Il giardiniere del titolo è Adam (Lukas Haas), un venticinquenne che si convince che la sua missione nella vita è quella di spazzare via il male dalla sua cittadina (così come un giardiniere estirpa le erbacce da un’aiuola). Come matura questa decisione? Presto detto. Una notte in preda all’alcol e alla rabbia per essere stato ingiustamente licenziato, decide di picchiare a sangue il primo uomo che incrocerà. Caso vuole che il prescelto sia uno stupratore. La polizia lo ringrazia, lo definisce eroe e il suo viso compare nel quotidiano locale, alimentando sempre più il suo proposito di compiere una grande missione dopo una vita trascorsa tra goliardate e partite a carte con gli amici di sempre. In fondo Adam è nipote e figlio di due reduci di guerra che hanno seguito uno scopo nella vita e lui per non essere da meno fa prendere una svolta similare alla sua grigia vita. Peccato che nella realtà non sia possibile vestire i panni del giustiziere della notte nonostante una ricetrasmittente che intercetta le chiamate alla polizia e una pistola sottratta al padre. Adam finisce per compiere spedizioni punitive che non ottengono l’effetto sperato se non quello di fargli perdere gli amici. Gradualmente il ragazzo si rende conto che tutti i suoi piani stanno andando in malora ma nonostante ciò capisce che può compiere azioni (a suo modo di vedere) giuste anche agendo indirettamente…ed ecco servita la pietanza finale di una pellicola interessante ma senza una robusta ossatura.
Non si sa bene cosa manchi a questo film, parte in quarta ma a metà si trova ad arrancare in prima col motore sotto sforzo e una sottile delusione che aleggia sul povero spettatore non del tutto convinto di volersi sentire nei panni dello strano protagonista. Adam avrà pure buone intenzioni ma il cervello della vecchina raccolto e messo in un bicchiere da fast food non ce lo fa amare particolarmente. E’ una sorta di disturbato mentale con la faccia da rinco, è infantile e illogico. Mena colpi e ne esce vittorioso nonostante la pancia a pipa e le braccia di una cavalletta. Sarebbe stato interessante vedere l’evoluzione fisica del protagonista ma questa strada viene ad un certo punto messa da parte per concentrarsi sulle ronde senza soluzione che compie ogni notte nei quartieri più malfamati di New York, durante le quali non capita assolutamente niente.
Niente ha senso: lo spacciatore che come un gatto del Cheshire gli spiega la vita sbattendogli in faccia la verità e facendolo apparire come un disilluso senza speranza. Gli amici lo guardano con diffidenza perché lo vedono come uno spostato. La ragazza che frequenta è l’ultima vittima dello stupratore che lui stesso ha fermato, ma tra loro non c’è sentimento ma solo un dialogo freddo tra sconosciuti. Persino i rapporti familiari hanno un che di artificioso e fasullo. Insomma, il film sembra solo abbozzato ed è un peccato perché a tratti catalizza l’attenzione dello spettatore spingendolo ad andare avanti con la visione.
VOTO 6
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