Trama: New York 1997, la città è in mano a bande di delinquenti, ubriaconi e uomini senza futuro, senza speranza, tutti chiusi dentro un enorme perimetro cinto da alte mura. Al di fuori di Manhattan staziona la Giustizia, rappresentata dalla polizia e dai militari, oltre che dal potere costituito. Ma. Ma un giorno l’aereo che sta trasportando il Presidente degli Stati Uniti viene dirottato e distrutto. L’uomo più potente del mondo riesce però a salvarsi prendendo il volo con una capsula che si schianta proprio nel bel mezzo della Grande Mela. Qui viene preso in ostaggio dal Duca, un nero rispettato e temuto da tutti gli abitanti di New York. A questo punto, le milizie si affidano a Yena (nell’originale Snake…donde il tatuaggio a forma di serpente) Plissken (Kurt Russell), un prigioniero condannato alla pena capitale. Sarà lui a introdursi (attraverso le ormai defunte Torri Gemelle) a New York e a liberare entro 24 ore il Presidente ma soprattutto a recuperare il nastro dov’è contenuta la formula della fusione fredda. Per spingerlo ad accettare gli vengono iniettate a tradimento delle microcapsule che esploderanno allo scadere delle 24 ore a meno che non gli vengano neutralizzate e rimosse. Il ricatto è pronto e Yena accetta a malincuore, sapendo che se l’impresa dovesse andare a buon fine potrebbe riottenere anche la libertà. Durante l’avventura conosce alcuni personaggi particolari e rincontra un vecchio conoscente grazie al quale la sua impresa potrebbe concludersi positivamente nonostante gli ostacoli posti dal Duca e dai suoi scagnozzi…Il tempo scorre veloce però, ce la farà?
Commento: siamo di fronte ad un cult dove trovare il difetto è francamente impossibile. Regia affidata alle mani di Carpenter, uno che di qualità cinematografica se ne intende parecchio. Il ruolo di protagonista è affidato all’imberbe Kurt Russell, antieroe dalla bella faccia, icona post atomica e con un mozzicone di sigaretta sempre in bocca. Ai tempi dev’essere stato una scommessa rischiosissima per Carpenter visto che nell’81 Russell era ancora un semi esordiente con una faccia troppo pulita per rappresentare un bastardo figlio di puttana con una lunga striscia di imprese belliche alle spalle. Scommessa vinta in toto. Kurt che in questa pellicola è molto serioso e incazzato darà poi vita a personaggi molto ironici, uno tra tutti il mitico camionista di Grosso Guaio a Chinatown (un altro felice parto di Carpenter), riuscendo a farsi un nome in quel di Hollywood. Qui aveva solo 30 anni e tante belle speranze, ha fatto il suo dovere e pazienza se la produzione avrebbe preferito un Tommy Lee Jones o Charles Bronson…la leggenda probabilmente non sarebbe mai nata. Passiamo al film. L’epoca che dovrebbe rappresentare è un ipotetico 1997. Come sappiamo nel 1997, ormai risalente a 13 anni fa (!!!) New York è il mondo, pur essendo abbastanza malandati sono comunque riusciti a non finire nel modo che possiamo ammirare nella pellicola…ciononostante chi ha visto il film nel 1981 non lo poteva sapere visto che dovevano ancora trascorrere la bellezza di 16 lunghi anni di incertezze, perciò l’effetto di ansia e preoccupazione doveva essere bello presente in chi allora spese le sue 2000 lire per godersi questo gran film. New York è una città scura, buia e disabitata, ben diversa dalle immagini che ci arrivavano dalla televisione in quell’epoca lontana dove la Grande Mela risplendeva (come ancora continua a fare) di milioni di luci, di vita e di traffico intenso. I passi sono udibili in quella notte perenne, così come ogni singolo respiro e battito di cuore accelerato. La solitudine si sente e l’ansia arriva a mille quando si capisce che il tempo a disposizione si sta esaurendo e la meta è ancora lontana. Le emozioni non mancano. Ogni tre secondi poi ci si aspetta di vedere uscire da dietro l’angolo Michael Jackson col suo giubbotto rosso e la faccia da zombie o la sua banda di ballerini che affrontano qualche altra banda di quartiere e questo perchè negli stessi anni Jacko girava i suoi video (Beat it, Thriller, Bad) più o meno con le stesse caratteristiche: città affidata a bande armate, scura e cattiva, o popolata da creature mostruose. Gli anni 80 hanno vissuto di queste cose per quasi tutto il decennio, come se ci fosse la segreta paura che prima o poi il Male avrebbe trionfato sul bene, il buio sulla luce e la solitudine dell’uomo sulla convivenza pacifica. I film apocalittici o post bellici non mancano, ma questo è uno dei primi e apre la strada a tutti gli altri offrendo uno spaccato di vita forse irreale ma decisamente terrificante. Gli anni 80 sono presenti all’inverosimile nel film: basti solo pensare al look di Jena, così sfacciatamente pop, capello mesciato e lungo, vestiti fintamente da battaglia e attenzione per il singolo particolare. Questo naturalmente vale anche per tutti gli strani individui che appaiono durante i 90 minuti, capelli punk e orecchini a go go. Io l’ho trovato favoloso. La decadenza della città è simboleggiata tra l’altro dall’enorme biblioteca di New York, ormai abbandonata e rifugio per disperati sempre in lotta per la sopravvivenza. Il film è veloce ma non troppo, lascia il tempo allo spettatore per fare le sue considerazioni su tutto ciò che avviene e lascia il segno per tutta la sua durata. La morte di qualche personaggio nel cinema odierno sarebbe un fatto capitale e su cui spendere più di qualche minuto di pellicola, qui invece si parla per brevi fotogrammi, un momento sei vivo il momento dopo sei a terra senza vita ma non c’è tempo per piangere, perchè bisogna fare in fretta. La morte è necessaria perchè qualcuno si possa salvare, anche se questo qualcuno è uno stronzissimo presidente degli stati uniti. Il finale del film è da incorniciare tra i migliori della storia del cinema: ironia e dito medio verso il potere costituito. Fantastico. Tra l’altro, il finale sembrerebbe presagire un proseguio delle avventure di Jena ma in realtà bisognerà aspettare ben 15 anni per Fuga da Los Angeles…ed è inutile dire che non siamo sugli stessi livelli del capostipite.
Voto: 9,5
1 sentenze:
grande yena !
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