martedì 20 novembre 2012

1 Recensione 22/11/1963–Stephen King

Nonostante il titolo richiami un fatto storico di portata mondiale, ossia l’assassinio di JFK, la storia ha un respiro molto più ampio e ci porta ad affrontare un viaggio avvincente nel passato in compagnia del protagonista del romanzo, un giovane insegnante di nome Jake Epping. Quest’uomo, in cui sarà facilissimo immedesimarsi, non è altri che un onesto professore di provincia, deluso dalla vita e sensibile nei confronti delle persone che vengono trattate con crudeltà dalla gente. Proprio questa sua capacità di condividere il dolore altrui e il desiderio di cambiare ciò che va male, lo porta ad essere un candidato ideale per tornare indietro nel tempo e compiere qualcosa di straordinario: salvare la vita del presidente Kennedy ucciso da un pazzo nella città di Dallas. Questa apparentemente assurda proposta gli viene fatta dal proprietario di un fast food, Al Templeton. Questi ha casualmente scoperto un passaggio spazio temporale nel suo locale e ne ha già usufruito parecchie volte per compiere azioni importanti e non, ma non è riuscito a salvare il presidente, suo obiettivo primario. Una terribile malattia lo spinge a chiedere aiuto al giovane Jake, in quanto ormai a lui restano solo pochi giorni di vita. Jake accetta praticamente subito ma ciò che lo spinge non è tanto il desiderio di salvare Kennedy quanto la possibilità di cambiare in meglio la vita del bidello dalla sua scuola che da bambino era rimasto gravemente ferito in seguito alla strage della sua famiglia nella notte di Halloween. Jake parte senza voltarsi indietro anche perché non c’è niente che lo trattenga nel 2011 e così approda in un istante nel 1958 e inizia la sua lunga avventura che lo tratterrà nel passato per diversi anni.

Il tema del viaggio nel tempo è già di per se stesso appassionante ma se poi lo si unisce alla possibilità di cambiare il futuro allora ecco che diventa praticamente impossibile staccarsi da questo bellissimo romanzo che dimostra come Stephen King abbia ancora molti assi nella manica. Difficile infatti non appassionarsi alle vicende di Jake/George, ai suoi dubbi, alla sua ostinazione nel voler cambiare il destino anche a costo di rischiare la vita. E’ un uomo come tutti noi e infatti a un certo punto l’obiettivo principale della sua missione ossia il salvataggio di Kennedy sembra diventare sempre più pesante e fastidioso rispetto alla vita serena e felice che sta iniziando a vivere nel passato grazie alla conoscenza di nuovi amici ma soprattutto in seguito alla sua relazione con la bella e goffa bibliotecaria Sadie. Jake è diviso tra la promessa da mantenere ad Al e la consapevolezza che potrebbe perdere tutto se decide di portare a compimento l’obiettivo che l’ha portato indietro nel tempo. Ciò che teme è la reazione del passato ai cambiamenti forzati messi in atto da lui stesso, creatura del futuro. Il passato così come ci viene ripetuto spesso nel romanzo è di per se stesso “inflessibile”, cioè  non vuole essere cambiato e questo fa sì che sia molto difficile apportare anche il minimo cambiamento in ciò che deve succedere. Più è importante il cambiamento più la reazione del passato sarà violenta. Questo chiaramente porta a tutta una serie di situazioni di tensione che non sempre si risolvono nel modo migliore ed è anche per questo che Jake è costretto a tornare indietro nel suo tempo, per cambiare ancora una volta le carte in tavola e riportare allo stato originario ciò che lui stesso ha cambiato.

Il romanzo ci insegna un dato fondamentale: ciò che ci sembra sbagliato o terribile in realtà ha un suo senso ed è per questo che deve rimanere tale. Se noi potessimo agire sul passato probabilmente apporteremmo dei cambiamenti nocivi nel futuro, persino peggiori di come ci sembrano nel presente, anche se siamo guidati dai migliori sentimenti. E’ il cosiddetto “effetto farfalla” di cui Stephen ci offre un esempio piuttosto catastrofico ma molto credibile. La decisione finale di Jake di tornare definitivamente nel suo tempo abbandonando l’utopia del cambiamento è la scelta più amara possibile ma anche quella più razionale e meno egoistica. In questo modo infatti niente potrà sconvolgere il futuro anche se allo stesso tempo lui perderà per sempre l’amore della sua vita, un amore che si concretizza nelle pagine finali dove Sadie (ormai ottantenne) e Jake si rincontrano nel presente pur non essendosi mai incontrati, un paradosso spazio temporale che però spalanca una finestra su ciò che chiamiamo “amore scritto nel destino”. Sadie sente di conoscere Jake pur non avendolo mai incontrato. Perché? Riflettendoci si arriva alla conclusione che in realtà esistono molti mondi paralleli che lasciano tracce indelebili in chi si è innamorato davvero ma che si è perso nelle stringhe del tempo e dello spazio. Ho trovato tutto questo di una poesia unica così come è nello stile inconfondibile del grande scrittore americano.

Forse l’idea più riuscita è stata la creazione di un fil rouge che unisce la vicenda dell’uomo a quella del grande evento storico, la quotidianità con la storia. Il pretesto dell’assassinio più celebre del secolo scorso ha dato come risultato un romanzo inaspettato e perfetto in ogni sua parte con un’attenzione puntuale sulla ricostruzione di un’epoca lontana sia da un punto di vista sociale che per quel che riguarda il costume, la musica, l’abbigliamento, il linguaggio e molto altro.

Rimane un unico interrogativo: come mai la porta spazio temporale si apriva proprio nel 1958? Non lo sapremo mai.

VOTO 10

1 sentenze:

Babol ha detto...

Nonostante l'argomento trattato (adoro la storia americana) non mi ha appassionata tanto quanto avrebbe dovuto.
Ma le pagine in cui ricompaiono Bev e Richie, quella splendida scena del ballo nei Barrens, valgono da sole l'intero libro.

 

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