venerdì 24 febbraio 2012

0 Ballata Macabra (1976)

La trama vede al centro la famiglia Rolf, composta da Ben, Marion, il piccolo David e l’anziana zia Elizabeth. I quattro decidono di prendere in affitto per l’estate una maestosa casa che avranno il compito di pulire e tenere in ordine durante l’assenza dei due legittimi proprietari, due strani fratelli che sembrano nascondere qualche arcano segreto. Tra tutti è Marion quella che viene maggiormente conquistata dalla villa ed è lei che si prende cura dell’anziana madre dei proprietari che vive in una dependance all’ultimo piano dell’abitazione. Dopo poche settimane però iniziano a presentarsi i primi problemi che si manifestano in fatti inspiegabili che vedono protagonisti i vari componenti della famiglia, fino alla morte sistematica di ognuno di essi.

Ci troviamo di fronte al più classico degli horror hollywoodiani anni ‘70 che in questo caso prende le mosse dal romanzo Burnt Offerings di Robert Marasco, sconosciuto a noi italiani ma a vedere la sua trasposizione cinematografica incredibilmente somigliante al più celebre Shining di Stephen King. In effetti in entrambi i romanzi/film si parla di una famiglia che decide di occuparsi di una casa (o albergo) che si scoprirà essere infestata (Shining) o comunque viva e affamata di vite umane (Ballata Macabra). In entrambi i casi vediamo inoltre come la casa riesca a smuovere la parte più oscura del componente più fragile della famiglia, in questo caso Ben che capiamo essere vittima da anni di un trauma infantile legato al funerale della madre. Le allucinazioni si susseguono a ritmo sempre più incessante fino a portare l’uomo quasi all’uccisione del proprio figlio e poi ad uno stato di paralisi mentale e fisica. Marion invece è linfa vitale per la casa, è la prescelta per nutrire la casa e renderla di nuovo splendida come al momento della sua costruzione. La donna perde il controllo su se stessa dopo poco tempo ed è complice nella morte dei suoi familiari nonostante a più riprese tenti ancora di resistere al fascino perverso di quello strano luogo. Come è prevedibile in questo genere di produzione il passaggio dalla serenità e dall’entusiasmo iniziale fino alla tragedia finale è graduale con un ritmo sempre più crescente a mano a mano che diventa chiara l’impossibilità di fuggire al proprio destino. Come non aspettarsi che l’unica via d’uscita sia bloccata o che le porte si chiudano dietro le spalle dei protagonisti? Il regista poi gioca tanto sui primi piani che sembrano voler sottolineare la follia e la paura nei volti dei protagonisti sempre più alla mercé di forze sconosciute e perciò invincibili. Si tratta quindi di un film che presenta molti cliché agli occhi di uno spettatore moderno ma che è assolutamente imperdibile per chi subisce il fascino di prodotti che hanno dato vita ad un genere prolifico e praticamente inesauribile. Anche la recitazione è poi su livelli più che buoni con la partecipazione della grande Beth Davis in un ruolo tutto sommato marginale. Ciò che stupisce è la modernità del finale con una sequenza che ci mostra le foto di Ben, David ed Elizabeth sul tavolino dove per buona parte del film ci sono state mostrate numerose foto incorniciate che sembravano essere quelle di parenti defunti dei proprietari e invece chiaramente erano i volti di chi è stato ucciso dalla casa nel corso di un secolo allo scopo di tenerla viva per sempre. E’ un finale a suo modo ironico, geniale e anche in questo caso scopiazzato da Shining (il volto di Jack in una vecchia fotografia nel finale del film). Insomma un gran film.

VOTO 7,5    

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