Dopo il romanzo picaresco Terraferma la scrittrice spagnola decide di riportare in scena l’eroina Seicentesca Catalina Solìs con buona pace di tutti coloro che ne hanno apprezzato le gesta sotto le mentite spoglie di Martin Nevares, ragazzo intraprendente delle terre al di là dell’oceano nonché figlio adottivo dell’attempato Esteban Nevares. La storia prende le mosse dalla cattura di quest’ultimo da parte dell’odiosa famiglia sivigliana dei Curvo. L’anziano uomo viene infatti caricato di peso su un galeone spagnolo e portato nella città spagnola di Siviglia per essere tradotto nel tremendo Carcere Reale. Ma i Curvo, non contenti, uccidono anche tutto l’equipaggio dell’uomo, colpevole di conoscere i segreti dei loro loschi traffici lontano dalla madrepatria. A questo punto, Catalina/Martin decide di mettersi sulle tracce del padre, accompagnata nell’impresa dal fido Rodrigo, dal giovane Juanillo e dalla migliore curandera di Terraferma, Damiana. Dopo un lungo viaggio a bordo della fida Sospechosa, i quattro giungono al porto di Siviglia e in breve tempo riescono a raggiungere Esteban ormai ad un passo dalla morte dopo le terribili sevizie a cui è stato sottoposto da Diego Curvo. Prima di morire ottiene però il giuramento da parte della figlia adottiva di uccidere tutti i componenti della famiglia Curvo altrimenti la sua anima non avrà pace. Catalina organizza così la sua vendetta, potendo contare sull’aiuto di nuovi amici, l’aitante Alonsillo e la ex prostituta Clara Peralta…
Questo piccolo romanzo rappresenta davvero una rivincita rispetto al mediocre Terraferma che personalmente ho trovato ridicolo, per molti versi assurdo e scritto in maniera alquanto pesante e lontanissimo dal piacevole stile al quale ci ha abituato da anni la brava Matilde Asensi. A dire il vero aprendo il libro mi sono chiesta che senso avesse avuto fare un seguito di un romanzo senza storia, poi a mano a mano che i personaggi si allontanavano dai Caraibi per giungere infine in Spagna ecco accadere il miracolo: la storia iniziava a conquistarmi. Certo un peso notevole ha avuto la maggiore conoscenza della scrittrice di luoghi e ambienti a lei più familiari rispetto alle isole dei Caraibi. Leggere la descrizione di Siviglia è stato come essere lì insieme ai protagonisti tanto da far crescere in me il desiderio forte di visitare questa antica e storica città, anche solo per rivivere un po’ della magia del romanzo. La storia si sviluppa piano piano fino a creare un vortice di situazioni dense di pathos supportate da un ritmo sempre più incalzante a mano a mano che il piano ingegnoso di Catalina prende forma. E’ lei la vera e unica protagonista del romanzo, concreta, intraprendente ma anche capace di vezzi femminili fino allora sconosciuti. Si trasforma in poco tempo in una vera dama sivigliana, circondata da lacchè e argenteria di gran lusso, elementi imprescindibili (oltre alla più bella villa di Siviglia) per entrare in contatto diretto con i ricchi e influenti Curvo. Abbastanza ridicola e risibile la cotta di Catalina per il francamente idiota Alonsillo, scopatore instancabile di Juana Curvo e descritto in tutto il romanzo come scemo del villaggio. Da una testa fina come quella della nostra eroina ci saremmo aspettati qualcosa di meglio e invece ahimè ci tocca subire i sospiri di gelosia di Catalina (non tanto affascinante evidentemente da attirare l’uomo dei suoi sogni). Divertentissime poi le morti dei Curvo, alcune a dire il vero a botto ritardato: sifilide, curaro, coltellata e stoccata di fioretto (quest’ultima non senza conseguenze tragiche per la stessa Catalina).
Insomma La Vendetta di Siviglia rappresenta un passo avanti rispetto al suo modesto predecessore nonostante presenti sempre qualche difetto di credibilità, specie sul finale quando Catalina non fa che spogliarsi e rivestirsi per mostrare ai Curvo la sua vera identità in modo che prima di morire schiattino dalla rabbia all’idea di avere avuto sempre davanti il loro nemico numero uno. La doppia identità sembra ancora francamente inverosimile soprattutto per il modo in cui gli uomini della storia sembrano accettarla senza batter ciglio, atteggiamento alquanto strano per un’epoca in cui era facile che una cosa del genere venisse punita col rogo o peggio. Stiamo parlando in fondo della cattolicissima Spagna e di un mondo al maschile. Ma trattandosi di un romanzo di finzione lo si accetta per quello che è e si tira avanti. Inutile dire comunque che ho preferito un’astuta donna che trama nell’ombra (La vendetta di Siviglia) che una ragazza travestita da uomo e con la voce contraffatta che nessuno riesce a riconoscere (Terraferma): molto più credibile.
Ci aspetta comunque un terzo segmento di storia vista la sibillina chiusa del romanzo e non so se gioirne o meno.
VOTO 7
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