mercoledì 8 luglio 2009

0 Jovanotti..il nuovo profeta






Questi qui sopra sono i due volti di Jovanotti, la mancata icona italiana. Colui che nella seconda metà degli Anni 80 riusciva a trascinare le masse di adolescenti, il Pifferaio Magico dall'inglese inventato, il cappellino rigorosamente verde, il chiodo rosso e le All Star dall'aspetto volutamente vissuto. Poster, libri, fotografie, spillette, magliette, oggettistica di ogni tipo per celebrare le glorie dell'allora nuova scoperta di Claudio Cecchetto che insieme a lui fonda appunto il marchio di abbigliamento YO.
E poi Deejay Television dall'Aquafan di Riccione, i concerti, la partecipazione a Sanremo con una canzone senza capo nè coda che si piazzò tra i primi posti (ricordiamoci che erano gli anni in cui potevano partecipare ancora cantanti estemporanei, vedi Marisa Laurito o Gigi Sabani), la pubblicazione di un disco dietro l'altro con singoli che occupavano saldamente le posizioni più alte della classifica.
I mass media erano convinti che la società giovanile si stesse Jovanottizzando tanto da rendere i 12 mesi di leva di Lorenzo Jovanotti una notizia di primo piano, con le ragazzine disperate e assettate di notizie che trapelavano ogni tanto dalla caserma di Albenga.
Era la Bella Epoque dei grandi numeri a livello di vendite discografiche e lo sbarbatello in questione era arrivato a navigare nell'oro, a mostrare la moto che si era finalmente potuto comprare (tanto da dedicarle l'arcinota La Mia Moto) e la ragazzotta che gli stava accanto per il tempo di una stagione, ossia l'allora giovanissima Rosita Celentano. Scrive persino un libro dove ci spiega come sia comodo e liberatorio stare a casa senza mutande. Una conquista da annotare a pagina Ics di un libretto buono per arrotondare i ricavi discografici.
Si fregiava del titolo di rapper anche se solo qualche anno più tardi avremmo assistito alla nascita in territorio italico di una vera e propria scuola hip hop..molto distante dal rap facilotto di Jovanotti o Gino Latino (pseudonimo estemporaneo, giusto per non farsi mancare nulla).
Negli Anni 90 si respira un'aria diversa, sembrano conclusi i tempi dell'omogenizzazione del vestiario, dell'italodisco e del testo vuoto ma con un buon ritmo. Ci vuole qualcosa di più per un'icona al tramonto e Jovanotti si reinventa. Inizia a imparare a suonare la chitarra e compone testi più profondi con qualche scappatella verso l'idiozia (Ciao Mamma, Ragazzo Fortunato, Tieni il Tempo, Non M'Annoio). Lorenzo 1994 rappresenta la classica svolta che porta Jovanotti a diventare definitivamente Lorenzo Cherubini con tutti i temi che si possono trovare in tutti gli album usciti successivamente: l'amore, l'aids, Che Guevara, l'ipocrisia del Vaticano, la politica (all'acqua di rose), l'America Latina (in particolare Cuba).
Tutto questo unito ad un cambiamento radicale del look e dell'espressione facciale. Non più un viso fresco e pulito da ragazzino borghese, ma la barba lunga e l'abbigliamento dimesso oltre ad uno sguardo perennemente triste.
Jovanotti nel corso degli anni è invecchiato dietro quella lunga barba, sempre nuove rughe e sempre più voglia di fare dichiarazioni in favore dei paesi del terzo mondo e tutto questo è molto buono e condivisibile se non fosse che personalmente mi urta.
Mi urta profondamente che ogni volta che Jovanotti esce dal suo eremitaggio (prima amava fare shopping e creare le tribu che ballano, ora preferisce l'ombra di un faggio e gli ermi colli) sembra che parli il profeta Isaia. Tutti (giornali, no global, televisioni) sono lì a pendere dalle labbra da uno che sembra essere diventato l'unico che ha in sè la scienza infusa e la giusta soluzione ai problemi del mondo.
E' un po' come Bonolis che fa i proclami e poi poggia il culo sui miliardi. Non lo sopporto, è più forte di me. Tra l'altro con l'aggravante di lettere aperte al premier di turno (l'ultima è sull'ultimo numero di Vanity Fair con una vomitevole missiva indirizzata a Berlusconi) fregandosene di rimangiare qualche presa di distanza dal governo di centro destra. L'importante è parlare, non importa se ti sei definito per 20 anni comunista (o anarchico se preferite), l'essenziale è esternare con la solita espressione saggia da mahatma italico.
Piero Pelù è una vita che fa il lavoro sporco, che nei suoi testi, nella sua vita si è battuto per i diritti umani ma non se l'è mai filato nessuno se non quando per l'appunto ha partecipato con Ligabue e (sorpresa!!) Lorenzo Cherubini all'incisione di Il Mio Nome è Mai Più nel 1999.
Per concludere, Jovanotti mi faceva sorridere negli anni 80 perchè era il classico prodotto usa e getta di quegli anni, negli anni 90 mi ha colpito con un paio di canzoni, nei 2000 mi ha proprio rotto le balle. A volte penso che un cantautore dovrebbe cantare e parlare dei problemi del mondo attraverso le sue canzoni, dovrebbe fare beneficenza senza proclamarlo ai 4 venti, dovrebbe fare invece di parlare.
Pensiero personale.

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