L’estate 2009 prima ci ha portato via un Michael e ora pure un Mike. Due personalità diverse eppure unite da un alone di eternità che ce li rendeva immortali. Non avevano un’età, c’erano da sempre e sempre sarebbero rimasti se ogni tanto, nei momenti meno indicati, non passasse quella signora dall’abito scuro e la lunga lama, quella che ti fa inciampare proprio nel momento in cui ti stavi rialzando in piedi. Mike Bongiorno se n’è andato in modo francamente assurdo e allo stesso modo normalissimo: un infarto. 85 anni sono sufficienti per un bel colpo al cuore, a volte ne bastano 20 su un campo da calcio. Però sapete che c’è? Qui parliamo di quell’uomo con i capelli cotonati e i grossi occhiali che giocava ancora a tennis, sciava e faceva lunghissimi viaggi intorno al mondo. Un uomo che a mano a mano che si faceva più curvo diventava anche più lucido, non gaffe o papere ma confessioni sincere e oneste di un uomo che dopo aver fatto la televisione, dopo essere entrato nel costume e nella società italiana come il calcio e i maccheroni, dopo aver divertito, appassionato adulti, anziani e infine bambini è stato messo in formalina da Mediaset per eccessiva anzianità. Tante volte aveva rinunciato a passare in Rai per rispetto all’azienda, poi ha ceduto le armi e si è imbarcato in quella che doveva essere la grande avventura Sky. Non penso che fosse contento, lui, un presentatore vecchia scuola, uno che voleva entrare in tutte le case e non solo in quelle di chi ha una parabola sul terrazzo. Poi si è convinto ed era pronto. Un po’ come Michael Jackson che si preparava al suo grande ultimo tour a Londra dopo anni di silenzio. Per entrambi la strada si è interrotta subito prima della curva. Ero bambina quando con mia sorella vedevo Bis, il quiz basato sulla soluzione di un rebus ed è da lì che ho imparato a risolvere anche i più complicati. Poi da mia nonna l’appuntamento fisso del giovedì sera era Telemike e alla sera la Ruota della Fortuna. Trasmissioni che ricordo bene, così come il classico ALLEGRIAAAAAA e le gustosissime televendite del Biscotto Rovagnati in grado di farti sentire sul palato il sapore e la morbidezza del prosciutto appena affettato. Immancabile poi il passaggio della linea al misteriosissimo Mario Bianchi ogni qualvolta c’era la pubblicità. I chiarimenti che chiedeva al mitico Ludovico Peregrini che tentava ogni volta di spiegargli le cose in modo elementare e ogni volta rinunciava perché Mike era l’italiano di un tempo, quello che aveva sete di conoscenza ma anche convinzioni dure da estirpare. In lui vedevi la serietà del presentatore di quiz e la gaffe sessuale che un po’ cercava e un po’ gli veniva naturale come fare la scarpetta nel piatto. I quiz di Mike fanno parte di un’epoca lontanissima, dove i concorrenti dovevano essere onniscienti perché non esisteva la risposta multipla come adesso, c’era la domanda e la risposta libera. Nessuno a casa sapeva rispondere e tutti noi guardavamo quella gente nello schermo come degli alieni con conoscenze superiori alle nostre. Ora basta fare testa o croce e ti porti a casa un milione di euro. Dicono che l’erede di Mike sia Gerry Scotti ma a me sembra quasi una bestemmia. Scotti è un uomo che a 50 anni è già sconfitto da un sistema che gli impone uno stile e una tipologia di programma che gli sta stretta già da anni ma che accetta per paura di essere messo fuori rosa. A 50 anni non è una possibilità così remota di questi tempi. Di Mike ricordo anche le numerose copertine di settimanali che erano dedicate a lui e alla sua bella famiglia: una moglie molto più giovane ma innamoratissima, di una fedeltà che non c’è più ovunque tu guardi, tre bei figli che non hanno mai usato il cognome del padre per farsi strada. Il piccolo Leolino che chissà quanti anni ha ora. Me lo ricordo con questi riccioli biondi e luce degli occhi del padre, comunque orgoglioso di tutti i suoi figli. Chissà come sta ora questa famiglia che viveva ormai nell’ombra di un’esistenza tranquillamente lontana dai riflettori? Molto sola e forse un tantino schifata della retorica che sta uscendo fuori come magma incandescente dal grande calderone dei mass media. Penso che ciò che renderà queste persone meno sole nel loro cordoglio sarà pensare a tutta la gente che amava Mike con sincerità e con l’assurda aspettativa che un giorno sarebbe tornato a frequentare quotidianamente le nostre case in un programma in chiaro, accessibile a tutti. Un altro se ne va e i grandi sono sempre di meno, se tu vai a vedere nessuno lavora più, tutti messi in stand by o ormai catalogati come pensionati: Vianello e Mondaini, Raffaella Carrà, la Cuccarini, Columbro, Costanzo. Ci rimane Baudo, sempre ingessato, antipatico e sempre meno potente. Era il gran capo, ora ha due ore alla domenica se gli va bene. La televisione non ha perso niente con la dipartita di Mike. La televisione di oggi intendo, quella brutta e scandalosamente omologata che ci propongono i vari direttori di rete, quella che in fondo in fondo piace solo a loro. Viva la televisione che non c’è più, viva Mike e il ricordo che rimarrà sempre nei nostri cuori
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