Terre desolate è il terzo episodio della serie La Torre Nera ed è un signor romanzo. Certo, un romanzo complesso, intricato, assolutamente incomprensibile per chi non ha seguito il lento e graduale percorso che ha portato alla formazione del Ka-tet composto da Roland di Gilead, Susannah Dean, Eddie Dean, Jake e Oy. Insomma il libro può essere apprezzato solo da chi si è avventurato nello strano mondo del pistolero almeno a partire dal precedente episodio intitolato La Chiamata dei Tre. Se questa conditio sine qua non viene rispettata, allora si è davvero pronti per il lungo viaggio alla ricerca della fantomatica Torre Nera, chiodo fisso di Roland ultimo pistolero in un mondo che è andato avanti, degradandosi, corrompendosi e mostrando un volto sottostante fatto di cimeli del passato, interpretabili come resti di una civiltà del tutto simile alla nostra.
Nel libro precedente tre porte poste lungo una spiaggia popolata da aramostre avevano permesso a Roland di trasportare nel suo mondo il tossicodipendente Eddie e Susannah una ragazza di colore (schizofrenica) costretta su una sedia a rotelle. Entrambi infatti erano funzionali e necessari al pistolero per la sua ricerca della Torre Nera. I due ragazzi newyorkesi venivano da due decenni diversi, Eddie dagli anni 80 e Susannah dagli anni 60. Manca però ancora un personaggio perché il viaggio possa veramente avere inizio, e questi non è altri che Jake, un ragazzino di New York che ha già bazzicato questa strana realtà parallela ma che vive la strana situazione di sdoppiamento data dal fatto di essere morto nel mondo di Roland ma di essere vivo nel suo. Questa follia potrà finire solo nel momento in cui Jake farà ritorno nel Medio Mondo, evento che avviene proprio in Terre Desolate.
L’elemento realmente affascinante di questa serie (andata via via rovinandosi dal quinto episodio in poi) è proprio questo strano collegamento tra il mondo di Roland e la Terra che si manifesta copioso a mano a mano che i tre personaggi provenienti dal nostro pianeta si fondono sempre più col tessuto connettivo del Medio Mondo. Mentre nel secondo episodio i cosiddetti terrestri continuano a stupirsi delle stranezze del mondo del pistolero, in questo libro sembrano ormai aver preso confidenza sia con la desolazione che li circonda sia con il fatto di diventare essi stessi pistoleri e perciò consapevoli di una missione da svolgere, una missione di cui però loro sono solo strumenti e non protagonisti. La ricerca è qualcosa che li affascina ma che non capiscono del tutto, la accettano così come hanno ormai metabolizzato il fatto di non poter mai più tornare indietro alla loro vita precedente. Ormai amano quello strano posto e ricordano con pochi sprazzi di nostalgia la vita nella Grande Mela, pronti a tutto per accompagnare Roland fino alla fine del Vettore. Il viaggio si mostra subito lungo e periglioso e i tre affrontano continui ostacoli guidati solo dal pensiero di andare avanti, succeda quel che succeda.
Il romanzo a differenza del precedente ha parecchie corrispondenze tra i due mondi, alcune davvero fondamentali nella prosecuzione della storia: la Rosa in particolar modo, una rosa che è l’elemento chiave di tutta la serie e che qui viene solo presentata ma di cui si percepisce la grande potenza pur essendo apparentemente solo un semplice fiore in un campo abbandonato di New York. Sono tutti elementi che devono essere tenuti in grande considerazione da chi vuole continuare a leggere la storia perché diventeranno maledettamente complicati nei libri successivi, molto più macchinosi e meno immediati di questo romanzo.
Ciò che colpisce è la grandezza di King nel narrare con semplicità e scorrevolezza un’accozzaglia di assurdità ma che hanno alla fine una logica stringente. Come non capire infatti che la città di Lud non è altro che una New York in un’era post bellica? O che il Medio Mondo potrebbe essere la Terra tra milioni di anni? La serie della Torre Nera nei suoi episodi iniziali, ma soprattutto in questo romanzo, è un’ipotesi su come potrebbe diventare il nostro pianeta dopo una guerra nucleare. Questo ovviamente è il mio parere ma è anche una chiave di lettura tra le mille che si possono trovare. E’ questo il bello di questa fantastica avventura: un intreccio complesso e una ricchezza di simboli strabiliante. C’è tutto: l’ironia, la violenza, l’avventura, la superstizione, la speranza, la rassegnazione. Non manca niente. Non riesco a trovargli un difetto. Mentre La chiamata dei tre era un libro che cercava ancora il contatto con la realtà del nostro mondo, questo invece molla l’ancora e punta verso la follia ed è impossibile non farsi travolgere da questo fiume in piena.
Un gioiello che aveva un grave difetto: un finale in media res. Terribile per chi leggeva il romanzo nella sua prima edizione e doveva aspettare un ipotetico libro futuro (è il mio caso) ma ormai superato dai lettori dell’ultima ora che possono contare su tutta la serie al completo.
VOTO 10
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