Spinta dai pareri addirittura entusiastici di parenti e recensori di Tripadvisor decido (dopo più di un anno dalla sua apertura) di recarmi in compagnia di un’amica al celeberrimo Sushi Tao di via Sonnino a Cagliari. Premetto che la decisione è sorta spontanea anche dopo la magnifica esperienza vissuta nel vicino MiAsian di proprietà dei medesimi gestori del ristorante giapponese di cui sopra. Mai scelta fu più sbagliata!
Era sabato, minacciava pioggia e il mio stomaco brontolava da più di un’ora ma come un vero sergente della forchetta avevo deciso di rinunciare ad un piccolo aperitivo apripista prima del gran ballo delle 20.30. Volevo davvero gustarmi la fantastica cena giapponese al fantomatico ristorante più caro e blasonato della città. Alle otto e mezza di quella sera afosa varchiamo la soglia del locale e veniamo accolte da freddi sguardi a mandorla che ci chiedono con fare piuttosto sbrigativo se avessimo prenotato. Risposta: no. Attesa e dopo 5 minuti veniamo accompagnate senza particolare garbo verso il tavolo che già di per se stesso non era decisamente granché (come tutti gli altri del resto): distanza eccessiva tra i commensali e vicinanza a limite del sopportabile tra i tavoli posti a destra e sinistra del nostro. Ma vabbè andiamo avanti. I menu erano già sul tavolo. Dopo un breve conciliabolo decidiamo cosa ordinare (1 di polpette di gambero in salsa di prugne, 1 barca Lovely, 1 di udon, 1 di spaghetti thai, 1 bottiglia d’acqua e 1 prosecco Valdobbiadene). Le ordinazioni vengono prese da due camerieri diversi, entrambi comunque fastidiosamente gelidi e poco esperti di savoir fare. Arrivano le bevande portate da un’altra cameriera che si mette letteralmente la bottiglia tra le gambe per poterla stappare dopo di che versa a mo di birra il vino che si rivelerà essere un parente stretto del Ladas o del peggior Maschio. 14 euro buttati al cesso visto che era acido, penoso e da discount. Il vino viene versato senza grazia e riempiendo quasi fino all’orlo i bicchieri. Arrivano le polpette: 6 con una ciotolina di salsa. Le abbiamo trovate buone anche se abbastanza unte, in ogni casi si riveleranno essere la cosa migliore della serata e vorrei vedere visto il non modico prezzo di 6,50 euro. Poco dopo arriva la barca che poveretta era più simile ad una canoa o ad un guscio di noce: il suo contenuto era veramente esiguo e poco vario. C’erano solo nigiri e qualche maki, entrambi di bassa qualità e per giunta del tutto insapori. Guardando nei tavoli vicini ho visto barche di dimensioni maggiori ma il contenuto era il medesimo e mi sembra francamente assurdo visto che quella presa da noi costava ben 24 euro e non aveva veramente niente di tutto ciò che solitamente trovi in un portata del genere in qualsiasi ristorante giapponese. In altri locali meno blasonati ho potuto gustare vari tipi di sushi e sashimi a prezzo decisamente inferiore ma di qualità assolutamente superiore e tutti comodamente adagiati su una barca delle stesse dimensioni. Altra pecca allucinante la mancanza di una ciotolina con la soia che però è arrivata puntualmente agli altri tavoli. Insieme al sushi sono arrivati anche i primi, sempre deposti sul tavolo con noncuranza e senza un sorriso. Qui arriva il bello: gli spaghetti thai erano anche passabili se si soprassedeva sulla loro untuosità che li rendeva del tutto simili a qualunque piatto di pasta ordinato in un semplice ristorante cinese. Gli udon invece erano terribili, annegati in una salsa dal sapore orrendo dove nuotavano liberamente, impreziositi da cozze e arselle chiuse. Un disastro! Ma per non farci mancare niente e darci il colpo di grazia in un vero e proprio harakiri funzionale però alla decisione definitiva di non tornare mai più, ordiniamo il dolce. Abbiamo dovuto fare memoria locale perché i menu ci sono stati negati così abbiamo ordinato due crepes al gelato di riso che al MiAsian ci avevano fatto letteralmente impazzire. Ecco diciamo che la reazione non è stata la stessa: crepes fredda e dura e gelato dentro sciolto. Finito questo sabato autolesionistico abbiamo preso baracca e burattini e siamo andate alla cassa dove abbiamo scoperto che tanta grazia, delizia, abbondanza e educazione aveva il valore di 80 euro e rotti. Però!
Conclusione: io non so chi possa veramente ritenere questo locale il migliore di Cagliari in materia di gastronomia giapponese ma vedendo l’abbondante clientela in giacca, cravatta, colletto alzato ho capito che come sempre avviene in questa città l’elemento su cui ruota un giudizio non è la bontà del cibo ma la cosiddetta location e il tipo di clientela che frequenta un determinato locale. Io ho trovato il locale tutto sommato abbastanza anonimo a differenza del vicino MiAsian che si presenta spettacolare da ogni punto di vista. Inoltre l’acustica lascia a desiderare visto che ad un certo punto avevo difficoltà a sentire cosa diceva la mia amica visto il fastidiosissimo brusio dei tavoli vicini e lontani. Insomma un casino in pieno stile che non ho alcun desiderio di riprovare vista che ormai il sushi lo cucinano davvero ovunque e a prezzi più modici.
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