Quarto capitolo di una saga che ormai ha preso una strada del tutto indipendente dall’omonimo videogioco targato Capcom.
Trama: La protagonista è sempre Alice ma stavolta, dopo un potente antidoto al virus T iniettatole dal malvagio Wesker, perde tutti i suoi poteri da wonder woman e ritorna ad essere un semplice essere umano in cerca di salvezza. Sono passati 4 anni da quando il virus ideato dall’Umbrella Corporation ha invaso il mondo e trasformato l’intera umanità in un esercito di non morti. Alice si dirige fino alle coste canadesi per rispondere ad un messaggio trasmesso su onde radio che indica l’Arcadia come un luogo privo di infezione. Durante il suo viaggio incontra Claire, da cui si era separata mesi prima. La donna le comunica che in quel luogo non c’è più nessuno e insieme decidono di provare a sorvolare Los Angeles alla ricerca di sopravvissuti. Proprio in cima ad un edificio (si scoprirà essere un carcere) vi è un gruppo di persone che chiedono aiuto. Dopo una manovra impossibile le due riescono ad atterrare e si uniscono allo sparuto gruppetto. Da loro ricevono un’importante notizia, ossia il fatto che l’Arcadia in realtà è una grande nave al largo della Città degli Angeli ed è proprio da lì che arrivano i messaggi radio, interrottisi 3 giorni prima. Nel frattempo l’esercito di zombie e di mutanti riesce ad aprirsi un varco nel palazzo e costringe i pochi uomini rimasti a fuggire in direzione del porto. Tra di loro c’è anche Chris, fratello di Claire ed ex agente di polizia. Il viaggio può iniziare…
Commento: non ho mai mancato un appuntamento con questa saga adrenalica, forse un po’ pacchiana ma divertente e a tratti anche emozionante. Stavolta hanno voluto sperimentare il 3D ed il risultato (ovviamente nelle parti più concitate) è di grande impatto. Raramente si può ammirare un uso così appropriato di questa nuova e lucrosa tecnica che durante il 2010 ha spesso mostrato grosse pecche. Insomma, per intenderci non sempre il 3D è stato utilizzato con cognizione di causa (vedi Alice in wonderland dove il 3D è stato un inutile e dispendioso orpello messo apposta per scucire soldi alla gente). Qui, a parte una decina di minuti a palle ferme, il risultato è spettacolare. Pensate che ad un certo punto la testa di un mutante viene fatta a pezzi da un proiettile e brandelli di cervello sembrano attaccarsi agli occhialini 3D. Fantastico!
Passiamo ora al film in sé e per sé. Dunque partiamo col dire che gli ultimi due capitoli erano stati a mio modo di vedere piuttosto deludenti e senza una solida trama, finalizzati esclusivamente a mettere in mostra gli effetti del virus T sulla nostra Alice. Grandi effetti speciali ma poca, pochissima sostanza. Ne ho un ricordo vaghissimo infatti. Ovviamente il primo episodio rimane inarrivabile, soprattutto per chi come me ha passato pomeriggi e notti a saltare sulla sedia davanti ai primi tre episodi del videogioco. Nonostante ciò, questo quarto episodio ridà lustro ad una saga che si era un po’ persa nel tempo e la quantità di persone presenti in sala dopo due settimane dall’uscita conferma il successo della pellicola. La trama è interessante e sensata, i personaggi a loro modo credibili e i vari combattimenti altamente spettacolari. Chiaramente il caposcuola è sempre il vetusto Matrix, con i rallentamenti atti a farti apprezzare il proiettile o l’ascia che sfiora di un millimetro il mostro o l’essere umano. Capriole, arrampicamenti sui muri per darsi la spinta, calci volanti. C’è insomma tutto quello a cui ci hanno abituato e noi diciamo grazie. Come tutti sanno il film parla di zombie ed i paragoni con i capostipiti del genere non si possono fare. Non citiamo Romero e la sua trilogia perché faremmo un torto agli uni e agli altri. E’ infatti ovvio che i film del papà dei non morti nacquero per terrorizzare il pubblico e riescono ancora a farlo, mentre Resident evil ha l’unico scopo di far divertire e farsi ammirare per l’uso degli effetti speciali. Non si ha il senso di claustrofobia ed ineluttabilità di uno Zombie o della Notte dei Morti Viventi. Nessun supereroe tra lo sparuto gruppetto di persone rifugiatesi in un centro commerciale del 1978, qui invece la sicurezza è data da una donna quasi bionica e da armi pesanti. Inoltre differenza a mio modo notevole è il fatto che mentre nei film di Romero si parla di morti tornati in vita, in Resident Evil l’umanità è vittima di un potente virus sfuggito al controllo di una potente azienda. I riferimenti al pericolo di una guerra batteriologica si sprecano. Romero giocava invece con la paura e con l’ansia dello spettatore insinuandogli il dubbio che dal più vicino cimitero si potesse smuovere la terra e apparire una mano decomposta. E’ chiaro che i tempi e i modi sono cambiati. Tutto è diventato molto più rassicurante e finalizzato al divertimento. I film dell’orrore non spaventano più e non si capisce se il motivo sia il fatto che siamo diventati tutti più scafati o semplicemente gli sceneggiatori e i registi non hanno più idee vincenti. Tutto questo discorso per dire che Resident Evil Afterlife è un ottimo film di azione, non è sicuramente un horror, a meno che non lo si voglia far rientrare nel genere splatter. Diverte e non fa rimpiangere i soldi del biglietto, perciò è altamente consigliato agli amanti del genere e a coloro che hanno il pallino del 3D.
Il finale ovviamente fa presagire un prossimo seguito e stavolta non storco il naso perché effettivamente si ha voglia di vedere cosa succederà ai sopravvissuti.
Un ultimo commento per sottolineare la bravura dell’inossidabile Milla Jovovich, ormai assurta al ruolo di eroina affianco all’immortale Sigourney Weaver. Dimenticati i trascorsi della naufraga belloccia in Ritorno alla laguna blu, è diventata nel corso degli anni una vera dura, dallo sguardo intenso e dai muscoli in evidenza. Brava, brava, brava.
Voto: 7,5
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