giovedì 19 novembre 2009

0 Aghi di abete

Caminetto acceso, calore umano tra profumo di aghi d’abete,

era dicembre e la tua risata forte risuonava di echi eterni, di eterno buonumore.

Viso largo di schiettezza naturale, la guardavi come si guarda chi ti appartiene da un solo istante,

come un regalo che chissà perchè pensavi di non meritare.

Me la ricordo così: seni pieni ed arroganti, un neo di bellezza volgare e una spudorata voglia di piacere.

Dietro quegli occhiali, tua moglie.  Tua moglie per 40 anni.

40 calendari consumati tra risate, sesso, parenti e lusso. E poi una figlia. 

Tua figlia cos’era se non un onesto compromesso tra la tua risata tuonante e l’ostinato broncio di sfida di quella femmina che ti trovavi ogni notte nel letto?

Ridevi e parlavi forte, ridevi con un braccio intorno ai fianchi di tua moglie e l’altro ad accarezzare la guancia contratta di tua figlia. Ridevi con quella risata che sembrava non spegnersi mai.

Per me era un’ovvietà come la messa alla Domenica. Invece aveva una fottuta data di scadenza quel gran fracasso che faceva tintinnare i bicchieri buoni.

La femmina che girava nuda e maliziosa per i corridoi di casa tua non c’è più.

Persino la tua adorata e ingrata figlia per cui ti eri spremuto sino all’ultima stilla di sangue ha portato via il suo pancione di gravidanza inaspettata.

Perchè mi chiedo?

Perchè eri diventato una dannata lagna, così raccontano quei parenti che hai ingrassato per anni con carne di prima scelta e brocche di vino delle migliori vigne. Quelli che si sbracavano sul tuo divano a ricordare il passato, prendendoti un po’ in giro perchè fesso lo sei sempre stato, ma un fesso simpatico. Quello buono, quello che se si incazzava faceva ridere tutti e non spaventava nessuno nonostante la mole da marcantonio. 

Sono andate via con valigie fatte in fretta ma forse ragionate.

Hai perso la ragione. Ora Ti chiamano pazzo perchè hai minacciato di ucciderti, perchè hai urlato il tuo dolore ad una casa che si andava svuotando troppo in fretta.

Siedi su una sedia proprio al centro del tuo soggiorno. Sei vestito con l’abito buono. La cravatta annodata male, i pantaloni un po’ sgualciti e una rosa finta in mano. Le spalle sono un po’ curve e il tuo viso largo si è ridotto ad una maschera di Pierrot con lacrime nuove su un viso vecchio.

Ti chiamano pazzo perchè hai amato. Ora che l’amore è solo il fantasma di un seno nudo,

ora che Dicembre non è più profumo di aghi di abete ma solo un altro calendario pronto da stracciare

ora

ti cade il fiore dalla mano

e

ascolti gli echi di quell’ultima risata

 

  

 

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