mercoledì 11 febbraio 2015

0 Sanremo 2015. Opinioni sparse

Innanzitutto grazie a Cristiano Malgioglio per aver ricordato il titolo della canzone da cui hanno attinto a piene mani gli autori della canzone di Chiara Galiazzo: Forse sì forse no di Pupo. Parlare di plagio è dire poco. Io mi vergognerei ma va beh saranno problemi della gallina padovana (ieri di giallo canarino vestita).
Torniamo al Festival. Non so se mi è piaciuto, diciamo che tante cose mi hanno lasciato di stucco come era capitato ai tempi della conduzione da incubo dei "figli di". Parlerei di errori di inesperienza più che di un brutto Festival. Partirei dalla scelta sbagliatissima del dietro le quinte iniziale: dieci minuti con un taglio più moderno sarebbero stati più che sufficienti per lo spettatore medio anche perchè ci aveva già pensato Sorrisi e Canzoni a renderci edotti sul significato delle canzoni in gara. Insomma uno smarronamento di quaranta minuti di rvm è stato già un bel colpo alle parti basse ma passiamo oltre. 
L'inizio vero e proprio ci ha mostrato l'ennesima scenografia scurissima che ormai va per la maggiore ( mi sa che sono l'unica a rimpiangere i fiori e i colori pastello dei tempi di Baudo). Invece le rapide ma impietose carrellate sugli spettatori della platea hanno messo in mostra molti uomini con maglioni, jeans e mocassino (tipo concerto di Nino d'Angelo), donne con pinze nei capelli o con scollature vertiginose e un'età media prossima ai 70. Insomma diciamo che l'abito e il papillon non sono più un imperativo categorico, basta pagare e ti accettano anche in ciabatte e vestaglia.
Passiamo alla conduzione: Carlo Conti è stato un buon padrone di casa anche se si capiva che non aveva per niente esperienza in fatto di dirette lunghe e spesso imprevedibili. Ha avuto culo che non gli sono capitati gli operai di qualche fabbrica, o il disoccupato che minaccia di buttarsi dalla piccionaia o qualche femen con le tette al vento. Emma Marrone che immaginavo con uno stile simile ad un camionista in trasferta è stata invece brava e semplice al contrario di Arisa che ho trovato scazzata, priva di reggiseno e incapace di leggere una frase senza incasinarsi. L'amante di Raul Bova non pervenuta. 
Le canzoni non sono quei fenomeni da hit parade che aveva preannunciato Carlo Conti. Alcune sono carine (Alex Britti, Annalisa, Ayane) altre sono insapori (talmente tanto che non mi ricordo neanche chi le abbia cantate), alcune copiate (Chiara), altre hanno deluso parecchio le mie aspettative (Gianluca Grignani). Se avessi un fratello che canta (male) come Nesli anche io non gli parlerei più (mollare il rap per il pop è qualcosa che non si può davvero perdonare).
Tra gli ospiti il vero trionfatore è stato Tiziano Ferro. E' stato talmente bravo e coinvolgente che pensare di dover sentir cantare qualcun'altro dopo di lui è stato come inghiottire un lassativo a lento rilascio. Alessandro Siani non ha fatto ridere nessuno a quanto pare ma scusate a me un sorriso l'ha strappato quando ha chiesto al bambino se entrava nella sedia (mai far battute sul peso non sia mai).
LE COSE VERAMENTE ORRENDE SONO STATE DUE:
1) La famiglia neocatecumenale con 16 figli col padre (uno sfigato pazzesco che uno si domanda come abbia fatto a trovare una donna e successivamente a capire dove inserire il Walter) che continuava a ripetere che i figli erano arrivati grazie alla provvidenza e a Cristo. Questa scena avrà anche fatto felice la Cei, i democristiani e i bravi cattolici italiani ma a me ha fatto solo cagare.
2) Il finale con Carrozzone di Renato Zero per ricordare i cantanti defunti. La tristezza si è impossessata della mia persona e una certa inquietudine ha aleggiato tra le mie stanze. Insomma un requiem al confronto sarebbe stato equiparabile al trenino di Capodanno.
 
 

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