L’Acchiappasogni è un romanzo prima che un mediocre film ma in realtà non lo si può definire neppure un libro eccezionale, ma solo più che sufficiente. La sensazione forte è che King volesse in qualche modo utilizzare nuovamente una trama con al centro degli amici diventati tali durante la pubertà, così come aveva fatto in modo magistrale con l’insuperato e insuperabile IT. Il tentativo però va a vuoto. Non c’è profondità né spessore, il tutto gira solo intorno alla vicenda centrale che riguarda un ridicolo attacco alieno nel Maine, linfa vitale per l’action movie che ne è scaturito fuori qualche anno dopo. Partiamo comunque dall’inizio: abbiamo quattro amici Pete (venditore d’auto alcolizzato), Jonesy (professore universitario), Beaver (sfaccendato e tormentatore di stuzzicadenti) e infine Henry (psichiatra con tendenze suicide). Questi, come ogni autunno, trascorrono qualche giorno all’Hole in the wall, la baita appartenente da sempre alla famiglia di Beaver, per dedicarsi alla caccia ma soprattutto per suggellare la loro amicizia pluriennale. Non sanno però che la loro vita sta per cambiare per sempre, infatti proprio in concomitanza con il loro soggiorno avviene un attacco alieno rappresentato da una muffa rossastra chiamata byrus e da orrende donnole che si impiantano negli ospiti terrestri facendoli scoreggiare fino al parto finale. Jonesy porta inconsapevolmente uno di questi infettati nella baita provocando così la morte di Beav e la sua trasformazione in Mr Gray, un alieno che ha il progetto di sterminare la razza umana facendo precipitare in un pozzo idrico una delle donnole zannute. Nel frattempo muore in circostanza analoghe a quelle di Beav anche Pete, mentre Henry viene contagiato solo in maniere superficiale. Proprio quest’ultimo intuisce i progetti di Jonesy/Gray e riesce a convincere un soldato americano, Owen (tra quelli presenti nella zona infettata) a mettersi insieme all’inseguimento dell’alieno e diventare così degli eroi. Però per riuscire nell’impresa le loro capacità di semplici esseri umani non è sufficiente, c’è bisogno di un deus ex machina, ossia Duddits, un ragazzo (ormai uomo come tutti loro) con la sindrome di down che per tutta l’adolescenza era stato amico dei quattro ma che per ragioni ignote è stato lasciato al suo destino mentre gli altri continuavano a frequentarsi. Duds è l’acchiappasogni, colui che scaccia il male e tiene uniti gli amici, quello che “vede la riga”, ossia rintraccia tutto ciò che si è perso ma non solo. A questo punto si prospetta un duello finale tra razza umana e razza aliena ma in realtà il finale sembra quasi dirci che è stata tutta un’illusione perché in realtà Jonesy era solo Jonesy e il byrus un’innocua muffa extraterrestre incapace di sopravvivere al freddo.
Questo finale così poco fantascientifico non ci dispiace tutto sommato perché in realtà chi legge King non va alla ricerca di avventure intergalattiche ma in ogni caso fa pensare che l’intenzione dell’autore (in piena convalescenza dopo il brutto incidente accadutogli tempo fa) fosse in sostanza quella di parlare di amicizia e di proporre ancora una volta una città che tutti ricordiamo, Derry, teatro degli eventi terribili riguardanti It (vi sono infatti vari accenni a ciò che accadde a quegli altri amici del gruppo dei perdenti). Io ho letto parecchia amarezza in questo libro soprattutto sulla tematica degli amici che arrivati alla soglia della vita adulta si dimenticano del punto più debole della catena, dell’amico che resterà per sempre bambino mentre loro si formeranno una famiglia o semplicemente diventeranno uomini. Duddits non li ha uniti perché in realtà quando lo hanno conosciuto già si frequentavano, ma è stato capace di dare un po’ dei suoi poteri a tutti loro e soprattutto di renderli meno cinici rispetto a quelli che per loro erano solo dei “rinco”. Nonostante ciò, le loro vite sono molto diverse da quella di Duddits, in quanto i 4 già da anni vanno all’Hole che rappresenta un po’ un rito di passaggio dall’adolescenza all’età adulta, e l’unica cosa che si limitano a fare è passare qualche pomeriggio a casa dell’amico per giocare a carte mentre Duddits segna in modo sbagliato i punti facendoli divertire tutti. Non c’è niente più di questo, tanto è vero che con il diploma tutti loro prendono la loro strada finendo per ricordarsi di Duddits solamente in occasione delle feste con l’invio di una cartolina di auguri e soprattutto nel momento del pericolo, in modo piuttosto egoistico. Duddits però non si è dimenticato di loro in quanto a tutti ha lasciato un po’ dei suoi poteri speciali che però in realtà hanno solo accresciuto l’infelicità di alcuni di loro: Pete all’inizio del libro aiuta una ragazza carina a ritrovare le chiavi ma lo fa in uno strano modo che la fa fuggire a gambe levate e così si ritrova per l’ennesima volta solo davanti a troppi drinks, Henry legge la verità nella mente di uno dei suoi pazienti e in un momento di nervoso decide di spiattellare la verità in faccia al paziente che non vuole accettarla con il risultato che questi poco dopo muore e lui inizia a meditare il suicidio. Nel frattempo invece Duddits si è ammalato di leucemia e ha come unica compagna sua madre Roberta, gli altri non lo sanno perché ormai non telefonano e non si fanno più vivi ma lo scoprono alla fine. Tuttavia per loro è un fatto secondario rispetto alla missione di sconfiggere gli alieni e così lo succhiano come un limone perché hanno bisogno per l’ultima volta della fottutissima riga.
Non è un romanzo positivo ma solo una presa di coscienza sull’essere umano che cresce, dimentica e cambia e che riesce a sconfiggere il male solo quando riacquista quell’innocenza e quella purezza che aveva in quell’età meravigliosa e brevissima che sta tra l’infanzia e l’adolescenza. Questo è un tema che ricorre nei romanzi di Stephen King, in particolar modo in It, vera miniera per questo romanzo con poca ossatura e poca chiarezza. Infatti della strana morte di Grenedau non sappiamo niente ma possiamo immaginarci che Duddits abbia voluto realizzare uno dei loro sogni segreti o che si sia semplicemente vendicato nutrendosi del suo odio e di quello dei suoi nuovi amici. Inoltre non mi è chiara la fine un po’ ignominiosa dei due dei quattro e la sopravvivenza di quelli che a mio modo di vedere sono molto vicini alla personalità del loro autore. Mania di protagonismo o vittoria dei cervelli sugli ignoranti? Non si sa. In realtà non colpisce nessun personaggio, o almeno io li ho trovati tutti tagliati con l’accetta e con poche sfumature. Forse la parte più interessante è quella di critica verso l’esercito americano ma è davvero troppo poco per annoverare il romanzo tra quelli migliori del grande King.
VOTO 7
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