martedì 24 gennaio 2012

1 Il malato immaginario (1979)

Ho sempre amato Alberto Sordi, per me simbolo dell’Urbe insieme a Carlo Verdone, esempi di come la recitazione possa essere qualcosa di assolutamente naturale, come bere mangiare e dormire. Sordi riesce a conquistare lo spettatore con battute fulminanti e allo stesso tempo pari a pietre miliari, citazioni da tenere a mente o appuntare da qualche parte. Insomma un genio. L’unico a saper interpretare l’italianità senza peli sulla lingua, senza esagerazioni, senza caricature.

Anche in questo caso, in un film che a parer mio non brilla nel panorama cinematografico, Sordi riesce a tenere in piedi la baracca con lunghi monologhi che fanno avvicinare la pellicola ad una vera e propria pièce teatrale. Il film infatti non ha ritmo, non ha neanche una vera e propria sequenza narrativa. La stanza da letto di Argante è il luogo dove si svolge l’azione e lì compaiono i vari personaggi che riempiono di medicine e nulla la vita di questo malato immaginario. Un uomo che usa l’inesistente malattia per sfuggire ad un mondo che teme, proprio lui che un tempo era innamorato della gente e della vita al di fuori di quelle quattro mura. Un uomo che sente il peso di una ricchezza acquisita e non voluta, circondato da una moglie che lo tradisce col notaio e da medici ignoranti e avidi, sempre pronti a rifilargli un clistere quotidiano, pur di potergli sventolare davanti al viso ingiallito una salata parcella. Solo i servitori lo amano e lo rispettano, ma anche l’umanità che lavora la sua terra, pronta ad entrare nel suo palazzo con pecore e miseria per chiedergli a gran voce un ritorno alla vita.

E’ un film che racconta una storia di solitudine e di depressione, ma anche di voglia di ricominciare nonostante tutto. Ed è infatti questo il finale: un Argante vestito di tutto punto che con al braccio un nuovo amore apre il portone del suo palazzo e gode di nuovo della ritrovata libertà.

Il significato del film rappresenta il meglio del film stesso che come ho già anticipato non è granché né nel reparto regia né nel settore recitazione (a parte ovviamente il grande Albertone). Troviamo un giovane Christian De Sica che fa la macchietta com’è sua abitudine da 30 anni a questa parte, poi una altrettanto giovane Giuliana De Sio promettente ma decisamente alle prime armi e la serva fedele interpretata dalla procace Laura Antonelli (gran seno ma poca dimestichezza con la recitazione vera).

Il film è poi ricco di volgarità con poco succo, condensate nelle numerose scorregge o nella scena dell’ultimo fatalissimo clistere imposto al nostro Argante.

VOTO 6 

1 sentenze:

Anonimo ha detto...

a nvidiosiiiiiiii

 

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