sabato 3 marzo 2012

0 L’Agnese va a morire (1976)

Agnese è una lavandaia che vede la sua vita cambiare radicalmente quando il marito viene portato via dai Nazisti perché accusato di essere un partigiano. La donna, che fino a quel momento aveva vissuto un’esistenza monotona e tranquilla, decide di entrare essa stessa nella Resistenza, un po’ per onorare la memoria del marito, un po’ per l’odio che inizia a provare per i Tedeschi. Lei, che non sa neanche leggere perché non l’ha mai voluto imparare, diventa una compagna fidata e coraggiosa, disposta a correre il pericolo di morire pur di aiutare i tanti giovani partigiani che lottano una guerra impari, guidati da ideali altissimi e dal sogno di un’Italia finalmente libera dal giogo nazista e fascista. Agnese uccide un tedesco e da quel momento inizia un viaggio che l’allontana da una casa che non rappresenta più niente e l’avvicina al suo destino di donna eroica. Non ha fissa dimora, non ha più radici, ma non le importa più ora che il suo Palita è morto. E’ il suo ricordo che la tiene viva e forte fino a quando lo sguardo di un ufficiale tedesco si posa su di lei, riconoscendola come colei che ha ammazzato un soldato tedesco. Un colpo di pistola chiude il film.

La pellicola è cruda, dura e avvincente. L’atmosfera brumosa delle valli di Comacchio riesce a far penetrare il gelo dell’inverno anche nelle ossa di uno spettatore degli anni 2000. Il regista Montaldo crea un piccolo gioiello anche per merito di una straordinaria Ingrid Thulin, capace di rivestire in modo naturalissimo i panni di una donna di mezza età del secolo scorso, una donna che ha un carattere forte e deciso, che prova un odio puro e legittimo e che muore con la consapevolezza di aver fatto tutto ciò che era in suo potere per veder compiuta un’impresa a prima vista impossibile ma che poco tempo dopo darà come risultato un’Italia libera e pronta a iniziare la sua lenta ripresa.

Agnese nonostante il suo coraggio, è comunque una donna avulsa dalle logiche a volte spietate che guidano il Comandante e cerca di trovare soluzioni alternative che possano salvare tante vite. Questo la rende credibile e ce la fa sentire ancora più umana, lei che con la sua bicicletta è capace di farsi 4 ore di tragitto per portare i viveri ai suoi giovani compagni e che apre la sua casa a chi ha bisogno di aiuto così come faceva il suo amato Palita. Non importa se è un rischio, ciò che conta è aiutare, aiutare finché si può.

Un film che segna nel profondo, che spinge a riflessioni su come sia stata dura per i nostri nonni vivere in quei tempi di terrore, sospetto e violenza, senza sapere se sarebbe mai finita, senza sapere se i propri figli avrebbero avuto una vita migliore o semplicemente un futuro.

VOTO 9

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