lunedì 10 settembre 2012

0 La sacerdotessa di Avalon (2000)

La Sacerdotessa di Avalon è il romanzo che completa l’omonimo Ciclo ideato e scritto dalla grande e compianta Marion Zimmer Bradley, scomparsa un anno prima della pubblicazione del libro che proprio per questo motivo è stato portato a termine dalla scrittrice fantasy Diana Paxson.

Il romanzo vede come protagonista Eilan, una ragazza portata ad Avalon per intraprendere il percorso di sacerdotessa. La sua figura apparentemente molto simile alle altre eroine dei precedenti romanzi assume un ruolo preponderante nel mondo in quanto sarà la futura madre dell’imperatore Costantino che nel 313 proclamò il Cristianesimo religione ufficiale dell’impero, ponendo di fatto fine al paganesimo e alle antiche credenze che ancora sopravvivevano all’interno dei territori europei. Eilan, che abbandona Avalon per amore di un uomo ma anche per compiere il destino che lei stessa ha visto in una visione inviatale dalla Dea Madre, cambia il suo nome in quello di Elena, lasciandosi alle spalle il suo passato da sacerdotessa e abbracciando una nuova vita da sposa di un soldato romano. La sua nuova vita la vede sempre in viaggio per l’Europa a mano a mano che suo marito Costanzo sale sempre più nella scala del potere arrivando infine ad assumere il ruolo di imperatore, fatto che determina la fine dell’unione con Elena, in quanto non riconosciuta dalla società romana visto che la donna non è ufficialmente sposata con Costanzo. La donna nel frattempo è diventata madre di Costantino un bambino che manifesta fin da subito la sua arroganza e la determinazione ad emergere sul resto del popolo fino a seguire le orme del padre. Elena vede così la sua felicità svanire ma con pazienza riesce a rendersi autosufficiente e a realizzarsi come donna, aiutando altre donne a farsi una cultura ma anche a praticare il proprio culto al riparo dalle continue persecuzioni. Entra così in contatto con molte religioni riconoscendo in ognuna di esse delle attinenze con il suo credo nella Dea e arrivando alla conclusione che in fondo tutti i credi del mondo hanno un origine comune che dovrebbe unire tutti i fedeli ma che invece li allontana. Riconosce nel Cristianesimo una religione buona ma che la Chiesa ha travisato fino a plasmare la parola di Dio a suo comodo, allontanandosi da ciò che avrebbe voluto Gesù Cristo. Nonostante lei non abbandoni mai il suo credo, riesce comunque a farsi ben volere da tutti i cristiani e dal clero con cui entra in contatto soprattutto grazie alla sua buona disposizione d’animo che la spinge ad aiutare i bisognosi nonostante il suo ruolo importante di Imperatrice Madre. Ed 'è così che nasce il mito di Santa Elena nonostante Eilan non abbia mai abbracciato il cristianesimo.

Insomma il romanzo a differenza dei precedenti è improntato su figure realmente esistite e soprattutto non si svolge unicamente in Britannia ma ci accompagna in un affascinante viaggio nell’antico impero romano, dalla Germania a Roma e da Roma a Gerusalemme riuscendo a far rivivere davanti ai nostri occhi un mondo ormai scomparso. Questa cornice si inserisce in un contesto più profondo determinato dal completo affermarsi del cristianesimo in un mondo pagano, ultima fase nel ciclo di Avalon iniziato quando ancora il mondo era dominato da varie mitologie e da tutta una serie di divinità che governavano il destino dell’uomo. Questo è ovviamente un punto focale nella storia dell’umanità e viene trattato dalle due scrittrici in modo molto preciso e a dire il vero molto amaro visto e considerato che entrambe queste donne sono e sono state ferventi seguaci di una religione affine a quella di Avalon ma trasportata ai nostri giorni. Traspare questo velo di amarezza nel constatare come un’unica religione sia riuscita a spazzare via tanti credi sopravvissuti per secoli in quasi completa armonia gli uni con gli altri. Costantino usa la religione come strumento politico e di indottrinamento per il popolo ed è per questo che Elena alla fine decide di riprendere in mano la sua vita e tornare da dove era partita, ormai libera dai condizionamenti di una visione che l’ha portata lontana dal suo sogno di diventare Grande Sacerdotessa per realizzare in effetti qualcosa che per molti versi ha cambiato il volto del mondo e non in maniera positiva.

L’elemento che più cattura in questo splendido romanzo è la storia di questa donna così forte e determinata che parla in prima persona (così com’è tipico nello stile della Zimmer) e ci comunica così tutte le sue emozioni arrivando in molti punti a picchi di vera poesia. In particolar modo questo si nota sul finire del romanzo quando Elena è ormai molto anziana ma sempre lucida e desiderosa di tornare a casa dopo tanti anni costretta a vivere lontano dalla sua patria. Il suo ritorno in Britannia è molto bello, descritto con grande cuore come se fosse una sorta di addio da parte della Paxson a quella che essa stessa definisce la sua Sacerdotessa riferendosi a Marion Zimmer Bradley. Apprezzabile anche la fine che in modo volutamente vago lascia presagire due possibili spiegazioni alle ultime sensazioni di Eilan: il ritorno all’isola di Avalon o la morte nella luce della Dea, entrambe comunque bellissime e ricche di pathos.

Devo dire da affezionata lettrice che questo romanzo chiude degnamente un ciclo di grande bellezza che ha visto la luce con il meraviglioso Le nebbie di Avalon (da me letto quando ero adolescente) libro che in realtà rappresenta la vera fine del ciclo di Avalon nonostante sia stato scritto prima di tutti gli altri. Mi mancherà non sapere più niente di ciò che capita al di là delle paludi di Inis Witrin ma nel mio cuore saprò sempre che una sacerdotessa mantiene eternamente vivo il fuoco sacro ai piedi del Tor.

VOTO 10

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