ma solo dei segreti della foresta.

Insomma questo cartone animato è una bufala e non lo annovero tra i migliori ma anzi tra quello meno riusciti degli anni 80. Peccato!

0 Black cat (1981)–Lucio Fulci

Trama: in un piccolo borgo inglese si succedono molte morti, misteriose e improvvise. Una fotografa americana inizia a indagare e scopre che uno psicanalista del posto è interessato al mondo dell’aldilà e al controllo della mente. Con lui vive uno strano gatto nero….

Questo non è sicuramente un film memorabile anzi diciamo che è proprio pesantissimo e lento. Gli unici momenti in cui ho fatto un balzo sulla sedia sono stati quelli dei miagolii infernali del gatto. Ma molto è dipeso dall’altezza del volume, un po’ troppo alta. Fulci è stato un gran regista, soprattutto un grande sperimentatore nel campo dei film di genere ma in questo caso ha un po’ toppato. Il racconto di E.A.Poe da cui è stato tratto il soggetto del film è troppo inflazionato e forse non è stato reso con la dovuta cura.

Non ho capito poi che c’entrasse la registrazione delle voci dei defunti con il resto del film. In ogni caso c’è di molto meglio in giro, soprattutto se si fa un salto verso gli anni 70, decennio che ha regalato molti bei prodotti interessanti sia dello stesso Fulci che di Dario Argento.

VOTO 5

sabato 1 dicembre 2012

0 Il bestione (1974)–Sergio Corbucci

Trama: il lumbard Sandro Colautti e il siciliano Nino Patrovita sono due camionisti che lavorano insieme per la stessa azienda trasportando merci dall’alta Italia ai paesi stranieri. Inizialmente si detestano ma poco a poco finiscono per stringere una solida amicizia..

Questo film per me è stata una felicissima sorpresa perché è come sfogliare un album di fotografie degli anni 70 con tutto ciò che ha fatto di quel decennio un’epoca di crisi economica ma anche di speranza per il futuro. Si parla di tanti argomenti interessanti in un’ora e mezzo di comicità, amarezza e cruda realtà. Si parte con la scorreggia del Colautti, alle visite mediche per certificare l’idoneità a svolgere ancora il mestiere di camionista (con il triste prepensionamento di un collega ultra cinquantenne che finisce per suicidarsi), si parla del sesso promiscuo e veloce con le cameriere delle tipiche trattorie per camionisti lungo chissà quale autostrada, si parla degli scioperi dei lavoratori e delle colpe dei sindacati e si condivide per un po’ la vita di una categoria di lavoratori che svolge un mestiere ricco di difficoltà e solitudine.

A mano a mano che vedo film degli anni 70 sento sempre più una fortissima ammirazione per il cinema di quegli anni che offre un panorama vastissimo di prodotti di qualità. Questo è un caso lampante di ciò che dico ma la stessa sensazione me l’aveva regalata un meraviglioso film con Nino Manfredi (Pane e Cioccolata, 1973) che parla anch’esso degli italiani all’estero, della difficoltà di comunicazione ma anche del senso di inferiorità ma anche di orgoglio nazionale che apparteneva e per molti versi ancora appartiene a noi italiani. In questo film si calca molto la mano sul fascino latino che nei fatti non sempre si realizzava nel concreto, risultando essere soltanto un pensiero utopistico ma anche triviale nella mente dell’italiano alle prese con le straniere (a volte disponibili ma molto più spesso inorridite e direi schifate dalle avances del siculo Nino).

Cosa dire poi del fantasmagorico e strabiliante Giancarlo Giannini? Credibile sia nei panni dell’idiota che in quelli dell’uomo con alti principi morali. La sua recitazione è qualcosa che non si può spiegare si può solo rimanere senza parole e goderne appieno.

VOTO 9 

 

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