mercoledì 29 febbraio 2012

0 Accattone (1961)

Opera prima di Pier Paolo Pasolini e considerato da molti critici come il suo lavoro più riuscito, Accattone racconta uno spaccato di vita nella periferia romana. Al centro della storia abbiamo Vittorio, alias Accattone, un ragazzo che non ha mai lavorato (così come i suoi amici di borgata) e che sopravvive grazie a Maddalena, una ragazza che fa la vita per mantenerlo. Accattone è il re del quartiere fino a quando la sua donna non viene incarcerata per falsa testimonianza. In quel momento conosce la fame, quella più nera, ma non si piega comunque alla logica del lavoro, fiero di non essersi mai piegato davanti a nessuno. Nello stesso periodo conosce Stella, una ragazza ingenua e sprovveduta, che presto pur di accontentarlo finisce anche lei per prostituirsi, scappando però alla prima occasione perché consapevole di preferire una vita onorata. Vittorio si innamora di questa ragazza che sembra rappresentare l’antitesi del mondo di nullafacenti al quale è abituato fin dalla nascita e proprio per questo amore decide di provare a lavorare per la prima volta nella sua vita. Difficile però cambiare da un giorno all’altro e infatti già il giorno dopo, a seguito di un sogno tragicamente profetico, decide di tornare al furto e al guadagno facile non sapendo però che dietro l’angolo lo aspetta la morte.

Il film è ovviamente un classico nella cinematografia italiana, un vero caposaldo, un pugno nello stomaco rispetto alle commedie leggere leggere dello stesso periodo che ambientano le loro storie in una Roma bellissima e romantica, tra gente di borgata che lavora per campare e vive onestamente. Qui Pasolini tratteggia un mondo reale, brutto e reale, tra paesaggi brulli, condomini in costruzione, bambini che giocano tra i rifiuti e catapecchie. La maggior parte del film è girato infatti in esterna utilizzando ampiamente il campo lungo, quasi a voler sottolineare, imprimendolo nello sguardo dello spettatore, il mondo che esiste al di là delle apparenze di Roma Caput Mundi. Roma è anche questo, un luogo dimenticato da tutti tranne che dalla polizia (la “madama”) e dalla Chiesa, sempre pronta a sfamare la povera gente del quartiere. Il regista qua e là richiama il concetto di santità legandolo alla figura di Accattone, in contrapposizione e similitudine, vedi per esempio il momento iniziale quando Vittorio per sfida si sta per lanciare dal ponte e l’inquadratura cattura l’uomo e una statua che gli sta affianco. Insomma è un film ricco di simbolismi e di crudezza, così com’è tipico nei lavori di Pasolini sempre pronti a cogliere il peggio dell’umanità ma anche a denunciare al mondo l’esistenza anche di una realtà diversa da quella alla quale siamo abituati o che fingiamo di non vedere.

I dialoghi si svolgono tutti in romanesco, ennesimo stratagemma evidentemente funzionale al rispetto del realismo della storia. I protagonisti hanno tutti dei connotati che sembrano voler denotare la loro provenienza sociale, non ci sono infatti facce pulite e perfette ma visi con tratti marcati e induriti. Il linguaggio è duro anche se in molti casi attenuato, probabilmente per evitare tagli o censure in un’epoca in cui sarebbe stato inaccettabile presentare al pubblico un lavoro troppo esplicito. In effetti il sesso è sempre presente ma non si vede mai, elemento che cambierà nettamente nei lavori successivi di Pasolini realistici anche su quel fronte. E’ comunque un film oltremodo coraggioso e scomodo che andrebbe visto e rivisto.

VOTO 8    

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