giovedì 6 dicembre 2012

0 Un borghese piccolo piccolo (1977)–Mario Monicelli

Il film è tratto dal romanzo omonimo di Vincenzo Cerami ma lo stile e i contenuti tipici del grande Maestro del nostro cinema sono rintracciabili in ogni singola sequenza, in ogni dialogo e situazione. Monicelli è stato il grande narratore dell’Italia e degli italiani, quello che meglio di altri è stato capace di scavare dentro le grettezze del comune essere umano fino a creare dei veri e propri capolavori che tutti noi ci ricordiamo anche a distanza di decenni.

Questo film è duro e doloroso come un pugno alla bocca dello stomaco. L’elemento più sorprendente è sicuramente il cambio improvviso di registro stilistico che avviene nel momento di cesura rappresentato dalla morte del giovane Mario Vivaldi. Fino a quel momento infatti Monicelli cavalca la commedia dolce amara tipica dei suoi lavori con la descrizione di come Giovanni pur di assicurare un posto di lavoro a suo figlio è disposto persino a farsi massone con tutte le conseguenze del caso. Il film prosegue con l’arrivo del giorno del concorso statale. Bellissimo il racconto della mattinata in cui Giovanni accompagna suo figlio al concorso con quel sentimento di orgoglio misto ad aspettativa. Il cappuccino con cornetto al bar, i discorsi sulle donne, il viaggio in tram e poi lo sparo e il silenzio improvviso. Mario muore e il film si trasforma in tragedia. Sua madre si chiude in un una sorte di autismo cosciente, suo padre sembra prenderla meglio ma poi si scopre che in realtà sta solo covando vendetta. Tutto ciò che fa lo fa perché si rende conto che la sua vita non ha più senso senza suo figlio, unico vero compagno in una vita vuota e povera di soddisfazioni e allegria. Persino la tanto sospirata pensione non conta più, conta solo la vendetta. Quando anche sua moglie si arrende al dolore morendo nel suono di una sveglia senza più senso, Giovanni è ormai un altro uomo rispetto all’inizio del film.

Questo film è grandioso e grande merito ha ovviamente il grandissimo Alberto Sordi, chiamato a superare addirittura se stesso nell’interpretare un film profondamente drammatico. La sua è la classica maschera dell’italiano becero, ma anche dell’uomo comune con tutti i suoi difetti. La sua recitazione è magistrale ma certo non stupisce più di tanto. La storia cattura, fa sorridere e piangere a dirotto, spiazza e commuove. In una parola un CAPOLAVORO.

VOTO 10

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