mercoledì 20 luglio 2011

0 Inferno (1980)

Non mi ritengo un’esperta delle opere cinematografiche di Dario Argento, anzi ad essere sincera questo è il suo primo film che mi capita di vedere  nonostante mi ritenga una cultrice di pellicole horror. Il primo impatto è stato positivo,devo ammettere infatti che sono rimasta sinceramente colpita sia dalla trama (cavillosa e contorta come piace a me) che dagli effetti speciali che considerato l’anno di produzione sono altamente spettacolari.

Ci troviamo al cospetto di un horror di matrice sovrannaturale con elementi di tensione e sequenze splatter con inquadrature dettagliate su squartamenti, decapitazioni e ferite di varia natura. Gli elementi di tensione sono, come spesso accade nei film di Argento, sottolineati da temi musicali ad effetto e da un grande uso di luci rosse al di là di superfici trasparenti. La recitazione non è granché così come la fotografia in generale, segno inequivocabile dei tempi….tempi in cui si puntava tutto sui contenuti piuttosto che sull’estetica. Perdonabile considerato che i vari horror di scuola americana dello stesso periodo (se non addirittura successivi) presentano la stessa tecnica artigianale (Nightmare, la Casa, etc…) e sono considerati a ragione dei veri e propri cult movie.

Molto tangibile l’atmosfera onirica che ammanta tutto di elementi di sospensione e attesa. Corridoi interminabili che portano in luoghi polverosi o dimenticati da Dio, situazione del tutto simile a ciò che si sogna nei peggiori incubi. Ci sono ovviamente anche alcune assurdità tipo un piano sotterraneo della casa di New York sommerso dall’acqua che esce da una conduttura rotta oppure lo studio di un alchimista all’interno di una biblioteca romana. Inoltre non mi è chiaro come mai nonostante si dica chiaramente che le Tre Madri hanno la loro residenza a New York, Roma e Friburgo quest’ultima sia stata totalmente tralasciata lasciando così scoperto un pezzo importante del domino. Interessante la figura del vecchio architetto che riesce a parlare solo con un amplificatore all’altezza della gola, ma ne godiamo poco perché viene fatto fuori in tutta fretta per lasciare spazio ad un finale alquanto banalotto: la casa è arsa dalle fiamme e viene rivelato che in realtà la madre è una sola e il suo nome è Morte.

Tutto sommato quindi è un ottimo esempio di film horror anni 70, un po’ troppo giocato sulle scene forti ma che regala davvero più di un brivido sulla schiena. Consigliato ma non a chi ama i gatti.

Voto: 7 

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