mercoledì 21 marzo 2012

0 Anni ruggenti (1962)

Siamo negli anni 30, in piena epoca fascista. In un paesino della Puglia si diffonde la voce che sia giunto da Roma un gerarca fascista per fare un’ispezione. I capoccia del luogo, dediti al vizio e al malaffare, decidono di mostrare a questo misterioso visitatore un volto ben diverso da quello reale, dimostrando che nel loro comune i soldi ricevuti dal Duce vengono spesi per opere utili e in linea con i principi fascisti. Ecco allora sorgere dal nulla un finto aeroporto o dei casolari di campagna provvisti di 30 capi di mucche da latte (in realtà sempre le stesse che vengono trasportate di volta in volta nelle tappe visitate dall’emissario statale). Tutti indossano camice nere e cantano Faccetta nera, i ragazzini sono indottrinati a dire in momenti chiave le frasi cardine di Mussolini e insomma tutto il paese viene coinvolto in questa grande recita.

Il tutto però nasce da un grande equivoco, in quanto colui che viene scambiato per gerarca è in realtà Omero Battifiori (Nino Manfredi), un semplice assicuratore che vive con 500 lire al mese, giunto in Puglia per far firmare qualche assicurazione. Nel suo soggiorno viene a conoscenza delle brutture del potere locale, poco incline ad occuparsi dei problemi della gente e maggiormente interessato a sottrarre soldi alle casse comunali per i propri sordidi scopi. Omero è un semplice, un romano che va sempre ad ascoltare i discorsi del Duce ma che grazie a questo viaggio riconosce il vero volto del Fascismo e inizia a capire come gira veramente il mondo in Italia: da una parte i discorsi pomposi di Mussolini e dall’altra la miseria del popolo italiano di cui nessuno sembra occuparsi né a livello locale né tantomeno a livello nazionale. Emblematica la scena finale che lo vede ritornare a Roma su un treno locale: sta per sedersi in uno scompartimento ma appena sente che uno dei viaggiatori sta decantando le imprese di Mussolini, decide di cambiare scompartimento.

Nino Manfredi è un attore straordinario, un italiano che veste il ruolo di un italiano, senza trucchi (tranne il bistrot sugli occhi) e senza inganni: il personaggio che interpreta è un uomo giocoso, un semplice che si diverte a fare le voci finte al telefono per far divertire la madre con cui ancora vive, ama le donne e non si interessa della politica, per lui la vita è fatta di cose semplici e oneste e quando si rende conto di essere stato scambiato per un’altra persona rimane spiazzato perché ha la consapevolezza di aver camminato su bei tappeti di velluto rosso solo per un equivoco e non per la sincera bontà d’animo della gente che ha conosciuto in paese. Non si riconosce nell’alta borghesia pugliese, ma nel popolo che gli ha offerto una brocca di vino e il frutto del sudore del suo lavoro, un popolo che attende speranzoso un aiuto da un capo del governo che non conosce neanche la sua esistenza.

Il film è una commedia ma ha una bellissima chiusa che lo rende improvvisamente serio e pungente: Omero legge la lettera di un anziano che vive nelle grotte. Questi chiede a Mussolini una casa con una finestra, una semplice casa dopo che ha reso servizio alla patria partendo in guerra e rischiando la propria vita.

VOTO 6,5 

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