venerdì 16 marzo 2012

0 Anima persa (1977)

Dino Risi, uno dei maestri incontrastati del nostro cinema, firma un thriller di tutto rispetto, denso rarefatto e con un Vittorio Gassman da applausi a scena aperta. La parte del folle gli riesce benissimo ma la sua bravura va ben oltre una semplice rappresentazione della follia umana in quanto il personaggio dell’Ingegnere è anche un uomo colto e a lunghi tratti bastardo, soprattutto nei confronti della moglie (?) interpretata da un’allucinata e nervosissima Catherine Deneuve.

Il soggetto, tratto dal romanzo Un’anima persa di Arpino, ha al centro un timido ragazzo di nome Tino che si trasferisce a Venezia a casa di due parenti che non conosce per studiare all’Accademia di Belle Arti. Da subito si rende conto che la grande e bella casa dove trascorrerà il suo soggiorno ha più di un segreto celato dietro le sue mille porte e i continui rumori che provengono dal piano superiore, per lui inaccessibile come in una moderna fiaba di Barbablù. Ma la curiosità è giovane e tremenda, tanto da spingerlo a curiosare nonostante gli avvertimenti della zia e della cameriera, complici in una grande e maestosa farsa. Tino non riesce a raccapezzarsi dello strano comportamento dei due zii e continua a fare domande che per lungo tempo rimangono però senza risposta, fino a quando l’anziana governante non gli mostra chi abita al piano di sopra e allora da lì partono tutta una serie di interrogativi che tengono la tensione del protagonista e degli spettatori a livelli altissimi…

Il film è quanto di meglio possa offrire il cinema di genere nel decennio 1970, in particolar modo tenendo conto del fatto che si tratta di un’opera prima in un territorio sconosciuto per il grandissimo Risi. La scommessa appare vinta nonostante il finale si inizi a svelare ben prima degli ultimi minuti di girato, ma per un pubblico meno scafato risulta a tutti gli effetti un piccolo capolavoro che tiene svegli e col fiato cortissimo.

Come non ammirare poi la rappresentazione di una Venezia bella e brumosa, abitata da personaggi particolari e studenti capelloni e sovversivi (almeno secondo il parere dell’intransigente Ingegnere, amante della vecchio Impero Asburgico e nemico di ogni sorta di progressismo). Il film è comunque complesso e denso di possibili chiavi di lettura, dalla sfaccettata personalità dell’ingegnere e i motivi della sua allucinata follia, alla strana figura femminile che incarna la fine della giovinezza e il lato negativo della donna che arrivata ad una certa età perde l’innocenza che tanto brama Stoltz, amante della purezza di una bambina che non c’è più.

VOTO 7

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