venerdì 17 giugno 2011

0 Death Sentence (2007)

Death sentence è uno dei film più estremi che abbia mai visto. Nei primi dieci minuti sembra di assistere ad un film drammatico, tanto da portare lo spettatore più sensibile quasi al pianto ma poi improvvisamente capisci di essere totalmente all’interno di un thriller brutale, crudo, senza pietà.

Il film è tratto da un romanzo di Brian Garfield, l’autore del libro che ha ispirato “Il giustiziere della notte”, cult movie con protagonista il leggendario Charles Bronson in lotta contro chi gli ha stuprato la figlia e ucciso la moglie. Anche in Death Sentence si corre sul binario della vendetta personale, infatti seguiamo la storia di Nick Hume, vicepresidente di una multinazionale, provvisto di famiglia perfetta e sorrisi smaglianti, che si trova inaspettatamente ad affrontare un’intera banda di delinquenti dopo che questi gli hanno ucciso il figlio durante un rito di iniziazione. Nick all’inizio è propenso a seguire le vie regolari per ottenere giustizia ma quando capisce che l’assassino rischia solo un paio d’anni di galera, decide di fare da sé non capendo che in questo modo avrebbe aizzato contro se stesso e la sua famiglia il manipolo di violenti…cosa che puntualmente accade.

Il protagonista ha il volto di Kevin Bacon, un grandissimo Kevin Bacon che riesce a mostrare in modo direi perfetto la trasformazione che si opera in un uomo quando questi viene toccato negli affetti più cari e soprattutto quando capisce che lo Stato non lo può aiutare se non con degli inutili palliativi. All’inizio vediamo un uomo nel pieno della sua felicità, con una bella moglie innamorata, il figlio maggiore astro nascente nell’hockey e un altro figlio che dentro di sé cova una profonda invidia per l’amore che il padre prova per il fratello ma che sembra incapace di mostrare a lui. Tanti filmati girati nell’arco di anni ci fanno vedere l’armonia che aleggia come una nuvola rosa sulla famiglia e poi, poi la tragedia inaspettata e tremenda. E’ lì che si opera la prima mutazione che cambia un uomo in giacca e cravatta in un sicario maldestro ma letale. Uccide e fa finta di niente nonostante non riesca a sopportare il peso della coscienza, tanto da mostrarsi impaurito di fronte al mondo che sembra aver capito tutto…tutti infatti fissano la sua mano fasciata e il suo aspetto non più impeccabile ma imputano il tutto alla tragedia appena avvenuta. Poi però il branco reagisce e reagisce in modo tanto brutale da portare ad un’esecuzione in piena regola: entrano nella sua casa immacolata e sparano tre colpi di pistola, uno va a segno e gli altri due invece riaccendono la speranza….il figlio superstite è miracolosamente vivo e anche Nick lo è, ma questo non gli basta e la guerra continua stavolta in modo inesorabile, senza vie d’uscita: o uccide o muore.

Il finale è forse la parte meno incisiva del film, quella più deludente e strumentale. In una notte Nick diventa un killer professionista e uccide, uccide e uccide, per poi sedersi sul divano di casa con davanti le scene della sua vita felice che scorrono come lame di coltello sul suo cuore ferito ma forse finalmente in pace, la pace che solo la follia ti può dare.

Il film è straordinario. Coinvolge in modo totalizzante, non lascia respiro, è insomma un prodotto di altissima scuola, frutto della capacità del regista James Wan, regista del primo insuperabile Saw.

Voto: 8,5    

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