Era dalla primavera scorsa che attendevo di poter vedere questo film e oggi 17 settembre 2012 ho esaudito il mio desiderio. Sono da sempre una fan accanita dei vari Alien che pur essendo altalenanti a livello qualitativo e narrativo oltre che stilistico sono sempre stati capaci di succhiarmi via l’anima ogni volta che mi sono trovata davanti allo schermo di un cinema o di un televisore. Certo molto dipendeva dalla presenza pesante (nel senso di pregnante e fondamentale) di Sigourney Weaver nei panni dell’inossidabile Ripley. Era il lontanissimo 1979 e il mondo impazziva per quello che con il passare degli anni è diventato il metro di paragone per tutto il genere fantascientifico ossia il primo Alien, diretto da Ridley Scott. In effetti l’unico film dell’allora tetralogia diretto dal maestro (i successivi portano invece la firma di Cameron, Fincher e Jeunet), primo vero esempio di come si possa costruire un film su un unico attore senza che questo porti ad un decadimento della struttura portante. Tutti gli appassionati ricorderanno la battaglia di un’unica donna contro una creatura aliena (lo xenomorfo) capace di distruggere un intero equipaggio. Si ricorderà la sensazione claustrofobica e di ansia insopportabile che pervadeva l’intera durata della pellicola. La stessa sensazione, con una decisa virata verso l’orrore più cruento, la si trova in Alien scontro finale (nella mia classifica personale, a pari merito col capostipite). Alien 3 e Alien la clonazione rappresentano invece la parabola discendente dell’intera saga, piuttosto caotici e inverosimili, in particolar modo l’ultimo della serie che vede l’improbabile rapporto di simbiosi tra una Ripley clonata e il suo figliolo alieno. In effetti ci si è molto distaccati da quelli che erano gli intenti iniziali fondati più che altro sulla tensione, sulla curiosità ma anche sulla paura di ciò che non si conosce, sull’esplorazione di pianeti lontani e soprattutto sulla lotta per la sopravvivenza. Si è arrivati alla più totale spettacolarizzazione di ogni singola sequenza e alla riproposizione senza soluzione di continuità di una trama che contempla un equipaggio costituito da un gruppo di esseri umani (per lo più soldati o scienziati) e di un androide (quasi sempre di animo nobile nonostante l’ipotetica assenza di sentimenti).
Ed è così che Ridley Scott a distanza di 33 anni riprende il suo posto nella plancia di comando, azzera tutto e si pone l’obiettivo ambizioso di esplorare e narrare le vicende che portano al primo Alien facendo un bel balzo indietro nel tempo al 2089. Ci troviamo quindi davanti a quello che in gergo viene definito prequel e che non sempre ha dato i frutti sperati basti pensare alla terribile trilogia di Star Wars. In questo caso il responso (ovviamente parlo per me) è positivo.
Il film è bello, realizzato con cura e capace di suscitare infiniti interrogativi che ahimè non trovano risposta se non in maniera molto parziale, ma fortunatamente pare che gran parte di essi saranno soddisfatti grazie al prossimo film che dovrebbe portarci molto più vicini alle vicende del primo Alien. Questo è un bene visto e considerato che Prometheus ha un finale che lascia tutti con l’acquolina in bocca e con molte domande lasciate in sospeso.
La sequenza iniziale è quella che personalmente mi ha lasciato più perplessa nel senso che mi sta facendo impazzire. Leggendo qua e là ho scoperto che nelle intenzioni del regista dovrebbe in realtà riferirsi ad un pianeta diverso dalla Terra (uno dei tanti colonizzati da questa razza aliena) e questo diciamo che potrebbe avere anche un senso ma non spiega perché l’ingegnere beva l’intruglio che lo trasforma in una forma aliena altamente distruttiva. Il pianeta sembrerebbe infatti disabitato. Una sorta di suicidio (visto che sembrerebbe quasi l’ultimo della sua specie una volta che la navicella prende il volo lasciandolo in balia di se stesso)? Un esperimento su se stesso? Chissà. Questa è senz’altro la parte più affascinante del film, in quanto la scoperta che questa razza aliena è stata la vera e propria creatrice della nostra specie (identico dna) pone molti interrogativi sul nostro concetto di evoluzionismo e allo stesso tempo su Dio stesso. In questo caso si è molto parlato di Prometheus come di un film che si interroga sulla religione e soprattutto sulla fede, elementi che certamente lo pongono su un gradino elevato rispetto al solito film di fantascienza tutto napalm e creature mostruose. Il film è quindi complesso rispetto a tutto ciò che riguarda questa misteriosa civiltà di cui possiamo vedere soltanto qualche filmato olografico e la reazione violenta dell’unico sopravvissuto alla criogenesi (paura degli uomini in quanto per lui specie aliena o coscienza che l’uomo è pericoloso e perciò va distrutto?).
Il resto del film è molto meno attraente da un punto di vista filosofico nel senso che si presenta come il solito canovaccio con un solo sopravvissuto alla missione spaziale. Le morti si susseguono abbastanza rapidamente lasciando la sensazione che Scott sia veramente interessato ad approfondire temi più profondi. In realtà il cast non è favoloso, tutti ricoprono ruoli tagliati con l’accetta e senz’ombra di dubbio la dottoressa Shaw non è lontanamente paragonabile alla profondità di Ripley, alla sua tenacia e alla grande voglia di vivere che l’aiuta a sfuggire a morte certa. La Shaw in effetti è una scienziata perciò il suo istinto di conservazione è più legato alla sete di conoscenza piuttosto che all’autoconservazione, ciò la rende molto fredda e lontana da un processo di immedesimazione da parte dello spettatore. L’androide David fa rimpiangere tantissimo l’indimenticabile Bishop e non è del tutto chiaro il motivo per cui detesti tanto gli uomini quasi in una forma di invidia perniciosa che lo porta a compiere un terribile quanto immotivato esperimento sul povero Holloway.
In generale il film comunque è molto bello ovviamente non paragonabile ad Alien ma sarebbe stato impossibile superare il capostipite e credo non fosse neppure nelle intenzioni del regista. E’ un ottimo film di fantascienza che scorre via veloce nonostante le due ore abbondanti durante le quali si dipanano le vicende dell’equipaggio. è coinvolgente ed emozionante. E’ frutto dei nostri tempi nel senso che la recitazione come ho detto più sopra non sembra tanto importante, così come i dialoghi veramente banali e ricchi di frasi fatte. Ecco Sigourney Weaver era ed è una grande attrice prima di tutto e ci ha regalato una Ripley umana e piena di debolezze oltre che di una grande forza interiore, mentre il cast attuale non regge il confronto non essendo in alcun modo capace di mostrare emozioni reali. Persino Charlize Theron non riesce a spiccare il volo incastrata nel ruolo di donna astiosa ed egoista, totalmente fuori parte e assolutamente superflua ai fini della trama.
Un’ultima riflessione riguarda il 3D. Ho visto il film in tre dimensioni e devo dire che è stato solo uno spreco di soldi in quanto non c’è un solo fotogramma che ne giustifichi il costo. Niente di niente. Una vera delusione e un’autentica presa per i fondelli perciò consiglio a tutti di godersi il film in versione canonica.
VOTO 7
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